lunedì 17 febbraio 2014

. Dal Sermone 74 di san Leone Magno papa di Roma antica

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Dal Sermone 74 di san Leone Magno papa di Roma antica



Sermoni, 74,4-5



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Non ci si deve mostrare sciocchi tra le vanità, né timorosi tra le avversità. Ivi ci allettano le lusinghe, qui ci aggravano le fatiche Ma poiché la terra è piena della misericordia del Signore (Sal. 32, 5), ovunque ci sostiene la vittoria di Cristo, affinché si adempia la sua parola: Non temete, perché io ho vinto il mondo (Gv 16, 33). Quando dunque combattiamo, sia contro l’ambizione del mondo, sia contro le brame della carne, sia contro gli strali degli eretici, siamo armati sempre della croce del Signore.



E mai ci allontaneremo da questa festa pasquale, se - nella verità sincera - ci asterremo dal fermento dell’antica malizia. Tra tutti i trambusti di questa vita, oppressa da molte passioni, dobbiamo ricordare sempre l’esortazione dell’Apostolo che ci istruisce dicendoci: Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù. Egli, sussistendo nella natura di Dio, non stimò rapina lo stare alla pari con Dio, ma annientò se stesso prendendo la natura di servo, divenendo simile agli uomini e fu da tutti ritenuto come uomo. Umiliò se stesso facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. E perciò Dio lo ha esaltato e gli ha donato il nome che sovrasta ogni nome, tanto che nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi in cielo, in terra e sotterra, e ogni lingua proclami che Signore è Gesù Cristo nella gloria di Dio Padre (Fil 2, 5ss.).


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Se comprendete dunque questo grande mistero di carità e soppesate ciò che l’unigenito Figlio di Dio compì per la salvezza del genere, umano abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù e la sua umiltà non sia disprezzata da nessun ricco, non sia vergognosa a nessun nobile: nessuna prosperità umana, infatti, può giungere a tale vetta, da ritenere ignominioso che Dio, sussistendo nella natura di Dio, non ha ritenuto indegno assumere la natura di servo. Imitate ciò che ha fatto amate ciò che ha effettuato e, trovando in voi tanto amore gratuito di Dio, riamate in lui la vostra natura.


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Come egli non perse la ricchezza per la povertà, non diminuì nella gloria per l’umiltà, non smarrì l’eternità per la morte, così voi, sui suoi passi, sulle sue orme, disprezzate i beni terreni per raggiungere quelli celesti. Abbracciare la croce è uccidere le cupidigie, annientare i vizi, allontanarsi dalla vanità è rinunciare ad ogni errore. Nessun impudico infatti, nessun lussurioso, nessun superbo né avaro celebra la Pasqua del Signore.
"È questo il mistero cristologico al quale san Leone Magno, con la sua lettera al Concilio di Calcedonia, ha dato un contributo efficace ed essenziale, confermando per tutti i tempi — tramite tale Concilio — quanto disse san Pietro a Cesarea di Filippo. Con Pietro e come Pietro confessò: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E perciò Dio e Uomo insieme, “non estraneo al genere umano, ma alieno dal peccato” (cfr Serm. 64). Nella forza di questa fede cristologica egli fu un grande portatore di pace e di amore. Ci mostra così la via: nella fede impariamo la carità. Impariamo quindi con san Leone Magno a credere in Cristo, vero Dio e  vero Uomo, e a realizzare questa fede ogni giorno nell'azione per la pace e nell'amore per il prossimo."
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2008/documents/hf_ben-xvi_aud_20080305_it.html

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