venerdì 16 dicembre 2016

Cyprianus Carthaginensis De oratione dominica dal capitolo 8 al capitolo 10

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LA NOSTRA PREGHIERA
SIA PUBBLICA E COMUNITARIA (8)
 
Anzitutto  il Signore della pace e dell’unità non ha voluto che pregassimo individualmente e a parte, affinché colui che prega non preghi solo per sé. Non diciamo : Padre mio che sei nel cielo, né dammi il mio pane quotidiano. E ognuno non prega solo per sé che Dio gli rimetta il suo debito; o che non lo induca in tentazione e lo liberi dal male.
La nostra preghiera è pubblica e comunitaria, e quando preghiamo, non preghiamo per uno solo, ma per tutto il popolo, perché con tutto il popolo noi siamo uno. Il Dio della pace e il Signore della concordia, che ci insegna l’unità, ha voluto che ognuno pregasse per tutti, come Egli stesso ci ha tutti portati in uno.
I tre fanciulli nella fornace hanno osservato questa legge della preghiera : erano uniti nella preghiera e formavano un solo coro. La Scrittura ce lo attesta e, nel riferirci il loro modo di pregare, ci offre un esempio da imitare nella preghiera affinché possiamo somigliare a loro. Essa dice : Quei tre allora quasi con una sola bocca cantavano e benedicevano Iddio (Daniele III, 51).
Parlavano quasi con una sola bocca, e tuttavia il Cristo non aveva ancora insegnato loro a pregare. La loro supplica fu potente ed efficace, perché una preghiera serena, semplice e spirituale obbliga Dio. Tutti, è detto, con un sol cuore perseveravano nella preghiera, insieme con alcune donne, tra cui Maria, la Madre di Gesù, e i suoi fratelli (Atti I, 14).
Con un sol cuore perseveravano nella preghiera, il che manifesta ad un tempo il loro ardore e la loro unità. Poiché Iddio, che riunisce nella stessa casa quelli che hanno un solo cuore, accetta nelle sue divine ed eterne dimore solo coloro che pregano in comunione gli uni con gli altri.

DICIAMO «PADRE»
PERCHÉ SIAMO DIVENTATI FIGLI (9)
 
Come sono numerose e grandi le ricchezze della preghiera del Signore! Sono riunite in poche parole ma di una densità spirituale inesauribile, al punto che niente di tutto ciò che deve costituire la nostra preghiera manca in questo riassunto della dottrina celeste. È detto: Pregate così: Padre nostro che sei nei cieli.
L’uomo nuovo, che è rinato e reso a Dio per la grazia, dica anzitutto : Padre, perché è diventato figlio. È venuto in casa sua e i suoi non l’hanno ricevuto. Ma a tutti coloro che l’hanno ricevuto, egli ha dato il potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome (Giovanni I, 12). Colui che ha creduto nel suo nome ed è diventato figlio di Dio deve cominciare col rendere grazie e professare che è figlio di Dio. E quando chiama Padre il Dio dei cieli, con questo attesta che rinunzia al padre terreno e carnale della sua prima nascita per riconoscere un solo Padre che è nei cieli. È scritto infatti : Quelli che dicono al padre e alla madre « non ti conosco », e non riconoscono i loro figli, questi hanno osservato la tua parola e custodito la tua alleanza (Deuteronomio XXXIII, 9).
Anche il Signore ci ordina nel Vangelo di non chiamare nessuno sulla terra « padre », poiché abbiamo un solo Padre che è nei cieli. Al discepolo che ricorda il padre morto, risponde: Lascia che i morti seppelliscano i morti {Matteo VIII, 22). Il discepolo parlava di un padre morto, mentre il Padre dei credenti è vivo.

DIO È PADRE DI COLORO CHE CREDONO
E SONO RINATI PER OPERA SUA (10)

 
Fratelli amatissimi, non basta prendere coscienza che noi invochiamo il Padre che è nei cieli. Aggiungiamo: Padre nostro, cioè padre di quelli che credono, di quelli che sono stati da lui santificati e sono rinati per la grazia spirituale: quelli hanno cominciato ad essere figli di Dio.
Questa parola è una bestemmia e una critica per gli Ebrei. Costoro nella loro infedeltà hanno disprezzato il Cristo che fu loro annunziato dai profeti e inviato anzitutto per loro; e per giunta lo hanno crudelmente condannato a morte. Non possono chiamare più Dio loro Padre perché il Signore ribatté per loro confusione: Voi avete il diavolo per padre e i desideri di vostro padre volete compiere. Egli era omicida fin dal principio e non ha perseverato nella verità perché non ha verità in sé (Giovanni VIII, 44).
E per mezzo del profeta Isaia, Dio grida indignato :

Ho nutrito dei figli e li ho allevati,
e si sono rivoltati contro di me.
Il bue conosce il suo padrone,
e l’asino la stalla del suo signore;
ma Israele non mi conosce.
E il mio popolo non ha intelligenza.
Guai alla nazione peccatrice, al popolo
carico di iniquità,
alla razza dei malvagi, ai figli corrotti.
Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato
il Santo d’Israele. (Isaia I, 2-4).

Per biasimarli, i cristiani dicono pregando : Padre nostro; infatti egli ha cominciato a diventare nostro e ha cessato di essere quello degli Ebrei, che l’hanno abbandonato. Il popolo prevaricatore non può essere figlio; ma quelli ai quali furono rimessi i peccati, meritano questo titolo e ricevono la promessa dell’eternità, secondo la parola del Signore: Colui che commette il peccato è schiavo del peccato. Lo schiavo non resta sempre nella casa, ma il figlio vi resta in eterno.


Testo latino  degli stessi capitoli

 
VIII.  Ante  omnia,  pacis  doctor  atque  unitatis  magister  singillatim  noluit  et  privatim  precem  fieri,  ut  quis  cum  precatur,  non  pro  se  tantum  precetur.  Non  enim  dicimus,  Pater  meus  qui  es  in  coelis,  nec  Panem  meum  da  mihi  hodie;  nec  dimitti  sibi  tantum  unusquisque  debitum  postulat,  aut  ut  in  tentationem  non  inducatur,  atque  a  malo  liberetur,  pro  se solo  rogat.  Publica  est  nobis  et  communis  oratio;  et  quando  oramus,  non  pro  uno  sed  pro  toto  populo  oramus,  quia  totus  populus  unum  sumus.  Deus  pacis  et  concordiae  magister,  qui  docuit  unitatem,  sic  orare  unum  pro  omnibus  voluit  quomodo  in  uno  omnes  ipse  portavit.  Hanc  orationis  legem  servaverunt  tres  pueri  in  camino  ignis  inclusi,  consonantes  in  prece,  et  spiritus  consensione  concordes.  (0524B) Quod  declarat  Scripturae  divinae  fides:  et  dum  docet  quomodo  oraverint  tales,  dat  exemplum  quod  imitari  in  precibus  debeamus,  ut  tales  esse  possimus:  Tunc  ille  tres,  inquit,  quasi  ex  uno  ore  hymnum  canebant  et  benedicebant  Dominum  (Dan.  III,  51) . Loquebantur  quasi  ex  uno  ore,  et  nondum  illos  Christus  docuerat  orare.  Et  idcirco  orantibus  fuit  impetrabilis  et  efficax  sermo,  quia  promerebatur  Dominum  pacifica  et  simplex  et  spiritalis  oratio.  Sic  et  Apostolos  cum  discipulis  post  ascensum  Domini  invenimus  orasse:  Erant,  inquit,  perseverantes  omnes  unanimes  in  oratione  cum  mulieribus  et  Maria  quae  fuerat  mater  Iesu,  et  fratribus  eius  (Act.  I,  14) . Perseverabant  in  oratione  unanimes,  orationis  suae  et  instantiam  simul  et  concordiam  declarantes:  quia  Deus,  qui  inhabitare  facit  unanimes  in  domo  (Psal.  LXVII,  7) , non  admittit  in  divinam  et  aeternam  domum  nisi  eos  apud  quos  est  unanimis  oratio.  (0525A)
 
 IX.  Qualia  autem  sunt,  fratres  dilectissimi,  orationis  Dominicae  sacramenta,  quam  multa,  quam  magna,  breviter  in  sermone  collecta,  sed  in  virtute  spiritaliter  copiosa,  ut  nihil  omnino  praetermissum  sit  quod  non  in  precibus  atque  orationibus  nostris  coelestis  doctrinae  compendio  comprehendatur.  Sic,  ait,  crate:  PATER  NOSTER  QUI  ES  IN  COELIS.  Homo,  novus,  renatus,  et  Deo  suo  per  gratiam  eius  restitutus,  Pater  primo  in  loco  dicit,  quia  filius  esse  iam  coepit.  In  sua,  inquit,  propria  venit,  et  sui  eum  non  receperunt.  (0525B) Quotquot  autem  eum  receperunt,  dedit  illis  potestatem  ut  filii  Dei  fierent,  his  qui  credunt  in  nomine  eius  (Ioan.  I,  11, 12) . Qui  ergo  credidit  in  nomine  eius,  et  factus  est  Dei  filius,  hinc  debet  incipere  ut  et  gratias  agat  et  profiteatur  se  Dei  filium,  dum  nominat  patrem  sibi  esse  in  coelis  Deum;  contestetur  quoque  inter  prima  statim  nativitatis  suae  verba  renuntiasse  se  terreno  et  carnali  patri,  et  patrem  solum  nosse  se  et  habere  coepisse  qui  sit  in  coelis,  sicut  scriptum  est:  Qui  dicunt  patri  et  matri:  Non  novi  te,  et  filios  suos  non  agnoverunt,  hi  custodierunt  praecepta  tua  et  testamentum  tuum  servaverunt  (Deut.  XXXIII,  9) . Item  Dominus  in  Evangelio  suo  praecepit  ne  vocemus  nobis  patrem  in  terra,  quod  sit  scilicet  nobis  unus  pater  qui  est  in  coelis  (Matth.  XXIII,  9) . Et  discipulo  qui  mentionem  defuncti  patris  fecerat  respondit:  Sine  mortui  mortuos  suos  sepeliant  (Matth.  VIII,  22) . Dixerat  enim  patrem  suum  mortuum,  cum  sit  credentium  Pater  vivus.  (0525C)
 
X.  Nec  hoc  solum,  fratres  dilectissimi,  animadvertere  et  intelligere  debemus,  quod  appellemus  Patrem  qui  sit  in  coelis,  sed  coniungimus  et  dicimus,  PATER  NOSTER,  id  est  eorum  qui  credunt,  eorum  qui,  per  eum  sanctificati  et  gratiae  spiritalis  nativitate  reparati,  filii  Dei  esse  coeperunt.  (0526A) Quae  vox  etiam  Iudaeos  perstringit  et  percutit,  qui  Christum,  sibi  per  Prophetas  annuntiatum  et  ad  se  prius  missum,  non  tantum  infideliter  spreverunt,  sed  et  crudeliter  necaverunt:  qui  iam  non  possunt  patrem  Deum  vocare,  cum  Dominus  eos  confundat  et  redarguat  dicens:  Vos  de  diabolo  patre  nati  estis,  et  concupiscentias  patris  vestri  facere  vultis.  Ille  enim  homicida  fuit  ab  initio,  et  in  veritate  non  stetit,  quia  veritas  non  est  in  illo  (Ioan.  VIII,  44) . Et  per  Esaiam  prophetam  Deus  clamat  indignans:  Filios  generavi  et  exaltavi,  ipsi  autem  me  spreverunt.  Agnovit  bos  possessorem  suum,  et  asinus  praesepe  domini  sui;  Israel  autem  207 me  non  cognovit,  et  populus  meus  me  non  intellexit.  Vae!  gens  peccatrix,  populus  plenus  peccatis,  semen  nequam,  filii  scelesti.  Dereliquistis  Dominum,  et  in  indignationem  misistis  illum  Sanctum  Israel  (Isa.  I,  2-4) . In  quorum  exprobrationem  Christiani  quando  oramus,  PATER  NOSTER  dicimus,  quia  noster  esse  coepit  et  Iudaeorum,  qui  eum  relinquerunt,  esse  desiit.  (0526B) Nec  peccator  populus  potest  esse  filius,  sed  quibus  remissa  peccatorum  datur,  eis  filiorum  nomen  adscribitur,  et  eis  aeternitas  repromittur,  Domino  ipso  dicente:  Omnis  qui  facit  peccatum  servus  est  peccati.  Servus  autem  non  manet  in  domo  in  aeternum,  filius  autem  manet  in  aeternum  (Ioan.  VIII,  34, 35) . 

 Estratto da "Patrologia latina" del Migne - Vol. IV


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 Vita  ed opere  di San Cipriano 

 http://ora-et-labora.net/sancipriano.html

 http://www.ortodossiatorino.net/PDF/201205311816160.San%20Cipriano%20di%20Cartagine%20sulla%20Chiesa.pdf?cat_id=32


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