LETTURA PATRISTICA
S. Giovanni Crisostomo
Omelia II su Lazzaro
“Il ricco Epulone non commise propriamente un'ingiustizia nei confronti di Lazzaro, considerato che non gli tolse i suoi beni. Il suo peccato fu di non avere messo in comune con lui quel che gli era "proprio"... Il fatto è che non mettere in comune con l'altro quel che si possiede, ebbene, questo è già una forma di rapina. Non meravigliatevi, e non giudicate come stravagante quel che vi sto dicendo. Proporrò ora alla vostra attenzione un testo della Scrittura nel quale vengono qualificati come avarizia, frode e furto non solo l'atto di portare via l'altrui, ma anche quello di non mettere in comune con gli altri il proprio. Di che testimonianza biblica si tratta? Dunque, di quella in cui Dio, riprendendo i giudei per bocca del profeta, dice loro: "La terra ha dato i suoi frutti, eppure voi non avete portato le decime, e ora la rapina del povero sta nelle vostre case" (cfr. MI 3,10). Per non aver fatto le offerte abituali, avete strappato ai poveri i loro beni: questo è quanto dice il testo. E lo dice per dimostrare ai ricchi che essi hanno ciò che appartiene al povero, e questo anche nel caso che essi l'abbiano ereditato dal loro padre, o che a loro il denaro venga da qualunque altra fonte. Come pure dice in un altro luogo: "Non rifiutare il sostentamento al povero" (Sir 4,1). Rifiutare di dare significa prendere e tenersi l'altrui. E subito dopo, il passo ci insegna anche che, se cessiamo di fare l'elemosina, saremo castigati alla stessa maniera di quelli che sottraggono con l'inganno. In conclusione: i beni e la ricchezza appartengono al Signore, quale che sia la fonte, a partire da cui li abbiamo poi messi assieme... E se il Signore ti ha concesso di possedere più degli altri, non è stato certo perché tu ne spendessi in amanti e in gozzoviglie, in banchetti e in indumenti lussuosi, o in qualunque altra forma di sperpero. È stato perché tu ne distribuissi tra coloro che ne hanno bisogno. Se un esattore nasconde per sé i soldi dello stato e non li distribuisce a coloro ai quali gli è stato comandato di darli, ma li impiega per soddisfare i propri vizi, ebbene, costui dovrà presto o tardi rendere conto di ciò, e lo aspetterà solo la pena di morte. E dunque: il ricco non è diverso da un esattore incaricato di riscuotere del denaro, che deve poi venire distribuito ai poveri; esattore al quale sia stato comandato di ripartire quel denaro tra quanti, dei suoi compagni di servizio, si trovano nel bisogno. Se egli impiega per se stesso più di quel che richiede la necessità, allora si troverà a doverne rendere conto nella maniera più rigorosa, perché il suo non è in realtà suo, ma di coloro che, come lui, sono servi del Signore... Se non riuscite a rammentarvi di tutto quel che vi ho detto, vi supplico che per sempre vi resti in mente almeno questo, che vale anche per tutto il resto: non dare ai poveri dei beni propri, è come rubare loro e attentare alla loro vita. Ricordatevi che noi non disponiamo del nostro, bensì del loro”.
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