sabato 18 novembre 2017
S. Basilio, vescovo di Cesarea, (329-379): Omelie contro l'avidità-Domenica IX di Luca la parabola del ricco stolto-
Come chi vaneggia non vede oggetti reali, ma il frutto delle sue passioni, così la tua anima, ossessa dal demone dell’oro, vede solo e ovunque oro e argento. Preferisci vedere l’oro che il sole; vorresti che tutto si tramutasse in oro, e ogni tuo pensiero, e ogni tuo affetto è orientato a esso. Cosa non escogiti e non intraprendi per l’oro? Il frumento diventa per te oro, il vino si trasforma in oro, la lana la muti in oro; ogni occupazione, ogni affare ti procura oro. L’oro produce se stesso, perché si accresce con l’usura. Eppure non sarai mai sazio e le tue brame non cesseranno mai. Ai bambini golosi ordiniamo spesso di non saziarsi con le loro leccornie, perché l’uso smoderato non rechi loro la nausea. Ma per chi è avido di ricchezze ciò non avviene mai: più ne riceve, più ne brama. Se la ricchezza affluisce, non attaccarci il cuore (Sal 61,11). Tu invece imprigioni questo flusso, e sbarri le uscite. Esso diventa come il mare, che fa poi? Fracassa gli sbarramenti e, pieno da traboccare, distrugge i granai del ricco, ne abbatte al suolo i magazzini. Egli ne costruirà di più grandi? Non è certo neppure che egli non debba lasciarne i resti abbattuti al suo erede; presto infatti può essere rapito, prima ancora che i nuovi granai siano costruiti, secondo i suoi avidi progetti. Il ricco ha trovato la fine che corrisponde al suo animo perverso Ma voi, se mi seguite, aprirete tutte le porte dei vostri magazzini e baderete che la ricchezza ne esca il più possibile. Un gran fiume si riversa, in mille canali, sul terreno fertile: così per mille vie tu fa’ giungere la ricchezza nelle abitazioni dei poveri. Come una fontana dà acqua sempre più pura se da essa si attinge, mentre l’acqua imputridisce se non la si usa, così è la ricchezza che giace inutile; ma se si muove e corre, diventa fruttuosa, utile alla comunità. Che lode a te si innalza da parte di quelli che soccorri, una lode che tu neppure sospetti! E che lode avrai dal giusto giudice, di cui non puoi dubitare!
La teologia dei Padri, III, a c. di G. Mura, Roma 1975, p. 24
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