Il nostro Padre tra i Santi Atanasio il Grande ...questo grande Santo è l’appassionato teologo dell’incarnazione del Logos, il Verbo di Dio, che – come dice il prologo del quarto Vangelo – «si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Proprio per questo motivo Atanasio fu anche il più importante e tenace avversario dell’eresia ariana, che allora minacciava la fede in Cristo, riducendolo ad una creatura «media» tra Dio e l’uomo, secondo una tendenza ricorrente nella storia....(Non è una mia frase ma è citazione di un garnde eremita di città... :-) :-)
3. L'Arianesimo
La grande questione che esplode in quei decenni è l'Arianesimo,
ad Alessandria d'Egitto. Vescovo della città è Alessandro, al quale si contrappone il
prete (pure alessandrino) Ario. Ario radicalizzò il "subordinazionismo", che gli alessandrini
esprimevano riguardo al Figlio (non per dichiararlo inferiore al Padre ma semplicemente per
meglio distinguerlo da lui ed evitare il rischio opposto del modalismo o sabellianesimo o
monarchianesimo, che vanificavano la Trinità riducendo a puri nomi le distinzioni
personali di Padre Figlio Spirito, e anche per evitare il rischio di due divinità effettive
parallele). Ario affermò invece che il Figlio è nettamente inferiore al
Padre, e che è solo una creatura divina seppur perfetta, o comunque un
"dio" minore, rifiutando esplicitamente la increaturalità del Verbo e la sua
coeternità col Padre. Il dibattito si allargò, e intervenne Costantino, che indisse un
concilio a Nicea, nel 325, invitandovi i vescovi dell'intera ecumene cristiana, circa
duecentocinquanta/trecento vescovi (vennero anche i rappresentanti di Roma e alcuni vescovi
occidentali). Si trattò di una novità grandiosa e impensata a pochi anni
dall'ultima persecuzione. Così ce ne parla Eusebio di Cesarea, sostenitore convinto della
svolta costantiniana: (ma il brano serve anche a mettere in guardia dall'abbraccio
troppo stretto, e interessato, dell'autorità imperiale verso il cristianesimo, ora e nei
decenni successivi, come vedremo):
Si riunirono nello stesso luogo i vertici della gerarchia
ecclesiastica di tutte le Chiese, che avevano sede nell'intiera Europa, in Libia e Asia; un unico sacro edificio,
come ampliatosi per opera divina, accoglieva tra le sue mura e nel medesimo spazio Siri e Cilici, Fenici
Arabi e Palestinesi; e poi ancora Egiziani Tebani Libici e quanti erano partiti dalla Mesopotamia. Era presente al
concilio anche il vescovo persiano, né venne meno al consesso il presule della Scizia; nel contempo,
il Ponto e la Galazia, la Cappadocia e l'Asia, la Frigia e la Panfilia inviarono le loro personalità
più illustri. Giunsero anche Traci e Macedoni, Greci ed Epiroti e, tra costoro, anche i
più distanti
accorsero; tra gli Spagnoli partecipava al concilio insieme con tutti gli altri quel famoso personaggio [Osio] che era da
tutti tenuto nella più alta stima e considerazione. A causa dell'età avanzata mancava il vescovo della città regina
[Roma], ma erano presenti suoi presbiteri che ne facevano le veci. [...] Nel giorno
stabilito per l'inaugurazione del concilio [...] i convocati [...] fecero il loro ingresso nella sala centrale del
palazzo imperiale [...] e tutti andarono a sedere ai posti loro assegnati. [...] Al segnale che indicava
l'ingresso dell'imperatore, tutti si levarono in piedi, e finalmente Costantino in persona passò attraverso il corridoio
centrale, simile a un celeste angelo dei Signore: la sua veste splendente lanciava bagliori pari a
quelli della luce, ed egli appariva tutto rilucente dei raggi fiammeggianti della porpora, adorno del fulgido
scintillio emanato dall'oro e dalle pietre preziose. [...] In quello stesso periodo cadeva l'anniversario
del suo ventesimo anno di Impero. Per questa ragione in tutte le altre nazioni erano in corso pubblici
festeggiamenti e l'imperatore in persona, dal canto suo, volle offrire un banchetto ai ministri di Dio.
[...]
Al banchetto imperiale presero parte tutti i vescovi. L'avvenimento fu tale che qualsiasi parola risulterebbe
inadatta a descriverlo: dorifori [portatori di lancia] e opliti [soldati di fanteria pesante], disposti in
cerchio, presidiavano con le spade sguainate l'ingresso del palazzo imperiale; in
mezzo a essi passavano
senza alcun timore gli uomini di Dio, spingendosi fin negli ambienti più interni della reggia. Poi, mentre alcuni
sedevano alla stessa mensa dell'imperatore, gli altri si adagiavano su divani che erano
stati sistemati su entrambi i lati della sala. Sembrava quasi di vedere un'immagine del regno di Cristo, ed era
come se quell'avvenimento si svolgesse in un sogno, non già nella realtà. Dopo che il banchetto si fu
sontuosamente concluso, l'imperatore salutò tutti i presenti e con grande liberalità si degnò di
onorare i convitati distribuendo anche dei doni personali, commisurati al prestigio e alla dignità di ciascuno
(Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino, 7,1,-2; 10,1-2; 15,1-2; 16: Eusebio di Cesarea, Sulla vita
di
Costantino, Napoli, D'Auria, 1984, pp. 125-128-131).
Dal punto di vista terminologico la questione fu
risolta adottando contro Ario un termine non biblico per indicare
l'uguale divinità del Figlio e del Padre: si definì infatti il Figlio
homoousios, "della
stessa sostanza del Padre". La posta in gioco era ovviamente
fondamentale: ammettere una qualche inferiorità del Figlio rispetto al
Padre significava togliere la specifica novità del Cristianesimo,
quella di un Dio che si fa uomo. Perché qualsiasi subordinazionismo, una
volta tematizzato,
comportava come conseguenza che Dio non si era fatto veramente uomo: era
stata mandata una creatura, o comunque un "dio" inferiore, ma il Dio
vivo e vero, l'eterno e l'infinito, stava lontano, non
si era coinvolto con questo mondo. Ecco precisamente il testo del Credo
di Nicea:
Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore di tutte le
cose, visibili ed invisibili. E [crediamo] in un solo Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, generato,
unigenito, dal Padre, cioè dalla sostanza del Padre: Dio da Dio, luce da luce,
Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della
stessa sostanza del Padre. Per mezzo di lui tutte le
cose sono state create, sia quelle che sono in cielo che quelle che sono sulla terra. Per noi uomini e per la
nostra salvezza discese dal cielo, si è incarnato e si è fatto uomo, ha patito, il terzo giorno è risuscitato, è
salito al cielo. E verrà per giudicare i vivi e i morti. E [crediamo] nello Spirito Santo.
Con homoousios si indicava che la sostanza divina
era uguale nel Padre e nel Figlio; anzi, si indicò che quella sostanza
era la stessa, l'unica, del
Padre e del Figlio: c'è infatti una sola sostanza divina del Padre e del
Figlio. In questo senso Gesù aveva detto: "Io e il Padre siamo una cosa
sola, (Gv 10,30, ego et Pater unum sumus). Non dice: "noi siamo uno (una
sola persona)", al maschile. Purtroppo, in oriente, si sospettò che il
termine "consostanziale"
potesse avere questo significato, e facesse così perdere la distinzione
fra le persone divine
(come nel modalismo). Così vari concili e riunioni proposero in oriente
professioni di
fede alternative, tutte in qualche modo subordinazioniste: si disse il
Figlio solo
"simile" al Padre, oppure "simile in tutto" o "di sostanza simile" (con
un
iota in
più: homoiousios). Lo stesso Costantino passò poi a riabilitare Ario, e
suo figlio Costanzo in oriente prese le parti degli Ariani (omei,
homoios, simile).
http://eocf.free.fr/text_athanase_03.htm
4. Atanasio e la lotta all'Arianesimo
A difendere Nicea in tutto il suo valore sorse
Atanasio (259ca.-373), diacono di Alessandro di Alessandria al concilio
di Nicea e,
dal 328, suo successore. A causa di vari interventi imperiali (in
particolare di Costanzo) Atanasio subì quattro o cinque esili (venne
pure in occidente,
compreso a Milano). L'Arianesimo raggiunse il suo apice, sostenuto da
Costanzo,
negli anni 359-360; ma solo dopo due decenni, di fatto nel 381, col
concilio di Costantinopoli, lo si poté dire sconfitto in tutte le sue
posizioni (e pure si affermò con chiarezza la divinità della terza
persona
della trinità: lo Spirito Santo). Nel frattempo Atanasio morì nel 373:
il suo atteggiamento di fronte al potere imperiale rimane
esemplare. Nonostante il prestigio immenso dell'imperatore cristiano in
una Chiesa che usciva dalla persecuzione, Atanasio non ha temuto di
sfidare Costantino e il figlio
Costanzo. Pur poco seguito dall'episcopato orientale, Atanasio seppe
tutelare lo spazio d'indipendenza,
in ultima
istanza indispensabile alla Chiesa per poter conservare la purezza della
propria fede. Il pensiero e l'atteggiamento di Atanasio sono ben
rispecchiati
nella sua Apologia a Costanzo. Di identico tenore è per altro una
lettera di Osio di Cordova, che era stato consigliere di Costantino ed
era difensore della
fede di Nicea e amico di Atanasio:
Ho confessato Gesù Cristo nella persecuzione che
Massimiano,
vostro avo, suscitò contro la Chiesa. Se volete ripeterla mi troverete
disposto a soffrire qualsiasi cosa
piuttosto che tradire la verità e spargere il sangue dell'innocente
[Atanasio]. [...]. Non sono turbato né
dalle vostre lettere né dalle vostre minacce: è inutile continuarle. Vi
sarà più utile rinunciare ai pensieri di
Ario, non ascoltare gli Orientali. [...] In quello che dicono non mirano
tanto ad attaccare Atanasio quanto
a stabilire la loro eresia. La mia età mi deve far trovare
considerazione nel vostro spirito. [...] Non
proseguite per questa via, ve ne scongiuro. Ricordatevi che siete un
uomo mortale. Temete il giorno del
giudizio. Disponetevi a comparirvi puro e irreprensibile. Non
immischiatevi negli affari ecclesiastici.
Non comandateci nulla in questo campo. Imparate piuttosto da noi quanto
dovete credere. Dio a voi ha dato il
governo dell'Impero, a noi quello della Chiesa. Chiunque osa attentare
alla vostra autorità si oppone
all'ordine di Dio. Allo stesso modo fate attenzione di non rendervi
colpevole di un grande delitto
usurpando l'autorità della Chiesa. Ci è stato comandato di rendere a
Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio. A noi non è
permesso attribuirci l'autorità imperiale. Ma voi, a vostra volta, non
avete alcun potere nel ministero delle cose sante. Ecco quanto ho
creduto mio dovere scrivervi, nel
desiderio che nutro della vostra salvezza. È tutta la risposta che devo
dare alle vostre lettere. Io non farò
comunione con gli Ariani. Al contrario, anatematizzo la loro eresia. Non
sottoscriverò la condanna di Atanasio. [...]
Non lasciatevi trascinare dietro i desideri di questi uomini senza onore
e senza religione. [...] Non
è prudente gettarsi in pericoli sì gravi per servire la passione degli
altri. Fermatevi, dunque, principe,
fermatevi e datemi retta. È questo il linguaggio che devo tenere con voi
e voi non dovete disprezzarlo (Osio di
Cordova, Lettera a Costanzo: Liébaert cit., p.175).
Ecco ora un testo di Atanasio inerente la fede di Nicea (una
dichiarazione precisa sulla Trinità):
Pertanto la Trinità è santa e perfetta, riconosciuta da Dio nel
Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Essa non è mescolata con nulla di estraneo o estrinseco; non consta
di Creatore e realtà prodotta, ma tutta intera crea e produce. È identica in se stessa, indivisibile nella
natura, unica nella sua operazione. Il Padre infatti opera ogni cosa per mezzo del Verbo nello Spirito Santo,
e così è mantenuta l'unità della Santa Trinità. Per tanto nella Chiesa si predica un solo Dio che è
sopra tutti, attraverso tutti e in tutti (cfr. Ef 4,6). È sopra tutti come Padre, principio e fonte; attraverso
tutti per mezzo del Verbo; in tutti nello Spirito Santo. È Trinità non solo di nome o per puro suono verbale, ma
per sussistenza vera. Come infatti il Padre è colui che è, così anche il suo Verbo è colui che è e Dio
al di sopra di tutto. E lo Spirito Santo non è insussistente, ma esiste e sussiste veramente. La Chiesa
cattolica pensa esattamente così; non meno, per non cadere nell'errore degli odierni Giudei seguaci di Caifa
o in quello di Sabellio; e neanche di più, per non essere trascinata nel politeismo degli Elleni. Che
proprio questa sia la fede della Chiesa, lo imparino da come il Signore nell'inviare gli Apostoli ordinò dì porre ciò
come fondamento alla Chiesa, dicendo: "Andate e ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del
Padre e dei Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19). Gli Apostoli andarono e così insegnarono, e
questa è la predicazione che si fa per tutta la Chiesa sotto il cielo (Atanasio, Prima lettera a
Serapione, 28,2-4: Atanasio, Lettere a Serapione, Roma, Città Nuova Editrice [Collana di testi patristici, 55], 1986, pp.94-95).
Un altro testo di Atanasio, precisamente sulla divinità del
Verbo:
La verità mostra come il Verbo non faccia parte degli esseri
creati ma piuttosto è lui il Creatore. Così ha assunto il corpo umano creato per rinnovarlo come Creatore,
divinizzarlo in se medesimo e introdurci così tutti nel Regno dei cieli a sua somiglianza. L'uomo,
solidale con la creazione, non sarebbe stato divinizzato se il Figlio non fosse stato veramente Dio; l'uomo non si
avvicinerebbe al Padre se colui che ha rivestito il corpo non fosse per natura sua vero Verbo. Come non
saremmo stati liberati dal peccato e dalla maledizione se il Verbo non avesse assunto una carne umana
per natura (non avremmo infatti nulla in comune con ciò che è da noi estraneo), così l'uomo non
sarebbe stato divinizzato se il Verbo fatto carne non fosse per natura nato dal Padre, suo Verbo vero e
reale. Così, l'unione è avvenuta in modo tale che associa l'uomo a Colui che appartiene per natura alla
divinità e la salvezza dell'uomo e la sua divinizzazione sono saldamente garantite. Coloro che negano che il Figlio
derivi per natura dal Padre e sia proprio della sua sostanza, neghino anche che egli ha ricevuto
una vera carne umana da Maria sempre vergine. Noi uomini non avremmo tratto alcun maggiore
vantaggio, se il Verbo non fosse stato veramente e per natura Figlio di Dio o se non fosse stata vera la carne
che assunse. Ma egli assunse una vera carne, nonostante le follie di Valentino [gnostico doceta], e il
Verbo era per natura Dio vero, a onta dei deliri degli Ariani, ed è diventato per noi, in questa carne,
principio della nuova creazione, in quanto lui stesso è stato creato uomo per noi e in quanto apre anche a noi
questa via della nuova creazione (Atanasio, Contro gli ariani, II, 70: Liébaert, pp, 227-228).
Ovviamente il Verbo divino ha assunto un carne umana, è vero
uomo, però nelle sue opere si riconosce la Potenza divina del Verbo:
Dunque, quando i teologi dicono di lui che
mangiava e beveva e
fu partorito, sappi che fu il corpo a essere partorito come un corpo e
nutrito con alimenti appropriati, ma a
quel corpo era unito lo stesso Dio Verbo che ordina l'universo, il quale
mediante le opere che
compiva nel corpo si faceva conoscere non già come un uomo ma come Dio
Verbo. Tuttavia di lui si dice
questo perché il corpo che mangiava, che fu partorito e che patì non era
di un altro ma del Signore, e
perché, da quando era diventato uomo, era giusto che si dicesse questo
di lui come di un
uomo affinché
fosse chiaro che ha un corpo vero e non apparente. Ma come da questo si
capiva che era presente
corporalmente, cosi dalle opere che compiva mediante il corpo si faceva
conoscere come Figlio di Dio. [...] Come, essendo invisibile, si conosce
in base alle opere della
creazione, così una volta diventato uomo, anche se non si vede nel
corpo, dalle opere si
può riconoscere
che chi compie queste opere non è un uomo ma la Potenza e il Verbo di
Dio. Infatti comandare ai demoni e
scacciarli non è opera umana ma divina. Oppure, chi, vedendo che guariva
le malattie alle quali è
soggetto il genere umano, lo considerava ancora un uomo e non un Dio?
Mondava i lebbrosi, faceva
camminare gli storpi, apriva l'udito dei sordi, dava la vista ai ciechi;
in una parola, allontanava dagli uomini
tutte le malattie e ogni infermità. In base a queste azioni chiunque
poteva contemplare la sua divinità.
[...] Per questo, anche all'inizio, quando discese da noi, si plasmò
il corpo dalla Vergine per offrire a tutti un non piccolo segno della
sua
divinità poiché chi ha plasmato quel
corpo è anche creatore degli altri corpi. Infatti, chi vedendo un corpo
proveniente soltanto da una
Vergine senza il concorso dell'uomo, non pensa che colui che si
manifesta in esso è Creatore e Signore
anche degli altri corpi? [...] Nutrendo con poco cibo una così grande
moltitudine, facendola passare dalla
penuria all'abbondanza, cosi da saziare cinquemila uomini con cinque
pani e avanzarne ancora così
tanto, non mostrava di essere il Signore della provvidenza universale?
(Atanasio,
L'incarnazione del Verbo, 18:
Atanasio , L'incarnazione del Verbo, Roma, Città nuova, 1976 [Collana di
testi patristici, 2], pp. 68-70).
sta in
http://www.kyrieeleison.eu/patristica/tentazione_arianesimo_impero_cristiano.htm
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2007/documents/hf_ben-xvi_aud_20070620_it.html
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.