Proemio
l.
Quale sazietà può mai generare la (celebrazione annuale della) memoria
dei martiri in chi sia devoto di essi, dal momento che l'onore verso i
buoni conservi è dimostrazione di amore al comune Signore? Ci si aspetta
infatti che colui che manifestamente approva gli uomini valorosi non
mancherà di imitarli in circostanze similari. Anche tu proclama con
convinzione beato colui che ha affrontato il martirio affinché tu pure
divenga martire della volontà e ti renda degno delle medesime ricompense
pur senza (essere sottoposto alla) persecuzione, al fuoco, ai flagelli.
Non
uno solo è proposto alla nostra ammirazione devota, neppure due e
nemmeno fino a dieci soltanto giunge il numero di coloro che proclamiamo
beati, ma addirittura quaranta uomini sono coloro che dimostrarono di
avere quasiun'anima sola in corpi diversi, di respirare
all'unisono e in perfetta concordia di fede, unica anche la forza di
sopportazione nei tormenti e la costanza a difesa della verità.
Reciprocamente si somigliavano tutti: uguali nell'intendimento, uguali
nella lotta; per questo furono ritenuti degni anche di uguali corone di gloria.
Ordunque quale discorso potrebbe mai giungere a lodarli degnamente?
Neppure quaranta lingue basterebbero a decantarne il valore. Tuttavia se
anche uno solo fosse l'oggetto della nostra ammirata celebrazione,
sarebbe sufficiente a soverchiare la forza delle nostre parole;
figuriamoci una tale moltitudine, una falange di soldati, una
guarnigione inespugnabile,
invincibile in battaglia così come inarrivabile nella lode!
La narratio: memoria e imitazione
2.
Orsù dunque, riportiamoli con la memoria in mezzo a noi e ai presenti
proponiamo di ricavarne comune utilità ponendo sotto gli occhi di tutti,
come in un quadro, le gesta di questi eroi. Infatti oratori e pittori
son soliti rappresentare eroiche gesta di guerra, gli uni con parola
ornata, gli altri con pitture su quadri, ed entrambi con ciò indussero
molti al coraggio. Quel che la narrazione storica presenta attraverso
l'udito, la pittura esibisce tacitamente attraverso l'imitazione. Così
pure anche noi ricorderemo ai presenti il valore di tali uomini e, quasi
ponendo sotto gli occhi le loro gesta, stimoleremo alla loro imitazione
i più generosi e più affini per volontà. Esortare alla virtù i fedeli
convenuti è l'encomio (più bello) per i martiri.
I
discorsi sui santi non tollerano però di essere asserviti alle leggi
(profane) degli encomi. Infatti quanti fanno bei discorsi traggono
origine e motivo di lodi da cause mondane; ma per coloro per i quali il mondo è crocifisso come vi si potrebbe trovare motivo alcuno di esaltazione?
Patria, famiglia e professione dei quaranta
Non
unica era la patria di questi santi, ma chi veniva dall'una e chi
dall'altra. E che? li diremmo apolidi o piuttosto cittadini
dell'ecumene? Come infatti nelle collette delle associazioni, quel che è
stato contribuito dai singoli diventa comune contribuzione di tutti i
partecipanti, così anche per questi beati la patria di ciascuno è comune
a tutti gli altri e da qualunque luogo sian essi venuti tutti
partecipano della stessa patria. Anzi, che bisogno c'è di ricercare
quale patria abbiano avuto sulla terra, quando invece è necessario
comprendere qual è la loro città attuale? Città dei martiri è la città di Dio,il cui architetto e costruttore è Dio, la celeste Gerusalemme che è libera ed è madre di Paolo (Gal. 4, 26) e di quanti gli somigliano.
Diversi
l'uno dall'altro per parentela fisica, unica per tutti era la parentela
spirituale. Infatti loro padre comune era Dio e tutti divennero tra
loro fratelli, non per generazione terrena da un padre e da una madre,
ma per l'adozione dello Spirito, tra loro congiunti nella concordia che deriva dall'amore. Divennero così coro già pronto ad accrescere il gran numero di coloro che in eterno lodano il Signore,
confluiti non ad uno ad uno bensì tutt'insieme. In qual maniera avvenne
una tale confluenza? Eccellendo fra tutti i coetanei per prestanza
fisica, vigore giovanile e forza, costoro furono iscritti nei ruoli
dell'esercito; presto per esperienza bellica e coraggio meritarono le
più alte onorificenze dagli imperatori, divenendo famosi dappertutto per
il loro valore.
L'editto di persecuzione
3.
Dopo che fu promulgato l'empio e scellerato editto che proibiva di
confessare Cristo sotto pena di tormenti, fu minacciata ogni forma di
supplizio e contro i cultori di Dio si mosse tutta l'ira e la ferocia
dei giudici d'ingiustizia. Insidie e tranelli si tendevano
d'ogni parte, s'apprestavano tormenti d'ogni genere, nessuna pietà negli
aguzzini: pronto il fuoco, affilata la spada, piantata la croce, e
ancora fosse, ruote e flagelli. Chi fuggiva, chi soccombeva, chi
esitava: alcuni già prima della prova rimasero atterriti dalle sole
minacce; altri, invece, in presenza dei supplizi, ne furono sconvolti,
altri ancora, cominciata la lotta e non riuscendo a sopportare fino alla
fine il supplizio, nel mezzo della battaglia vennero meno e, non
diversamente da chi è travolto in alto mare dalla tempesta, nel
naufragio persero anche quanto già guadagnato per mezzo della pazienza.
Autodenuncia dinanzi al governatore
Fu allora che questi invitti e prodi soldati di Cristo,
fattisi innanzi, al governatore che mostrava loro l'editto
dell'imperatore esigendo obbedienza, con voce spiegata, coraggiosi e
impavidi, per nulla atterriti alla vista dei supplizi e insensibili alle
minacce, dichiararono di «essere cristiani». O lingue beate che
proferirono quelle sacre parole! Le accolse l'aria e ne fu santificata,
le ascoltarono gli angeli e plaudirono, il diavolo ne fu ferito a morte
assieme ai demoni, mentre il Signore le iscrisse nei cieli.
4.
Ciascuno di loro si fece innanzi e ad uno ad uno dichiararono: «Io sono
cristiano». E come negli stadi quanti entrano in gara, dopo aver
pronunciato l'uno dopo l'altro il proprio nome, passano al posto di
combattimento, così anche costoro, ripudiati i nomi assegnati sin dalla
nascita, presero ciascuno quello del comune Salvatore. E così fecero
tutti, l'uno dopo l'altro; sicché unico per tutti fu il nome: non il
tale o il tal altro, ma tutti quanti si proclamarono «cristiani».
Il processo
Che fece allora il governatore?
Egli
era abile e astuto: ora circuiva con lusinghe, ora aggrediva con
minacce. Dapprima li lusingava nel tentativo di snervare ostinazione e
fermezza della loro fede: «Non vogliate tradire la vostra giovinezza -
diceva - e scambiare questa dolce vita con una morte prematura. Sarebbe
infatti assurdo che voi, abituati a primeggiare per valore in battaglia,
moriate della morte dei malfattori». Inoltre prometteva ricchezze;
prometteva anche onori ed elargizioni di dignità a nome dell'imperatore;
s'ingegnava infine in mille modi ad espugnarne l'animo. Poiché quelli
non cedevano minimamente dinanzi a tale prova, egli si volse a un'altra
specie di armi, passando a minacciare ferite e morte e intollerabili
supplizi. Così (si comportava) il governatore.
Quale la risposta dei martiri?
«Perché o nemico di Dio - dicono - cerchi di allettarci con promesse di beni affinché, ribellandoci al Dio vivo,
diveniamo schiavi di démoni esiziali?. Cosa dài che valga ciò che ti
premuri di togliere? Noi abbiamo in odio i doni che procurano danno; non
accettiamo onori che generano disonore. Tu dài ricchezze che rimangono
(su questa terra) e una gloria che appassisce. Vuoi renderci familiari
dell'imperatore, ma ci estranei dal vero Re. Perché ci proponi così poco
dei beni di questo mondo? (Sappi che non solo una parte ma) tutto ciò
che è del mondo è da noi tenuto in disprezzo. Tutto quel che è
sottoposto ai nostri occhi non è pari alla speranza che ardentemente ci
spinge».
«Vedi
questo cielo come è bello e quanto è grande? E la terra quant'è, e
quante meraviglie contiene? Nulla di tutto ciò uguaglia la felicità
beata dei giusti: le cose terrene passano, quelle cui noi aspiriamo rimangono. Un solo dono c'infiamma di desiderio: la corona di giustizia; una sola gloria aspettiamo con animo anelante: quella che è nel Regno dei cieli.
Di onori celesti noi siamo bramosi e temiamo quel solo supplizio che è
nella geenna: ilfuoco che è là ci spaventa, quello da voi minacciato è
nostro conservo. Esso sa aver riguardo per chi disprezza gli idoli».
«Colpi
da fanciulli stimiamo i vostri tormenti. Infatti tu colpisci il corpo,
che sarà coronato di più fulgido serto se più a lungo saprà resistere al
supplizio; se, invece, troppo presto verrà meno, se n'andrà libero da
voi, giudici così violenti che, avendo ricevuto il compito di governare i
corpi, pretendete anche il dominio sulle anime: poiché non anteporvi al
nostro Dio è ritenuta da voi la più grave delle offese che noi
potessimo arrecarvi, vi sdegnate e minacciate questi terribili supplizi,
imputandoci la fede a delitto. Però troverete in noi gente non timorosa
né attaccata alla vita o che facilmente si abbatta, poiché per amore di
Dio siamo pronti ad essere stesi sulla ruota, tormentati con l'eculeo,
arsi col fuoco e affrontare ogni specie di tormenti».
La condanna a morte per assideramento
5.
Udito ciò, quell'uomo orgoglioso e barbaro, non tollerando una tale
libertà di parola e ardendo d'ira, cercava come potesse escogitare per
loro una morte lunga e straziante. Infine gli venne in mente quest'idea;
quanto feroce, vi prego, osservate attentamente.
Considerato
il clima già freddo della regione, attraversata in quel tempo dalla
stagione invernale, egli attese quella notte in cui più pungente fosse
il freddo per il soffiare della tramontana, e ordinò che tutti (i 40
soldati), nudi, a cielo scoperto, in mezzo alla città, morissero per
congelamento. Voi tutti sapete, per avere esperienza dei rigori
d'inverno, quanto intollerabile sia questo genere di tormento. Perché
non è possibile farlo capire se non a chi per sua propria esperienza
abbia già provato i sintomi che sto per dire. Il corpo, esposto al gelo,
dapprima diventa totalmente livido per il coagularsi del sangue, poi è
sconvolto da fremiti e brividi; i denti battono, muscoli e nervi si
contraggono per lo spasimo, tutto l'organismo necessariamente si
rattrappisce. Inoltre un dolore acuto e un tormento indicibile,
penetrando fin nel midollo delle ossa, cagionano i più terribili spasimi
a coloro che
subiscono il gelo. Poi le estremità del corpo risultano tagliate e
private di ogni sensibilità come fossero arse dal fuoco. Il calore,
respinto dalle parti periferiche, si rifugia nell'interno: donde si
ritira lascia la morte, procura dolorosi strazi dove si raccoglie, man
mano che avanza la morte per congelamento.
Furono
condannati a trascorrere la notte a cielo scoperto allorquando lo
stagno, intorno al quale era stata costruita la città in cui questi
santi martiri dovevano affrontare tale prova, appariva trasformato dal
ghiaccio in una piana transitabile con cavalli e, fattosi solido e duro,
offriva sulla sua superficie sicuro transito agli abitanti. I fiumi
scorrenti giù dai monti, bloccati dal ghiaccio, si erano fermati: la
natura molle dell'acqua si era cambiata nella durezza della pietra e
violenti venti di tramontana opprimevano fino alla morte ogni essere
animato.
Il discorso di commiato: esortazioni reciproche e preghiera fiduciosa
6.
Allora udito il comando - considera, ti prego, l'invitto coraggio dei
nostri uomini! -, con gioia si spogliarono tutti finanche della tunica e
s'avanzarono incontro alla morte per gelo, incoraggiandosi
reciprocamente come per far preda di spoglie nemiche.
«Non
del vestito - dicono - noi ci spogliamo, ma del vecchio uomo che si
corrompe dietro le passioni ingannatrici. Ti ringraziamo, o Signore,
perché con questo vestito noi deponiamo il peccato. Poiché ci
vestimmo a causa del serpente, per Cristo ora noi ci spogliamo. Lasciamo
perdere i vestiti per (riacquistare) il paradiso che una volta
perdemmo. Cosa renderemo al Signore in contraccambio?. Anche il Signore nostro fu spogliato.
Quale gran cosa per il servo soffrire i patimenti del padrone? Per di
più proprio noi abbiamo spogliato il Signore. Infatti quella fu
scellerata impresa di soldati, che lo spogliarono e ne divisero le
vesti. Pertanto cancelliamo questa imputazione registrata a nostro
carico per causa loro».
«Duro
è l'inverno, ma dolce è il paradiso; doloroso è il gelo, ma dolce è il
riposo (eterno). Ancora un poco e il seno del patriarca (Abramo)
ciriscalderà. Una sola notte val bene l'intera eternità. Bruci (per il
gelo) il piede perché possa in perpetuo danzare con il coro degli angeli; si stacchi pure (per insensibilità) la mano perché possa levarsi (in preghiera) a Dio
in libertà. Quanti nostri commilitoni caddero sul campo per mantenere
fede a un imperatore mortale, e noi non getteremo via questa vita per la
fede nel vero Re? Quanti delinquenti, sorpresi in flagrante,
sopportarono la morte? Non la sopporteremo noi per la giustizia? Non
cediamo, o commilitoni, non offriamo le spalle al diavolo. Nessun
risparmio per le nostre carni: dal momento che in ogni caso bisogna
morire, moriamo almeno per vivere. Il nostro sacrificio avvenga al tuo cospetto, o Signore, e saremo accolti come
sacrificio vivente a te gradito mentre in questo freddo siamo offerti in olocausto: bella l'offerta, nuovo l'olocausto, non dal fuoco ma dal gelo consumato»
Questi
conforti si davano l'un l'altro, esortandosi a vicenda: trascorrevano
così la notte come se adempissero ad un servizio di guardia in guerra,
eroicamente sopportando le sofferenze presenti e lieti per i beni sperati, infine irridendo l'avversario.
Una
preghiera era sulle labbra di tutti: «Quaranta siamo entrati nello
stadio, quaranta ne dobbiamo uscire coronati, o Signore. Neppure uno
manchi a quel numero venerando che tu hai onorato con un digiuno di
quaranta giorni, attraverso il quale la Legge entrò nel mondo ed Elia
nel digiuno di quaranta giorni cercò il Signore e fu fatto degno di
vederlo»
Tale era la loropreghiera.
Una dolorosa e inutile «diserzione»
Nondimeno
uno del numero, soccombendo alla violenza del supplizio, disertò,
arrecando ai santi un indicibile dolore. Però il Signore non permise che
le loro suppliche restassero inefficaci. Infatti colui al quale era
stata affidata la guardia dei martiri, mentre si riscaldava nei pressi
di un ginnasio, ne osservava la fine, pronto ad accogliere i soldati che
avessero voluto sfuggire alla morte.
Era
stato provveduto che lì vicino vi fosse un bagno, nel quale offrire
pronto soccorso a coloro che avessero mutato proposito. Un tale luogo di
prova fu malvagiamente escogitato e apparecchiato dagli avversari
affinché il pronto sollievo offerto valesse a piegare la fermezza dei
combattenti: ciò mostrò più insigne la sopportazione dei martiri.
Costante infatti non è colui che manca del necessario, ma chi
nell'abbondanza dei beni affronta saldamente le avversità.
7.
Mentre dunque essi combattevano la suprema prova, la guardia ne
osservava l'esito. Or ecco che egli vide uno spettacolo nuovo: milizie
che scendevano dal cielo come per distribuire a nome del re splendidi
doni ai soldati. A tutti distribuivano i loro doni fuorché ad uno solo,
giudicato indegno degli onori celesti, quello, cioè, che soccombendo al
dolore, disertò verso il campo avversario. Miserando spettacolo per i
giusti: un soldato divenuto disertore, uno dei primi e dei più forti
fatto prigioniero , una pecorella di Cristo ghermita dal lupo! E tanto
più miserando perché egli fallì il traguardo della vita eterna senza
neppure godere di quella presente perché il contatto repentino con il
calore (dell'acqua) subito dissolse le sue carni.
Conversione e martirio del carnefice
E
mentre per amore della vita, inutilmente resosi colpevole, quello
cadde, a sua volta il carnefice, appena lo vide staccarsi dal gruppo e
correre verso il bagno, prese egli stesso il posto del disertore e,
gettate le vesti, si mescolò agli altri denudati gridando al pari dei
santi: «Sono cristiano!».
Stupendo
gli astanti per l'improvvisa conversione, egli finalmente ricompose il
numero (di quaranta) e con la sua aggregazione lenì il dolore per
l'altrui cedimento, in ciò imitando coloro che in battaglia si slanciano
a ricoprire il posto lasciato vuoto sulla linea di combattimento dal
soldato caduto in prima fila affinché lo schieramento non si rompa.
Altrettanto fece costui. Vide i prodigi celesti, conobbe la verità, si
rifugiò nel Signore,fu annoverato fra i martiri.Rinnovò le gesta dei
discepoli: andò via Giuda, subentrò Mattia. Divenne imitatore di Paolo:
ieri persecutore, oggi evangelizzatore. Anche lui ricevette dall'alto la
chiamata, non dagli uomini, né per mezzo degli uomini.
Credette nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, in lui fu battezzato,
non da un altro ma dalla propria fede, non nell'acqua ma nel proprio sangue.
Patrocinio dei martiri e frammentazione di reliquie
8.
Così alla prima luce del giorno, mentre ancora respiravano, (i corpi
dei martiri) furono dati alle fiamme e i resti carbonizzati furono
gettati nel fiume, sicché la lotta sostenuta dai beati passasse
attraverso tutti gli elementi. Combatterono sulla terra, a cielo
scoperto resistettero alla prova, furono consegnati al fuoco, li accolse infine l'acqua. A loro appartiene quanto dice la Scrittura: Passammo attraverso il fuoco e l'acqua ma poi ci hai portati al refrigerio.
Essi
serbano sotto il loro patrocinio la nostra regione come torri poste
l'una accanto all'altra ad offrirci sicura difesa dall'assalto degli
avversari, perché non si rinchiusero in un solo luogo, bensì ospitati in
molti siti adornarono molte città. Ed è straordinario che non separati
vengono a chi li riceva, ma uniti fra loro insieme tripudiano.
Oh,
prodigio! Non diminuiscono di numero, neppure aumentano. Se tu li
dividi in cento parti, non oltrepassano il loro numero; se in uno li
raccogli, anche così rimangono in quaranta; similmente alla natura del
fuoco. Anche il fuoco, infatti, passa a chi ne attinge eppure resta
tutto intero presso chi lo aveva dapprima; così pure i quaranta stanno
tutti insieme e nessuno manca presso il singolo (fedele che li invochi):
(è questo) un beneficio tutt'altro che lesinato, un dono che mai si
esaurisce, pronto ausilio per i cristiani è tale accolta di martiri,
schiera di trionfatori, coro di lode a Dio.
Quanto
t'affaticasti (o fedele) per trovare uno che supplicasse per te il
Signore? (Ecco che) ben quaranta sono coloro che innalzano (per te) una
preghiera concorde: Dove sono due o tre radunati nel nome del Signore, egli è lì in mezzo a loro.Dove
sono in quaranta chi potrebbe dubitare della presenza di Dio? Chi è
nell'afflizione ricorre ai quaranta, anche chi è nella letizia a loro
accorre: il primo per trovare liberazione dai mali, il secondo perché
gli sia conservata la prosperità. Qui trovi la donna pia pregare per i
figli e chiedere il ritorno per il marito lontano, o la salute, se
malato.
Una «vera madre di martire»
Unite
le vostre preghiere con quelle dei martiri. I giovani imitino tali
coetanei; i padri implorino di essere padri di tali figli, le madri
apprendano il comportamento di un'ottima madre.
Infatti
la madre di uno di quei beati, avendo visto tutti gli altri già morti
per il freddo, mentre il figlio suo respirava ancora (forse) perché più
robusto e resistente alla sofferenza, e (temendo che) i carnefici
lasciassero in vita uno che avrebbe potuto (in simili condizioni) mutare
proposito, sollevatolo con le sue stesse mani, lo depose sul carro, su
cui tutti gli altri erano stati adagiati per essere condotti alla pira:
vera madre di un martire! Non una lacrima di paura ella versò, né
proruppe in lamenti indegni e inopportuni, ma «vai - disse -, o figlio,
per la buona strada assieme ai coetanei, assieme ai compagni: non
separarti dal coro né comparire secondo rispetto agli altri dinanzi al
Signore!».
Germoglio buono
di radice davvero buona! Mostrò quella madre generosa di aver allevato
il figliuolo molto più con gli insegnamenti della pietà che con il
latte. Come era stato nutrito, così fu avviato dalla pia madre
(all'estremo supplizio), mentre il diavolo si allontanava umiliato.
Infatti pur avendo egli mosso ogni elemento della natura contro i
martiri, trovò che tutti erano stati superati e vinti dalla virtù e dal
coraggio di tali uomini: la notte sferzata dal vento (di tramontana), il
clima freddo del luogo, la stagione invernale, la nudità del corpo.
L'epilogo: invocazioni finali ai martiri
0
coro santo, sacra schiera, serrata e compatta falange, protettori
comuni del genere umano, buoni sodali delle nostre quotidiane cure,
compagni delle nostre preghiere, intercessori potentissimi, astri
dell'ecumene, fiori delle Chiese!
La
terra non vi ricoprì, vi accolse il cielo: per voi si aprirono le porte
del paradiso. Spettacolo degno delle milizie angeliche, degno dei
patriarchi, dei profeti e dei giusti questi uomini che nel fiore
medesimo della giovinezza disprezzarono la vita per poter amare il
Signore al di sopra dei genitori e dei figli.Pur essendo in età la più
dolce da vivere, disdegnarono questo temporaneo soggiorno per lodare Dio
nelle proprie membra; divenuti spettacolo dinanzi al mondo, agli angeli
e agli uomini, risollevarono i caduti, confermarono i dubbiosi,
raddoppiarono l'ardore nei seguaci della fede. Finalmente avendo
innalzato tutti un unico trofeo alla pietà, di un'unica corona di giustizia sono stati anche adornati in Cristo Gesù nostro Signore, a cui sia gloria e potenza nei secoli
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