martedì 24 gennaio 2017

Non a tutti, miei cari, compete di parlare di Dio,San Gregorio di Nazianzo detto “il Teologo”(Orazione 27, II-IV)






















Non a tutti, miei cari, compete di parlare di Dio, non a tutti: non si tratta di una capacità che si acquista a basso prezzo né che appartiene a quanti procedono senza staccarsi da terra. Voglio aggiungere che non si può fare sempre, né davanti a tutti, né riguardo a ogni argomento, ma c’è un tempo opportuno, un uditorio opportuno e ci sono argomenti opportuni.
Non compete a tutti, ma a quelli che si sono esercitati e hanno fatto progressi nella contemplazione, e che prima di tutto hanno purificato anima e corpo, o, più esattamente, li purificano. Chi non è puro non può senza pericolo venire a contatto con la purezza, come il raggio del sole non può senza danno raggiungere occhi malati. E quando lo può fare? Quando noi ci allontaniamo dal fango esteriore e dal disordine, e quando la parte direttrice che è in noi non viene confusa da immagini malvagie e deviate, come una bella scrittura mescolata a lettere di cattiva qualità, o un buon profumo mescolato al puzzo della melma. Bisogna realmente starsene liberi, infatti, per conoscere Dio, e “quando ci troveremo nella circostanza favorevole, giudicare” l’esattezza della teologia. Con chi bisogna parlarne? Con coloro dai quali l’argomento è affrontato con impegno e non come uno dei tanti argomenti inutili che con piacere si discutono dopo le corse dei cavalli, dopo gli spettacoli teatrali, dopo i canti, dopo aver accontentato il ventre e ciò che sta al di sotto del ventre: per queste persone è un piacere ciarlare su simili argomenti e mostrarsi abili nelle controversie.
Su cosa dobbiamo meditare e in quale misura? Sulle cose a noi accessibili, e fin dove arrivano la disposizione e la capacità degli ascoltatori. Questo per evitare che, come i suoni e gli alimenti in eccesso danneggiano l’udito o i corpi o, se preferisci, come i carichi troppo pesanti affaticano chi li sostiene, o le piogge troppo impetuose devastano la terra, così anche chi ascolta, pressato e gravato dalle parti più consistenti, per così dire, dei discorsi, venga a perdere anche la forza che prima possedeva.
E non dico che non bisogna ricordare affatto Dio non mi attacchino nuovamente quelli che sono proclivi e pronti a tutto!
Infatti, bisogna ricordarsi di Dio più spesso di quanto respiriamo, e, se è possibile dirlo, non bisogna fare altro che questo. Anche io sono tra quelli che approvano le parole che prescrivono di “esercitarsi giorno e notte”, di “raccontarlo a sera, al mattino e a mezzogiorno” e di “benedire il Signore in ogni circostanza”; se bisogna anche ripetere le parole di Mosè, “quando riposiamo a letto, quando ci alziamo e quando siamo in viaggio” mentre facciamo qualunque altra cosa, conformandosi alla purezza ricordandoci di Lui.
Quindi io non vieto di ricordare Dio continuamente, ma di disputare su Dio; e non proibisco la teologia in quanto cosa empia, ma in quanto cosa inopportuna; io non proibisco l’insegnamento, ma la mancanza di misura. Riempirsi di miele fino a sazietà provoca il vomito, anche se si tratta di miele: allo stesso modo “per ogni cosa c’è il suo tempo”, come sembra a Salomone e a me, e il bello non è più bello, quando non si produce in maniera bella, come il fiore che è in inverno è completamente fuori stagione, o come un’acconciatura maschile è inopportuna per le donne e una femminile lo è per gli uomini, o, ancora, come la geometria è inopportuna in un lutto e le lacrime in un banchetto. Non terremo in considerazione, dunque, il momento opportuno proprio laddove esso deve essere tenuto nella massima considerazione?
(Orazione 27, II-IV)


http://oodegr.co/italiano/tradizione_index/insegnamenti/parlpurifgregteol.htm

http://www.decanati.it/doc/nazianzeno.S.%20Gregorio%20Nazianzeno%20Poesie.pdf



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