1.
Si recarono un giorno dal padre Achilla tre anziani, dei quali uno
aveva una cattiva fama. Uno di essi chiese: «Padre, fammi una rete».
«Non la faccio», rispose. Il secondo chiese: «Facci questa carità,
perché possiamo avere un tuo ricordo nel nostro monastero». Ma egli
rispose: «Non ho tempo». Disse poi il terzo, quello che aveva cattiva
fama: «Fammi una rete, perché io abbia un oggetto fatto con le tue mani,
padre». A lui rispose subito: «Te la farò». Gli altri due gli chiesero
poi in disparte: «Perché alle nostre preghiere non hai voluto
acconsentire e hai detto a lui: – Te la farò?». L’anziano disse loro: «A
voi ho detto che non l’avrei fatto e voi non vi siete rattristati,
sapendo che non ho tempo. Se invece non la facessi a lui, direbbe che
non voglio perché ho saputo dei suoi peccati. E con questo spezzeremmo
la corda. Invece ho voluto sollevare la sua anima, perché non sia
sommersa dalla tristezza» (124bc; PJ X, 14).
Isidoro di Scete – 1
1.
Raccontavano del padre Isidoro, presbitero a Scete, che se qualcuno
aveva un fratello ostinato e debole, oppure negligente e protervo, e
voleva cacciarlo, egli diceva: «Portatemelo qui». Lo accoglieva e con la
sua pazienza lo salvava (220bc; PJ XVI, 5).
Del
padre Arsenio raccontavano che un giorno in cui era ammalato a Scete,
il presbitero lo portò in chiesa e lo adagiò su un tappeto, ponendogli
sotto al capo un piccolo cuscino. Venne un anziano a fargli visita e,
vedendolo sul tappeto e con un cuscino sotto di lui, si scandalizzò.
«Questo è il padre Arsenio? – disse – e su queste cose si mette a
giacere?». Allora il presbitero, presolo in disparte, gli dice: «Cosa
facevi al tuo paese?». «Ero pastore», rispose. «Come vivevi?». «Con
molti stenti». «E ora come vivi nella tua cella?». «Ho maggiore
sollievo». Gli dice allora: «Vedi questo padre Arsenio? Era precettore
di imperatori nel mondo e gli stavano intorno migliaia di servi che
portavano cinture d’oro, gioielli e vestiti di seta. Sotto di lui vi
erano tappeti preziosi. Tu invece, che eri pastore, non avevi nel mondo
le comodità che hai ora. Ed egli qui non ha le delizie di cui godeva nel
mondo. Tu ora trovi sollievo, ed egli tribolazioni». A queste parole,
fu preso da compunzione e si inchinò dicendo: «Perdonami, padre, ho
peccato. Questa è realmente la strada vera, poiché costui è giunto
all’umiliazione, io invece al ristoro». E se ne andò edificato
(101d-104a).
In
un cenobio, un fratello fu falsamente accusato di impurità: e si recò
dal padre Antonio. Vennero allora i fratelli dal cenobio, per curarlo e
portarlo via. Si misero ad accusarlo: «Tu hai fatto questo». Ed egli a
difendersi: «Non ho fatto nulla del genere». Accadde per fortuna che si
trovasse colà il padre Pafnuzio Kefala; egli disse questa parabola:
«Sulla riva del fiume vidi un uomo immerso nella melma fino al
ginocchio; e vennero alcuni per dargli una mano, ma lo fecero affondare
fino al collo». E il padre Antonio, riferendosi al padre Pafnuzio, dice
loro: «Ecco un vero uomo, capace di curare e di salvare le anime». Presi
da compunzione per la parola degli anziani, essi si inchinarono davanti
al fratello; poi, esortati dai padri, lo riportarono al cenobio.
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