sabato 15 marzo 2014

San Gregorio Palamàs Omelia su digiuno




Affresco dell'Ultima Cena (1285)

La chiesa di Santa Maria ad Cryptas è una delle chiese di Fossa, comune in provincia dell'Aquila, dichiarata monumento nazionale nel 1902



San Gregorio Palamàs  Omelia su digiuno
Omelia 7
Sul digiuno

Il mare tranquillo, che splende di luce viva, che scintilla e risponde con i suoi barbagli ai raggi per la levigatezza della sua superficie, è una visione dolce allo sguardo. Ma molto più piacevole è non solo vedere, ma anche intrattenersi a parlare con la Chiesa radunata come piace a Dio, libera da tumulti, misticamente illuminata dalla luce divina, quando risponde a quella luce levandosi con le proprie ali, e tende in alto le mani, gli occhi, ogni sensazione ed ogni intendimento. Poiché dunque quest’oggi la grazia dello Spirito m’ha concesso questa amabile visione e voi tutti siete presenti, dopo aver trascorso insieme notte e giorno nel tempio di Dio, ed è possibile ora vedervi qui con il vostro impegno incessante, come alberi sovramondani, piantati presso i corsi delle acque dello Spirito, orsù, anch’io coopererò, per quanto posso, alle irrigazioni che da esso provengono, e come voi alle preghiere del mattino aggiungete le preghiere del giorno, così anche noi, per quanto lo concedono le circostanze, all’istruzione del mattino aggiungeremo quella della sera, per mostrarvi in modo più chiaro i raggiri attraverso i quali il nemico della nostra salvezza cerca con tutti i mezzi di vanificare non solo il digiuno, ma anche la nostra preghiera.
 
Dunque, fratelli, c’è anche un’altra sazietà ed un’altra perversa ubriachezza, che non provengono dai cibi, né dalle bevande e dalla dissolutezza che ne derivano, ma dall’ira contro il prossimo, dall’odio e dal rancore e dai mali che ne provengono: sui quali anche Mosè, nel suo cantico, dice: “Veleno di serpenti il loro vino, e micidiale veleno di vipere”. Per questo il profeta Isaia afferma: “Guai, a coloro che s’ubriacano senza vino”; e di nuovo egli stesso esorta dicendo: “Non digiunate per litigare”. Ma anche contro coloro che digiunano così dice, come da parte del Signore: “Se pieghi come un anello il tuo collo, neppure così chiamerete gradito il digiuno”, e “se moltiplicherete la vostra preghiera, non vi darò ascolto”. Ed ancora: “Quando tendete le vostre mani verso di me, distoglierò i miei occhi da voi”.
Quindi il diavolo cerca di suscitare in coloro che pregano e che praticano il digiuno questa ubriachezza che proviene dall’odio, la quale più di tutto è causa dell’allontanamento da Dio, abbassa la memoria delle colpe, muove i ragionamenti alla memoria dei mali ed inasprisce la lingua alla maldicenza, come David descrive chi prega nella malvagità, quando dice: “Tutto il giorno pensò ad un atto iniquo, la sua lingua come un rasoio affilato”, ed a tali colpe prega Dio d’essere sottratto, dicendo: “Liberami, Signore, dall’uomo malvagio, sottraimi all’uomo ingiusto: essi hanno aguzzato la loro lingua, come quella di un serpente, hanno il veleno delle vipere sotto le loro labbra”.

Ma noi, fratelli, nel tempo del digiuno e della preghiera, perdoniamo di cuore, vi prego, se abbiamo veramente o riteniamo d’avere qualcosa contro qualcuno, e diventiamo tutti dell’amore, pensando meglio gli uni degli altri, per spronarci all’amore ed alle opere buone, parlando bene l’uno dell’altro, riflettendo in noi stessi e pensando ad opere buone di fronte a Dio ed agli uomini, perché in tal modo possiamo digiunare il digiuno degno di lode e privo di biasimo, affinché così le nostre richieste siano bene accette a Dio e possiamo invocarlo convenientemente per grazia come padre, potendogli dire liberamente: “Padre, rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”.

C’è infatti un altro modo in cui colui che s’insinua nelle nostre deliberazioni vanifica la nostra preghiera ed il nostro digiuno: la superbia; per il fatto d’avere la quale anche il fariseo, pur digiunando e pregando, fu rimandato a mani vuote. Ma noi, sapendo che ogni superbo è impuro e non accetto presso Dio, essendo consapevoli che anche noi siamo debitori a Dio di molte e grandi cose e che poco restituiamo del nostro debito, e di quelli precedenti ci dimentichiamo come fossero nulla, mentre tendiamo ad acquisirne di nuovi nel futuro, pratichiamo il digiuno e preghiamo con cuore contrito, accusando noi stessi e con umiltà, perché il nostro digiuno, ed il venire e rimanere nel tempio di Dio siano puri e benaccetti a Dio.

Un altro modo in cui il maligno rende senza profitto lo sforzo che noi facciamo per digiunare e pregare è di persuaderci a compiere queste pratiche per vanità ed ipocrisia. Perciò il Signore di nuovo nel Vangelo ci esorta dicendo: “Entra nella tua stanza, e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto, e il Padre tuo che vede nel segreto, ti darà una ricompensa sotto gli occhi di tutti”.
 
Non dice queste parole ordinando di richiedere delle funzioni, delle preghiere e delle salmodie nel tempio; infatti il profeta salmista non pensava certo a lui quando disse: “In mezzo all’assemblea ti loderò”, “Ti celebrerò tra i popoli, Signore, ti celebrerò tra le nazioni”, “Ti rivolgerò le mie preghiere di fronte a coloro che ti temono, Signore”; ed a noi: “Nelle assemblee benedite il Signore”, e “venite qui, adoriamo, mettiamoci in ginocchio e piangiamo dinanzi al Signore Dio nostro”. Ma, oltre ad altri argomenti più elevati che ora il tempo non consente di toccare, il Signore insegna pure che il risveglio per pregare in solitudine nelle nostre case e nelle stesse camere da letto rafforza la preghiera a Dio nelle chiese, e che quella interiore, nel pensiero, rafforza quella attraverso le labbra; infatti colui che vuole pregare soltanto quando giunge al tempio di Dio, ed invece a casa, per le strade e per le piazze non si dà alcun pensiero di pregare, non riesce veramente a pregare neppure quando è presente nel tempio di Dio.

Anche il salmista indica questi aspetti quando dice: “E’ ben disposto il mio cuore, Dio”, ed aggiunge: “Intonerò canti e salmi nella mia gloria”; ed altrove: “Se mi ricordassi di te nel mio letto, se pensassi a te nelle veglie notturne”. Ma dice anche: “Quando digiunate, non siate scuri in volto, come gl’ipocriti: infatti essi deturpano la loro faccia, per mostrare agli uomini che digiunano; in verità, in verità vi dico che sono lontani dalla loro ricompensa; tu invece, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, per non mostrare agli uomini che stai digiunando, ma il Padre tuo nel segreto, ed il Padre tuo, che vede nel segreto, ti darà una ricompensa manifesta”.
 
O che incomparabile filantropia! Con queste parole ora il Signore ci ha manifestato la sua distinzione nel futuro giudizio, perché qui scegliamo di dare il voto alla parte migliore. Contro quelli che vivono per la vanagloria e non per lui, egli dirà allora, in modo conseguente con le parole da noi citate prima: “Avete ricevuto la vostra ricompensa nella vostra vita”, come anche Abramo disse a quel ricco nel fuoco: “Hai ricevuto i tuoi beni nella tua vita”. A coloro che guardano al lui nell’esercizio delle virtù, dice che “darà una ricompensa manifesta”, cioè ricompenserà in quel teatro universale con una benedizione, un’eredità, una delizia ed un godimento puro ed eterno; e colui che vuole che tutti siano salvi e che giungano alla conoscenza della verità, volendo pure che nessuno resti privo di questi beni, mostra ora, come ho detto, quest’incorrotto ed immutabile voto, indicando così che sono figli di Dio soltanto coloro che disprezzano la gloria umana.
 
Infatti condusse in una volta sola il discorso in entrambi i sensi, dicendo: “Tuo Padre, che vede nel segreto, ti darà una ricompensa manifesta”, proprio per mostrare che sono affiliati e coeredi con lui quanti disprezzano l’umana vanagloria; invece gli altri, che non sono come questi, li esclusa dall’affiliazione, a meno che non si pentano. Il Signore dice queste cose perché noi, che preghiamo e pratichiamo il digiuno guardando negli occhi degli uomini, dai quali per questo non viene nessun giovamento, sosteniamo lo sforzo del digiuno e della preghiera, ma non siamo privati della ricompensa. Dice di ungere il capo e di lavare la faccia, cioè che non è conveniente essere pallidi, né avere un aspetto sofferente ed un’espressione depressa, in modo che si veda che questi disagi dipendono dal digiuno prolungato e dal disprezzo per il corpo, per conquistare la lode degli uomini; tale atteggiamento avevano i farisei, perché amavano l’ostentazione, e perciò furono giustamente esclusi dalla Chiesa di Cristo e Cristo vieta assolutamente che noi diventiamo simili a loro.
 
Se poi qualcuno dirà che anagogicamente la mente è il capo dell’anima, in quanto facoltà guida e sua capacità immaginativa, e che in esso risiedono stabilmente gli atti che dipendono dalla percezione, è bello, quando noi pratichiamo il digiuno, ungere d’olio il nostro capo, cioè rendere la nostra mente compassionevole, e lavare la nostra faccia, cioè la facoltà immaginativa, dai ragionamenti turpi ed impuri, dall’ira e da ogni malvagità; infatti un digiuno siffatto e così compiuto non solo bandisce tutte le passioni malvagie e, con esse, quanti presiedono e creano tali passioni, bandendo i demoni, ma anche annovera tra gli angeli buoni coloro che praticano il digiuno, facendoli volgere verso di loro, disponendo questi ultimi ad essere loro custodi e persuadendoli a portar loro aiuto ed a cooperare con loro.

Così una volta, al tempo di Babilonia, insieme ai tre giovani che praticavano temperanza e digiuno, fu visto in mezzo alle fiamme anche il quarto, che vigilava perché fossero incolumi e li spruzzava incredibilmente di rugiada. Così a Daniele, che per molti giorni praticò il digiuno, stette accanto un angelo, istruendolo e preannunciandogli gli eventi futuri. Così un’altra volta a lui stesso, che con la preghiera ed il digiuno aveva chiusa la bocca ai leoni, un angelo portò da molto lontano, attraverso l’aria, un profeta, che gli recò anche del cibo. Così anche per noi, che ci esercitiamo in un digiuno spirituale e corporeo e che preghiamo, con la cooperazione degli angeli buoni, il fuoco del desiderio carnale sarà spento e l’ira, come un leone, sarà resa mite, e noi così parteciperemo del cibo del profeta, con la speranza e la fede dei beni futuri ed una contemplazione spirituale, e ci sarà possibile camminare su serpenti e scorpioni e su tutta la potenza del nemico.
 
Il digiuno che non sia tale e condotto in questo modo ha invece affinità con gli angeli cattivi: infatti è propria di questi ultimi la mancanza di nutrimento, insieme all’ira, all’odio, alla superbia ed all’opposizione a Dio, e contro di essi noi ci opponiamo come servi e ministri del bene; “infatti la nostra lotta non è contro il sangue e la carne”, dice l’Apostolo, “ ma contro le potente, contro le autorità, contro i dominatori del mondo della tenebra di questo tempo, contro le forze spirituali della malvagità”. Quindi la nostra opposizione contro di loro non avviene semplicemente per mezzo del digiuno, ma usiamo per il nostro presidio sia la corazza della giustizia, sia l’elmo della compassione salvifica, sia lo scudo della fede; inoltre anche la spada dello Spirito, adattissima alla difesa, che è la parola salvifica di Dio per noi; così infatti gareggiamo la bella gara, custodiamo salda la fede e spegniamo tutte le frecce accese del maligno e, mostrandoci vincitori in tutto, otteniamo le sue celesti e pure corone, godendo eternamente insieme agli angeli che sono nei cieli nello stesso Cristo nostro Signore.

Al quale spettano ogni gloria, potenza, onore ed adorazione, con il suo Padre senza principio e con lo Spirito tutto santo, buono e vivificante: ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.


http://www.gregoriopalamas.it/omelia_7.htm

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