San Gregorio di Nissa
Omelia VIII sul
Cantico dei Cantici
PG 44,
945-952
La voce del Verbo è sempre una voce di
potenza. Come in occasione della creazione primigenia, la Luce è
scaturita contemporaneamente al suo ordine, il firmamento ha preso
esistenza contemporaneamente al Suo comando e tutto il resto della
Creazione è ugualmente apparso con la Sua Parola creatrice, allo stesso
modo, ora, il Verbo comanda all’anima che ha progredito nella divinità
di venire a Lui. Quest’anima, fortificata direttamente da questo ordine,
diventa così come la voleva il suo Sposo, trasformata in un senso più
divino e passata dalla gloria nella quale si trovava ad una gloria più
elevata, con questo buon cambiamento. In tal modo, causa l’ammirazione
del coro degli Angeli che circondano lo Sposo, e tutti gli rivolgono
questa parola pia che traduce la loro ammirazione: “ci hai donato un
cuore, sorella nostra, o Sposa” (Cantico di Salomone 4, 9). Il carattere
dell’impassibilità splende in essa come negli Angeli
e fa di essa la parente, la sorella degli esseri incorporei; ha
ben compiuto l’impassibilità nella sua carne. È per questo che le
dicono: “Ci hai donato un cuore, sorella nostra, o Sposa”. Ciascuno di
questi due termini la celebra giustamente: sorella nostra, per
l’affinità con l’impassibilità; Sposa, per l’unione con il Verbo.
Pensiamo che l’espressione: “Ci hai donato un cuore” sia simile a: “Ci
hai dato la vita”, come se dicessero: “Hai posto un cuore in noi”. Per
maggiore chiarezza, perché il testo ci sia più ovvio, ci riferiremo al
divino Apostolo per l’interpretazione di questi misteri. In un passaggio
della sua Epistola agli Efesini, dice, quando ci spiega la grande
economia della manifestazione di Dio nella carne, che non soltanto la
natura umana ha appreso i misteri divini attraverso questa Grazia, ma
ancora che i Principati e le Potenze celesti hanno conosciuto la
sapienza così varia di Dio, rivelata dall’economia di Cristo fra gli
uomini. Ecco il suo testo: “Affinché i principati e le potestà nei
luoghi celesti conoscano oggi, per mezzo della Chiesa, la infinitamente
varia sapienza di Dio, secondo il disegno eterno che egli ha attuato
mediante il nostro Signore, Cristo Gesù; nel quale abbiamo la libertà di
accostarci a Dio, con piena fiducia, mediante la fede in lui” (Efesini
3, 10-12).
In verità, è attraverso la Chiesa che è
conosciuta dalle potenze site sopra il mondo la multiforme sapienza di
Dio, che fece i suoi grandi miracoli con gli opposti: come
si creò la vita dalla morte, la giustizia dal peccato, la
benedizione dalla maledizione, la gloria dall’infamia, la forza dalla
debolezza. Infatti, le forze site sopra il mondo conoscevano, nei primi
tempi, la sola Sapienza semplice ed uniforme di Dio, che compiva i
miracoli conformemente alla sua natura – e nessuna varietà appariva in
ciò che si vedeva: la Natura divina, essendo potenza, aveva ogni potere
di plasmare tutta la Creazione; portava alla vita la natura degli
esseri, con il solo impulso della Sua Volontà, e faceva scaturire ogni
bellezza abbondantemente dalla fonte della bellezza. Quanto a
quest’aspetto multiforme della Sapienza che si stabilisce a partire da
un intreccio di opposti, ciò è ora conosciuto chiaramente grazie alla
Chiesa: come il Verbo Si fa carne, come la Vita si mescola con la morte,
come con le sue piaghe guarisce le nostre piaghe, come con la debolezza
della Croce trionfa sulla potenza dell’Avversario, come l’Invisibile Si
manifesta nella Sua carne, come riscatta i prigionieri essendo Lui
stesso l’acquirente ed il prezzo – Si è, infatti, offerto in riscatto
alla morte per salvarci –, come è morto senza tuttavia cessare di
vivere, come ha subito la schiavitù pur restando Re. Tutti questi
prodigi, come tutti i miracoli, che sono multiformi e non semplici,
prodotti dalla Sapienza, è grazie alla Chiesa che gli amici dello Sposo
li hanno conosciuti. Hanno così ricevuto un cuore, comprendendo in
questo mistero un altro carattere della sapienza divina. E, se non è
affatto troppo audace dirlo, forse hanno visto, anche loro, attraverso
la Sposa, la bellezza dello Sposo ed hanno ammirato ciò che è invisibile
ed incomprensibile a tutti gli esseri. Infatti, Colui che “nessuno ha
mai visto”, come dice Giovanni (Giovanni 1, 18), “né può vedere”,
secondo la testimonianza di Paolo (I Timoteo 6, 16), Questi ha fatto
della Chiesa il Suo Corpo e
la edifica aumentando il numero dei salvati nell’amore “finché
giungiamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di
Dio a un uomo perfetto, alla misura della statura della pienezza di
Cristo” (Efesini 4, 13). Se dunque la Chiesa è il Corpo di Cristo e
Cristo il Capo di questo corpo (Efesini 1, 18-19), formando il Volto
della Chiesa secondo la Sua figura, forse è per questa ragione che gli
amici dello Sposo, guardandola, hanno avuto un cuore, perché possano
discernere più chiaramente l’invisibile in essa. Coloro che non possono
vedere il disco stesso del sole osservano il suo riflesso nell’acqua.
Nello stesso modo, anche loro osservano nella Chiesa e in uno specchio
senza macchia il Sole di giustizia che riconoscono attraverso il Suo
riflesso.
È per questo che gli amici non dicono
soltanto una volta alla Sposa: “Tu ci hai dato il cuore” (Cantico di
Salomone 4, 9) – che significa: “Hai creato in noi un’anima ed
un’intelligenza propria della conoscenza della luce grazie a te” –, ma
riprendono la stessa espressione per dare maggiore sincerità alle loro
proposizioni ripetendole così: “Ci hai dato un cuore con un solo sguardo
dei Tuoi occhi” (Cantico di Salomone 4, 9).
Ecco, soprattutto nella Sposa, cosa ha
stupito gli amici. Come, infatti, l’anima può vedere in due modi, uno
osservando la verità, l’altro errando fra le vanità, e come l’occhio
puro della Sposa si apre sulla sola natura del bene mentre l’altro resta
chiuso, gli amici rivolgono il loro elogio ad uno sguardo degli occhi.
Per lui solo essa contempla l’Unico, voglio dire questo Unico che è
compreso nella Sua Natura immutabile ed eterna, il vero Padre, il Figlio
unigenito ed il Santo Spirito. Infatti, è realmente unico ciò che è
contemplato in una sola natura, la differenza esistente tra le Ipostasi
non crea alcuna separazione né divisione. Ci sono alcuni che utilizzano
male l’acutezza dei loro occhi osservando ciò che non ha realtà,
dividendo in più Nature l’Unico con le illusioni degli occhi perversi.
Sono loro che si chiamano
“osservatori di molte cose”*:
per guardare molto, non vedono nulla. Tutti coloro che ora guardano
verso Dio, eppure si lasciano ancora fuorviare dalle illusioni
materiali, sono indegni dell’elogio degli Angeli, poiché si attaccano
vanamente alle illusioni di ciò che non esiste in sé. Colui, al
contrario, che esercita la sua vista penetrante per vedere la sola
divinità è cieco per tutto il resto, ciò verso cui sono rivolti gli
occhi della folla.
È così che la Sposa causa lo stupore
degli amici con un solo sguardo dei suoi occhi. Dunque è cieco colui che
ha molti occhi e se ne serve per guardare le vanità; invece ha uno
sguardo penetrante e perspicace colui che, con il solo sguardo
dell’anima, contempla il solo bene.
Traduzione a cura di © Tradizione
Cristiana
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