venerdì 3 luglio 2015

uno ieromonaco eremita e il mantello di San Martino






“Ancora giovane soldato, incontrò per la strada un povero intirizzito e tremante per il freddo. Prese allora il proprio mantello e, tagliatolo in due con la spada, ne diede metà a quell’uomo. La notte gli apparve in sogno Gesù, sorridente, avvolto in quello stesso mantello”.
Decisamente, ci sono materiali capaci di superare in modo straordinario il logorio del tempo. E certo, le tarme di sette secoli non hanno intaccato uno dei pezzi di stoffa più famosi della storia. Attraverso le fibre del mantello di Martino che in parte finiscono sulle spalle di un mendicante si intravedono con chiarezza le fibre che costituiscono il tessuto della carità cristiana: il dono, la gratuità, la condivisione, la scelta preferenziale dei poveri, la presenza di Gesù in loro. In un rapido gesto di generosità si è cristallizzato per sempre il meglio di ciò che può fare un uomo per il suo simile, soprattutto se sorretto dalla fede. Perché questo già era, sotto le fibre del suo mantello, il soldato Martino quando incrociò quel povero: un uomo prossimo al Battesimo:
“Ricevette il Sacramento intorno ai vent’anni, ma dovette ancora a lungo rimanere nell’esercito, dove diede testimonianza del suo nuovo genere di vita: rispettoso e comprensivo verso tutti, trattava il suo inserviente come un fratello, ed evitava i divertimenti volgari”.
Davvero un soldato singolare, Martino: nemico della violenza, allergico all’arroganza, che se sguainava la spada lo faceva per un atto di giustizia piuttosto che per fare il giustiziere. Finché, corazza e gladio lasciano il posto al saio e al crocifisso. Martino si congeda e segue il cuore. Si fa monaco in Francia – siamo attorno al 360 – e nel 371 i cittadini di Tours lo acclamano vescovo. Scelta felice, perché la città e le campagne acquistano un uomo capace di giustizia e incline alla misericordia, un Vangelo vivente annunciato con energia e testimoniato con la mitezza. Muore l’8 novembre 397 e l’11 viene sepolto. Non muore il suo ricordo e diventa una reliquia il suo mantello che continua ad essere appoggiato sulle spalle del mondo, come conforto per tutti coloro   impegnati a rispondere alla grande sfida del nostro tempo”:
“Quella cioè di costruire un mondo di pace e di giustizia, in cui ogni uomo possa vivere con dignità. Questo può avvenire se prevale un modello mondiale di autentica solidarietà, in grado di assicurare a tutti gli abitanti del pianeta il cibo, l’acqua, le cure mediche necessarie, ma anche il lavoro e le risorse energetiche, come pure i beni culturali, il sapere scientifico e tecnologico”.




http://www.mirabileydio.it/SITOULTIMO2/images/Martino%20di%20Tour%202002.jpg

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