Affresco dell'Ultima Cena (1285)
San Gregorio Palamàs Omelia su digiuno
La chiesa di Santa Maria ad Cryptas è una delle chiese di Fossa, comune in provincia dell'Aquila, dichiarata monumento nazionale nel 1902
Omelia 7
Sul digiuno
Il mare tranquillo,
che splende di luce viva, che scintilla e risponde con i suoi barbagli ai raggi
per la levigatezza della sua superficie, è una visione dolce allo sguardo. Ma
molto più piacevole è non solo vedere, ma anche intrattenersi a parlare con la
Chiesa radunata come piace a Dio, libera da tumulti, misticamente illuminata
dalla luce divina, quando risponde a quella luce levandosi con le proprie ali, e
tende in alto le mani, gli occhi, ogni sensazione ed ogni intendimento. Poiché
dunque quest’oggi la grazia dello Spirito m’ha concesso questa amabile visione e
voi tutti siete presenti, dopo aver trascorso insieme notte e giorno nel tempio
di Dio, ed è possibile ora vedervi qui con il vostro impegno incessante, come
alberi sovramondani, piantati presso i corsi delle acque dello Spirito, orsù,
anch’io coopererò, per quanto posso, alle irrigazioni che da esso provengono, e
come voi alle preghiere del mattino aggiungete le preghiere del giorno, così
anche noi, per quanto lo concedono le circostanze, all’istruzione del mattino
aggiungeremo quella della sera, per mostrarvi in modo più chiaro i raggiri
attraverso i quali il nemico della nostra salvezza cerca con tutti i mezzi di
vanificare non solo il digiuno, ma anche la nostra preghiera.
Dunque, fratelli,
c’è anche un’altra sazietà ed un’altra perversa ubriachezza, che non provengono
dai cibi, né dalle bevande e dalla dissolutezza che ne derivano, ma dall’ira
contro il prossimo, dall’odio e dal rancore e dai mali che ne provengono: sui
quali anche Mosè, nel suo cantico, dice: “Veleno di serpenti il loro vino, e
micidiale veleno di vipere”. Per questo il profeta Isaia afferma: “Guai, a
coloro che s’ubriacano senza vino”; e di nuovo egli stesso esorta dicendo: “Non
digiunate per litigare”. Ma anche contro coloro che digiunano così dice, come da
parte del Signore: “Se pieghi come un anello il tuo collo, neppure così
chiamerete gradito il digiuno”, e “se moltiplicherete la vostra preghiera, non
vi darò ascolto”. Ed ancora: “Quando tendete le vostre mani verso di me,
distoglierò i miei occhi da voi”.
Quindi il diavolo
cerca di suscitare in coloro che pregano e che praticano il digiuno questa
ubriachezza che proviene dall’odio, la quale più di tutto è causa
dell’allontanamento da Dio, abbassa la memoria delle colpe, muove i ragionamenti
alla memoria dei mali ed inasprisce la lingua alla maldicenza, come David
descrive chi prega nella malvagità, quando dice: “Tutto il giorno pensò ad un
atto iniquo, la sua lingua come un rasoio affilato”, ed a tali colpe prega Dio
d’essere sottratto, dicendo: “Liberami, Signore, dall’uomo malvagio, sottraimi
all’uomo ingiusto: essi hanno aguzzato la loro lingua, come quella di un
serpente, hanno il veleno delle vipere sotto le loro labbra”.
Ma noi, fratelli,
nel tempo del digiuno e della preghiera, perdoniamo di cuore, vi prego, se
abbiamo veramente o riteniamo d’avere qualcosa contro qualcuno, e diventiamo
tutti dell’amore, pensando meglio gli uni degli altri, per spronarci all’amore
ed alle opere buone, parlando bene l’uno dell’altro, riflettendo in noi stessi e
pensando ad opere buone di fronte a Dio ed agli uomini, perché in tal modo
possiamo digiunare il digiuno degno di lode e privo di biasimo, affinché così le
nostre richieste siano bene accette a Dio e possiamo invocarlo convenientemente
per grazia come padre, potendogli dire liberamente: “Padre, rimetti a noi i
nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
C’è infatti un
altro modo in cui colui che s’insinua nelle nostre deliberazioni vanifica la
nostra preghiera ed il nostro digiuno: la superbia; per il fatto d’avere la
quale anche il fariseo, pur digiunando e pregando, fu rimandato a mani vuote. Ma
noi, sapendo che ogni superbo è impuro e non accetto presso Dio, essendo
consapevoli che anche noi siamo debitori a Dio di molte e grandi cose e che poco
restituiamo del nostro debito, e di quelli precedenti ci dimentichiamo come
fossero nulla, mentre tendiamo ad acquisirne di nuovi nel futuro, pratichiamo il
digiuno e preghiamo con cuore contrito, accusando noi stessi e con umiltà,
perché il nostro digiuno, ed il venire e rimanere nel tempio di Dio siano puri e
benaccetti a Dio.
Un altro modo in
cui il maligno rende senza profitto lo sforzo che noi facciamo per digiunare e
pregare è di persuaderci a compiere queste pratiche per vanità ed ipocrisia.
Perciò il Signore di nuovo nel Vangelo ci esorta dicendo: “Entra nella tua
stanza, e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto, e il Padre tuo che
vede nel segreto, ti darà una ricompensa sotto gli occhi di tutti”.
Non dice queste
parole ordinando di richiedere delle funzioni, delle preghiere e delle salmodie
nel tempio; infatti il profeta salmista non pensava certo a lui quando disse:
“In mezzo all’assemblea ti loderò”, “Ti celebrerò tra i popoli, Signore, ti
celebrerò tra le nazioni”, “Ti rivolgerò le mie preghiere di fronte a coloro che
ti temono, Signore”; ed a noi: “Nelle assemblee benedite il Signore”, e “venite
qui, adoriamo, mettiamoci in ginocchio e piangiamo dinanzi al Signore Dio
nostro”. Ma, oltre ad altri argomenti più elevati che ora il tempo non consente
di toccare, il Signore insegna pure che il risveglio per pregare in solitudine
nelle nostre case e nelle stesse camere da letto rafforza la preghiera a Dio
nelle chiese, e che quella interiore, nel pensiero, rafforza quella attraverso
le labbra; infatti colui che vuole pregare soltanto quando giunge al tempio di
Dio, ed invece a casa, per le strade e per le piazze non si dà alcun pensiero di
pregare, non riesce veramente a pregare neppure quando è presente nel tempio di
Dio.
Anche il salmista
indica questi aspetti quando dice: “E’ ben disposto il mio cuore, Dio”, ed
aggiunge: “Intonerò canti e salmi nella mia gloria”; ed altrove: “Se mi
ricordassi di te nel mio letto, se pensassi a te nelle veglie notturne”. Ma dice
anche: “Quando digiunate, non siate scuri in volto, come gl’ipocriti: infatti
essi deturpano la loro faccia, per mostrare agli uomini che digiunano; in
verità, in verità vi dico che sono lontani dalla loro ricompensa; tu invece,
quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, per non mostrare agli uomini
che stai digiunando, ma il Padre tuo nel segreto, ed il Padre tuo, che vede nel
segreto, ti darà una ricompensa manifesta”.
O che incomparabile
filantropia! Con queste parole ora il Signore ci ha manifestato la sua
distinzione nel futuro giudizio, perché qui scegliamo di dare il voto alla parte
migliore. Contro quelli che vivono per la vanagloria e non per lui, egli dirà
allora, in modo conseguente con le parole da noi citate prima: “Avete ricevuto
la vostra ricompensa nella vostra vita”, come anche Abramo disse a quel ricco
nel fuoco: “Hai ricevuto i tuoi beni nella tua vita”. A coloro che guardano al
lui nell’esercizio delle virtù, dice che “darà una ricompensa manifesta”, cioè
ricompenserà in quel teatro universale con una benedizione, un’eredità, una
delizia ed un godimento puro ed eterno; e colui che vuole che tutti siano salvi
e che giungano alla conoscenza della verità, volendo pure che nessuno resti
privo di questi beni, mostra ora, come ho detto, quest’incorrotto ed immutabile
voto, indicando così che sono figli di Dio soltanto coloro che disprezzano la
gloria umana.
Infatti condusse in
una volta sola il discorso in entrambi i sensi, dicendo: “Tuo Padre, che vede
nel segreto, ti darà una ricompensa manifesta”, proprio per mostrare che sono
affiliati e coeredi con lui quanti disprezzano l’umana vanagloria; invece gli
altri, che non sono come questi, li esclusa dall’affiliazione, a meno che non si
pentano. Il Signore dice queste cose perché noi, che preghiamo e pratichiamo il
digiuno guardando negli occhi degli uomini, dai quali per questo non viene
nessun giovamento, sosteniamo lo sforzo del digiuno e della preghiera, ma non
siamo privati della ricompensa. Dice di ungere il capo e di lavare la faccia,
cioè che non è conveniente essere pallidi, né avere un aspetto sofferente ed
un’espressione depressa, in modo che si veda che questi disagi dipendono dal
digiuno prolungato e dal disprezzo per il corpo, per conquistare la lode degli
uomini; tale atteggiamento avevano i farisei, perché amavano l’ostentazione, e
perciò furono giustamente esclusi dalla Chiesa di Cristo e Cristo vieta
assolutamente che noi diventiamo simili a loro.
Se poi qualcuno
dirà che anagogicamente la mente è il capo dell’anima, in quanto facoltà guida e
sua capacità immaginativa, e che in esso risiedono stabilmente gli atti che
dipendono dalla percezione, è bello, quando noi pratichiamo il digiuno, ungere
d’olio il nostro capo, cioè rendere la nostra mente compassionevole, e lavare la
nostra faccia, cioè la facoltà immaginativa, dai ragionamenti turpi ed impuri,
dall’ira e da ogni malvagità; infatti un digiuno siffatto e così compiuto non
solo bandisce tutte le passioni malvagie e, con esse, quanti presiedono e creano
tali passioni, bandendo i demoni, ma anche annovera tra gli angeli buoni coloro
che praticano il digiuno, facendoli volgere verso di loro, disponendo questi
ultimi ad essere loro custodi e persuadendoli a portar loro aiuto ed a cooperare
con loro.
Così una volta, al
tempo di Babilonia, insieme ai tre giovani che praticavano temperanza e digiuno,
fu visto in mezzo alle fiamme anche il quarto, che vigilava perché fossero
incolumi e li spruzzava incredibilmente di rugiada. Così a Daniele, che per
molti giorni praticò il digiuno, stette accanto un angelo, istruendolo e
preannunciandogli gli eventi futuri. Così un’altra volta a lui stesso, che con
la preghiera ed il digiuno aveva chiusa la bocca ai leoni, un angelo portò da
molto lontano, attraverso l’aria, un profeta, che gli recò anche del cibo. Così
anche per noi, che ci esercitiamo in un digiuno spirituale e corporeo e che
preghiamo, con la cooperazione degli angeli buoni, il fuoco del desiderio
carnale sarà spento e l’ira, come un leone, sarà resa mite, e noi così
parteciperemo del cibo del profeta, con la speranza e la fede dei beni futuri ed
una contemplazione spirituale, e ci sarà possibile camminare su serpenti e
scorpioni e su tutta la potenza del nemico.
Il digiuno che non
sia tale e condotto in questo modo ha invece affinità con gli angeli cattivi:
infatti è propria di questi ultimi la mancanza di nutrimento, insieme all’ira,
all’odio, alla superbia ed all’opposizione a Dio, e contro di essi noi ci
opponiamo come servi e ministri del bene; “infatti la nostra lotta non è contro
il sangue e la carne”, dice l’Apostolo, “ ma contro le potente, contro le
autorità, contro i dominatori del mondo della tenebra di questo tempo, contro le
forze spirituali della malvagità”. Quindi la nostra opposizione contro di loro
non avviene semplicemente per mezzo del digiuno, ma usiamo per il nostro
presidio sia la corazza della giustizia, sia l’elmo della compassione salvifica,
sia lo scudo della fede; inoltre anche la spada dello Spirito, adattissima alla
difesa, che è la parola salvifica di Dio per noi; così infatti gareggiamo la
bella gara, custodiamo salda la fede e spegniamo tutte le frecce accese del
maligno e, mostrandoci vincitori in tutto, otteniamo le sue celesti e pure
corone, godendo eternamente insieme agli angeli che sono nei cieli nello stesso
Cristo nostro Signore.
Al quale spettano
ogni gloria, potenza, onore ed adorazione, con il suo Padre senza principio e
con lo Spirito tutto santo, buono e vivificante: ora e sempre, e nei secoli dei
secoli. Amen.
http://www.gregoriopalamas.it/omelia_7.htm
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