…La tomba custodita (cfr. Mt 27, 62 sgg.) lo dichiara morto
e la terra che si scuote lo proclama Dio (cfr. Mt 27, 51; 28 ,2).
Il corpo, infatti, lo dichiara morto, ma il prodigio lo dichiara Dio:
morto, la tomba, Dio, la resurrezione.
Morto lo dicono anche le lacrime delle donne (cfr. Gv 20, 11 sgg.),
e Dio, le parole degli angeli (cfr. Mt 28, 5 sgg.).
Giuseppe, come a un morto, gli ha prestato le ultime cure (cfr. Mt 27, 57),
ma colui che come uomo era stato così composto, come Dio, ha spogliato la morte.
E ancora, come morto lo hanno custodito i soldati, e “i custodi dell’inferno , vedendolo come Dio, sono rimasti atterriti” (Gb 38, 17).
E di lui dirai che è il medesimo, questo e quello (non due); non è uno e un altro, non altro in altro, né altro attraverso altro, poiché uno è il Verbo incarnato e, con ineffabile disposizione, ha riunito in unità, come ha voluto, tutti quegli elementi. Ha consegnato la carne perché servisse alle passioni, e si è servito della divinità per i segni e i prodigi.
Ma poiché non è lecito separare il Verbo dalla carne, così è necessario che i patimenti siano congiunti ai prodigi.
Infatti, colui che come morto è disceso nell'inferno (cfr. !Pt 3, 19), come Dio ha risuscitato i morti…
Dall’ ”Omelia per la Pasqua” di Esichio di Gerusalemme, presbitero di Gerusalemme, in «Cristo è risorto», trad. it. a cura di Maria Benedetta Artioli, Edizioni Qiqajon, Magnano (BI) 2008, p. 111 (Collana Padri Orientali)
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