venerdì 18 ottobre 2013

Il Vangelo del santo apostolo Luca nella meditazione dei Santi Padri della Chiesa-Gregorio Magno papa di Roma Antica


Il Vangelo del santo apostolo Luca nella meditazione dei Santi Padri della Chiesa-Gregorio Magno papa di Roma Antica




Omelia di san Gregorio Magno sul vangelo di Luca

Homilia XVII, 3‑7 in Evangelium; in PL 76, 1139‑1142.
Fratelli, voi dovete pregare per noi, i predicatori, perché la nostra opera sia feconda. Pregate che la nostra lingua non si intorpidisca, quando invece ha assunto il ministero della predicazione, e perché il fatto di aver taciuto non ci condanni presso il giusto giudice. Capita spesso che la lingua dei predicatori si inceppi sia a causa dei loro difetti personali sia per colpa dei fedeli. Il proprio peccato può rendere muto il predicatore, secondo la parola del salmista: All'empio dice Dio: "Perché vai ripetendo i miei decreti?" (Sal 49, 16). Ma la voce del predicatore può ugualmente spegnersi per colpa dei fedeli, come il Signore ha detto a Ezechiele: Ti farò aderire la lingua al palato e resterai muto: cosi non sarai più per loro uno che li rimprovera, perché sono una genia di ribelli (Ez 3, 26). Come se Dio chiaramente dicesse: "Ti tolgo la parola per predicare, poiché questo popolo mi esaspera con il suo agire; esso non è degno di venire esortato alla verità".Non è facile perciò sapere per colpa di chi il predicatore perda la possibilità di parlare. Sta di fatto che il silenzio del pastore a volte fa male a lui, ma al popolo nuoce sempre.

Siamo mandati come agnelli tra lupi, perché un'innocenza consapevole ci preservi dal morso della malvagità. Chi assume il compito di predicare, non deve suscitare il male, ma sopportarlo, rimanendone magari ferito. La sua mansuetudine mitigherà il furore di chi lo attacca e guarirà le piaghe dei peccatori. Se talora, per zelo di bene, il predicatore infierisse contro certi fedeli, il suo sdegno nasca da amore, non da crudeltà. Cosi, mentre all'esterno fa valere la disciplina, nell'intimo amerà con affetto paterno quelli che sferza. Sono doveri che il superiore compie bene quando non ama sé stesso per tornaconto personale, non ha nessuna bramosia mondana e non si lascia assoggettare dall'ansia del possesso. Non portate borsa., né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada, ci dice il vangelo. Il predicatore deve avere tanta fiducia in Dio, da non angustiarsi per la gestione della vita presente, nella certezza assoluta che nulla verrà a mancargli. Altrimenti, l'assillo per le cose materiali lo lascerebbe meno libero di procurare agli altri i beni eterni.

In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritome su di voi. La pace offerta dal predicatore rimane nella casa se vi è un figlio di pace; in caso contrario, ritorna al predicatore. Infatti o vi sarà qualcuno predestinato alla vita eterna che, ascoltando la parola divina, la mette in pratica; oppure nessuno avrà voluto ascoltarla. Il predicatore, comunque, non rimane mai senza frutto, perché il Signore ricompensa la fatica del suo lavoro, facendo tornare a lui la pace. Ecco poi che il Signore proibisce di portare borsa o bisaccia, mentre autorizza a vivere con i frutti ricavati dalla predicazione: Restate in quella casa. mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio e degno della sua mercede. Se in una casa la pace è stata accolta, è giusto che il predicatore vi rimanga mangiando e bevendo, perché così riceve un salario terreno in cambio dei beni della patria celeste da lui offerti a chi lo ha ospitato.

Il Signore afferma che l'operaio é degno della sua mercede, intendendo che gli alimenti necessari alla vita sono parte della ricompensa per l'evangelizzazione. Iniziata già fin d'ora, questa ricompensa avrà compimento nel giorno eterno con la visione della verità. Notiamo qui che i nostri atti sono doppiamente retribuiti: sia nel pellegrinaggio terreno, sia nella patria celeste. La prima ricompensa sostiene nella fatica, la seconda ci colmerà alla risurrezione finale. La mercede che riceviamo nella vita presente deve spingerci a tendere con più energia verso la ricompensa futura. Il predicatore autentico non deve parlare per ricevere beni terreni; tuttavia, li accoglie per poter vivere e predicare. Chiunque annunziasse il vangelo per riceverne applausi e onori, comprometterebbe senza dubbio la sua ricompensa eterna. Al contrario, c'è il predicatore che si studia d'attirare l'attenzione con un dire elegante e piacevole, non per autoglorificazione ma allo scopo di far amare Dio; oppure egli accetta un compenso, perché la miseria non spenga la sua voce. Costoro non pongono nessun ostacolo alla ricompensa nella patria celeste, perché durante l'esodo terreno hanno unicamente percepito il necessario.
 
 
San Luca evangelista e il suo simbolo, miniatura tratta dai Vangeli detti di sant’Agostino, fine VI secolo, Corpus Christi College Library, Cambridge
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
San Luca evangelista e il suo simbolo, miniatura tratta dai Vangeli detti di sant’Agostino, fine VI secolo, Corpus Christi College Library, Cambridge
 
 
 
Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, vescovo e papa di Roma Antica
Om. 17, 1-3; PL 76, 1139

Il nostro Signore e Salvatore, fratelli carissimi, ci ammonisce ora con la parola, ora con i fatti. A dire il vero, anche le sue azioni hanno valore di comando, perché mentre silenziosamente compie qualcosa ci fa conoscere quello che dobbiamo fare. Ecco che egli manda a due a due i discepoli a predicare, perché sono due i precetti della carità: l'amore di Dio, cioè, e l'amore del prossimo.
Il Signore manda i discepoli a due a due a predicare per indicarci tacitamente che non deve assolutamente assumersi il compito di predicare chi non ha la carità verso gli altri.
Giustamente poi è detto che «li inviò avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10, 1). Il Signore infatti segue i suoi predicatori, perché la predicazione giunge prima, e solo allora il Signore viene ad abitare nella nostra anima, quando lo hanno preceduto le parole dell'annunzio, attraverso le quali la verità è accolta nella mente. Per questo dice Isaia ai medesimi predicatori: «Preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio» (Is 40, 3). E il salmista dice loro: «Spianate la strada a chi sale sul tramonto» (Sal 67, 5 volg.). Il Signore salì «sul tramonto» che fu la sua morte.
Effettivamente il Signore salì «sul tramonto» in quanto la sua morte gli servì come alto piedistallo per manifestare maggiormente la sua gloria mediante la risurrezione. Salì «sul tramonto» perché risorgendo calpestò la morte che aveva affrontato.
Noi dunque spianiamo la strada a colui che sale «sul tramonto» quando predichiamo alle vostre menti la sua gloria; perché, venendo poi egli stesso, le illumini con la presenza del suo amore.
Ascoltiamo quello che dice nell'inviare i predicatori: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe» (Mt 9, 37-38). Per una grande messe gli operai sono pochi. Di questa scarsità non possiamo parlare senza profonda tristezza, poiché vi sono persone che ascolterebbero la buona parola, ma mancano i predicatori. Ecco, il mondo è pieno di sacerdoti, e tuttavia si trova assai di rado chi lavora nella messe del Signore. Ci siamo assunti l'ufficio sacerdotale, ma non compiamo le opere che l'ufficio comporta.
Perciò riflettete attentamente, fratelli carissimi, sulla parola del Signore: «Pregate il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe». Pregate voi per noi, perché siamo in grado di operare per voi come si conviene; perché la lingua non resti inattiva dall'esortare, e il nostro silenzio non condanni, presso il giusto giudice, noi, che abbiamo assunto l'ufficio di predicatori.
 
 

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