domenica 6 novembre 2022

Don Corrado Lorefice Vescovo di Palermo :nel Mar Mediterraneo, dinanzi all’indifferenza e all’ipocrisia dei paesi europei: la vergogna dei naufragi, dei bimbi e delle donne annegati, dei respingimenti e delle torture nei lager della Libia”

Ed è doverosa  personale scelta inserire questa omelia  nel blog  dei testi dei Padri e delle Madri della Chiesa. 



https://stampa.chiesadipalermo.it/un-incontro-di-preghiera-per-la-pace-condiviso-da-tutte-le-donne-e-tutti-gli-uomini-di-buona-volonta/


L’Arcivescovo Corrado ha pregato per la Pace insieme a centinaia di donne e uomini di buona volontà riuniti nella basilica di San Domenico. “Non dimentichiamo che una delle tante tragiche conseguenze delle guerre in atto nel mondo continua a consumarsi nel Mar Mediterraneo, dinanzi all’indifferenza e all’ipocrisia dei paesi europei: la vergogna dei naufragi, dei bimbi e delle donne annegati, dei respingimenti e delle torture nei lager della Libia”


 Non possiamo cominciare se non ascoltando il grido che sale dalle vittime e dalle macerie di ogni guerra, di questa nefasta e assurda guerra che è arrivata non improvvisamente, ma è stata preparata dall’individualismo estremo (qualcuno ha parlato di ‘singolarismo’) seminato da un’economia del profitto che genera “inequità” (Papa Francesco), scarti umani, degrado ambientale e sovvertimento climatico, causa di nuove povertà. Non dimentichiamo che una delle tante tragiche conseguenze delle guerre in atto nel mondo continua a consumarsi nel Mar Mediterraneo, dinanzi all’indifferenza e all’ipocrisia dei paesi europei: la vergogna dei naufragi, dei bimbi e delle donne annegati, dei respingimenti e delle torture nei lager della Libia. Essere oranti significa per noi stasera rimanere accanto a questo dolore muto e immenso, a questa umanità schiacciata e senza voce in ogni Sud del mondo, che viene ferocemente respinta quando, in un numero davvero limitato, simile alla punta di un iceberg, si affaccia alle nostre coste, alle nostre terre, trovando ad accoglierla la retorica stanca e catastrofica della sicurezza, dell’identità, della distinzione tra ‘noi’ e ‘loro’


Nei corpi si imprime insomma il sigillo della ‘mancanza’ che genera violenza, che rende ammissibile, praticabile la guerra. Ma solo i corpi possono resistere. Solo ai corpi possiamo fare appello, perché nei corpi abitano le energie più profonde e curative delle ferite del creato. Il nostro compito di costruttori di pace, la nostra via di donne e uomini della pace è in fondo quella di non far sparire dalla terra il canto dolce dei corpi che amano e sono amati. Nell’inferno che viviamo, dobbiamo ricordare a tutti che nel cuore dell’uomo esiste la voglia di amare ed essere amato. Forse il nostro compito è quello di dire a ogni madre e a ogni padre: ama tuo figlio, amalo nella verità, nella pienezza, amalo tanto che il suo corpo diventi corpo d’amore. Ricordare che dove i corpi si mettono assieme per agire sulla società, per rappresentare le istanze altrui, per costruire ‘corpi intermedi’ lì si piantano i semi di una logica della mediazione opposta alla logica della guerra. Ricordare che dove i corpi si riconoscono e dialogano, a partire dalla loro verità, dai loro miti, dai loro racconti, ascoltati e rispettati, lì la guerra è impossibile. Le carezze materne e paterne, le strutture intermedie umane, il dialogo tra i popoli, il dialogo tra le religioni costruiscono le premesse di un mondo nuovo che continuiamo a sperare, a sperare contro ogni speranza, e che continuiamo a ricordare. Il monte alto di Isaia, la città della pace è la nostra patria, non i campi di battaglia. Il suono degli uccelli e dei canti di amore ci appartengono e non il suono delle sirene, non il boato, il fragore delle armi.

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