giovedì 9 gennaio 2014

San Gregorio di Nissa Omelia VIII sul Cantico dei Cantici


San Gregorio di Nissa


Omelia VIII sul Cantico dei Cantici

PG 44, 945-952
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La voce del Verbo è sempre una voce di potenza. Come in occasione della creazione primigenia, la Luce è scaturita contemporaneamente al suo ordine, il firmamento ha preso esistenza contemporaneamente al Suo comando e tutto il resto della Creazione è ugualmente apparso con la Sua Parola creatrice, allo stesso modo, ora, il Verbo comanda all’anima che ha progredito nella divinità di venire a Lui. Quest’anima, fortificata direttamente da questo ordine, diventa così come la voleva il suo Sposo, trasformata in un senso più divino e passata dalla gloria nella quale si trovava ad una gloria più elevata, con questo buon cambiamento. In tal modo, causa l’ammirazione del coro degli Angeli che circondano lo Sposo, e tutti gli rivolgono questa parola pia che traduce la loro ammirazione: “ci hai donato un cuore, sorella nostra, o Sposa” (Cantico di Salomone 4, 9). Il carattere dell’impassibilità splende in essa come negli Angeli e fa di essa la parente, la sorella degli esseri incorporei; ha ben compiuto l’impassibilità nella sua carne. È per questo che le dicono: “Ci hai donato un cuore, sorella nostra, o Sposa”. Ciascuno di questi due termini la celebra giustamente: sorella nostra, per l’affinità con l’impassibilità; Sposa, per l’unione con il Verbo. Pensiamo che l’espressione: “Ci hai donato un cuore” sia simile a: “Ci hai dato la vita”, come se dicessero: “Hai posto un cuore in noi”. Per maggiore chiarezza, perché il testo ci sia più ovvio, ci riferiremo al divino Apostolo per l’interpretazione di questi misteri. In un passaggio della sua Epistola agli Efesini, dice, quando ci spiega la grande economia della manifestazione di Dio nella carne, che non soltanto la natura umana ha appreso i misteri divini attraverso questa Grazia, ma ancora che i Principati e le Potenze celesti hanno conosciuto la sapienza così varia di Dio, rivelata dall’economia di Cristo fra gli uomini. Ecco il suo testo: “Affinché i principati e le potestà nei luoghi celesti conoscano oggi, per mezzo della Chiesa, la infinitamente varia sapienza di Dio, secondo il disegno eterno che egli ha attuato mediante il nostro Signore, Cristo Gesù; nel quale abbiamo la libertà di accostarci a Dio, con piena fiducia, mediante la fede in lui” (Efesini 3, 10-12).
In verità, è attraverso la Chiesa che è conosciuta dalle potenze site sopra il mondo la multiforme sapienza di Dio, che fece i suoi grandi miracoli con gli opposti: come si creò la vita dalla morte, la giustizia dal peccato, la benedizione dalla maledizione, la gloria dall’infamia, la forza dalla debolezza. Infatti, le forze site sopra il mondo conoscevano, nei primi tempi, la sola Sapienza semplice ed uniforme di Dio, che compiva i miracoli conformemente alla sua natura – e nessuna varietà appariva in ciò che si vedeva: la Natura divina, essendo potenza, aveva ogni potere di plasmare tutta la Creazione; portava alla vita la natura degli esseri, con il solo impulso della Sua Volontà, e faceva scaturire ogni bellezza abbondantemente dalla fonte della bellezza. Quanto a quest’aspetto multiforme della Sapienza che si stabilisce a partire da un intreccio di opposti, ciò è ora conosciuto chiaramente grazie alla Chiesa: come il Verbo Si fa carne, come la Vita si mescola con la morte, come con le sue piaghe guarisce le nostre piaghe, come con la debolezza della Croce trionfa sulla potenza dell’Avversario, come l’Invisibile Si manifesta nella Sua carne, come riscatta i prigionieri essendo Lui stesso l’acquirente ed il prezzo – Si è, infatti, offerto in riscatto alla morte per salvarci –, come è morto senza tuttavia cessare di vivere, come ha subito la schiavitù pur restando Re. Tutti questi prodigi, come tutti i miracoli, che sono multiformi e non semplici, prodotti dalla Sapienza, è grazie alla Chiesa che gli amici dello Sposo li hanno conosciuti. Hanno così ricevuto un cuore, comprendendo in questo mistero un altro carattere della sapienza divina. E, se non è affatto troppo audace dirlo, forse hanno visto, anche loro, attraverso la Sposa, la bellezza dello Sposo ed hanno ammirato ciò che è invisibile ed incomprensibile a tutti gli esseri. Infatti, Colui che “nessuno ha mai visto”, come dice Giovanni (Giovanni 1, 18), “né può vedere”, secondo la testimonianza di Paolo (I Timoteo 6, 16), Questi ha fatto della Chiesa il Suo Corpo e la edifica aumentando il numero dei salvati nell’amore “finché giungiamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio a un uomo perfetto, alla misura della statura della pienezza di Cristo” (Efesini 4, 13). Se dunque la Chiesa è il Corpo di Cristo e Cristo il Capo di questo corpo (Efesini 1, 18-19), formando il Volto della Chiesa secondo la Sua figura, forse è per questa ragione che gli amici dello Sposo, guardandola, hanno avuto un cuore, perché possano discernere più chiaramente l’invisibile in essa. Coloro che non possono vedere il disco stesso del sole osservano il suo riflesso nell’acqua. Nello stesso modo, anche loro osservano nella Chiesa e in uno specchio senza macchia il Sole di giustizia che riconoscono attraverso il Suo riflesso.
È per questo che gli amici non dicono soltanto una volta alla Sposa: “Tu ci hai dato il cuore” (Cantico di Salomone 4, 9) – che significa: “Hai creato in noi un’anima ed un’intelligenza propria della conoscenza della luce grazie a te” –, ma riprendono la stessa espressione per dare maggiore sincerità alle loro proposizioni ripetendole così: “Ci hai dato un cuore con un solo sguardo dei Tuoi occhi” (Cantico di Salomone 4, 9).
Ecco, soprattutto nella Sposa, cosa ha stupito gli amici. Come, infatti, l’anima può vedere in due modi, uno osservando la verità, l’altro errando fra le vanità, e come l’occhio puro della Sposa si apre sulla sola natura del bene mentre l’altro resta chiuso, gli amici rivolgono il loro elogio ad uno sguardo degli occhi. Per lui solo essa contempla l’Unico, voglio dire questo Unico che è compreso nella Sua Natura immutabile ed eterna, il vero Padre, il Figlio unigenito ed il Santo Spirito. Infatti, è realmente unico ciò che è contemplato in una sola natura, la differenza esistente tra le Ipostasi non crea alcuna separazione né divisione. Ci sono alcuni che utilizzano male l’acutezza dei loro occhi osservando ciò che non ha realtà, dividendo in più Nature l’Unico con le illusioni degli occhi perversi. Sono loro che si chiamano “osservatori di molte cose”*: per guardare molto, non vedono nulla. Tutti coloro che ora guardano verso Dio, eppure si lasciano ancora fuorviare dalle illusioni materiali, sono indegni dell’elogio degli Angeli, poiché si attaccano vanamente alle illusioni di ciò che non esiste in sé. Colui, al contrario, che esercita la sua vista penetrante per vedere la sola divinità è cieco per tutto il resto, ciò verso cui sono rivolti gli occhi della folla.
È così che la Sposa causa lo stupore degli amici con un solo sguardo dei suoi occhi. Dunque è cieco colui che ha molti occhi e se ne serve per guardare le vanità; invece ha uno sguardo penetrante e perspicace colui che, con il solo sguardo dell’anima, contempla il solo bene.

Traduzione a cura di © Tradizione Cristiana

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