martedì 20 gennaio 2015

meditazioni di san Massimo il confessore



"Soprattutto il grande, il primo rimedio per la nostra salvezza, l’eredità luminosa della fede, è quella di confessare di cuore e con le labbra quanto i Padri ci hanno insegnato, di seguire coloro che sono stati testimoni oculari e ministri del Verbo sin dall’inizio".
Io – proclama Massimo – non ho dogmi particolari, se non ciò che è comune alla Chiesa cattolica. Non ho mai alzato la voce per affermare un dogma che mi era particolare”



Quando superò l'età dell'allattamento e compì tre anni, i suoi beati genitori la portarono al tempio di Dio e la consacrarono quale offerta, secondo la promessa che avevano fatto prima che nascesse. La condussero con gloria e onore, come era giusto; molte vergini la precedevano e l'accompagnavano con lampade accese, come aveva preannunciato un giorno il re profeta [Davide], antenato della Vergine immacolata, dicendo: È presentata al re in preziosi ricami; con lei le vergini compagne a te sono condotte (Sal 44 [45] 15). Il profeta aveva detto questo in precedenza, a proposito della presentazione al tempio e delle vergini che la precedevano e l'accompagnavano.
Tuttavia, questa profezia non riguarda solamente quelle vergini, ma si riferisce anche alle anime vergini che seguirono i loro passi, anime che il profeta ha chiamato “suoi amici". Anche se tutti sono inferiori a Lei nell'amicizia e nella somiglianza, tuttavia, per grazia e bontà di suo Figlio, il Signore, le anime dei santi sono chiamate “suoi amici"; d'altra parte, lo stesso Signore e Creatore dell'universo non ha considerato indegno chiamare “fratelli" quelli che gli sono grati e lo imitano. In realtà, tutte le anime dei giusti che arriveranno ad essere “suoi amici" mediante l'esercizio della santità, godranno del suo aiuto, saranno spiritualmente unite al Signore suo Figlio e saranno introdotte nel Santo dei Santi celeste».

Vita di Maria, attribuita a San Massimo il Confessore (VII secolo).


Dalle «Risposte a Talassio» di san Massimo il Confessore, abate
(Risp. 63; PG 90, 667-670)
Luce che illumina ogni uomo
La lampada posta sul candelabro è la luce del Padre, quella vera, che illumina ogni uomo che viene al mondo (Cfr. Gv 1,9). È il Signore nostro Gesù Cristo che, prendendo da noi la nostra carne, divenne e fu chiamato lampada, cioè sapienza e parola connaturale del Padre. È questa lampada che la Chiesa di Dio mostra con fede e amore nella predicazione, e che viene tenuta alta e splende agli occhi dei popoli nella vita santa dei fedeli e nella loro condotta ispirata ai comandamenti. Essa fa luce a tutti quelli della casa cioè a tutti gli uomini di questo mondo e perciò la stessa divina parola dice: «Né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa» (Mt 5,15). Il Verbo chiama se stesso lucerna in quanto, essendo Dio per natura, si fece uomo per dispensare la sua luce.
Ed anche il grande Davide comprese tutto questo, io penso, quando chiamò il Signore lucerna dicendo: «Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (Sal 118,105). Infatti il mio salvatore e mio Dio sa disperdere le tenebre dell'ignoranza e del vizio, ed anche per questo la Scrittura lo chiamò lucerna.
Egli con la sua potenza e sapienza ha dissipato, come fa il sole, ogni nebbia di ignoranza e di vizio, e guida coloro che camminano con lui sulla via della giustizia e dei comandamenti divini.
Chiamò lucerniere la santa Chiesa, perché in essa risplende la parola di Dio mediante la predicazione, e così, con i bagliori della verità, illumina quanti si trovano in questo mondo come in una casa, arricchendo le intelligenze con la conoscenza di Dio.
Questa parola annunziata dalla Chiesa esige di essere posta sulla sommità del lucerniere cioè all'apice dell'onore e dell'impegno di cui la Chiesa è capace. Infatti finché la parola è nascosta dalla lettera della legge come da un moggio, lascia tutti privi della luce eterna. Essa non può trasmettere la visione spirituale a chi non si sforzi di togliere il velo del senso materiale che trae in inganno e può addirittura fuorviare verso l'errore e la falsità. Invece va posta sul lucerniere della Chiesa. Ciò significa che la parola rivelata va intesa nel senso interiore e spirituale, spiegato dalla Chiesa stessa. Solo così potrà veramente illuminare ogni uomo che si trova nel mondo. Se infatti la Scrittura non viene intesa spiritualmente, mostra solo un significato superficiale e parziale e non può far giungere al cuore tutta la sua ricca sostanza. Guardiamoci dunque dal porre sotto il moggio la lucerna, che accendiamo con la contemplazione e la pratica coerente della parola, cioè non mortifichiamo quella sua energia potente che dà luce e conoscenza. Non riduciamo colpevolmente la indescrivibile vitalità della sapienza a causa della lettera; ma poniamo la lucerna sopra il lucerniere cioè sulla santa Chiesa, di modo che dall'alta cima di una interpretazione autentica ed esatta, mostri a tutti lo splendore delle verità divine.
 

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