giovedì 9 gennaio 2014

XXI lettera di San Teofane il Recluso



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XXI lettera di San Teofane il Recluso

[Necessità della comunione con Dio per la salvezza. L’uomo da solo non ha le forze per realizzarla. Lo Spirito di Dio la compie in noi grazie alla redenzione portata dal Figlio di Dio]

Ebbene, come avete pensato di rispondere alla questione su quanto bisogna fare perché tutto in noi ritorni ad essere secondo l’ordine primitivo? Qualunque cosa abbiate pensato, io continuerò il mio discorso.
Se siamo discesi dal monte, ora bisogna tornare indietro e salirvi di nuovo. Se abbiamo contratto la malattia, operando in modo negativo, si può stroncarla. Se ci siamo allontanati da Dio, conviene di nuovo unirsi a lui. Se ci siamo allontanati mettendo in dubbio la sua parola, bisogna ritrovare piena fiducia in essa. Perdendo la fede in Dio, abbiamo preso la rovinosa decisione: «Così sono io stesso». Bisogna distruggere questo «io stesso». Quando venne fuori questo disastroso «io stesso», il nostro spirito perse l’energia a lui propria di dominare sull’anima e sul corpo, ed egli stesso cadde in schiavitù; bisogna ristabilire questo potere dello spirito. Quando questo potere è decaduto, le esigenze dell’anima e del corpo si sono disperse in diverse direzioni e si è verificata una grande confusione fra i desideri; bisogna riportare all’unità tutte queste esigenze e ristabilire tra loro l’ordine gerarchico. Insieme al disastroso «io stesso», nell’ambito della nostra vita, si è spinta la schiera delle passioni, simili a bestie feroci che ci divorano: bisogna cacciarle via.
Vedete, dunque, cosa bisogna fare. Già per la quantità e l’importanza delle cose che si dovrebbero fare, potete concludere che da soli non verremmo a capo di questa faccenda che, pure, ci compete. Non possiamo, poi, sperare di aggiustare da soli questo nostro affare principale, poiché il primo passo, senza il quale non se ne possono fare ulteriori, è proprio l’unione con Dio, che non è assolutamente in nostro potere. Possiamo desiderarla e cercarla, ma non possiamo realizzarla da soli. Chi può penetrare nell’ambito della divinità o farsi strada fino a lui? Chi è così forte da prendere a Dio ciò che desidera e, ancor più, da costringere Dio a rimanere in lui – perché anche noi eravamo in Dio, particolarmente dopo che tutto questo ci era stato dato ed era stato disprezzato, il suo volto sminuito dalla sfiducia e il suo potere calpestato dall’arbitrio –? Si dice: Mi pento e mi ripento. Ma non è affar nostro dettare le condizioni. Il pentimento può contribuire, ma quando Dio stesso lo decide e accetta di accoglierlo. Ma di per sé che cos’è? Ci si è fatti male e se ne prova dolore: e allora?
Così l’unione con Dio non è in nostro potere e le sue condizioni, il modo di realizzarla, con tutto ciò che a questo si riferisce, non è nelle nostre mani. Mentre, ecco quanto è importante: realizzando l’unione, tutto il resto procede da sé. Subito prende forza lo spirito, sottomette l’anima e il corpo, mette in ordine le esigenze e i desideri e caccia via le passioni. Come realizzare quest’unione? Vi parlo di questo per farvi capire che non vale la pena di rompersi il capo su come unirsi a Dio. Per quanto ci si pensi, non si viene a capo di nulla; piuttosto, se è piaciuto a Dio stabilire una legge e una modalità per raggiungere questa unione, bisogna affrettarsi ad accoglierla con piena fiducia. E ringraziamone Dio, che ama gli uomini! Tutto è già compiuto, stabilito e spiegato. Bisogna accettano e servirsene.
Non vi esporrò come tutto questo si sia realizzato; vi dirò soltanto le cose principali. Per ristabilire il nostro spirito e unirlo a Dio è necessario che lo Spirito divino discenda in esso e lo faccia rivivere. Per aprire il cammino alla discesa dello Spirito divino, l’Unigenito Figlio di Dio è disceso, si è incarnato, ha sofferto, è morto sulla croce, è risorto ed è asceso al cielo. Lo stesso Figlio di Dio ha posto la sua opera in questo rapporto con lo Spirito Santo quando, annunciando ai suoi discepoli il suo passaggio al Padre -suscitando in loro una profonda afflizione –, diceva, per consolarli: «Ora vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore» (Gv 16, 7). E ancor prima il santo evangelista Giovanni Teologo, spiegando le parole del Signore: «Chi crede in me... fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno», aggiunge: «Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti nel suo nome: infatti non c’era ancora lo Spirito Santo, poiché Gesù non era stato ancora glorificato» (Gv 7, 38-39). Bisognava che fosse glorificato il Figlio di Dio, che si è umiliato nell’incarnazione e nella passione, perché venisse e rimanesse in quanti credono in lui lo Spirito Santo. Egli venne e rimase, e la sua permanenza nei credenti è così inseparabile che l’altro apostolo, con stupore, domandava loro: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito Santo di Dio alberga in voi?» (1 Cor 3, 16).
Eccovi, dunque, tutta la questione. Il Figlio di Dio si è incarnato, ha sofferto nella carne, è morto sulla croce, è risorto, è salito al cielo e ha inviato dal Padre lo Spirito Santo che, essendo ricevuto da quanti credono nel Figlio, compie in essi la preghiera del Figlio: «Poiché tu, Padre, sei in me e io in te, così siano anch’essi in noi una cosa sola» (Gv 17, 21).
Come può egli compiere tutto questo? Unendosi con lo spirito di quelli che credono nel Figlio di Dio e restituendo loro la vita, li unisce a Dio. Questo processo si chiama nuova nascita da Dio, che rende tutti i credenti figli di Dio per grazia, come dice san Giovanni Evangelista: «A quanti l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome: i quali non da sangue... ma da Dio sono nati» (Gv 1, 12-13). Ed è diventato legge della vita spirituale in Cristo Gesù: «Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio», poiché solo «quel che è nato dallo Spirito è Spirito» (Gv 3, 5-6). Non torturatevi chiedendovi perché sia necessario tutto questo per ristabilire in voi la vera vita, ma accoglietelo e conservatelo con la semplicità e la sincerità della fede dei bambini. Se cominciate a tormentarvi, intanto, verrà il nemico e, come una volta con Eva, tenterà di sedurvi; vacillerà la vostra fede e così verranno meno anche i frutti della fede. Come allora non si comprese come potessero prodursi tali conseguenze dal gustare il frutto dell’albero – esse, tuttavia, provenivano proprio da questo –, così ora non si comprende perché fosse necessario che il Figlio di Dio si incarnasse e soffrisse e, dopo, ascendendo al cielo, mandasse lo Spirito per rigenerarci. Proprio dalla fede sincera in questo progetto, perciò, dipende la nostra rigenerazione, e tutti quelli che lo hanno accolto e lo accoglieranno con fede saranno rigenerati.
Perciò non tentate i progetti divini, e io non vi dirò nulla a questo proposito, benché, di solito, se ne dia qualche spiegazione. Dirò soltanto qualche parola su quello che produce in noi lo Spirito Santo, rigenerando il nostro spirito. Pazientate, però, fino alla prossima lettera.


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