Ho guardato stupito Maria che allatta colui che nutre tutti i popoli, ma
s’è fatto bimbo.
Dimorò nel seno d’una fanciulla, colui che di sé
riempie il mondo.
Una figlia di poveri è diventata madre del
Ricchissimo, che si fece portare dall’amore.
C’è un fuoco nel seno della
vergine, ma la vergine non vien bruciata da quella fiamma.
Un carbone
acceso ha abbracciato Maria; essa lo porta in braccio e non ne è lesa.
La fiamma riveste il corpo ed è portata sulle mani da Maria.
Un gran
sole si è raccolto e nascosto in una nube splendida.
Una fanciulla è
diventata madre di colui che ha creato l’uomo e il mondo.
Essa portava
un bambino, lo carezzava, lo abbracciava, lo vezzeggiava con le più
belle parole e lo adorava dicendogli: «Dimmi, maestro mio, di
abbracciarti».
Poiché sei mio figlio, ti cullerò con le mie cantilene;
sono tua madre, ma ti onorerò. Figlio mio, ti ho generato, ma sei più
antico di me; mio Signore, ti ho portato in seno, ma tu mi reggi in
piedi. La mia mente è sconvolta da timore, dammi la forza di lodarti.
Non so dire come tu stia zitto, quando so che in te rintronano i tuoni.
Sei nato da me come un bimbo, ma sei forte come un gigante; sei
l’Ammirabile come ti chiamò Isaia, quando profetizzò di te.
Ecco sei
tutto con me, eppure stai tutto nascosto nel Padre tuo.
Tutte le altezze
del cielo son piene della tua maestà, eppure il mio seno non è stato
troppo piccolo per te.
La tua casa è in me e nei cieli. Ti loderò coi
cieli. I celesti mi guardano con ammirazione e mi chiamano benedetta. Mi
sostenga il cielo col suo abbraccio, perché più di esso io sono stata
onorata.
Il cielo, infatti, non ti è stato madre; ma tu lo facesti tuo
trono. La madre del re quant’è più venerabile del suo trono! Ti
benedirò, Signore, perché hai voluto che fossi tua madre, ti celebrerò
con belle cantilene.
O gigante che sorreggi la terra e volesti ch’essa
ti sorreggesse, sii benedetto. Gloria a te, o ricco, che ti sei fatto
figlio d’una poverella. Il mio magnificat per te, che sei più antico di
tutti, eppure, fatto bambino, scendesti in me.
Siedi sulle mie
ginocchia; eppure su di te sta sospeso il mondo, le più alte vette e gli
abissi più profondi. Stringi il mio seno e sorreggi la terra, i mari e
tutto ciò ch’è in essi. Ecco il tuo cocchio è nei cieli, ed io ti porto
sulle mie braccia. Tu stai con me, e tutti i cori degli angeli ti
adorano. Mentre te ne stai stretto tra le mie braccia, sei portato dai
Cherubini.
I cieli son pieni della tua gloria, eppure il seno d’una
figlia della terra ti tiene tutto. Tra i celesti abiti nel fuoco, e non
bruci i terrestri. I Serafini ti proclamano tre volte santo: cosa
potrei, Signore, dirti di più? I Cherubini ti benedicono tremando e puoi
essere onorato dai miei canti?
Mi senta adesso e venga da me l’antica
Eva, l’antica nostra madre; si sollevi il suo capo, il capo che fu
abbassato sotto la vergogna dell’orto. Scopra il suo viso e si rallegri
con te, perché hai portato via la sua vergogna; senta la parola di pace
piena, perché una sua figlia ha pagato il suo debito.
Il serpente, che
la sedusse, è stato stritolato da te, germoglio che sei nato dal mio
seno.
Il Cherubino e la sua spada per te sono stati rimossi, perché
Adamo possa tornare nel paradiso, dal quale era stato espulso.
Eva e
Adamo ricorrano a te e prendano da me il frutto della vita; per te si
farà dolce quella loro bocca, che il frutto vietato aveva fatto amara.
I
servi espulsi tornino per te, perché possano ottenere quei beni dei
quali erano stati spogliati.
Sarai tu per loro una veste di gloria, per
ricoprire la loro nudità».
Da Hymn. 18, 1-23
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