giovedì 29 ottobre 2020

Dedicato al tagliagola di Nizza e ai tagliagola dovunque annidati ,ai violenti di Charlie Hebdo, e e quanti eventualmente cristiani invocano la vendetta e la crociata

Ringraziando il caro fratello e confratello Leonardo Lenzi  


Testamento spirituale di Christian de Chergé


Quando si profila  un A-DIO...

Se mi capitasse un giorno – e potrebbe essere oggi – di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia, si ricordassero che la mia vita era “donata” a Dio e a questo paese. Che essi accettassero che l’unico Signore di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale. Che pregassero per me: come essere trovato degno di una tale offerta? Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato.

La mia vita non ha valore più di un’altra. Non ne ha neanche di meno. In ogni caso non ha l’innocenza dell’infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca. Venuto il momento, vorrei poter avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nello stesso tempo di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito.

Non potrei augurarmi una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che questo popolo che io amo venisse indistintamente accusato del mio  assassinio. Sarebbe pagare a un prezzo troppo alto ciò che verrebbe chiamata, forse, la “grazia del martirio”, doverla ad un Algerino, chiunque sia, soprattutto se egli dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l’Islam.

So di quale disprezzo hanno potuto essere circondati gli Algerini, globalmente presi, e conosco anche quali caricature dell’Islam incoraggia un certo islamismo. E’ troppo facile mettersi la coscienza a posto identificando questa via religiosa con gli integrismi dei suoi estremismi.

L’Algeria e l’Islam, per me, sono un’altra cosa, sono un corpo e un’anima. L’ho proclamato abbastanza, mi sembra, in base a quanto ho visto e appreso per esperienza, ritrovando così spesso quel filo conduttore del Vangelo appreso sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa proprio in Algeria, e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani.

La mia morte, evidentemente, sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo, o da idealista: “Dica, adesso, quello che ne pensa!”. Ma queste persone debbono sapere che sarà finalmente liberata la mia curiosità più lancinante. Ecco, potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam così come li vede Lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo, frutto della Sua Passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione, giocando con le differenze.

Di questa vita perduta, totalmente mia e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per questa gioia, attraverso e nonostante tutto.In questo “grazie” in cui tutto è detto, ormai della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, insieme a mio padre e a mia madre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e a loro, centuplo regalato come promesso!E anche te, amico dell’ultimo minuto che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo “grazie”, e questo “a-Dio” nel cui volto ti contemplo. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in Paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, ditutti e due.


Amen! Inch’Allah.

Algeri, 1° dicembre 1993 
Tibhirine, 1° gennaio 1994


L'assassinio dei monaci di Tibhirine venne commesso nel 1996 quando sette monaci trappisti furono sequestrati dal loro monastero presso Tibhirine, in Algeria, nella notte tra il 26 e il 27 marzo, e uccisi il 21 maggio seguente.Le vittime sono state poi beatificati con altri martiri d'Algeria l'8 dicembre 2018

Nella notte tra il 26 e il 27 marzo del 1996 un commando formato da una ventina di uomini armati irruppe nel monastero, sequestrando sette dei nove monaci che ne formavano la comunità, tutti di nazionalità francese.[1]


Il sequestro fu rivendicato un mese dopo dal Gruppo Islamico Armato, che propose in cambio alla Francia uno scambio di prigionieri.[1] Dopo inutili trattative, il 21 maggio dello stesso anno i terroristi annunciarono l'uccisione dei monaci, le cui teste furono ritrovate il 30 maggio; i corpi non furono invece mai ritrovati.

mercoledì 28 ottobre 2020

Un pianto nascosto Isacco di Ninive, nella seconda metà del VII secolo:

In questo tempo in cui siamo privati del mondo e dell’assiduità con esso, sii per noi, Signore nostro, un consolatore, e non allontanarci dal tuo amore. Il nostro cuore è colmo di afflizioni e noi siamo sempre nella tristezza: rendici degni, Signore nostro, della tua consolazione che è più tenace dell’afflizione. Noi siamo colmi di pianto ed esso è per noi sempre amaro: rallegra, mio Signore, la nostra tristezza e da’ refrigerio al nostro cuore in fiamme.

Ansietà e sofferenza ci circondano di notte e di giorno: da’ refrigerio, Signore nostro, segretamente, alla fiamma dei nostri cuori. In nessun luogo c’è per noi una speranza capace di consolare il nostro dolore: accosta il tuo dito, refrigerio di ogni cosa, al pianto nascosto che è nel nostro cuore.

♦ Isacco di Ninive, Discorso X, 25-27, in Discorsi ascetici. Terza collezione, a cura di S. Chialà, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose, 2004, pp. 148-49.


https://monachesimoduepuntozero.com/2020/07/19/un-pianto-nascosto-dice-il-monaco-lxix/




http://www.ortodossiatorino.net/DocumentiSezDoc.php?cat_id=29&id=5997

lunedì 26 ottobre 2020

La storia del monaco e dell'eremita


https://luceortodossamarcomannino.blogspot.com/2020/09/la-storia-del-monaco-e-delleremita.html

Ringrazio il Padre Marco  Giorgi 


Una volta viveva da eremita nel deserto egiziano un monaco, vicino ad Alessandria. Si recava spesso in città a vendere i cestini per ricavarne del denaro che gli serviva per sopravvivere, e una volta domandò a se stesso, vedendo l'iniquità della vita: perché Dio permette il male? E sulla via del ritorno incrociò un altro monaco che si recava in città, e questi gli chiese di accompagnarlo, e così l'eremita obbedì. In breve si confidarono e il monaco disse all'eremita che avrebbe ricevuto dal Signore una risposta alla fine del viaggio, ma in cambio non avrebbe dovuto parlare in nessun modo. L'eremita promise di mantenere la promessa.

Si fece sera e i due chiesero ospitalità ad una coppia, la quale li trattò con generosità e li ospitò in casa propria. Sul tavolo vi era un meraviglioso vassoio d'argento. Il monaco, durante la notte, rubò il vassoio e l'eremita voleva rimproverarlo, ma in virtù del patto non disse nulla. Al mattino i due passarono un fiume e il monaco, dopo averci fatto un segno di croce sopra, gettò il vassoio nel fiume. 

Al momento del pranzo i due giunsero presso un secondo villaggio, e furono invitati a pranzo da una famiglia pia. Dopo il pranzo uscirono nel cortile, dove ad attenderli trovarono un cane che abbaiò loro, e il monaco l'uccise. Un bambino uscì dalla casa per vedere cosa succedeva e il monaco gli ruppe il braccio. L'eremita rimase scioccato, ma in virtù del patto non disse nulla. Poco dopo incontrarono una casa abitata da tanti bambini orfani, e il monaco diede fuoco alla dimora quando questi uscirono a giocare. 

Giunsero a metà pomeriggio ad un terzo villaggio, dove c'era una chiesa abbandonata. Il monaco, invece che pregare davanti alla porta sgangherata dell'edificio, tirò un sasso verso una delle vetrate, rompendola. Successivamente passarono dinnanzi ad una taverna e il monaco vi entrò dentro, si mise vicino ad un tavolo occupato e fece tre prostrazioni, poi uscì. L'eremita non aveva parole per descrivere il disgusto che provava verso quello strano compagno di viaggio. 

All'imbrunire arrivarono ad essere ospitati in una casa di legno da una coppia senza figli, e quando i due monaci lasciarono la casa, parimenti gli diede fuoco. L'eremita non sapeva davvero cosa fare, e si mise a pregare.

Finalmente giunsero di buon mattino ad Alessandria, e il monaco parlò all'eremita dicendo:

"Io sono un Angelo del Signore". 

Al ché l'eremita, esterrefatto, ripose: "tu puoi essere solo un demonio, visto il male che hai fatto finora. Sei un essere spregevole: un ladro, un assassino, un sacrilego! E ti vesti perfino da monaco!" 

"Ti sbagli. Io sono davvero un Angelo, messaggero del Signore che ha voluto rispondere al quesito che ti tormenta. Ascolta. Perché ho rubato il vassoio d'argento? il bisnonno di quella famiglia lo aveva rubato ad un monastero, e io gettandolo nel fiume ho fatto in modo che i monaci di quel convento lo ritrovino e lo riportino al suo posto. Riguardo al cane, si vedeva che aveva la rabbia. L'ho ucciso affinché non mordesse il bambino. Quel ragazzo sarebbe diventato un ladro, ma avendo il braccio rotto, non potrà rubare. Perché diedi fuoco all'orfanotrofio? i bambini troveranno la sotto un tesoro sepolto dai loro genitori morti, e si faranno una vita. Perché ho tirato la pietra verso la chiesa? ho visto dei demoni gioire per la chiesa distrutta, e li ho allontanati. Perché mi sono inchinato in taverna? quel mercante seduto lì ha promesso al prete del villaggio di ricostruirla e così gli ho reso onore. Infine, quella coppia non poteva avere figli a causa della loro vita profana ed empia: quella dimora era stata costruita con soldi sporchi ma, bruciando la casa, li ho allontanati dalla loro vita iniqua e spronati a cambiare. Riesci a capire? Dio, nella sua misericordia,  trasforma il male nel bene. Dio non compie il male, al massimo corregge. Non guardare solo al segnale esterno, perché la Giustizia Divina supera ogni intelletto".

Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell'Agnello » (Ap 19,9)









Apocalisse 19

Gioia e trionfo nei cieli; le nozze dell'Agnello

Ap 18:8, 20-24; 15:2-4; 17:16-17; 11:15-17 (Sl 45:6-15; Ap 21:1-5)

1 Dopo queste cose, udii nel cielo una gran voce come di una folla immensa, che diceva: «Alleluia! La salvezza, la gloria e la potenza appartengono al nostro Dio, 2 perché veritieri e giusti sono i suoi giudizi. Egli ha giudicato la grande prostituta che corrompeva la terra con la sua prostituzione e ha vendicato il sangue dei suoi servi, chiedendone conto alla mano di lei». 3 E dissero una seconda volta: «Alleluia! Il suo fumo sale per i secoli dei secoli».

4 Allora i ventiquattro anziani e le quattro creature viventi si prostrarono, adorarono Dio che siede sul trono, e dissero: «Amen! Alleluia!»

5 Dal trono venne una voce che diceva: «Lodate il nostro Dio, voi tutti suoi servitori, voi che lo temete, piccoli e grandi».

6 Poi udii come la voce di una gran folla e come il fragore di grandi acque e come il rombo di forti tuoni, che diceva: «Alleluia! Perché il Signore, nostro Dio, l'Onnipotente, ha stabilito il suo regno. 7 Rallegriamoci ed esultiamo e diamo a lui la gloria, perché sono giunte le nozze dell'Agnello e la sua sposa si è preparata. 8 Le è stato dato di vestirsi di lino fino, risplendente e puro; poiché il lino fino sono le opere giuste dei santi».

9 E l'angelo mi disse: «Scrivi: "Beati quelli che sono invitati alla cena delle nozze dell'Agnello"». Poi aggiunse: «Queste sono le parole veritiere di Dio». 10 Io mi prostrai ai suoi piedi per adorarlo. Ma egli mi disse: «Guàrdati dal farlo. Io sono un servo come te e come i tuoi fratelli che custodiscono la testimonianza di Gesù: adora Dio! Perché la testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia».

Seconda venuta di Cristo; vittoria sulla bestia e sul falso profeta

(Sl 45:3-7; Gd 15; Is 11:4; 63:1-6)(Ap 16:13-16; 17:13-14; 2Te 2:8; Is 24:21-22) cfr. Mt 24:16-30

11 Poi vidi il cielo aperto, ed ecco apparire un cavallo bianco. Colui che lo cavalcava si chiama Fedele e Veritiero; perché giudica e combatte con giustizia. 12 I suoi occhi erano una fiamma di fuoco, sul suo capo vi erano molti diademi e portava scritto un nome che nessuno conosce fuorché lui. 13 Era vestito di una veste tinta di sangue e il suo nome è la Parola di Dio. 14 Gli eserciti che sono nel cielo lo seguivano sopra cavalli bianchi, ed erano vestiti di lino fino bianco e puro. 15 Dalla bocca gli usciva una spada affilata per colpire le nazioni; ed egli le governerà con una verga di ferro, e pigerà il tino del vino dell'ira ardente del Dio onnipotente. 16 E sulla veste e sulla coscia porta scritto questo nome: RE DEI RE E SIGNORE DEI SIGNORI.

17 Poi vidi un angelo che stava in piedi nel sole. Egli gridò a gran voce a tutti gli uccelli che volano in mezzo al cielo: «Venite! Radunatevi per il gran banchetto di Dio; 18 per mangiare carne di re, di capitani, di prodi, di cavalli e di cavalieri, di uomini d'ogni sorta, liberi e schiavi, piccoli e grandi».

19 E vidi la bestia e i re della terra e i loro eserciti radunati per far guerra a colui che era sul cavallo e al suo esercito.

20 Ma la bestia fu presa, e con lei fu preso il falso profeta che aveva fatto prodigi davanti a lei, con i quali aveva sedotto quelli che avevano preso il marchio della bestia e quelli che adoravano la sua immagine. Tutti e due furono gettati vivi nello stagno ardente di fuoco e di zolfo. 21 Il rimanente fu ucciso con la spada che usciva dalla bocca di colui che era sul cavallo, e tutti gli uccelli si saziarono delle loro carni.