mercoledì 1 agosto 2018

Dalla « Lettera alle comunità piemontesi » di sant'Eusebio di Vercelli, vescovo (Epist. II, I-II; trad. E. Crovella, Vercelli 1961) Godo della vostra fed

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Ai dilettissimi e desideratissimi fratelli preti e diaconi, nonché alle sante plebi vercellesi,novaresi, eporediesi e tortonesi che rimangono ferme nella fede,Eusebio vescovo augura eternasalvezza nel Signore.
 
 
Quantunque il Signore ci confortasse con molte consolazioni, pur essendo da voi
fisicamente lontano, e in qualchemodo ci facesse vederela vostra presenza nei molti fratelli chevenivano a visitarci, tuttavia eravamo mesti e tristi e non senza lacr
ime, perché da lungo tempo nonci pervenivano vostri scritti. Temevamo infatti o che qualche diabolica astuzia vi avesse ingannati oche il potere umano vi avesse soggiogati agli infedeli. Mentre dunque ci struggevamo in questipensieri e tutte le consolazion
i dei fratelli, che da diverse province venivano a noi, tornavano piuttosto in afflizione per la vostra assenza che in letizia, il Signore si è degnato di concedere che venissi assicurato di ciò che mi preoccupava, non solo dalle vostre lettere cosi sincere, ma anche dai
cari nostri Siro diacono e Vittorino esorcista, qui presenti.
Ho saputo dunque che voi, fratelli carissimi, come desideravo, siete incolumi e, quasi rapito d'improvviso, attraverso tutta la grande distanza
che ci separa, come accadde ad Abacuc che da un angelo fu portato fino a Daniele,
mi parve di essere venuto fra voi, mentre ricevo le vostre lettere e vengo a conoscere dai messaggi i vostri sentimenti e il vostro amore. Mi si univano al gaudio le lacrime e l'animo, avido di leggere, ne era impedito dal pianto. E,trascorrendo diversi giorni in
tale occupazione, mi sembrava di essere con voi a conversare e
dimenticavo le trascorse sofferenze. Da ogni parteinfatti mi venivano consolazioni: la ferma fede,l'amore, le offerte; e, immerso in così numerosi e grandi conforti, d'improvviso, come ho detto, mipare va di essere non in esilio, ma in mezzo a
voi. Godo dunque, fratelli carissimi, della vostra fede;godo della salvezza che ne è conseguenza; godo dei frutti che porgete non solo costi dove siete, ma
anche a grande distanza. Come infatti il saggio agricoltore fa l'innesto nell'albero buono che, a motivo dei frutti, non subisce i colpi della scure e non è gettato nelfuoco, - così a voi non soltantovogliamo e bramiamo offrire il nostro servizio secondo la carne, ma vogliamo spendere la nostra stessa anima per la vostra salvezza

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