mercoledì 31 maggio 2017

(da alcuni testi )Del nostro Padre tra i Santi Iustin (Popovic)-


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L'Uomo come immagine di Cristo

" Rivestirsi dell‟uomo nuovo, il Dio-Uomo, significa diventare vero uomo, quale è uscito dalle mani di Dio al momento della creazione e per di più dotato di tutte le energie divino-umane del Cristo, riempito di “tutta la pienezza di Dio”[5]. Per il Signore ogni uomo è un essere simile a Dio: “non c‟è né Greco né Ebreo, circonciso o meno, barbaro o Scita, schiavo o libero: ciò che importa è il Cristo e la sua presenza in tutti noi”[6]. In quanto Dio-Uomo divenuto Chiesa, il Signore abbraccia tutti i mondi divini e tutte le creature in essi, ha riempito di sé tutti e tutto e per ogni creatura è divenuto “tutto in tutto”. Nella misura in cui le creature non lo allontanano da sé con l‟amore volontario per il peccato, dacché esiste la Chiesa del Cristo nel mondo, scompare tutto ciò che divide gli uomini. E l‟uomo nuovo, l‟uomo del Cristo, guarda in un modo nuovo i suoi simili, il mondo ed ha la filosofia “secondo il Cristo”[7]. 

sta in   http://luceortodossamarcomannino.blogspot.it/2016/01/luomo-come-immagine-di-cristo-san.html


IL CRISTO È RISORTO!

San Justin Popovic Trad. A. S. in “Messaggero Ortodosso”, Roma, aprile-maggio 1986, nn. 4-5, 1-4.

"Infatti, se egli non fosse risorto, l’Evangelo sarebbe lettera morta, una lettera sulla carta. Se egli non fosse risorto, non ci sarebbe il Cristianesimo; al posto suo ci sarebbe una dottrina filosofica, simile a quella di Socrate, Platone, Kant e Bergson. Solo Egli, eternamente vivo, poiché è il Signore Gesù Cristo risorto, dà le forze ed il Cristianesimo è vita, vita e fede, vita ed amore, vita e preghiera, vita ed immortalità, vita e vita eterna. Egli solo, eternamente vivo, ispira i martiri al martirio per lui, gli asceti all’ascesi, gli apostoli all’apostolato, i confessori alla confessione, i folli in Cristo alla loro follia, i misericordiosi alla misericordia, i digiunatori al digiuno, i continenti alla continenza, coloro che amano all’amore; tutti i Cristiani di tutti i tempi alle varie forme di ascesi, in cui consiste la vita secondo il suo Evangelo della salvezza."

sta in

http://larpadidavide.blogspot.it/2013/05/il-cristo-e-risorto.html

 

L’ultimo scritto di San Justin Popovic il Nuovo Filosofo (1894 - 1979)

Da “Messaggero Ortodosso”, Roma, agosto-settembre 1979 anno IV, n.7-8, p. 22-23. trad. A. S.
 
Esaminate e controllate: tutto ciò che c’è di buono nell’uomo trae origine da Dio stesso: tutto ciò che è grande, immortale ed ha un valore eterno. Di tutto ciò la gloria spetta a Dio; all’uomo essa spetta in quanto glorifica Dio con ciò che c’è di buono, santo, immortale, eterno. Che cosa si deve lodare e celebrare nell’uomo, che egli non abbia ricevuto da Dio? Chi è intelligente lo vede e se ne rende conto, per cui ascrive a Dio tutta la gloria e tutte le opere gloriose compiute dagli uomini.
Solo le persone di intelligenza limitata e di sentimenti superficiali, incapaci di pensieri profondi, ascrivono agli uomini la gloria delle loro opere. E questa gloria cercano testardamente. Ma tra gli uomini è glorioso, in realtà, solo ciò che è divino, immortale ed eterno.

L’uomo è glorioso solo per merito di Dio, del Dio-Uomo. Giacché lui solo gli dà l’immortalità, l’eternità, la verità, l’amore, la giustizia e la saggezza, ciò che lo rende glorioso davanti a Dio. Ed è ciò che lo rende eternamente glorioso. Perciò il Cristo, a nome proprio e dei suoi autentici seguaci, decisamente dichiara: “A me non importa affatto ricevere i complimenti dagli uomini”.
Ma se l’uomo cerca la gloria degli uomini, è un verme che cerca la tarlatura; a che cosa gli serve allora il Cristo? A che gli serve la fede nel Cristo? Egli non può neppure credere nel Signore Gesù. L’amor proprio è il principale impedimento perché si creda nel Dio-Uomo, l’amor proprio che serve a soddisfare gli uomini. Se l’uomo accontenta i suoi simili, se vive per la gloria umana, s’è reso con ciò stesso incapace della fede in Dio e di ciò che è divino: la Verità divina, la giustizia e la Vita. Perciò il Salvatore giustamente chiede: “Ma come può avere fede gente come voi? Siete pronti a ricevere l’omaggio dei vostri simili, ma non vi preoccupate di ricevere la lode di Dio”.

Mosè che vide Dio, vide tutta la sua gloria, quella del suo popolo e di tutti gli uomini in Dio e nel suo Messia. Ogni sua parola è una fiamma di ardore per Dio e per ciò che è divino. Se indagate sulla verità delle sue parole, in che cosa essa consiste se non in Dio e nel suo Messia? Mosè non fece altro che “scrivere di me”, cioè del Cristo, Dio-Uomo.
 
 http://larpadidavide.blogspot.it/2011/12/lultimo-scritto-di-san-justin-popovic.html
 
 
PREGHIERA A SAN GIOVANNI CRISOSTOMO
Arch. Justin Popovic
O tu più eloquente di tutti gli uomini, tu l’Orante di Dio, Santo Padre Giovanni Crisostomo, ecco che con le nostre preghiere balbettate ci avviciniamo a te. Non ci respingere, perché ecco in ognuno dei nostri balbettii c’è tutto il nostro cuore, i nostri sospiri, le nostre grida! Noi ti preghiamo, o grande Santo: scendi con la compassione dalle altezze sopracelesti fino alla nostra bassezza avvelenata e guariscici da ogni malattia dell’anima, in modo da servire, con un’anima che ha riacquistato la salute, il tuo e nostro Signore. Guariscici da tutte le malattie del corpo, se è per la nostra salvezza, in modo che possiamo dedicarci all’ascesi di un’anima sana in un corpo sano e lottare con il tuo grande aiuto per la salvezza delle nostre anime, lottare per la resurrezione della nostra coscienza dai morti, lottare per la trasfigurazione del nostro cuore amico del peccato, lottare per la divinizzazione della nostra volontà demonizzata, affinché la nostra volontà, guidata da te, non voglia e non desideri che solamente ciò che è di Cristo, ciò che è evangelico, ciò che è celeste e ciò che è eterno.
O grandemente meraviglioso Santo di Dio, le tue sante reliquie sono lontano da noi, ma per il tuo amore per Lui, sei interamente accanto al Cristo Signore e, per il tuo amore per gli uomini, sei accanto a tutti noi; anche noi ti preghiamo con tutto il nostro cuore: per il tuo amore, scendi fino a noi, e con la fiamma del tuo amore per Cristo, abbraccia le nostre anime in modo che brucino eternamente dell’amore per Cristo, in entrambi i mondi, perché brucino e mai si consumino; e dacci il tuo santo amore per gli uomini, in modo che ci amiamo gli uni gli altri e amiamo tutta la creazione, sulla terra e in cielo, soltanto con santo amore. Santo Evangelista dalla bocca d’oro, quinto Evangelista, ti preghiamo e ti supplichiamo: per il tuo santo Evangelo guidaci, dirigi le nostre anime, facci uscire sulla strada che, con l’eterna Verità, conduce alla vita eterna. Il nostro intelletto, malato e reso malato, nebbioso e ottenebrato dai pensieri impuri e cattivi, dalle passioni amiche dei peccati, guariscilo con la misericordia e trasfiguralo in mente di Cristo, come tu stesso hai già trasformato la tua mente durante la tua vita terrena, con la tua santa ascesi, nello spirito di Cristo – che è il motivo per cui ci hai spiegato i meravigliosi misteri di Cristo seminati e sparsi in tutta la creazione divina, visibile e invisibile.
O tu che hai desiderato Cristo, tu che sei potente in Cristo, o nostro padre Crisostomo, per secoli, con i tuoi santi libri e le tue sante preghiere, hai risuscitato dai morti innumerevoli anime – risuscita anche le nostre anime con i tuoi santi insegnamenti e le tue sante preghiere! Perché guidati e diretti da te, saremo in grado di vincere qualsiasi morte, che cresce dall’amore per il peccato nascosto profondamente dentro di noi o che ci attacca dal mondo esterno. Lo sappiamo, sì, lo sappiamo, o santissima Guida spirituale e celeste, sei più forte di ogni morte! Noi ti preghiamo, facci vincitori di ogni morte, avendoci fatto prima vincitori di ogni peccato e di ogni passione, poiché i peccati e le passioni sono le uniche cause, gli unici precursori, gli unici portatori, gli unici autori di tutte le morti spirituali; e per questo tu, che ci piaccia o no, sterminali in noi, e assicuraci così la vittoria su ogni morte, in modo che possiamo già in questo mondo vivere la gioia pasquale del Signore Risorto, che da te si riversa abbondantemente su tutti coloro che con tutto il loro cuore invocano il tuo aiuto.
O molto misericordioso e sempre molto vittorioso padre Crisostomo, abbi misericordia di me: scendi dal cielo nel grembo della mia anima, nelle tane delle belve nascoste nella mia anima. Perché ogni passione è una belva feroce e la mia anima è piena di belve spirituali. Per favore, scendi tra i leoni selvatici e fa’ di loro degli agnelli. Ti prego, scendi in mezzo ai lupi sanguinari, divoratori di anime e trasformali in pecore. Affrettati, vieni in mio aiuto perché le mie belve rabbiose, le passioni sempre affamate della mia anima, sono pronte a divorarmi!
O Evangelista insuperabile dalla bocca d’oro, o Crisostomo, evangelizza me, il grande peccatore: per i tuoi evangeli [portatori della luce] trisolari, scendi nei miei ghiacciai, falli sciogliere e riscaldami con calore celeste. La mia pigrizia – ecco il mio primo ghiacciaio: in esso è congelato tutto ciò che attira verso Dio, verso il cielo; ti prego, scendi in esso, riscaldami tutto intero e sollevami verso il cielo, verso il Signore! Il mio ozio – ecco mio secondo ghiacciaio, mio santissimo padre e padre spirituale sapiente in Dio; scendi in esso, perché tutti i pensieri si sono congelati, tutti i sentimenti e io, in spensieratezza e inoperosità, muoio nel ghiaccio, privato del sole.
Ti prego, con i raggi del tuo zelo, entra nel ghiacciaio della mia anima e scaldami con la fede, la preghiera, l’amore, il digiuno, lo zelo, la verità e con tutte le virtù. Entra e fa’ sciogliere i ghiacciai della mia anima con il fuoco della tua fede, del tuo amore e della tua compassione. E così, sollevami sempre più in alto verso il cielo, verso il tuo, e il mio, meraviglioso Signore! Perché anche se con i miei peccati mi sono allontanato molto dal Signore, anche se il diavolo mi trascina attraverso il deserto dei miei folli desideri, tuttavia credo che il Signore Molto Buono esaudirà le sante preghiere, per me peccatore, del Suo beneamato che gli è stato accetto, che Egli mi riporterà, con la Sua taumaturgica misericordia, al cielo, a Lui stesso, al Suo regno celeste. Anche perché se spesso sono caduto, non sono stato privato del Signore: perché mi reggo a Lui, fosse solo per un sospiro, una lacrima, un grido.

O misericordiosissimo padre Crisostomo, abbi pietà di me, il grande peccatore: ricevimi nei secoli nelle tue sante preghiere! Perdonami e aiuta me, il grande peccatore! Rialzami ché sono caduto e rovinato! Guarisci la mia anima da tutte le sue passioni! Guarisci la mia mente da tutte le malattie! Guarisci la mia volontà da tutte le debolezze! Custodiscimi con le tue preghiere come fossero un’armatura di fuoco, affinché nessuna passione mi faccia cadere nella morte spirituale! Rafforza il mio spirito nella tua memoria di Cristo! Rafforza il mio cuore nel tuo sentimento di Cristo! Rendimi impassibile, io che sono pieno di passioni, con l’aiuto delle sante virtù! Rendimi degno di sentire tramite te, di pensare attraverso te, di volere tramite te, di agire attraverso te, di credere tramite te, di amare attraverso te, di vivere tramite te, di essere immortale attraverso te! Per il tuo amore a Cristo, dammi l’amore di Cristo! Dammi l’umiltà e la pazienza! Prega per me, in me e al mio posto, trasfigurami per la salvezza, per essere cristificato, divinizzato! Cristificami, ché sono demonizzato! Rendimi misericordioso, io che sono insensibile e privo di compassione! Dammi tutte le virtù, ché sono corrotto! Governa sempre il mio cuore! Guida sempre la mia anima! Guida sempre la mia volontà! Guida sempre la mia coscienza! Conduci sempre i miei pensieri! Dirigi sempre i miei sentimenti! Conduci sempre la mia vita, sia in questo mondo che nel mondo che verrà! Affinché anche io, il grande peccatore, possa insieme a te, padre Crisostomo amare in Cristo, celebrare continuamente il nostro unico e meraviglioso Signore e Salvatore Gesù Cristo, al quale appartiene ogni gloria, onore e adorazione, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amìn! Amìn! Amìn!

 http://oodegr.com/tradizione/tradizione_index/testilit/crisospopovic.htm

 

La Chiesa, Pentecoste permanente

 Il “giorno dello Spirito Santo” – che inizia con l’alba della Pentecoste  – si diffonde, inarrestabile, nella Chiesa attraverso la pienezza indicibile dei doni divini e delle divine potenze vivificanti  nella Chiesa ogni cosa esiste per mezzo dello Spirito Santo, dal minimo dettaglio a ciò che è fondamentale. Quando il sacerdote benedice l’incensiere prima di accingersi ad incensare, prega il Signore Gesù di “far discendere la grazia dello Spirito Santo”, e quando si procede al rinnovamento dell’indicibile mistero divino della santa Pentecoste, durante la consacrazione di un vescovo, con il proposito di conferirgli tutta la plenitudine della grazia, appare evidente come l’intera vita si trovi posta sotto lo Spirito Santo. Indubbiamente, è in virtù dello Spirito Santo che Cristo è nella Chiesa – parimenti lo Spirito Santo dimora nell’anima  Sin dall’apparire dell’economia divino-umana della salvezza, lo Spirito Santo è stato sigillato nelle fondamenta
della Chiesa, nella fondamenta del corpo di Cristo, portando a compimento l’Incarnazione: Lo Spirito Santo che ha prodotto dalla Vergine l’Incarnazione del Verbo (toû Logou ktisan tèn sarkosin) 

http://www.orthodoxia.it/wp/2016/06/02/chiesa-pentecoste-permanente/

 

Hai accolto con gioia, al suo ritorno, quel prodigo...

 

Il figlio prodigo della parabola è l’esempio perfetto del peccatore che si converte. L’Evangelo ci mostra come l’uomo, con il suo libero volere, con la sua vita, partecipi della terra e del cielo, del diavolo e di Dio, del paradiso e dell’inferno. Il peccato spoglia gradualmente l’uomo da qualsivoglia elemento divino dentro di lui, gli paralizza ogni desiderio e anelito divino, finché lo getta, alla fine, tra le braccia tremende del diavolo. Allora l’uomo si riduce a pascolare i porci del suo signore, il diavolo. I porci sono le passioni, sempre insaziabili e voraci. In una tale vita l’uomo infelice non è che matto, demente, fuori di sé [...]. Il Signore afferma del figlio prodigo: “Rientrò in sé stesso” (Lc 15,17). In che modo rientrò in sé stesso? Con la conversione. Poiché con il peccato l’uomo diventa demente, va fuori di sé. Ogni peccato, anche il più piccolo, è sempre pazzia dell’anima, demenza dell’anima. Con la sua conversione, l’uomo rinsavisce, ridiventa sano, rientra in sé. E allora grida a Dio, corre verso di lui, innalza al cielo la sua voce: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te” (Lc 15,21). E che fa il Padre celeste? Sempre e sconfinatamente amico dell’uomo, vedendo il proprio figlio affrettarsi convertito verso di lui, si muove a compassione, corre, lo abbraccia e lo bacia. E ordina ai suoi servitori celesti, i santi angeli: “Portate qui il vestito primo, più bello, e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,22-24). Così avviene anche per ciascuno di noi e per ogni peccatore che si converte [...].

La conversione dal peccato conduce il peccatore pentito all’abbraccio di Dio, al regno eterno dell’amore del nostro Padre celeste. Mentre il peccato che rimane senza conversione genera nell’anima la morte, per inabissare, successivamente, l’uomo nell’inferno eterno del diavolo. Signore, accordaci la conversione!


 http://bergamo-ortodossa.blogspot.it/2013/03/hai-accolto-con-gioia-al-suo-ritorno.html


Introduzione a "Le Vite dei Santi" | Vita ed opere dei Santi Padri

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http://www.calabriaortodossa.it/joomla//joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=62:introduzione-a-qle-vite-dei-santiq&catid=69:vita-ed-opere-dei-santi-padri&Itemid=15

domenica 28 maggio 2017

28 Maggio 2017 E Abbà disse...San Luca di Crimea taumaturgo (1877-1961)

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Fa’ della tua anima il tuo monastero! Bàttici il simandro, chiamala alla veglia, spargici l’incenso e prega senza posa!

 Niente è così tanto gradito a Dio,” – come dice San Giovanni Crisostomo –  “quanto una vita che sia di beneficio per tutti“. È per questo che ci è stato dato il dono della parola, delle mani, della forza del corpo, della mente e della conoscenza: affinché li impieghiamo per la nostra salvezza e per il servizio al prossimo.

 Dovete ricordarvi che il piu grande errore che compiono quei genitori innamorati dei propri figli piccoli è che perdonano tutto e non li puniscono mai.

 Non c’è niente di più significativo e di valore della preghiera ma d’altro canto niente è più difficile, in quanto le attività umane più sono significative e più sono difficili. Con i nostri sforzi non possiamo comprendere appieno il senso e il valore della preghiera e ancor di meno riusciamo a pregare in una maniera gradevole a Dio. Tutti gli uomini, fino all’ultimo, hanno bisogno dell’onnipotente aiuto dello Spirito Santo per compiere questa grande opera, infatti ecco cosa ci dice il Santo Apostolo Paolo nell’epistola ai Romani: “Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili” (Romani 8, 26).

( http://ortodossinelmondo.it/citazioni_tag/luca-di-crimea)




Il grande apostolo Paolo dice di sé stesso: Io sono il minimo degli Apostoli, non sono nemmeno degno d'esser chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Ma per la grazia di Dio io sono quello che sono, e la grazia verso di me non è stata vana, anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che era in me. ( 1Cor. 15:9-10).
Vedete come il più grande fra gli apostoli parla di sé stesso, come se non fosse stato lui ad aver operato, ad aver compiuto grandi opere, illuminato il mondo intero, la  Grazia che era con lui. Egli non attribuisce nulla a se stesso, anche se grandi furono le sue opere, e le sue sofferenze per Cristo innumerevoli, Tutto riconduce alla Grazia di Dio. E noi malati, invece, che attribuiamo a noi stessi grandi meriti per una cosa fatta una sola volta, o che ancora dobbiamo iniziare? E noi che invece non notiamo la grazia divina, fonte di ogni bene?
La parola grazia si sente spesso ad ogni officio divino. La parola grazia si trova in quasi ogni pagina del Nuovo Testamento, mentre nel Vecchio si trova assai raramente, Perché questo, perché si parla sempre di Grazia nel Nuovo Testamento?
Perché il principio di ogni bene è nostro Signore Gesù Cristo: in Lui abbiamo la redenzione mediante il Suo sangue, e le ricchezze della sua grazia. ( Ef. 1:7) Questo è il bene più grande, la fonte e l'inizio di ogni grazia - la redenzione dell'Umanità attraverso il Purissimo Sangue di Cristo. Infatti è per la grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio ( Ef. 2:8). 
Gratuitamente abbiamo ricevuto questo dono, gratuitamente riceviamo la redenzione dal Sangue di Cristo. La Grazia divina illuminerà ogni cristiano che prenderà la sua propria croce e seguirà il Cristo. Sapete che la grazia è necessaria ad ogni vero inizio, così da prendere parte alla salvezza, all'Alleanza di Cristo, così come il Signore stesso ci ha detto: Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre, che mi ha mandato: e io lo resusciterò nell'ultimo giorno ( Giovanni 6:44). E' necessario che il Padre stesso ci guidi, altrimenti per noi non c'è inizio nel cammino di Cristo. 
Leggiamo negli Atti degli Apostoli cosa accadde in Macedonia a Filippi, mentre l'apostolo Paolo insegnava il Vangelo. Insegnava nei pressi della città, sulla riva del fiume nella quale era stata eretta una Sinagoga. Una donna di Tiatiri, commerciante di porpora, chiamata Lidia, la quale temeva Dio, ci ascoltava. Il Signore le aprì il cuore per renderla attenta alle parole di Paolo. ( Atti 16:14). 
Vedete, il Signore stesso le aprì il cuore agli insegnamenti di Paolo. 
Così il cuore di tutti noi si apra al tocco di Dio e ponga attenzione alle grandi parole di Cristo. La grazia divina è necessaria al principio del nostro viaggio verso la Salvezza. Ma si può dire che la Grazia divina è prefigurata per coloro che sono predestinati alla vita eterna? che solo costoro possono toccare la grazia? Certo che no. La Grazia è l'effusione dell'incommensurabile amore di Dio e il suo amore è rivolto a tutta la creazione, soprattutto agli uomini, e di conseguenza la Grazia di Dio adombra  i cuori di tutto il genere umano. Perché sta scritto che che Dio è Padre di tutti gli Uomini e e sia degli Ebrei che dei Pagani. Egli è buono con tutti. Uno che va alla guerra non si immischia nelle faccende della vita civile, se vuol piacere a colui che lo ha arruolato. Allo stesso modo quando uno lotta come atleta non riceve la corona, se non ha lottato secondo le regole. Il lavoratore che fatica dev'essere il primo a ricevere la su parte del raccolto. (2Tim. 2:4-6). Ossia il genere umano. Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non solo per i nostri, ma per quelli del mondo intero. (1Giovanni 2:2). 
Ricordate queste parole: senza di me non potete far nulla. Se non vivete nell'amore di Cristo, se non berrete il succo della Vera Vite, non sarà possibile compiere alcunché di bene, e rimarrete soli nella vostra debolezza e nella vostra miseria. Tutto ciò che si compie in voi per mezzo della Grazia è attuato dal Padre stesso in Gesù Cristo: egli solo confermerà tutte le vostre buone azioni, e senza di lui, non potrete far nulla.  
Tratto da: Omelia sulla Grazia di San Luca vescovo di Simferopoli, apparsa su Pravoslavie.ru

http://luceortodossamarcomannino.blogspot.it/2015/06/la-grazia-san-luca-vescovo-di-crimea.html


Ultime parole e testamento spirituale di San Luca di Crimea, Taumaturgo e Vescovo 

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http://luceortodossamarcomannino.blogspot.it/2015/03/san-luca-il-taumaturgo-san-luca-di.html 

 

"Lo spirito dell'apatia (accidia)" di San Luca, Arcivescovo di Crimea 

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 http://cristianiortodossi.blogspot.it/2016/10/lospirito-dellapatia-accidia-dioe.html

 " La nostra religione non è una religione della depressione: al contrario, è una religione della vigilanza, dell'energia, della volontà e della forza di carattere. La nostra Fede Ortodossa non porta alla depressione, ma a qualcosa di opposto – qualcosa della quale San Paolo parla nella sua Lettera ai Galati : “ Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé;” (Gal . 5, 22).
    Questo è lo spirito autentico, questa è la vera essenza della nostra religione: non la tristezza ne la depressione, ma la giustizia, la pace e la gioia nello Spirito Santo."

 

biografia del Santo sta in

http://www.lombardiarussia.org/index.php/component/content/article/57-categoria-home-/623-san-luca-di-crimea-taumaturgo-e-vescovo-intervista-esclusiva-a-padre-vassiliy-sacerdote-della-chiesa-ortodossa-di-sinferopoli-in-crimea

 http://www.sentiericona.it/public/icone/?p=1145

 http://luceortodossamarcomannino.blogspot.it/2013/11/il-santo-vescovo-luka-e-la-repressione.html

 


lunedì 22 maggio 2017

Verso l'Ascensione di Cristo Dio Vigilanza cristiana Gregorio Magno, Omelia 2, 29,11


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Perciò, fratelli dilettissimi, occorre che col cuore ci volgiamo là dove crediamo che Egli sia asceso col corpo. Fuggiamo i desideri terreni, nulla più ci diletti quaggiù, poiché abbiamo un Padre nei cieli. E ciò noi dobbiamo considerare attentamente, poiché Colui che mite salì in cielo tornerà terribile; e tutto ciò che ci insegnò con mansuetudine, esigerà da noi con severità. Nessuno, dunque, tenga in poco conto il tempo dovuto alla penitenza; nessuno, mentre è nel pieno delle proprie forze, trascuri se stesso, poiché il nostro Redentore quando verrà a giudicarci sarà tanto più severo quanto più paziente è stato con noi prima del giudizio. Pertanto, fratelli, fate questo tra voi e su questo meditate assiduamente. Sebbene l’animo, sconvolto dalle passioni terrene, sia ancora incerto, tuttavia adesso gettate l’ancora della vostra speranza verso la patria eterna, fortificate nella vera luce i propositi dell’animo. Ecco abbiamo sentito che il Signore è asceso al cielo. Perciò meditiamo sempre su ciò in cui crediamo. E se ancora siamo trattenuti qui dall’impedimento del corpo, tuttavia seguiamo Lui con passi d’amore. Non può lasciare insoddisfatto il nostro desiderio Colui che ce l’ha ispirato, Gesù Cristo Nostro Signore.

lunedì 15 maggio 2017

"Ciò che volete che gli uomini facciano a voi" - dice il Salvatore - fatelo anche voi a loro, allo stesso modo" (Mt 7,12)

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omelia di un sacerdote  e scrittore cristiano del V secolo, Salviano di Marsiglia, De gubernatione, 3, 5-6
 
Forse qualcuno obietta che oggi non è più il tempo in cui ci sia dato di sopportare per Cristo ciò che
gli apostoli sopportarono ai loro giorni. E' vero: non vi sono imperatori pagani, non vi sono tiranni persecutori; non si versa il sangue dei santi, la fede non è messa alla prova con i supplizi. Dio è contento che gli serviamo in questa nostra pace, che gli piacciamo con la sola purità immacolata delle azioni e la santità intemerata della vita. Ma per questo gli è dovuta più fede e devozione, perché esige da noi meno, pur avendoci elargito di più. Gli imperatori, dunque, sono cristiani, non c'è persecuzione alcuna, la religione non viene turbata, noi non veniamo costretti a dar prova della fede con un esame rigoroso: perciò dobbiamo piacere di più a Dio almeno con gli impegni minori. Dimostra infatti di essere pronto a imprese maggiori, se le cose lo esigeranno, colui che sa adempire i doveri minori.
Omettiamo dunque ciò che sostenne il beatissimo Paolo, ciò che, come leggiamo nei libri di religione scritti in seguito, tutti i cristiani sostennero, ascendendo così alla porta della reggia celeste per i gradini delle loro pene, servendosi dei cavalletti di supplizio e dei roghi come di scale. Vediamo se almeno in quegli ossequi di religiosa devozione che sono minori e comuni e che tutti i cristiani possono compiere nella pace più stabile ed in ogni tempo, ci sforziamo realmente di rispondere ai precetti del Signore. Cristo ci proibisce di litigare. Ma chi obbedisce a questo comando? E non è un semplice comando, giungendo al punto di imporci di abbandonare ciò che è lo stesso argomento della lite pur di rinunciare alla lite stessa: "Se qualcuno" - dice infatti -"vorrà citarti in giudizio per toglierti la tunica, lasciagli anche il mantello" (Mt 5,40). Ma io mi chiedo chi siano coloro che cedano agli avversari che li spogliano, anzi, chi siano coloro che non si oppongano agli avversari che li spogliano? Siamo tanto lontani dal lasciare loro la tunica e il resto, che se appena lo possiamo, cerchiamo noi di togliere la tunica e il mantello all'avversario. E obbediamo con tanta devozione ai comandi del Signore, che non ci basta di non cedere ai nostri avversari neppure il minimo dei nostri indumenti, che anzi, se appena ci è possibile e le cose lo permettono, strappiamo loro tutto! A questo comando ne va unito un altro in tutto simile: disse infatti il Signore: "Se qualcuno ti percuoterà la guancia destra, tu offrigli anche l'altra" (Mt 5,39). Quanti pensiamo che siano coloro che porgano almeno un poco le orecchie a questo precetto o che, se pur mostrano di eseguirlo, lo facciano di cuore? E chi vi è mai che se ha ricevuto una percossa non ne voglia rendere molte? E' tanto lontano dall'offrire a chi lo percuote l'altra mascella, che crede di vincere non solo percuotendo l'avversario, ma addirittura uccidendolo.
"Ciò che volete che gli uomini facciano a voi" - dice il Salvatore - fatelo anche voi a loro, allo stesso modo" (Mt 7,12). Noi conosciamo tanto bene la prima parte di questa sentenza che mai la tralasciamo; la seconda, la omettiamo sempre, come se non la conoscessimo affatto. Sappiamo infatti benissimo ciò che vogliamo che gli altri ci facciano, ma non sappiamo ciò che noi dobbiamo fare agli altri. E davvero non lo sapessimo! Sarebbe minore la colpa dovuta ad ignoranza, secondo il detto: "Chi non conosce la volontà del suo padrone sarà punito poco. Ma chi la conosce e non la eseguisce, sarà punito assai" (Lc 12,47). Ora la nostra colpa è maggiore per il fatto che amiamo la prima parte di questa sacra sentenza per la nostra utilità e il nostro comodo; la seconda parte la omettiamo per ingiuria a Dio. E questa parola di Dio viene inoltre rinforzata e rincarata dall'apostolo Paolo, il quale, nella sua predicazione, dice infatti: "Nessuno cerchi ciò che è suo, ma ciò che è degli altri" (1Cor 10,24); e ancora: "I singoli pensino non a ciò che è loro, ma a ciò che è degli altri" (Fil 2,4). Vedi con quanta fedeltà abbia egli eseguito il precetto di Cristo: il Salvatore ci ha comandato di pensare a noi come pensiamo agli altri, egli invece ci comanda di badare più ai comodi altrui che ai nostri. E' il buon servo di un buon Signore e un magnifico imitatore di un Maestro unico: camminando sulle sue vestigia ne rese, quasi, più chiare e, scolpite le orme. Ma noi cristiani facciamo ciò che ci comanda Cristo o ciò che ci comanda l'Apostolo? Né l'uno né l'altro, credo. Siamo tanto lungi tutti noi da offrire agli altri qualcosa con nostro incomodo, che badiamo sommamente ai nostri comodi, scomodando gli altri.

Fonte:http://www.qumran2.net/


Salviano di Marsiglia (400 o 405 – 451 o succ.) è stato uno scrittore latino. Fu uno scrittore cristiano, probabilmente originario di Colonia o di Treviri .
Della sua vita poco è accertato. Salviano fu educato alla scuola di Treviri apparentemente da maestri cristiani. In data sconosciuta si sposò e si stabilì nel sud est della Gallia a Lerina ; quindi, divenuto sacerdote, visse a Marsiglia. Da sua moglie  Palladia, ebbe una figlia, Auspiciola.
Nei suoi scritti appaiono riferimenti a studi fatti sul diritto romano; questo sembra avvalorare una nascita aristocratica come egli stesso riferisce a proposito di una parentela "non oscura"

 http://www.documentacatholicaomnia.eu/30_10_0400-0470-_Salvianus_Massiliensis_Episcopus.html

Le opere a noi giunte sono:
  • Adversus Avaritiam
  • De gubernatione Dei - 8 libri, scritti fra il 439 e il 451[ Traduzione italiana: Il governo di Dio, Città nuova 1994.
  • Epistolae 

sabato 13 maggio 2017

4. La Samaritana, immagine della Chiesa(Romano il Melode, Hymn. 19, 4-5)


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4. La Samaritana, immagine della Chiesa


Cosa insegna dunque la Bibbia? Cristo, essa ci dice, dal quale sgorga una sorgente di vita per gli uomini, affaticato dal viaggio, stava seduto (cf. Gv 4,5-6) presso una fonte di Samaria, ed era l`ora del caldo: era infatti circa l`ora sesta, dice la Scrittura, nel mezzo del giorno, quando il Messia venne ad illuminare coloro che erano nella notte. La sorgente raggiunse la sorgente per lavare, non per bere; la fontana d`immortalità è là accanto al ruscello della miserabile, come spogliata; egli è stanco di camminare, lui che, senza fatica, ha percorso il mare a piedi, lui che accorda gioia e redenzione.
Ora, proprio mentre il Misericordioso stava vicino al pozzo, come ho detto, ecco che una Samaritana prese la sua brocca sulle spalle e venne, uscendo da Sichar, sua città (cf.Gv 4,7). E chi non dirà felice la partenza e il ritorno di quella donna? Ella uscì nel sudiciume, e ritornò immagine della Chiesa, senza macchia. Uscì e attinse la vita come una spugna; uscì portando la brocca, rientrò portando Dio. E chi non dirà beata quella donna? O meglio, chi non venererà colei che è venuta dalle nazioni? Infatti, ella è immagine, e riceve gioia e redenzione.


(Romano il Melode, Hymn. 19, 4-5)

lunedì 8 maggio 2017

E il nostro Padre tra i Santi Giovanni Crisostomo con spietata chiarezza così commenta e predica

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Io ve l'attesto, lo proclamo, ve lo grido a voce spiegata: chiunque ha un nemico non si accosti alla sacra mensa, non riceva il Corpo del Signore. Chiunque si accosta non abbia nemici! Hai un nemico? Non ti accostare! Vuoi accostarti? Riconciliati e poi avanzati e ricevi il Santissimo.
     Non sono io che lo dico, lo dice chi per voi è stato crocifisso: il Signore in persona. Per riconciliare te col Padre non ricusò di farsi trucidare e di versare il proprio sangue; e tu, per riconciliarti con un tuo conservo, non ti degni neppure di dire una parola, di cedere per primo. Sta' a sentire il Signore: Se presenti la tua offerta sull'altare e ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te... non dice: Aspetta che lui venga da te, o accordati con un mediatore, oppure incarica un terzo, ma tu stesso corri da lui.

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     Va' prima a riconciliarti con il tuo fratello. È incredibile! Dio non reputa un disonore che tu lasci a mezzo il dono che stavi per offrirgli, mentre tu stimi un obbrobrio andare a riconciliarti per primo. Come potrà essere giustificato un simile comportamento? Se ti si rompe un arto, non fai di tutto per riattaccarlo al corpo? Fa' così con i fratelli.
     Se vedi qualcuno rompere l'amicizia con te, industriati di ricuperarlo, non aspettare che venga egli per primo, corri prima tu ad afferrare il premio della gara.
     Un solo nemico ci si impone di odiare: il diavolo! Col diavolo non scendere mai a patti, contro il fratello invece non scenda mai fino al cuore l'inimicizia.

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     Se ti pare faticoso questo atteggiamento, pensa che soffri tutto per Dio, il quale ti ricompenserà degnamente. Se il tuo cuore tituba, si abbatte, si rifiuta, si vergogna, tu eccitalo cantandogli, per così dire, queste parole magiche: Perché esiti? Perché ti ritiri pauroso? Non si tratta di soldi né di beni caduchi, ma della nostra salvezza.
     Dio ci comanda di agire così e tutto passa in seconda linea quando si tratta dei suoi precetti. Questo è un vero affare spirituale, perciò bando alla trascuratezza e all'indifferenza. Sappia il nostro nemico che per fare la volontà di Dio, abbiamo messo in opera tutta la diligenza possibile.
     Se l'altro di nuovo ci insulta, ci percuote, ci tratta nel modo peggiore, sopportiamo tutto con nobiltà quasi facendo piacere a noi stessi e non a lui. Infatti, di tutti i nostri meriti, questo sarà il più prezioso nel giorno del Signore.

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     Non mi dire: "L'ho pregato, l'ho esortato, l'ho scongiurato tanto e non ha voluto cedere". Non ti stancare finché non ci sarai riuscito. Il Signore non si limitò a dire: "Lascia il tuo dono e va', prega il tuo fratello", ma: Va' prima a riconciliarti. Anche se l'hai molto pregato, non ti stancare finché tu non l'abbia persuaso.
     Ogni giorno il Signore ci esorta, ma non lo vogliamo sentire; eppure egli non smette di ripetere l'invito. E tu ti rifiuterai di insistere col tuo fratello? Come potresti ottenere la salvezza? L'hai pregato molte volte e molte volte sei stato respinto? Riceverai perciò il premio più grande. Quanto più lui si ostinerà e tu più insisterai, tanto più Dio ti ricompenserà.
     Quanto più ardua è la virtù, quanto più duro lo sforzo della riconciliazione, tanto più splendide saranno le corone della tua perseveranza.
 


Dalle "Omelie al Popolo Antiocheno" di san Giovanni Crisostomo.
Ad Populum Antiochenum hom.XX, 5-6.  PG 49, 204-209.

sabato 6 maggio 2017

E' veramente Risorto !!!! Dalle "Omelie sui salmi" di Asterio di Amasea.


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Oggi la Chiesa, l'erede, è esultante. Il suo Sposo, il Cristo Gesù, che soffrì, è risuscitato. Lei aveva pianto l'uomo dei dolori, ora festeggia il vivente. L'erede è nella gioia, il popolo della vecchia alleanza è coperto di confusione per averlo messo a morte; ha così perduto l'eredità. Lo Sposo è risorto e il giudeo, l'avversario della sposa, è stato sgominato. Perché? Aveva cercato di cancellare la risurrezione affermando: "I discepoli hanno sottratto il Signore." Mt 28,13. Ma se questi l'avessero prelevato dal sepolcro, come avrebbero potuto nel suo nome guarire il paralitico? Un morto non rialza uno storpio. Un morto non restituisce l'uso delle gambe, un morto non insegna a camminare. Uno non dà agli altri quello che lui stesso non possiede. Lo Sposo è risorto e, come gli avvocati in tribunale, i santi profeti ed apostoli si accostano a lui per raccogliere nella Chiesa l'eredità promessa.
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Rallegrati, o Chiesa, sposa di Cristo! La risurrezione dello Sposo ti ha rialzata dal suolo dove i passanti ti calpestavano. Gli altari dei demòni non disperdono più i tuoi figli, ma i templi di Cristo accolgono i neobattezzati. La tirannia degli idoli ormai è cessata, trionfano gli altari di Cristo. Non siamo più convocati dai flauti per adorare la statua d'oro, ma i salmi ci insegnano a lodare Iddio. I piedi della cortigiana non danzano più sulla morte di Giovanni, i talloni della Chiesa pestano la morte.
La fede non è più rinnegata, si piega ogni ginocchio. Tacciono le grida da tragedia, sbocciano come corolle cantici nuovi. Non esalano più fumo le vittime grasse, ma sale l'incenso della preghiera. Sgozzare stupide bestie ha perso ogni senso da quando fu immolato l'agnello che toglie i peccati del mondo.
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O meraviglia! L'inferno ha divorato Gesù Cristo, il nostro maestro, ma non è riuscito a inghiottirlo. Il leone ha sbranato l'agnello e il vomito l'ha torturato: la morte assorbì la vita, ma assalita dalla nausea, rigettò il suo festino. Il gigante non poté portare Cristo morto. Un gigante tremò davanti ad un cadavere. Sferrò battaglia ad un vivo, ma un morto lo vinse e lo atterrò. Se il diavolo fosse stato sconfitto da un vivente, avrebbe potuto dire: Non potei vincere Dio; ma lottò contro un vivo e dovette soccombere di fronte ad un morto; ogni scusa vien meno.
Un chicco solo fu seminato e l'universo è stato nutrito. Come uomo fu ucciso: come Dio è tornato in vita e dà la vita alla terra. Come un coccio fu fatto in pezzi, e come un gioiello agghinda la Chiesa. Come agnello fu sgozzato e come pastore disperse la mandria dei demoni, col bastone della croce. Come cero sul candeliere, in croce si spense, ma come sole s'è destato dal sepolcro.
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Abbiamo visto compiersi due prodigi: il giorno si oscurò, quando fu crocifisso Cristo, e quando egli risorse la notte brillò come il giorno. Perché il giorno si ottenebrò? Perché sta scritto. "Si avvolgeva di tenebre come di velo." Sal 17,12. Perché la notte ebbe lo splendore del giorno? Perché il profeta diceva: "Nemmeno le tenebre per te sono oscure, e la notte è chiara come il giorno." Sal 138,12. O notte, più luminosa del giorno! O notte più risplendente del sole. O notte, più candida della neve, più lucente delle nostre torce, più dolce del paradiso. O notte che non conosce tenebre, tu scacci ogni torpore e ci fai vegliare insieme con gli angeli. O notte, spavento dei demoni, notte di Pasqua, attesa durante un anno intero! Notte nuziale della Chiesa, che fai nascere i nuovi battezzati e spogli il demonio addormentato. Notte in cui l'erede introduce gli eredi nell'eredità! Fino alla fine dei tempi per colei che ha conseguito di ereditare


Dalle "Omelie sui salmi" di Asterio di Amasea. 

 

ASTERIO di Amasea. - Vescovo di questa città (nel Ponto), successe ad Eulalio che, cacciato da Amasea per opera degli ariani, vi ritornò dopo la morte di Valente (9 agosto 378); nell'omelia contro la festa delle calende parla della morte di Rufino (395) e dell'eunuco Eutropio (sotto Arcadio) come di fatti recenti. Al dire di Fozio (Quaest. Amphil., 312), pervenne a un'estrema vecchiaia. Il suo successore fu Palladio, che prese parte al concilio di Efeso (431). Possiamo ritenere come approssimative date estreme della sua vita il 330 e il 410. Possediamo sotto il suo nome 21 omelie.
Di esse, cinque furono pubblicate, per la prima volta, sul cod. Vat. gr. 388, da Giovanni Brant (Anversa 1615), con una traduzione latina di Filippo Rubens: altre sette, con traduzione latine a note, dal Combefis (Parigi 1648). È fra esse (omelia V) una Enarratio in martyrium praeclarissimae martyris Euphemiae che, più che un'omelia, è una descrizione d'una pittura rappresentante il martirio di S. Eufemia (sotto Diocleziano): esercitazione retorica, per altro assai importante. È ricordata come genuina, e poi anche riportata per intero, negli atti del secondo concilio di Nicea (del 787: in Mansi, SS. Concil. coll., XIII, pp. 16-17 e 308 segg.). Un'altra (In S. Stephanum protomartyrem) era stata da Vincenzo Riccardi (Roma 1630) attribuita a Proclo, ma venne dal Combefis rivendicata ad Asterio. Sette omelie sui Salmi V, VI e VIII furono pubblicate dal Cotelier (in Eccl. Gr. monum., II, Parigi 1681,1-81). Fozio ricorda altre omelie di Asterio, una delle quali (In Iairum et mulierem haemorrhoissam) è menzionata anche da Niceforo costantinopolitano. Di altri scritti genuini non abbiamo memoria. Varî frammenti sotto il nome di A. compaiono qua e là nelle Catenae (cfr. A. Mai, Scriptor. veter. nova coll., IX, Roma 1837, pp. 669 segg.). L'edizione completa delle omelie (salvo i frammenti) è in Patrol. Graeca, XL, coll. 163-478.
A. è scrittore forbito, senza troppi fiori retorici. Le sue omelie possono ben stare accanto a quelle di Giovanni Crisostomo e di Basilio. È da notare, infine, ch'egli preferì argomenti d'indole pratica e morale; la teologia puramente teoretica non lo attrae.

Bibl.: M. Bauer, Asterius, Bischof von Amaseia, Würzburg 1911; K. Fr. W. Paniel, Pragm. Geschichte d. christl. Beredsamkeit, I, ii, Lipsia 1841, p. 566 segg.; L. Koch, in Zeitschrift f. d. histor. Theologie, XLI, p. 77 segg.; O. Bardenhewer, Patrologie, Friburgo in B. 1910, p. 268; id., Gesch. der altkirchl. Literatur, III, 2ª ed., Friburgo in B. 1912, p. 228 segg.; V. De Buck, in Acta Sanctorum, Octobr., XIII, p. 330 segg.; J. Strzygowski, Orient oder Rom, Lipsia 1901, p. 118 segg. (sull'omelia V); M. Schmid, Beiträge zur Lebensgesch. d. A. von Am. und zur philol. Würdigung seiner Schriften, Berna e Lipsia 1911.