lunedì 16 dicembre 2024

Dal deserto: essere funamboli come segno di accettevole esistenza

Monachesimo 2.0

https://monachesimoduepuntozero.com/2024/11/03/funamboli-dice-il-monaco-cxxi/


Dice Giovanni Cassiano (riferendo le parole di abba Teona):

Giustamente allora direi che i santi – coloro che, trattenendo stabilmente il ricordo di Dio procedono con incedere sospeso come su linee stese in alto – si possono a ragione paragonare agli equilibristi, volgarmente detti funamboli. Questi, affidando tutta la loro salvezza e la loro stessa vita all’angusto passaggio su quella corda, non dubitano di imbattersi nella più atroce delle morti se repentinamente una minima incertezza deviasse il loro passo o li distogliesse dalla direzione giusta. Se non assicurano al proprio passo quel sottilissimo sentiero con estrema prudenza mentre, in modo ammirevole, compiono le loro evoluzioni aeree, la terra, che è come il sostegno di tutte le cose naturali e il solidissimo fondamento per tutti, diventa per costoro una rovina immediata e certa, non perché la sua natura sia cambiata, ma perché questi cadono su di essa per il peso del proprio corpo.


♦ Giovanni Cassiano, Conversazione 23 (terza conversazione con abba Teona: L’essere senza peccato), 9, 1-2, in Conversazioni con i padri, a cura di R. Alciati, Edizioni Paoline 2019, p. 1319.


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lunedì 28 ottobre 2024

Dal deserto: lectio brevis di vita senza convegni e congressi







Un giorno, abba Antonio fece visita ad abba Amun sul monte di Nitria E, dopo che si furono incontrati abba Amun gli dice: «Poiché per le tue preghiere i fratelli sono cresciuti di numero e alcuni di loro vogliono costruire delle celle lontano per immergersi nell’unione con Dio, che distanza vuoi che ci sia di qui alle celle che verranno costruite? Abbà Antonio rispose disse: «Mangiamo qualcosa all’ora nona e poi usciamo a fare un giro nel deserto per vedere il posto»Dopo che ebbero camminato nel deserto fino al tramonto abba Antonio gli dice: «Preghiamo e piantiamo qui una croce: qui costruiscano quelli che lo vogliono…in modo che quelli di laggiù [Nitria], quando vogliono incontrarsi con questi, possano consumare la loro leggera refezione all’ora nona  e arrivare qui al tramonto; e quelli che partono di qui, facendo allo stesso modo, potranno incontrarsi con gli altri senza averne distrazione». 


https://monachesimoduepuntozero.com/2024/10/27/usciamo-a-fare-un-giro-nel-deserto-per-vedere-il-posto/

sabato 3 agosto 2024

Dal deserto :“Sono Mauro Frasi, parroco e responsabile di una Casa Famiglia Caritas (In Toscana)


Sono Mauro Frasi, parroco e responsabile di una Casa Famiglia Caritas dove ospitiamo uomini e donne italiani e del resto del mondo, spesso malati e nuovi poveri con disagi multipli, nella piena gratuità. Fra loro anche persone che non avendo famiglia sono accolti per gli arresti domiciliari, questo mi dà la libertà e anche la responsabilità sofferta di scrivervi sottovoce ma con fermezza. Sono venuto io stesso insieme a un altro volontario al carcere di Pisa a prendere il signor Libero Aiutami (nome di fantasia) per portarlo in parrocchia agli arresti domiciliari. È uscito con un sacco nero, modello spazzatura, e cartella clinica perché paziente molto malato. Ho protestato, che non è degno di una persona uscire con un sacco nero dal carcere e non lo sarebbe uscire da nessun altro palazzo delle istituzioni a servizio dei cittadini”.

Don Mauro Frasi è una figura emblematica in Toscana e per il sacerdozio contemporaneo. Magari trasandato e liso nel vestire. Colletto ecclesiastico perennemente slacciato, spettinato e barba incolta raccontano di notti insonni e giornate senza sosta. Non ha tempo per aver cura di se, ma un grande cuore per gli altri, nella sua chiesa nessuno è lasciato fuori, soprattutto gli ultimi, gli invisibili. Un prete che ha dedicato la sua vita al servizio dei poveri e dei migranti, dimostrando che l’amore per il prossimo può davvero fare la differenza.

La sua vita è una corsa continua, la sua parrocchia un grande generoso campo di accoglienza. Sbrigativo nelle sue funzioni liturgiche. Quante volte durante le sue celebrazioni viene interrotto e costretto ad abbreviare da un’urgenza improvvisa. Le sue omelie sono parole sono semplici e dirette, cariche di passione e verità. Non cerca di impressionare con eloquenza, ma di toccare i cuori e di chiamare all’azione. Non si cura delle apparenze, non gli interessa il giudizio dei benpensanti, che sovente lo criticano, qualcuno si lamenta pure con il vescovo.

Don Mauro non retrocede, la sua missione è quella di vivere il Vangelo nella sua forma più pura e concreta, quella che mette al centro l’amore per il prossimo. Per lui, ogni incontro è un’opportunità per seminare speranza, ogni persona in difficoltà è un volto del suo Cristo da accogliere. Sempre pronto a rincorrere un’emergenza fosse in ospedale, per uno sfratto, a un centro di accoglienza, magari dai carabinieri a garantire per qualcuno. La sua parrocchia Il Giglio a Montevarchi sembra sempre in perenne trasloco, fuori dalla porta, nel sagrato, sotto i portici mobili, materassi, vecchie biciclette, frigoriferi. Ha creato una rete di solidarietà che coinvolge gran parte della comunità, mobilitando volontari e risorse per rispondere ai bisogni più urgenti. Molti anche i non cattolici.

La sua casa parrocchiale è spesso affollata, ma anche quando è esausto, trova sempre la forza di accogliere chi sospinge la sua porta sempre aperta. Qualcuno che ha bisogno di un tetto per la notte, un pasto caldo o solo una parola di conforto, Don Mauro c’è. Con i migranti lavora instancabilmente per trovare loro un lavoro dignitoso, una casa, collabora con associazioni, cooperative e imprese locali, cercando di abbattere i pregiudizi e costruire ponti di inclusione. 

“Non posso tacere. Vi prego di considerare che il livello della dignità umana vuole di più di un sacco nero! Anche per le vostre persone, per il vostro lavoro, sarebbe un segno di lucciola nelle serate d’estate che fa un poco di luce e non si arrende alla notte. Cancellate il rito disumano del sacco nero… e poi, per carità, la grande riforma del sistema carcerario”.

https://ristretti.org/diritti-dei-detenuti-il-prete-degli-ultimi-trattiamoli-con-dignita-anche-quando-escono

https://retidellacaritasite.wordpress.com/2020/01/10/territori-don-mauro-frasi-racconta-in-un-video-la-parrocchia-del-giglio/

giovedì 9 maggio 2024

Dietrich Bonhoeffer - Don Giuseppe Dossetti L’ immagine di Cristo in terra è l’ immagine dell’ uomo crocifisso, appeso a quella forca .







In pieno regime nazista, nel 1937, il pastore protestante Dietrich Bonhoeffer, che sarebbe morto nel 1945 nel lager di Flossenburg, scriveva: «L’ immagine di Cristo in terra è l’ immagine dell’ uomo crocifisso. L’ immagine di Dio è l’immagine di Gesù Cristo sulla croce. [...] È la nuova creazione dell’immagine di Dio per opera del Cristo crocifisso» *. Questa riflessione di- viene centrale nell’opera di molti teologi, anzi diremmo nella condizione della teologia “dopo Auschwitz”. Proprio riprendendo, rimeditando e ricapitolando la linea calda di questo pensiero teologico e spirituale, Giuseppe Dossetti ha affermato:

«L’umiliazione fino alla morte di croce risponde all’essenza di Dio nella contraddizione dell’abbandono. Affermando che Gesù crocifisso è l’immagine del Dio invisibile diciamo che questo è Dio e così Dio è. [...] Quindi si può capire in che sen- so non sia un’evasione poetica ma possa essere teologicamente vera una delle pagine più drammatiche de La notte di Wiesel. A proposito del ragazzino servitore di un Oberkapo olandese scoperto autore di un sabotaggio alla centrale elettrica del campo di Buna: l’Oberkapo fu torturato per settimane inutilmente e poi trasferito ad Auschwitz. Il ragazzino anche lui fu torturato, ma non parlò: poi fu condannato ad essere impiccato insieme a due adulti. A sera, all’ora dell’appello, tutti i prigionieri dovettero assistere all’esecuzione e sfilare guardando bene i tre impiccati. ‘Dov’è il Buon Dio? Dov’è?, domandò qualcuno dietro di me’. Mentre gli altri due erano già morti, il ragazzino aveva ancora un esile filo di vita. ‘Dietro di me udii il solito uomo domandare: Dov’è dunque Dio? E io sentivo in me una voce che gli rispondeva: Dov’è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca...» *


tratto da. Il Novecento, un secolo cristiano autore FULVIO DE GIORGI


https://oscarromero.org/wp-content/uploads/2022/01/M2002-09_5_De_Giorgi.pdf


*  D. BONHOEFFER, Sequela, tr. it. Brescia, Queriniana, 19754, p. 281.

** G. DOSSETTI, "Non restare in silenzio, mio Dio", ora in ID., La parola e il silenzio, Bolo- gna, Il Mulino, 1997, pp. 72-73



mercoledì 3 aprile 2024

Quando nel V secolo le incursioni berbere molti monaci ad abbandonare il deserto di Scete.





Andai un giorno dall’abate Poemen e gli dissi: «Sono andato ad abitare dappertutto, ma non ho trovato riposo: dove vuoi che abiti?».L’anziano gli aveva risposto  : «Non c’è più deserto, ormai. Va’ dunque in un luogo popoloso, nel mezzo della folla, restaci e conduci te stesso come un uomo che non esiste».


Sta in

Nubi e deserti dello spirito. Su alcuni caratteri topografici della Xeniteia.   autore  Federico Della Sala

https://www.academia.edu/49049501/Nubi_e_deserti_dello_spirito_Su_alcuni_caratteri_topografici_della_Xeniteia

domenica 31 marzo 2024

Dal deserto. Amma Sincletica..." r-esistenza in città"





Amma Sincletica disse: come è impossibile essere allo stesso tempo una pianta e un seme, così è per noi impossibile essere circondati dagli onori del mondo e allo stesso tempo produrre un frutto celeste.

giovedì 28 marzo 2024

Notizie dal deserto: Due monaci tentano di litigare.




C’erano due anziani che abitavano insieme e non avevano mai litigato. Uno disse all’altro: ‘Facciamo anche noi una lite come gli uomini!’ E l’altro rispondendo disse: ‘Non so come avviene una lite’.

E quello disse: ‘Ecco, io metto un mattone nel mezzo e dico che è mio; e tu dì: No, è mio!, e così si inizia’. Fecero così, e uno di loro disse: ‘Questo è mio!’ E l’altro disse: ‘No, è mio!’ Ed il primo rispose: ‘Va bene, è tuo: prendilo e va’. E si ritirarono senza aver trovato il modo di litigare tra di loro”.

giovedì 14 marzo 2024

Dal deserto: l'abate invidioso, il buon eremita e l'ottimo discepolo


Un eremita pieno di discernimento desiderava abitare alle Celle e non

trovava, nel momento, una cella. Ora, vi era in quel luogo un anziano che

aveva una cella isolata, dove abitava. Lo chiamò e gli disse: «Abita pure

qui, in questo luogo, sinché non avrai trovato una cella», poi se ne andò.

Della gente venne a visitare l'eremita come si va da uno straniero per 

trarne beneficio; egli li accoglieva. L'anziano che gli aveva dato la cella 

cominciò a ingelosirsi e a sparlare di lui: «Io», disse, «sono vissuto qui molti 

anni inuna grande ascesi, e nessuno è venuto da me. Questo vanesio è 

qui  solo da qualche giorno, e quanti vanno a lui!». Disse al suo discepolo: 

«Va' e digli: Allontanati da qui perché ho bisogno della cella». Il discepolo 

andò: «Il mio

abate ti domanda come stai». L'eremita gli rispose: «Che preghi per me,

perché ho male allo stomaco». Rientrando, il fratello disse all'anziano:

«Egli dice: Ho in vista una cella e me ne vado». Due giorni dopo, l'anziano

gli fece dire: «Se non ti allontani, vengo con un bastone e ti scaccio».

Arrivato dall'eremita, il fratello gli disse: «Il mio abate ha saputo che eri

malato. Se ne affligge molto e mi manda a prendere tue notizie». L'altro gli

disse: «Digli che sto molto meglio grazie alle sue preghiere». Andò dunque

a dire all'anziano «[Egli ha detto: ] Aspetta sino a domenica e me ne andrò

per volontà di Dio». Arrivò la domenica e l'eremita non se ne andava.

L'anziano prese un bastone e partì per scacciarlo a bastonate. Il suo

discepolo gli disse: «Parto prima di te perché temo che dei fratelli   si

trovino là e non ne siano scandalizzati». Partì dunque correndo e disse

all'eremita: «Il mio abate viene a consolarti e a portarti nella sua cella».

Sentendo la carità dell'anziano, l'eremita uscì ad incontrarlo, e, facendogli

da lontano una metanìa, gli disse: «Vengo verso la tua santità, Abba, non

affaticarti». Allora Dio, che vedeva le azioni del giovane monaco, toccò il

cuore del suo abate; il quale gettò il bastone e corse ad abbracciare

l'eremita. L'abbracciò, dunque, e lo portò nella sua cella come se non gli

avesse mai detto niente. L'anziano disse poi al suo discepolo: «Tu non gli

hai detto mai niente di ciò che ti avevo ordinato?». «No», rispose l'altro.

L'anziano ne fu felice. Comprese che ciò era dovuto alla gelosia del nemico

e lasciò in pace l'eremita. Poi cadde ai piedi del suo discepolo e gli disse: 

«Tu sei il padre mio e io il tuo discepolo, poiché le nostre due anime sono

state salvate per il tuo modo di agire».


https://www.famigliafideus.com/wp-content/uploads/2021/02/DETTI-E-FATTI-DEI-PADRI-DEL-DESERTO-Cristina-Campo.pdf

lunedì 4 marzo 2024

Dal deserto. La SantItà di una bugia


 

Un abate stava attraversando il deserto con i fratelli, quando si accorsero che quello che faceva loro da guida aveva sbagliato strada.


Era notte, e i frati dissero all'abate: "Che facciamo? Questo fratello ha sbagliato la via, e noi rischiamo di smarrirci e di morire tutti nel deserto. Non sarebbe meglio fermarci qui per la notte, e riprendere il cammino alla luce del sole?". L'abate rispose: "Ma se diciamo a costui che ha sbagliato, egli si rattristerà. Sentite dunque: io farò finta di essere stanco e dirò che non me la sento di proseguire e che resto qui fino a domattina".


Così fecero, e anche gli altri dissero: "Anche noi non ne possiamo più dalla stanchezza e ci fermiamo con te ". E così riuscirono a non contristare quel fratello, che non seppe mai d'aver sbagliato strada.


https://www.qumran2.net/ritagli/index.php?autore=Padri%20del%20deserto

giovedì 29 febbraio 2024

Dal Deserto. Abbà Agatone




L'abate Agatone viaggiava un giorno con i suoi discepoli. Uno di loro trovò sulla strada un sacchettino di piselli e disse all'anziano: "Padre, se vuoi, lo porto via". Agatone, stupito, si volse e disse: "Sei tu che l'avevi  messo lì?". "No", rispose il fratello. "Come", esclamò l'anziano, "e
vorresti portar via ciò che non hai lasciato tu stesso?".

***
Si racconta che abba Agatone occupò una volta una grotta nel deserto,  nella quale vi era un grande serpente  e costui si alzò per andarsene e uscire.
Abba Agatone gli disse: "Se te ne vai, io non resto qui", e il serpente si astenne dal partire. Poiché vi era un sicomoro in quel deserto, uscirono l'uno assieme all'altro. Abba Agatone fece una incisione sul sicomoro e lo  divise con lui, affinché il serpente mangiasse da una parte del sicomoro e  lui, l'anziano, mangiasse dall'altra parte. Quando ebbero finito di mangiare,
rientrarono tutti e due di nuovo nella loro grotta.

martedì 27 febbraio 2024

Dal deserto..E tu non dimenticare




L'abate Agatone dava sovente questo consiglio al suo discepolo: « Non appropriarti mai di un oggetto che non vorresti cedere immediatamente a chiunque.


http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/misticacristiana/deserto.htm

sabato 24 febbraio 2024

Dal deserto il Padre Bessarione



Si racconta anche che il santo padre Bessarione girasse sempre con il Vangelo sotto braccio, cercando di attuare in tutto la Parola del Signore. Un giorno si imbatté in un morto e lo rivestì del suo mantello; poco dopo incontrò un uomo nudo e gli diede la propria tunica rimanendo egli stesso nudo. Gli restava solo il Vangelo e sedeva, nudo, «tenendo sotto l’ascella la Parola che fa ricchi». Un funzionario che lo conosceva, passandogli accanto, lo riconobbe e preoccupato gli chiese: «Padre Bessarione, chi ti ha spogliato?». Ed egli, mostrando il Vangelo, rispose: «Questo!». In seguito, incontrato per strada un povero, per aiutarlo andò di corsa al mercato a vendere «quella stessa Parola che dice: “Vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri”».

giovedì 22 febbraio 2024

Dal deserto..«Ecco precisamente quello che volevo».





Si raccontava di un anziano che viveva nell'esicasmo nelle parti basse del paese e che aveva al suo servizio un laico cristiano. Accadde che il figlio di costui si ammalò. Il padre supplicò per molto tempo l'anziano d'andare a pregare per suo figlio e l'anziano partì con lui. Correndo avanti, il laico entrò nella sua casa e gridò: «Venite incontro all'anacoreta». Quando l'anziano li vide venire da lontano con le fiaccole, gli venne l'idea di togliersi i vestiti, di tuffarsi nel fiume e di mettersi a lavarli restando nudo. Quando il suo servitore lo vide, pieno di vergogna disse alla gente: «Andatevene, perché l'anziano ha perduto il senno». Poi andò da lui e gli domandò: «Abba, perché hai fatto questo? Tutti dicono: “L'anziano ha il diavolo in corpo”». L'altro rispose: «Ecco precisamente quello che volevo».


sta in 

DETTI E FATTI  DEI PADRI

DEL DESERTO A cura di Cristina Campo e Piero Draghi

RUSCONI editore

si può scaricare senza oneri 

https://www.famigliafideus.com/wp-content/uploads/2021/02/DETTI-E-FATTI-DEI-PADRI-DEL-DESERTO-Cristina-Campo.pdf

venerdì 16 febbraio 2024

Dal deserto. Abba Poimen disse




Abba Poimen disse: “C’è qualcuno che sembra tacere, e il suo cuore giudica gli altri: costui parla sempre. E c’è chi invece parla da mattina a sera eppure mantiene il silenzio, cioè non dice niente che non sia utile” (Alf., Poimen 27).

martedì 13 febbraio 2024

Dal Grande Gerontikòn - Com-passione e Con-divisione



"Due monaci  erano andati al mercato della città per vendere i loro prodotti artigianali e quando uno si allontanò dall’altro, visitò una prostituta e peccò. Quando ritornò,suo fratello gli disse: «Andiamo nella 
nostra cella, fratello». «Non ci vengo», gli rispose. L’altro cominciò a pregarlo: “Perché fratello mio?”.«Perchè quando tu ti sei allontanato da me gli disse sono caduto nel peccato con una prostituta». E il fratello, volendo aiutarlo, gli dice: «Questo è accaduto anche a me, quando ci siamo allontanati. Ma dai, pentiamoci insieme con fervore, e Dio ci perdonerà». 

Poi andarono dai Padri a raccontare il fatto, e furono entrambi sottoposti ad un duro programma di ascesi, sia il peccatore, sia l’innocente.  Guardando la fatica dell’amore del fratello, entro pochi giorni Dio rivelò a uno degli abati che, grazie al grande amore del fratello che non peccò, erastato perdonato colui che commise il peccato. Ecco, questo significa sacrificare la  propria vita in favore del fratello "


Il Grande Gerontikon, vol. 2, pp  172-174 


Cristiani Ortodossi - I PADRI/LE MADRI DELLA CHIESA ..meditazioni

domenica 11 febbraio 2024

Detti e fatti delle donne del deserto, a cura di L. Cremaschi, 2018:




Amma Sincletica ha detto "Ci sono molte persone che vivono sulle montagne e si comportano come se fossero in città; perdono il loro tempo. È possibile essere solitari nella mente vivendo nella folla ed è possibile per coloro che sono solitari vivere nella folla dei loro pensieri.





sabato 10 febbraio 2024

Monachesimo Celtico e i Padri e le Madri del Deserto :ANAM CARA




Un giovane chierico della comunità di Felci, figlio spirituale  di Brigida, veniva da lei con delle prelibatezze. Era spesso con lei nel refettorio per prendere il cibo. Una volta, dopo essere andata alla comunione, batte il batacchio. "Ebbene, giovane chierico ", dice Brigit, "hai un'anima amica?". "Sì", rispose il giovane. "Cantiamo il suo requiem", dice Brigit. "Perchè così?" chiede il giovane chierico. "Perché è morto", dice Brigit. "Quando hai finito metà della tua razione ho visto che era morto". "Come lo sai?" "Facile a dirsi, (risponde Brigit) da quando la tua anima amica era morta, ho visto che il tuo cibo veniva messo (direttamente) nel tronco del tuo corpo, poiché eri senza testa. Va' avanti e non mangiare nulla finché non avrai procuratevi un'anima amica, perché chiunque è senza un'anima amica è come un corpo senza testa: è come l'acqua di un lago inquinato, né buona da bere né da lavarsi. Quella è la persona senza un'anima amica».

Anam Cara is a phrase that refers to the Celtic concept of the "soul friend" in religion and spirituality. The phrase is an anglicization of the Irish word anamchara, anam meaning "soul" and cara meaning "friend". The term was popularized by Irish author John O'Donohue in his 1997 book Anam Ċara: A Book of Celtic Wisdom about Celtic spirituality. In the Celtic tradition "soul friends" are considered an essential and integral part of spiritual development.[1] The Martyrology of Óengus recounts an incident where Brigid of Kildare counselled a young cleric that "...anyone without a soul friend is like a body without a head."[2] A similar concept is found in the Welsh periglour.[3]


The Anam Cara involves a friendship that psychotherapist William P. Ryan describes as "compassionate presence".[4] According to O'Donohue, the word anamchara originates in Irish monasticism, where it was applied to a monk's teacher, companion, or spiritual guide.[5] However, Edward C. Sellner traces its origin to the early Desert Fathers and Desert Mothers: "This capacity for friendship and ability to read other people's hearts became the basis of the desert elders' effectiveness as spiritual guides."[3] Their teachings were preserved and passed on by the Christian monk John Cassian, who explained that the soul friend could be clerical or lay, male or female.


 ""Anam Cara Ministry", Iona College". Archived from the original on 16 April 2019. Retrieved 26 September 2017.

 Stokes, Whitley, The Martyrology of Oengus, London, Harrison and Sons, 1905, p. 65

 "Sellner, Edward C., "Soul Friendship in Early Celtic Monasticism", Aisling Magazine, Issue 17, Samhain, 1995". Archived from the original on 25 November 2018. Retrieved 26 September 2017.

 Ryan, William P., Working from the Heart, New York, Jason Aronson, 2011, ISBN 9780765707987, p. 160

 ""Anam Cara Event", Christ Church Cathedral (Episcopal), Houston, Texas. March 6, 2017". Archived from the original on 26 September 2017. Retrieved 26 September 2017.



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per un tentativo di traduzione in Italiano 

Anam Cara è una frase che si riferisce al concetto celtico di "anima amica" nella religione e nella spiritualità. L'espressione è un'anglicizzazione della parola irlandese anamchara, dove anam significa "anima" e cara "amico". Il termine è stato reso popolare dallo scrittore irlandese John O'Donohue nel suo libro del 1997 Anam Ċara: A Book of Celtic Wisdom sulla spiritualità celtica. Nella tradizione celtica le "anime amiche" sono considerate parte integrante ed essenziale dello sviluppo spirituale.[1] Il Martirologio di Óengus racconta un episodio in cui Brigida di Kildare consigliò a un giovane chierico che "... chiunque non abbia un'anima amica è come un corpo senza testa".[2] Un concetto simile si ritrova nel periglotta gallese.[3]


L'Anam Cara implica un'amicizia che lo psicoterapeuta William P. Ryan descrive come "presenza compassionevole".[4] Secondo O'Donohue, la parola anamchara ha origine nel monachesimo irlandese, dove veniva applicata all'insegnante, al compagno o alla guida spirituale di un monaco.[5] Tuttavia, Edward C. Sellner ne rintraccia l'origine nei primi Padri e Madri del deserto: "Questa capacità di amicizia e di leggere il cuore degli altri divenne la base dell'efficacia degli anziani del deserto come guide spirituali"[3] I loro insegnamenti furono conservati e trasmessi dal monaco cristiano Giovanni Cassiano, che spiegò che l'anima amica poteva essere clericale o laica, maschile o femminile.

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Tuttavia, Edward C. Sellner ne rintraccia l'origine nei primi Padri e Madri del deserto: "Questa capacità di amicizia e di leggere il cuore degli altri divenne la base dell'efficacia degli anziani del deserto come guide spirituali"

consultare 

https://www.aislingmagazine.com/aislingmagazine/articles/TAM17/Friendship.html







venerdì 9 febbraio 2024

Filoteo Sinaita SULLA PRESUNZIONE

 




È naturale, come dice san Paolo, che le anime, le quali raccolgono sapienza di qua e di là, si gonfino d’orgoglio insolentendo contro quelli che ritengono inferiori (cfr. 1Cor.4,6.18-19); in tali anime, a mio parere, non sussiste più la scintilla della carità che edifica (cfr. 1Cor.8,2).


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I Padri sinaiti

 Per parecchi secoli il Monte Sinai è stato un centro vivissimo di vita monastica, erede dell’ideale degli antichi anacoreti dei deserti d’Egitto. Vi si è sempre praticato un ideale tutto interiore, favorito certamente dalla solitudine del luogo, di una perfetta vigilanza e di una preghiera incessante del cuore. Grandi figure come Nilo, Giovanni Climaco, Filoteo, Esichio, che di questo ideale sono stati gli interpreti più qualificati, sono vissuti su questa montagna e per questo si chiamano ‘sinaiti’. Ma si dà lo stesso appellativo anche ad altri autori, come Diadoco di Foticea, Barsanufio e Giovanni, Elia di Ekdicos, i quali, pur non avendo vissuto in quel luogo, sono molto affini spiritualmente ai primi. 


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FILOTEO SINAITA

Suoi scritti

Monaco del monastero di Batos, sul Sinai, Filoteo è l’erede del pensiero di Giovanni Climaco (580-650 circa), ma non si conosce assolutamente nulla della sua vita né in che secolo visse.

Gli sono attribuite due opere: una, dal titolo “Quaranta capitoli sulla sobrietà”, che sarebbe dovuto comparire nell’ultimo volume della Patrologia Greca del Migne, andato distrutto in un incendio e l’altra, “Sui comandamenti del Signore”, inserita in PG 154,729-745 sotto il nome di Filoteo Kokkinos. Sarebbero suoi anche alcuni brevissmi “Capita ascetica”, stando al Cod. Vat. gr. 703 del secolo XIV, che si possono riconoscere in PG 98,1369-137


https://www.contemplativi.it/wp-content/uploads/2016/05/filoteo_sinaita.pdf

domenica 4 febbraio 2024

Macario L'Egiziano e il "pasticcino"




Macario andò in visita da un anacoreta e, «trovatolo malato, gli chiese: “Che vuoi mangiare?”». Nella cella non c’era niente di niente, e quando l’anziano gli rispose «un pasticcino», Macario non esitò un istante e andò «a prenderlo fino ad Alessandria e lo portò al malato».

«E questo fatto meraviglioso rimase ignoto a tutti.»


Detti dei Padri del deserto, serie alfabetica, Macario l’Egiziano, 3, 8.

venerdì 2 febbraio 2024

Venerdi 2 Febbraio 2024. .. I Padri e le Madri del Deserto. (stare davanti all'essere per prendersi cura dell'altro )

 




L'abate Pastor disse: «Principio dei mali è la disattenzione».


Accadde un giorno che gli anziani si recassero dall'abate Abraham, il profeta della regione. Lo interrogarono sull'abate Banè, dicendo: «Ci siamo intrattenuti con abba Banè sulla clausura nella quale egli si trova adesso; ci ha detto queste gravi parole: Egli stima tutta l'ascesi e tutte le elemosine che ha fatto nel suo passato come una profanazione». E il santo vegliardo Abraham rispose loro e disse: «Ha parlato rettamente». Gli anziani si rattristarono per via della loro vita che era anch'essa a quel modo. Ma l'abate Abraham disse loro: «Perché affliggervi? Durante il tempo, in effetti, nel quale abba Banè distribuiva le elemosine, sarà arrivato a nutrire forse un villaggio, una città, una contrada. Ma ora è possibile a Banè levare le sue due mani affinché l'orzo cresca in abbondanza nel mondo intero. Gli è anche possibile, ora, chiedere a Dio di rimettere i peccati di tutta questa generazione». E gli anziani, dopo averlo udito, si rallegrarono che vi fosse un supplice che intercedeva per loro.

lunedì 29 gennaio 2024

San Kevin a Glendalough e il merlo





Dublino,  a sud  Glendalough. In questa valle, circondata dalle splendide montagne di Wicklow, San Kevin si ritirò per vivere una vita eremitica nel VI secolo. Le sue rovine monastiche sono ancora ben conservate, con una torre rotonda, una cattedrale, la casa del prete e la chiesa di Kevin. Ci sono diversi fatti e detti  raccontati  su San Kevin che ne segnano la testimonianza.

Un giorno in ritiro nella sua capanna  allunga entrambe le braccia fuori dalle finestre su entrambi i lati per pregare. Mentre prega, un merlo gli si posa in mano e comincia a costruire il nido. Kevin rimane perfettamente immobile. Alla fine l'uccello depone le uova, queste si schiudono e prendono il volo.



domenica 21 gennaio 2024

Abba Iperechio-Abba Teodoro,


Meglio mangiare carne e bere vino piuttosto che divorare i propri fratelli con la maldicenza

Abba Iperechio


 Un giovane andò a vivere con  Abba Teodoro, per essergli utile e imparare qualcosa. Ma quello non gli diceva mai niente e non si faceva aiutare: abba Tedodoro , fai tutto tu, non mi dai niente da fare, perché? Ancora niente, sempre niente. Allora il giovane chiede agli anziani: sono andato da abba Teodoto , ma è come se non mi vedesse nemmeno… Gli anziani vanno da Teodoro a chiedere spiegazioni e lui risponde così: «Sono forse il superiore di un cenobio, da dargli ordini? Finora non gli ho detto nulla, ma, se vuole, può fare anche lui ciò che vede fare da me»


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venerdì 12 gennaio 2024

Padri del deserto 12 Gennaio 2024. e Cristina Campo




Fu chiesta a un anziano la via per visitare l’abate Antonio. «Nella caverna di un leone vive una volpe», egli rispose.

Detti dei Padri del deserto

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I maestri cristiani del deserto fiorirono, esplosero in un attimo che durò tre secoli, dal III al VI dopo Cristo. Da poco Costantino aveva restituito ai cristiani il diritto di esistere, spezzando il dogma di Commodo – Christianoùs me éinai, i cristiani non siano –, e sottratto con dolcezza la giovane religione al terreno meravigliosamente umido del martirio, alla stagionatura incomparabile delle catacombe.

Questo significava, evidentemente, consegnarla a quel mortale pericolo che rimase tale per diciotto secoli: l’accordo col mondo. Mentre i cristiani di Alessandria, di Costantinopoli, di Roma, rientravano nella normalità dei giorni e dei diritti, alcuni asceti, atterriti da quel possibile accordo, ne uscivano correndo, affondavano nei deserti di Scete e di Nitria, di Palestina e di Siria. Affondavano nel radicale silenzio che solo alcuni loro detti avrebbero solcato, bolidi infuocati in un cielo insondabile. In realtà, la maggior parte di quei detti fu pronunciata per non rivelar nulla, così come la vita di quegli uomini volle essere tutta quanta la vita di «un uomo che non esiste». («Si diceva degli Scetioti che se taluno sorprendeva la loro pratica, vale a dire arrivava a conoscerla, essi non la tenevano più per una virtù ma per un peccato»).

I detti e i fatti dei Padri – lógoi kaì érga, verba et dicta – furono raccolti in ogni tempo con estrema pietà perché, appunto, erano quasi sempre noci durissime, inscalfibili, da portare su di sé tutta la vita, da schiacciare tra i denti, come nelle fiabe, nell’attimo dell’estremo pericolo, e inoltre i Padri rifiutavano, per lo più, recisamente di scrivere. Furono raccolti in pergamene: greche, copte, armene, siriache. In quelle pergamene non furono perpetuati soltanto gli oracoli e i portenti dei Padri e dei loro discepoli, ma anche quelli di certi incogniti secolari che praticavano segretamente i loro precetti e, nascosti in quelle metropoli che i Padri abominavano, furono qualche volta maestri ai loro maestri.


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domenica 7 gennaio 2024

Detti dei Padri del deserto, serie alfabetica, Matoes, 13 (inizio della nuova rubrica Apoftegma)

 


Sfere, non cubi 


Un fratello chiese al padre Matoes: «Che devo fare? La mia lingua mi è causa di afflizione: quando giungo in mezzo agli altri, non riesco a trattenerla, ma in ogni loro buona azione trovo da giudicarli e accusarli. Che devo dunque fare?». L’anziano gli rispose: «Fuggi nella solitudine. È debolezza infatti. Chi vive con dei fratelli , non deve essere un cubo, ma una sfera, per poter rotolare verso tutti». E disse: «Non per virtù vivo in solitudine, ma per debolezza; sono forti infatti quelli che vivono in mezzo agli uomini».


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