mercoledì 24 gennaio 2018

Commento al Padre Nostro dell'abate Ælfric di Eynsham


 
Noi diciamo Padre Nostro, che sei nei Cieli perché Dio si trova negli Eccelsi, ma anche ovunque, giacché Egli stesso disse: "Io riempio i Cieli e la Terra" [1]. E ancora, la Santa Scrittura dice a Suo riguardo: Il Cielo è il suo trono, e la Terra il suo sgabello". Noi preghiamo rivolti a Oriente, perché da lì nasce il Sole, e da lì pende origine il Cielo e ogni creatura si alza al venire del sole: rivolgiamo dunque le cose più alte alla fonte di tutto, a Dio, volgendoci a Oriente. Dovremmo ricordarci anche che simbolicamente il peccatore è chiamato "terra" e il giusto è chiamato "cielo", perché l'uomo retto è un tempio dello Spirito e una casa di Dio, mentre l'empio è terra dove germina il peccato e tempio del demonio. C'è così tanta differenza fra il giusto e il peccatore così come ve ne è fra cielo e terra. 
Nel Padre Nostro abbiamo sette preci. Le prime parole non sono una preghiera, ma una lode: Padre nostro, che sei nei cieli. La seconda frase, sia santificato il tuo Nome, non va intesa come se il Nome di Dio già non fosse abbastanza santo, o che non lo fosse, ma piuttosto sono da intendere in questo modo, che il Nome di Dio sia santificato in noi, che possiamo dunque benedirLo non solo con le labbra, ma col cuore, e comprendere così che non c'è niente di più santo del Suo Nome. 
La seconda preghiera è venga il tuo Regno. Da sempre il Regno di Dio è esistito, e sempre esisterà. Come va dunque capita questa frase? E' una preghiera affinché il Regno di Dio governi la nostra vita, sia parte di noi. E' una preghiera affinché diventiamo obbedienti a Dio, affinché il suo Regno si realizzi in noi e pervada tutto il nostro essere, così come ci ha promesso Cristo, dicendo: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. [2] gli uomini e le donne giusti saranno alla fine dei tempi ricompensati con il Regno di Dio, nel quale regneranno nei loro corpi e nei loro spiriti, simili agli Angeli. 
La terza preghiera è sia fatta la tua volontà, come in Cielo così in Terra. Così come gli Angeli ti adorano e compiono la volontà in Cielo, così rendi noi capaci di seguire i tuoi comandamenti. Questo è il senso di questa frase. Noi preghiamo che sia fatta la volontà di Dio nei nostri corpi e nel nostro spirito, così da rimanere saldi e obbedirgli, affinché egli ci protegga dalle tentazioni. 
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, continuiamo noi. Questa prece ha due significati: nutrimento reale e nutrimento spirituale. Il pane spirituale è la legge di Dio, che dovremmo meditare ogni giorno, e portare a compimento con le opere; il pane reale è il cibo di ogni giorno, così da rimanere in vita, e compiere così i precetti di Dio. Ma c'è anche un terzo significato, ed è la Comunione. Attraverso la Santa Comunione, ci vengono rimessi i nostri peccati, diventiamo forti nella fede e contro le tentazioni. A causa di questo, dovremmo prendere molto spesso il Nutrimento Spirituale (la comunione, ndt). Sarebbe bene non avvicinarsi alla Comunione se prima non abbiamo confessato i nostri peccati. Come abbiamo detto dunque, il pane rappresenta tre cose: il pane del Cielo, il pane della mensa, e la Santa Eucarestia. 
La quinta preghiera è rimetti a noi i nostri debiti, così come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Noi chiediamo a Dio che rimetta i peccati, e allo stesso modo dobbiamo ricordarci d'essere indulgenti gli uni con gli altri. Se noi infatti non sopportiamo gli altri, Dio non ci perdonerà. Difatti sta scritto:  Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati [3]. Secondo i santi libri, comunque, non ci viene impedito di redarguire l'ignorante e di istruire l'errante, ma questo senza odio né rancore: dovremmo amare questi uomini come fratelli. 
La sesta prece è non ci indurre in tentazione.  Ma una cosa è la tentazione, l'altra è la prova. Dio non tenta l'uomo, ma l'uomo non può giungere a Dio senza venire prima provato. Noi non dovremmo chiedere a Dio di non provarci, ma piuttosto di renderci forti e di proteggerci nelle prove. 
La settima preghiera ma liberaci dal maligno. Noi chiediamo che Dio ci salvi dal male e da tutti i suoi servi. Dio ci ama, il demonio ci odia. Dio vuole il nostro bene, il demonio vuole schiavizzarci. Non dovremmo seguire le pratiche malvagie, se vogliamo la benedizione di Dio: seguiamo il Signore e ci condurrà alla vita senza fine. 
Come abbiamo detto, nel Padre Nostro ci sono sette preghiere. Il Cristo stesso ha istituito questa preghiera, poche parole per ogni nostro bisogno, spirituale e materiale. E non disse "Padre mio" ma "Padre Nostro", affinché ogni cristiano sulla Terra potesse sentire queste parole come sue. 
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NOTE
TRATTO DA: Aelfric's Homilies, traduzione in inglese moderno di Benjamin Thorpe, Londra, 1844. Disponibile in ebook
1) Geremia 23:24 
2) Matteo 25:34
3) Marco 11:25

Ælfric di Eynsham (+1010) fu un abate anglosassone a cavallo del X e XI secolo, una figura letterata prominente del periodo. In una Inghilterra ancora lontana dall'influenza cattolico-normanna, rappresenta uno degli ultimi intellettuali ortodossi dell'Occidente.http://luceortodossamarcomannino.blogspot.it/2018/01/commento-al-padre-nostro-dellabate.html


tratto da

http://www.treccani.it/enciclopedia/aelfric_%28Enciclopedia-Italiana%29/
Nato circa il 955, iniziò i suoi studî nella scuola del monastero di Winchester, dove ebbe a maestro il dotto Æthelwold, vescovo di Worcester. Ordinato sacerdote, venne nominato maestro dei novizî nell'abbazia di Cerne (Dorsetshire), di recente fondata da Æthelmaer, figlio del pio duca Æthelweard; tenne quest'ufficio sinché fu chiamato al nuovo chiostro benedettino di Eynsham (presso Oxford), pure fondato da Æthelmaer; egli ne fu il primo abate, e vi morì circa il 1025.
Le sue Homiliae Catholicae in anglosassone furono composte fra il 989 e il 995, e sono dedicate a Sigeric, arcivescovo di Canterbury. Constano di due serie di sermoni, ciascuna di quaranta prediche; la prima - in cui egli tratta dei Vangeli dell'anno ecclesiastico dal Natale all'Avvento - è di carattere dottrinale e didattico; la seconda piuttosto storica e narrativa: con particolare riguardo nella prima serie alla storia biblica, e nella seconda serie alla storia ecclesiastica. Fonti principali furono prima di tutto le Omelie di San Gregorio e poi le opere di S. Agostino, di S. Gerolamo, di S. Beda, di Smaragdo, vescovo di Halberstädt, dell'abate benedettino lorenese Haymo, di Alcuino, di S. Gregorio di Tours, e di Amalario, vescovo di Metz. Le Passiones sanctorum furono scritte circa il 996-7, e consistono di trentatré vite di santi, sei omelie, e una narrazione della leggenda del re Abgaro, in tutto quaranta capitoli. Come le precedenti prediche, sono ordinate anch'esse secondo l'anno ecclesiastico, dal Natale alla festa di S. Tommaso (21 dicembre). Le vite più interessanti sono quelle dei santi inglesi, S. Albano, S. Æthelthryth di Ely, S. Osvaldo, S. Swithun, s. Edmondo; e fra le omelie è particolarmente notevole quella De falsis deis, diretta contro le credenze pagane degli invasori scandinavi. Fonti evidenti sono gli scritti di S. Ambrogio, S. Osvaldo, Abbo di Fleury; e Ælfric stesso addita come fonte essenziale le Vitae patrum di Ratramno. Sia nelle Homilìae catholicae, sia nelle Passiones sanctorum, Ælfric fa uso di una prosa poetica, frequentemente allitterativa, introducendo parole rare e dotte, modulando la frase in ritmi ricercati: la maggior parte del testo può essere quasi divisa in versi, tanta è la simmetria degli accenti e la frequenza delle allitterazioni; e non mancano passi pieni di patetica tenerezza, come la descrizione della strage degli innocenti o il racconto della vita solitaria di S. Cuthbert.
Altre opere di Ælfric sono la parafrasi anglosassone di parecchi libri dell'Antico Testamento (Pentateuco, Giosuè, Re, Giudici, Giobbe, Maccabei, Daniele (alcuni dei quali tradotti) su invito di Æthelweard e Æthelmaer) di Giuditta e di Esther, tradotti per incitare gl'Inglesi a combattere i Danesi, offrendo l'esempio della liberazione di un popolo che la divina grazia e la fiducia nell'Onnipotente fanno risorgere dalla schiavitù; una versione anglosassone, riassuntiva, del commentario sulla Genesi scritto in forma dialogica da Alcuino per il suo amico Sigewulf (Interrogationes Sigewulfi presbyteri in Genesin); un trattato sull'Antico e Nuovo Testamento, basato sul De doctrina christiana di S. Agostino, e interessante per le notizie che l'autore dà sulle sue proprie traduzioni; un trattato in anglosassone sui sette doni dello Spirito Santo; un'omelia sulla modestia; un'omelia sulla distruzione di Gerusalemme, derivata dalle parole di Caifa, nel Vangelo di S. Giovanni, XI, 49, seg., che in parecchi casi coincide con le apocrife Gesta Pilati; un'epitome del trattato di S. Beda De temporibus; una lettera pastorale scritta per Wulfsige, vescovo di Sherborne; due lettere pastorali per Wulfstan, arcivescovo di York, la prima scritta prima del 1005, apparendovi Ælfric come frater, la seconda dopo il 1005, avendovi l'autore titolo di abbas, e l'una e l'altra destinate al perfezionamento del clero. Appartengono a lui anche una Vita di S. Swithun, ed una Vita di S. Æthelwold, in latino, scritta nel 1006, mentre non si può attribuirgli con altrettanta certezza l'Istruzione ad un figlio spirituale, tradotta in anglosassone dall'opera omonima di S. Basilio.
Di speciale importanza fra le opere minori è una grammatica latina che Ælfric trasse dalle Institutiones grammaticae di Prisciano. ed a cui aggiunse un glossario latino-anglosassone, per cui egli attinse soprattutto alle Etimologie di S. Isidoro. E ispirato a intendimenti analoghi è anche il Colloquium Ælfrici, un discorso fra il maestro e il novizio, e poi fra il docente e varî personaggi tipici (contadino, pastore, cacciatore, pescatore, mercante, ecc.), che forniscono modo all'autore di introdurre nel testo una grande ricchezza di termini; il componimento, redatto in latino, risponde al proposito di agevolare ai novizî l'apprendimento di questa lingua, e venne in seguito ampliato da un suo discepolo: Ælfric Bata.
Ediz.: I manoscritti sono molto numerosi; i più importanti sono a Cambridge, al British Museum, a Oxford e a Parigi: notevole è quello della Grammatica e del Glossario, che si trova al British Museum (Coll. Tiberius, A. 3), e che contiene una versione anglosassone interlineare. Fra le ediz.: Homiliae catholicae, ed. con trad. di B. Thorpe, (Ælfric Society) 1846; Passiones sanctorum, ed. con trad. di W. Skeat, (Early English Text Society) nn. 76, 82; 94, 114.
Bibl.: C. L. White, Ælfric, in Yale Studies in English, Boston 1898; E. Dietrich, Abt Ælfrik, in Zeitschrift f. histor. Theol., 1855-56; M. Förster, Über die Quellen von Ælfric's Hom. Cath.: I. Legenden, Berlino 1892; II. Exegetische Hom., in Anglia, XVI; J. Ott, Quellen der Heiligenleben in Ælfrics Lives of the Saints, Halle 1892; A. Brandeis, Die Alliteration in Ælfrics metrischen Homilien, Vienna 1897; J. Zupitza, Ælfrics Grammatik und Glossar, Berlino 1880 (con ed. del testo); H. Brüll, Die altengl. Lateingramm. des Æl., eine sprachliche Untersuchung, Berlino 1904; Gem, An Anglo-Sasconabbot, Æ of Eynsham, Edimburgo 1912.

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