COME IL PREDICATORE, COMPIUTA OGNI COSA NEL MODO DOVUTO,
DEVE RITORNARE A SE STESSO,
PERCHE' LA VITA O LA PREDICAZIONE
NON LO ESALTINO
Ma
poiché spesso, quando la predicazione scorre copiosamente nei modi convenienti,
l’animo di chi parla si esalta in se stesso per la gioia nascosta di questa
dimostrazione di sé, è necessaria una grande cura perché esso si lasci ferire
dai morsi del timore e non accada che colui il quale, curando le loro ferite,
richiama gli altri alla salvezza, si inorgoglisca lui per negligenza della
salvezza sua propria; e mentre giova al prossimo, abbandoni se stesso e cada,
mentre fa rialzare gli altri. Spesso, infatti, la grandezza della virtù fu
occasione di perdizione per alcuni, perché per la confidenza nelle proprie
forze acquistano una disordinata sicurezza, così che poi, per negligenza, in
modo imprevisto muoiono. Infatti, quando la virtù resiste ai vizi, per un certo
piacere di essa, l’animo ne resta lusingato, e avviene che la mente di chi opera
bene rigetti il timore che la fa essere attenta ai vizi; riposi sicura nella
confidenza di sé; e quando essa è presa nel torpore, l’astuto seduttore le
enumera tutte le sue buone opere e la esalta nel pensiero orgoglioso di essere
superiore agli altri. Quindi, agli occhi del giusto Giudice, il ricordo della
virtù diviene una fossa per la mente, perché ricordando ciò che ha compiuto,
mentre si innalza in se stessa, cade di fronte all’autore dell’umiltà.
Perciò è detto all’anima che insuperbisce: Quanto pia sei bella, scendi e dormi con gli incirconcisi (Ez. 32, 9); come
se dicesse apertamente: Poiché ti elevi per la bellezza della virtù, dalla tua
stessa bellezza sei spinta a cadere. Perciò, l’anima che insuperbisce per la
virtù, viene riprovata — personificata in Gerusalemme — quando è detto: Eri
perfetta nella mia bellezza,
che io avevo posto su di te, dice il Signore; ma fidando nella
tua bellezza, hai fornicato nel tuo nome (Ez. 16, 14-15). Giacché l’animo si esalta,
per la fiducia nella propria bellezza, quando lieto per i meriti delle sue virtù,
si gloria ai suoi occhi nella propria sicurezza. Ma attraverso questa medesima
fiducia è condotto alla fornicazione, perché quando i suoi stessi pensieri
illudono la mente prigioniera, gli spiriti maligni la corrompono, seducendola
attraverso innumerevoli vizi. Si noti che è detto: Hai fornicato nel tuo
nome, perché quando
il cuore abbandona il rispetto della guida celeste, cerca subito una lode
personale, e incomincia ad attribuirsi ogni bene che ha ricevuto per servire
all’annuncio di colui che gliel’ha donato; desidera dilatare la gloria della
sua fama; fa di tutto per apparire degna di ammirazione a tutti. Pertanto
fornica in suo nome, colei che abbandonando il talamo legale giace sotto lo
spirito corruttore per la brama della lode. Perciò David dice: Ha consegnato
alla prigionia la loro virtù e la loro bellezza in mano al nemico (Sal. 77, 61). Giacché
la virtù è consegnata alla prigionia e la bellezza in mano all’avversario,
quando l’antico nemico domina un cuore illuso dall’esaltazione per una buona
opera; e tuttavia questa esaltazione della virtù, sebbene non vinca
completamente, tenta spesso, comunque, anche l’animo degli eletti; ma quando,
dopo essersi esaltato, viene abbandonato, allora è richiamato al timore. Perciò
David ancora dice: lo dissi nel mio benessere: Non sarò scosso in eterno (Sal.
29, 7). Ma
poiché si gonfiò nella confidenza nella propria virtù, poco dopo aggiunge che
cosa dovette sopportare: Hai distolto il tuo volto e sono stato turbato (Sal.
29, 8); come
se dicesse apertamente: Mi sono creduto forte tra le mie virtù, ma abbandonato,
ho riconosciuto quanto è grande la mia debolezza. Perciò ancora dice: Ho
giurato e stabilito di custodire i giudizi della tua giustizia (Sal.
118, 106). Ma
poiché non era in potere della sua forza rimanere fermo nella custodia che
aveva giurato, subito scopri la propria debolezza, per cui immediatamente si
buttò nella preghiera dicendo: Sono stato umiliato fino in fondo, Signore, dammi vita secondo la
tua parola (Sal. 118, 107). Poiché
spesso la guida celeste prima di fare progredire coi doni richiama alla mente
il ricordo della debolezza, perché non ci si gonfi per le virtù ricevute. Perciò
il profeta Ezechiele, ogni volta che è condotto a contemplare le cose celesti,
viene chiamato prima figlio dell’uomo, come se il Signore lo ammonisse apertamente dicendo:
perché tu non innalzi il tuo cuore nell’esaltazione, considera attentamente ciò
che sei, affinché quando penetri le verità somme riconosca di essere uomo; e
mentre sei rapito al di là di te, tu sia richiamato sollecitamente a te stesso
dal freno della tua debolezza. Perciò è necessario che quando l’abbondanza
delle virtù ci lusinga, l’occhio della mente ritorni alle sue debolezze e si
costringa a voltarsi indietro per guardare non ciò che ha fatto rettamente, ma
ciò che ha trascurato di fare, perché, mentre nel ricordo della debolezza, il
cuore si abbatte, sia rafforzato nella virtù presso l’autore dell’umiltà. Poiché
spesso Dio onnipotente, quantunque in gran parte renda perfette le menti delle
guide delle anime, tuttavia, per una piccola parte, le lascia imperfette,
affinché, quando risplendono per le loro ammirabili virtù, si struggano per il
fastidio della propria imperfezione e non si innalzino per quanto è in loro di
grande, mentre ancora si travagliano nel loro sforzo contro difetti minimi; ma
poiché non sono capaci di vincere questi ultimi resti di imperfezione, non
osino insuperbire per i loro atti eminenti. Ecco, nobilissimo uomo, spinto
dalla necessità di accusare me stesso e tutto attento a mostrare quale debba
essere il Pastore, ho dipinto un uomo bello, io cattivo pittore, che, ancora
sbattuto dai flutti dei peccati, pretendo di guidare gli altri al lido della
perfezione. Ma in questo naufragio della vita, ti supplico, sostienimi con la
tavola della tua preghiera e, poiché il mio peso mi fa affondare, sollevami con
la mano dei tuoi meriti.
http://luceortodossamarcomannino.blogspot.it/2015/03/il-predicatore-ritorni-se-stesso-san.html
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