venerdì 16 dicembre 2016

Cyprianus Carthaginensis De oratione dominica dal capitolo 8 al capitolo 10

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LA NOSTRA PREGHIERA
SIA PUBBLICA E COMUNITARIA (8)
 
Anzitutto  il Signore della pace e dell’unità non ha voluto che pregassimo individualmente e a parte, affinché colui che prega non preghi solo per sé. Non diciamo : Padre mio che sei nel cielo, né dammi il mio pane quotidiano. E ognuno non prega solo per sé che Dio gli rimetta il suo debito; o che non lo induca in tentazione e lo liberi dal male.
La nostra preghiera è pubblica e comunitaria, e quando preghiamo, non preghiamo per uno solo, ma per tutto il popolo, perché con tutto il popolo noi siamo uno. Il Dio della pace e il Signore della concordia, che ci insegna l’unità, ha voluto che ognuno pregasse per tutti, come Egli stesso ci ha tutti portati in uno.
I tre fanciulli nella fornace hanno osservato questa legge della preghiera : erano uniti nella preghiera e formavano un solo coro. La Scrittura ce lo attesta e, nel riferirci il loro modo di pregare, ci offre un esempio da imitare nella preghiera affinché possiamo somigliare a loro. Essa dice : Quei tre allora quasi con una sola bocca cantavano e benedicevano Iddio (Daniele III, 51).
Parlavano quasi con una sola bocca, e tuttavia il Cristo non aveva ancora insegnato loro a pregare. La loro supplica fu potente ed efficace, perché una preghiera serena, semplice e spirituale obbliga Dio. Tutti, è detto, con un sol cuore perseveravano nella preghiera, insieme con alcune donne, tra cui Maria, la Madre di Gesù, e i suoi fratelli (Atti I, 14).
Con un sol cuore perseveravano nella preghiera, il che manifesta ad un tempo il loro ardore e la loro unità. Poiché Iddio, che riunisce nella stessa casa quelli che hanno un solo cuore, accetta nelle sue divine ed eterne dimore solo coloro che pregano in comunione gli uni con gli altri.

DICIAMO «PADRE»
PERCHÉ SIAMO DIVENTATI FIGLI (9)
 
Come sono numerose e grandi le ricchezze della preghiera del Signore! Sono riunite in poche parole ma di una densità spirituale inesauribile, al punto che niente di tutto ciò che deve costituire la nostra preghiera manca in questo riassunto della dottrina celeste. È detto: Pregate così: Padre nostro che sei nei cieli.
L’uomo nuovo, che è rinato e reso a Dio per la grazia, dica anzitutto : Padre, perché è diventato figlio. È venuto in casa sua e i suoi non l’hanno ricevuto. Ma a tutti coloro che l’hanno ricevuto, egli ha dato il potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome (Giovanni I, 12). Colui che ha creduto nel suo nome ed è diventato figlio di Dio deve cominciare col rendere grazie e professare che è figlio di Dio. E quando chiama Padre il Dio dei cieli, con questo attesta che rinunzia al padre terreno e carnale della sua prima nascita per riconoscere un solo Padre che è nei cieli. È scritto infatti : Quelli che dicono al padre e alla madre « non ti conosco », e non riconoscono i loro figli, questi hanno osservato la tua parola e custodito la tua alleanza (Deuteronomio XXXIII, 9).
Anche il Signore ci ordina nel Vangelo di non chiamare nessuno sulla terra « padre », poiché abbiamo un solo Padre che è nei cieli. Al discepolo che ricorda il padre morto, risponde: Lascia che i morti seppelliscano i morti {Matteo VIII, 22). Il discepolo parlava di un padre morto, mentre il Padre dei credenti è vivo.

DIO È PADRE DI COLORO CHE CREDONO
E SONO RINATI PER OPERA SUA (10)

 
Fratelli amatissimi, non basta prendere coscienza che noi invochiamo il Padre che è nei cieli. Aggiungiamo: Padre nostro, cioè padre di quelli che credono, di quelli che sono stati da lui santificati e sono rinati per la grazia spirituale: quelli hanno cominciato ad essere figli di Dio.
Questa parola è una bestemmia e una critica per gli Ebrei. Costoro nella loro infedeltà hanno disprezzato il Cristo che fu loro annunziato dai profeti e inviato anzitutto per loro; e per giunta lo hanno crudelmente condannato a morte. Non possono chiamare più Dio loro Padre perché il Signore ribatté per loro confusione: Voi avete il diavolo per padre e i desideri di vostro padre volete compiere. Egli era omicida fin dal principio e non ha perseverato nella verità perché non ha verità in sé (Giovanni VIII, 44).
E per mezzo del profeta Isaia, Dio grida indignato :

Ho nutrito dei figli e li ho allevati,
e si sono rivoltati contro di me.
Il bue conosce il suo padrone,
e l’asino la stalla del suo signore;
ma Israele non mi conosce.
E il mio popolo non ha intelligenza.
Guai alla nazione peccatrice, al popolo
carico di iniquità,
alla razza dei malvagi, ai figli corrotti.
Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato
il Santo d’Israele. (Isaia I, 2-4).

Per biasimarli, i cristiani dicono pregando : Padre nostro; infatti egli ha cominciato a diventare nostro e ha cessato di essere quello degli Ebrei, che l’hanno abbandonato. Il popolo prevaricatore non può essere figlio; ma quelli ai quali furono rimessi i peccati, meritano questo titolo e ricevono la promessa dell’eternità, secondo la parola del Signore: Colui che commette il peccato è schiavo del peccato. Lo schiavo non resta sempre nella casa, ma il figlio vi resta in eterno.


Testo latino  degli stessi capitoli

 
VIII.  Ante  omnia,  pacis  doctor  atque  unitatis  magister  singillatim  noluit  et  privatim  precem  fieri,  ut  quis  cum  precatur,  non  pro  se  tantum  precetur.  Non  enim  dicimus,  Pater  meus  qui  es  in  coelis,  nec  Panem  meum  da  mihi  hodie;  nec  dimitti  sibi  tantum  unusquisque  debitum  postulat,  aut  ut  in  tentationem  non  inducatur,  atque  a  malo  liberetur,  pro  se solo  rogat.  Publica  est  nobis  et  communis  oratio;  et  quando  oramus,  non  pro  uno  sed  pro  toto  populo  oramus,  quia  totus  populus  unum  sumus.  Deus  pacis  et  concordiae  magister,  qui  docuit  unitatem,  sic  orare  unum  pro  omnibus  voluit  quomodo  in  uno  omnes  ipse  portavit.  Hanc  orationis  legem  servaverunt  tres  pueri  in  camino  ignis  inclusi,  consonantes  in  prece,  et  spiritus  consensione  concordes.  (0524B) Quod  declarat  Scripturae  divinae  fides:  et  dum  docet  quomodo  oraverint  tales,  dat  exemplum  quod  imitari  in  precibus  debeamus,  ut  tales  esse  possimus:  Tunc  ille  tres,  inquit,  quasi  ex  uno  ore  hymnum  canebant  et  benedicebant  Dominum  (Dan.  III,  51) . Loquebantur  quasi  ex  uno  ore,  et  nondum  illos  Christus  docuerat  orare.  Et  idcirco  orantibus  fuit  impetrabilis  et  efficax  sermo,  quia  promerebatur  Dominum  pacifica  et  simplex  et  spiritalis  oratio.  Sic  et  Apostolos  cum  discipulis  post  ascensum  Domini  invenimus  orasse:  Erant,  inquit,  perseverantes  omnes  unanimes  in  oratione  cum  mulieribus  et  Maria  quae  fuerat  mater  Iesu,  et  fratribus  eius  (Act.  I,  14) . Perseverabant  in  oratione  unanimes,  orationis  suae  et  instantiam  simul  et  concordiam  declarantes:  quia  Deus,  qui  inhabitare  facit  unanimes  in  domo  (Psal.  LXVII,  7) , non  admittit  in  divinam  et  aeternam  domum  nisi  eos  apud  quos  est  unanimis  oratio.  (0525A)
 
 IX.  Qualia  autem  sunt,  fratres  dilectissimi,  orationis  Dominicae  sacramenta,  quam  multa,  quam  magna,  breviter  in  sermone  collecta,  sed  in  virtute  spiritaliter  copiosa,  ut  nihil  omnino  praetermissum  sit  quod  non  in  precibus  atque  orationibus  nostris  coelestis  doctrinae  compendio  comprehendatur.  Sic,  ait,  crate:  PATER  NOSTER  QUI  ES  IN  COELIS.  Homo,  novus,  renatus,  et  Deo  suo  per  gratiam  eius  restitutus,  Pater  primo  in  loco  dicit,  quia  filius  esse  iam  coepit.  In  sua,  inquit,  propria  venit,  et  sui  eum  non  receperunt.  (0525B) Quotquot  autem  eum  receperunt,  dedit  illis  potestatem  ut  filii  Dei  fierent,  his  qui  credunt  in  nomine  eius  (Ioan.  I,  11, 12) . Qui  ergo  credidit  in  nomine  eius,  et  factus  est  Dei  filius,  hinc  debet  incipere  ut  et  gratias  agat  et  profiteatur  se  Dei  filium,  dum  nominat  patrem  sibi  esse  in  coelis  Deum;  contestetur  quoque  inter  prima  statim  nativitatis  suae  verba  renuntiasse  se  terreno  et  carnali  patri,  et  patrem  solum  nosse  se  et  habere  coepisse  qui  sit  in  coelis,  sicut  scriptum  est:  Qui  dicunt  patri  et  matri:  Non  novi  te,  et  filios  suos  non  agnoverunt,  hi  custodierunt  praecepta  tua  et  testamentum  tuum  servaverunt  (Deut.  XXXIII,  9) . Item  Dominus  in  Evangelio  suo  praecepit  ne  vocemus  nobis  patrem  in  terra,  quod  sit  scilicet  nobis  unus  pater  qui  est  in  coelis  (Matth.  XXIII,  9) . Et  discipulo  qui  mentionem  defuncti  patris  fecerat  respondit:  Sine  mortui  mortuos  suos  sepeliant  (Matth.  VIII,  22) . Dixerat  enim  patrem  suum  mortuum,  cum  sit  credentium  Pater  vivus.  (0525C)
 
X.  Nec  hoc  solum,  fratres  dilectissimi,  animadvertere  et  intelligere  debemus,  quod  appellemus  Patrem  qui  sit  in  coelis,  sed  coniungimus  et  dicimus,  PATER  NOSTER,  id  est  eorum  qui  credunt,  eorum  qui,  per  eum  sanctificati  et  gratiae  spiritalis  nativitate  reparati,  filii  Dei  esse  coeperunt.  (0526A) Quae  vox  etiam  Iudaeos  perstringit  et  percutit,  qui  Christum,  sibi  per  Prophetas  annuntiatum  et  ad  se  prius  missum,  non  tantum  infideliter  spreverunt,  sed  et  crudeliter  necaverunt:  qui  iam  non  possunt  patrem  Deum  vocare,  cum  Dominus  eos  confundat  et  redarguat  dicens:  Vos  de  diabolo  patre  nati  estis,  et  concupiscentias  patris  vestri  facere  vultis.  Ille  enim  homicida  fuit  ab  initio,  et  in  veritate  non  stetit,  quia  veritas  non  est  in  illo  (Ioan.  VIII,  44) . Et  per  Esaiam  prophetam  Deus  clamat  indignans:  Filios  generavi  et  exaltavi,  ipsi  autem  me  spreverunt.  Agnovit  bos  possessorem  suum,  et  asinus  praesepe  domini  sui;  Israel  autem  207 me  non  cognovit,  et  populus  meus  me  non  intellexit.  Vae!  gens  peccatrix,  populus  plenus  peccatis,  semen  nequam,  filii  scelesti.  Dereliquistis  Dominum,  et  in  indignationem  misistis  illum  Sanctum  Israel  (Isa.  I,  2-4) . In  quorum  exprobrationem  Christiani  quando  oramus,  PATER  NOSTER  dicimus,  quia  noster  esse  coepit  et  Iudaeorum,  qui  eum  relinquerunt,  esse  desiit.  (0526B) Nec  peccator  populus  potest  esse  filius,  sed  quibus  remissa  peccatorum  datur,  eis  filiorum  nomen  adscribitur,  et  eis  aeternitas  repromittur,  Domino  ipso  dicente:  Omnis  qui  facit  peccatum  servus  est  peccati.  Servus  autem  non  manet  in  domo  in  aeternum,  filius  autem  manet  in  aeternum  (Ioan.  VIII,  34, 35) . 

 Estratto da "Patrologia latina" del Migne - Vol. IV


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 Vita  ed opere  di San Cipriano 

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martedì 13 dicembre 2016

la preghiera dei cristiani di Etiopia-preghiera del Kidan


sempre dal sito e dal link

http://cristiano-ortodosso-italiano.blogspot.it/2013/10/la-preghiera-dei-cristiani-di-etiopia_7.html


"il Kidân (o «Patto, Alleanza»), che i cristiani di Etiopia recitano tre volte al giorno (mezzanotte, mattina e sera), in origine era una preghiera di ringraziamento del mattino, in varie sezioni (TD 20,21 e 29) che in seguito è stata ripartita per i tre momenti importanti della giornata (Velat, Études, p. 170-174) [4]"



1° Kidân
(Pr.) La grazia del Signore sia con voi.
(F.) Con il tuo spirito.
(Pr.) rendete grazie a Dio.
(F.) È giusto e degno.
(Pr.) (Degno) di te, Padre immortale, salvatore della nostra anima e fondamento di ogni sapienza, custode dei nostri cuori, Tu che hai illuminato il nostro occhio interiore e le tenebre della nostra intelligenza con la conoscenza, con la quale ci hai incoronati. Sei tu che hai salvato il vecchio uomo, consegnato alla perdizione, mediante la Croce del tuo (Figlio) Unico e che lo hai rinnovato con ciò che è immortale (cf. Ef 4, 22-23; Col 3, 9-10); ciò che era stato abolito dalle colpe, Tu lo hai riscattato con i tuoi comandamenti e con la morte del tuo Figlio; Colui che era perduto, Tu sei andato a ricercarlo (cf. Lc 15,4). Per questo noi, tuoi servi, ti glorifichiamo, Signore.
(F.) Noi ti glorifichiamo, o Signore.

2° Kidân
(Pr.) Noi ti lodiamo, Signore, Tu che (gli) arcangeli glorificano senza posa con un canto di glorificazione, senza tregua né riposo, lode di gloria, azione di grazia delle Signorie. Essi ti glorificano con cantici, Signore, Tu che hai mandato il tuo Consiglio, il tuo Verbo e la tua Sapienza, la tua Provvidenza, che era con Te prima che il mondo fosse creato, Verbo increato (Pr 8, 23; Gv 1,1) per la salvezza del genere umano (Tt 2, 11), il tuo Figlio diletto, il nostro Signore Gesù, che ci ha liberati dal giogo del peccato. Per questo noi tuoi servi, ti lodiamo, o Signore.
(F.) Noi ti lodiamo, o Signore.

3° Kidân
Per Te di (tutto) cuore noi ti diciamo una triplice lode; donatore della vita, Signore, visitatore dell’anima degli uomini, che non abbandoni gli spiriti afflitti, che accogli quelli che sono perseguitati; soccorso di coloro che sono nell’abisso, salvatore degli afflitti, che pensi agli affamati e vendichi gli oppressi, amico dei fedeli, intercessore per i giusti e dimora dei puri. Tu esaudisci coloro che ti invocano con giustizia, protettore delle vedove e difensore degli orfani, che dai una guida integra alla Chiesa nella quale hai stabilito un luogo di riposo, lo splendore della fede, l’assemblea dello Spirito, il dono della grazia e della potenza. Lodandoti senza stancarci, senza posa noi rappresentiamo nei nostri cuori le immagini del tuo regno, a causa di Te e a causa del tuo Figlio diletto, il nostro Signore Gesù, per il quale a Te vengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen!

venerdì 9 dicembre 2016

La preghiera dei cristiani di Etiopia -Al Mattino

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sempre dal sito
 http://cristiano-ortodosso-italiano.blogspot.it/2013/10/la-preghiera-dei-cristiani-di-etiopia.html

 dall’ufficio della prima domenica di quaresima [19].

Māzmur del mattino [20]-[20] Di per sé “mäzmur” significa “salmo”, ma qui designa un inno del “māwāddes” (“colui che dice la lode, glorificatore), uno degli uffici del mattino.
Alleluia. Servite il Signore con timore ed esultate per Lui con tremore (Sal 2,11). Perché eterna è la sua misericordia (Sal 135,1b). Per le generazioni delle generazioni la sua verità (Sal 99,5). Noi siamo il suo popolo (Sal 99,3c). Entrate davanti a Lui con umiltà, e con la lode confessatelo nei suoi atri (Sal 99,4). Perché eterna è la sua misericordia (Sal 135,1b). Digiuniamo un digiuno e amiamo il nostro prossimo e amiamoci gli uni gli altri [21] Perché eterna è la sua misericordia (Sal 135,1b). Onorate il sabato [22]e praticate la giustizia (Es 56,1; cf. anche Ap 22,11), perché il sabato è stato creato per l’uomo (Mc 2,27). Perché eterna è la sua misericordia (Sal 135,1b) Canterò per te la misericordia e il giudizio, canterò (salmodie) e conoscerò la via di purità (Sal 100,1). Perché eterna è la sua misericordia (Sal 135,1b). Per le generazioni delle generazioni la sua verità (Sal 99,5). Noi siamo il suo popolo, le pecore del suo pascolo (Sal 99,3c) [23].
‘Ezl del mattino[24]
Saul si avvicinava alla città di Damasco: all’improvviso un lampo brillò sopra di lui, dall’alto del cielo (At 9,3). E gli disse “Saul, fratello mio, sono stato mandato da te (At 9,17) per annunciarti e dichiararti come lo strumento che ho scelto per portare il mio nome fra le nazioni (At 9,23). Digli: egli mi ha detto: “Colui che prima perseguitava, adesso insegna la fede (Gal 1,23)”. Come [il Signore] dice nel vangelo: “Alle altre città tu annuncerai (Lc 4,43). Egli lo annunciò a Paolo dicendo: “Esercitiamoci nella giustizia (1 Tm 4.7). Non comportiamoci con astuzia e non falsifichiamo le parola del Signore (2 Cor 4,2). Onoriamo il sabato secondo la giustizia [25].






giovedì 8 dicembre 2016

La preghiera dei cristiani di Etiopia-Le preghiere iniziali dette perpetue

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Dal sito  cui rimando per tutte le note e per le chiarificazioni

 http://cristiano-ortodosso-italiano.blogspot.it/2013/10/la-preghiera-dei-cristiani-di-etiopia.html

mi limito a pubbicare il testo delle preghiere  dei cristiani d'Etiopia, un popolo di grande testimonianza al Vangelo spesso ed ancora oggi provata e riprovata nel crogiuolo di fuoco delle persecuzioni e del martirio


Le preghiere iniziali

nel Salterio chiamato Māzmurā Dâwit o “Salmi di Davide”, che è di fatto un libro di preghiere di formato piccolo, comodo da portare con sé [26], e contiene: i Salmi (divisi in sette sezioni, una per giorno della settimana), i quindici cantici biblici e il Cantico dei cantici [27], le preghiere iniziali (che seguono), come anche alcune invocazioni come ilKyrie eleison, e il “Egzio mäharänä Krestos” (Cristo Signore, abbi pietà di noi!”) [28]; vi si trovano anche degli uffici di devozione alla santa Vergine, come la Lode di Maria, l’uno o l’altro Säläm o “Saluto” e alcuni Mälke’ o “effige”, preghiere di devozione alle sofferenze del Redentore, ecc.



(Segno di croce) [32] Io segno il mio volto e tutta la mia persona con il segno della Croce (3 x). Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, Dio unico. Credendo nella santa Trinità e a essa affidandomi, il ti rigetto, Satana, in presenza della mia santa madre che è qui, la Chiesa, che è mia testimone, (santa) Maria (di) Sion [33], per i secoli dei secoli.
Noi ti lodiamo, Signore, e ti glorifichiamo; noi ti benediciamo,Signore, e ti confessiamo. Noi ci incliniamo davanti a te, Signore, e serviamo il tuo santo Nome. Noi ci prostriamo davanti a te, tu davanti al quale ogni ginocchio si flette, tu che ogni lingua serve (Fil 2,10-11). Tu sei il Dio degli dei, il Signore dei signori e il Re dei re; tu sei il Dio di ogni carne e di tutto ciò che ha un respiro.
Noi ti invochiamo come il tuo santo Figlio ci ha insegnato, dicendo [34]: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, la tua volontà sia (fatta) sulla terra come in cielo. Dacci oggi il nostro nutrimento quotidiano, rimetti le nostre offese e le nostre colpe affinché anche noi rimettiamo a coloro che ci hanno offeso, non ci indurre in tentazione, Signore, salvaci e liberaci da ogni male. Perché tuo è il regno, la potenza e la lode per i secoli dei secoli.
(Ave Maria, formula etiopica [35]) O Nostra Signora Maria, salute a te con il saluto del santo angelo Gabriele. Tu sei vergine di spirito e di corpo, tu sei la madre del Signore Sabaoth, Salute a te! Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo grembo. Rallegrati, o piena di grazia, il Signore è con te. Prega e supplica il tuo Figlio diletto Gesù Cristo che ci perdoni i nostri peccati.
[Credo] Noi crediamo in un solo Dio, il Signore Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, delle cose visibili e invisibili. Noi crediamo in un solo Signore Gesù Cristo, Figlio unico del Padre, che era con lui prima che il mondo fosse creato. Luce da luce, Dio da Dio in verità. Generato , non creato, eguale al Padre in divinità. Tutto fu per lui e nulla di ciò che fu non fu senza di lui, né in cielo, né sulla terra. Che per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e si è fatto uomo: Ha preso carne dallo Spirito santo e dalla santa vergine Maria. Era uomo ed è stato crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato. Ha sofferto, è morto ed è stato sepolto. È risorto il terzo giorno, come sta scritto nelle sacre Scritture. È salito al cielo nella gloria e si è assiso alla destra del Padre; tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Noi crediamo nello Spirito santo, che è Signore e dà la vita, che procede dal Padre. Lo adoriamo e lo glorifichiamo insieme al Padre e al Figlio. Crediamo in un Chiesa santa universale e apostolica. Crediamo in un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspettiamo la risurrezione dei morti e la vita che verrà per i secoli dei secoli.
Santo, santo, santo il Signore Sabaoth, il cielo e la terra sono pieni della santità della tua gloria. Noi ti adoriamo, o Cristo, con il Padre celeste e buono, e il tuo Spirito santo che dà la vita. Tu sei venuto e ci hai salvati.
Adoro il Padre, il Figlio e lo Spirito santo in una unica adorazione (3 x). Perché uno è tre e tre è uno: sono tre persone e una sola divinità. Mi prostro [36] davanti alla Nostra Signora Maria, Madre di Dio. Mi prostro davanti alla Croce di Nostro Signore Gesù Cristo, che è stata santificata dal suo sangue prezioso. La Croce, nostra potenza, la Croce, nostra forza, la Croce, nostra redenzione, la Croce, salvezza della nostra anima; i Giudei l’hanno rifiutata, ma noi vi crediamo, e chi crede nella potenza della Croce è salvo.
Gloria al Padre, gloria al Figlio e gloria allo Spirito santo (3 x). Gloria a nostra Signora Maria la Vergine, la Madre di Dio. Gloria alla Croce di nostro Signore Gesù Cristo. Che il Cristo, nella sua misericordia, si ricordi di noi, alla sua seconda venuta che non ci confonda, che ci rialzi, a gloria del suo Nome. Nostra Signora Maria, fa’ salire la nostra preghiera e intercedi per il perdono dei nostri peccati davanti al trono di nostro Signore, che ci ha fatto mangiare questo pane e ci ha fatto bere a questa coppa, che ci fornisce il pane e i vestiti, che ha sopportato pazientemente tutti i nostri peccati, che ci ha donato il suo santo Corpo e il suo Sangue prezioso, e che ci ha fatto arrivare fino a quest’ora, a lui rendiamo gloria e azione di grazie, Signore altissimo e alla sua Madre vergine e alla sua gloriosa Croce. Ringraziamento e gloria al nome del Signore, sempre e in ogni tempo e ad ogni ora.
(Sälam läki, altra preghiera mariana) “Salute a te” ti diciamo prostrandoci davanti a te, o Maria nostra madre. Ti supplichiamo: dalla bestia che ci perseguita (cf, Ap 12,7), presso di te abbiamo cercato rifugio. Per riguardo per Anna, tua madre, e Gioacchino, tuo padre, o Vergine, benedici la nostra comunità oggi.
[Preghiera di Nostra Signore Maria, la vergine Madre di Dio] l’anima mia esalta il Signore... = Magnificat: Lc 1, 46-55).



martedì 6 dicembre 2016

Dal «Discorso sui pastori» di sant'Agostino, vescovo

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Dal «Discorso sui pastori» di sant'Agostino, vescovo
(Disc. 46, 1-2; CCL 41, 529-530)

Pastori siamo, ma prima cristiani
Ogni nostra speranza è posta in Cristo. È lui tutta la nostra salvezza e la vera gloria. È una verità, questa, ovvia e familiare a voi che vi trovate nel gregge di colui che porge ascolto alla voce di Israele e lo pasce. Ma poiché vi sono dei pastori che bramano sentirsi chiamare pastori, ma non vogliono compiere i doveri dei pastori, esaminiamo che cosa venga detto loro dal profeta. Voi ascoltatelo con attenzione, noi lo sentiremo con timore.
«Mi fu rivolta questa parola del Signore: Figlio dell'uomo, profetizza contro i pastori di Israele, predici e riferisci ai pastori d'Israele» (Ez 34,1-2) Abbiamo ascoltato or ora la lettura di questo brano, quindi abbiamo deciso di discorrerne un poco con voi. Dio stesso ci aiuterà a dire cose vere, anche se non diciamo cose nostre. Se dicessimo infatti cose nostre saremmo pastori che pascono se stessi, non il gregge; se invece diciamo cose che vengono da lui, egli stesso vi pascerà, servendosi di chiunque.
«Questo dice il Signore Dio: Guai ai pastori di Israele che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge?» (Ez 34,2), cioè i pastori non devono pascere se stessi, ma il gregge. Questo è il primo capo di accusa contro tali pastori: essi pascono se stessi e non il gregge. Chi sono coloro che pascono se stessi? Quelli di cui l'Apostolo dice: «Tutti infatti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo» (Fil 2,21).
Ora noi che il Signore, per bontà sua e non per nostro merito, ha posto in questo ufficio di cui dobbiamo rendere conto, e che conto! dobbiamo distinguere molto bene due cose: la prima cioè che siamo cristiani, la seconda che siamo posti a capo. Il fatto di essere cristiani riguarda noi stessi; l'essere posti a capo invece riguarda voi.
Per il fatto di essere cristiani dobbiamo badare alla nostra utilità, in quanto siamo messi a capo dobbiamo preoccuparci della vostra salvezza.
Forse molti semplici cristiani giungono a Dio percorrendo una via più facile della nostra e camminando tanto più speditamente, quanto minore è il peso di responsabilità che portano sulle spalle. Noi invece dovremo rendere conto a Dio prima di tutto della nostra vita, come cristiani, ma poi dovremo rispondere in modo particolare dell'esercizio del nostro ministero, come pastori.

 Dal «Discorso sui pastori» di sant'Agostino, vescovo

(Disc. 46, 18-19; CCL 41, 544-546)

La Chiesa, come una vite, crescendo si è diffusa in ogni luogo


Vanno errando le mie pecore per tutti i monti e su ogni colle e sono disperse su tutta la faccia della terra (cfr. Ez 34, 6). Che significa disperdersi su tutta la faccia della terra? Seguire tutte le cose terrene, amare e avere a cuore tutto quello che alletta sulla faccia della terra.
Non vogliono morire di quella morte che renda la loro vita nascosta in Cristo.
«Su tutta la faccia della terra», perché amano i beni terreni e perché le pecore che si smarriscono sono sparse su tutta la faccia della terra. Si trovano in molti luoghi, sono figlie di un'unica madre, la superbia, all'opposto di tutti i veri cristiani diffusi in ogni angolo della terra e generati dall'unica madre che è la Chiesa cattolica.
Non c'è pertanto da meravigliarsi che, se la superbia genera la divisione, l'amore generi l'unità. Tuttavia la stessa madre Chiesa cattolica, e in essa lo stesso pastore, ricerca dovunque gli smarriti, rinfranca i deboli, cura i malati, fascia i feriti, prendendo gli uni di qui, gli altri di là, senza che si conoscano tra di loro. Ma essa ben li conosce tutti, perché si estende a tutti.
Essa è come una vite che, crescendo, si propaga in ogni parte; quelli invece sono tralci inutili recisi dal vignaiuolo per la loro sterilità, perché la vite resti potata, non già amputata. Dunque quei tralci sono rimasti là dove furono recisi. La vite invece, spandendosi dovunque, conosce sia i tralci che le sono rimasti uniti, sia quelli che ne furono recisi, e sono rimasti lì vicino ad essa.
Ma tuttavia la Chiesa continua a richiamare chi si smarrisce, perché anche di questi rami tagliati l'Apostolo dice: «Dio infatti ha la potenza di innestarli di nuovo» (Rm 11, 23). Sia dunque che si tratti di pecore erranti lontane dal gregge, sia che si tratti di rami recisi dalla vite, non per questo Dio è meno potente per ricondurre le pecore o per reinnestarle nella vite. Egli infatti è il sommo Pastore, egli è il vero agricoltore.
«Vanno errando tutte le mie pecore in tutto il paese e nessuno» tra quei cattivi pastori «va in cerca di loro e se ne cura» (Ez 34, 6). Non c'è, tra i pastori umani, chi le ricerchi.
Perciò, o pastori, ascoltate: Com'è vero che io vivo, dice il Signore Dio (cfr. Ez 34, 7). Vedete come comincia? È come un giuramento di Dio, prende la sua vita a testimonianza. «Come è vero che io vivo, dice il Signore». I pastori sono morti, ma le pecore sono al sicuro, c'è il Signore che vive. «Come è vero che io vivo, dice il Signore».
Ma quali pastori sono morti? Quelli che cercavano i propri interessi e non già gli interessi di Gesù Cristo. Ma vi saranno dunque e si troveranno ancora dei pastori, che cercano non i loro interessi ma quelli di Gesù Cristo? Certamente ce ne saranno. Certamente se ne troveranno, perché non mancano, né mancheranno.




(Disc. 46, 20-21; CCL 41, 546-548)
Fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno

    «Udite, pastori, la parola del Signore». Ma che cosa udite, o pastori? «Dice il Signore Dio: Eccomi contro i pastori: chiederò loro conto del mio gregge» (Ez 34, 9).
    Udite e imparate, pecorelle di Dio. Ai pastori malvagi Dio chiede che rendano conto delle sue pecore e che rispondano della morte loro arrecata con le loro stesse mani.
    Dice altrove infatti per bocca dello stesso profeta: «O figlio dell'uomo, io ti ho costituito quale sentinella per gli Israeliti; ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li avvertirai da parte mia. Se io dico all'empio: Empio, tu morrai, e tu non parli per distogliere l'empio dalla sua condotta, egli, l'empio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte chiederò conto a te. Ma se tu avrai ammonito l'empio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte, egli morirà per la sua iniquità, tu invece sarai salvo» (Ez 33, 7-9).
    Che significa ciò, o fratelli? Vedete quanto è pericoloso tacere? Muore quell'empio e giustamente subisce la morte. Muore per la sua iniquità e per il suo peccato. È ucciso infatti dalla sua negligenza. Egli avrebbe potuto ben trovare il Pastore vivente che dice: «Io vivo, dice il Signore». Ma non lo ha fatto, anche perché non ammonito da chi era stato costituito capo e sentinella proprio a questo fine.
    Perciò giustamente morirà, ma anche chi ha trascurato di ammonirlo sarà giustamente condannato.
    Se invece, dice il Signore, avrai detto al malvagio, a cui io avevo minacciato la spada: «Morrai» e quegli avrà trascurato di evitare la spada incombente e la spada scenderà su di lui e l'ucciderà, egli morirà nel suo peccato, ma tu avrai liberato la tua anima.
    Perciò è nostro compito non tacere, ma a voi, anche se tacessimo, spetta ascoltare dalle Scritture le parole del Pastore.
    Vediamo dunque secondo quel che mi ero proposto, se mai egli liberi le pecore dai cattivi pastori per affidarle ai buoni pastori. Vedo infatti che libera le pecore dai cattivi pastori, quando dice: «Eccomi contro i pastori: chiederò loro conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge, così i pastori non pasceranno più se stessi» (Ez 34, 10).
    Quando infatti dico: Pascolino il mio gregge, essi pascono se stessi e non il mio gregge. Lo toglierò loro perché non pascolino il mio gregge.
    In che modo lo toglie loro, perché essi non pascolino più il suo gregge? Dicendo: Fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno (cfr. Mt 23, 3). Come se dicesse: Proclamano la parola mia, ma fanno gli interessi loro. Quando non fate ciò che fanno i cattivi pastori, non sono essi che vi pascolano. Quando invece fate ciò che essi dicono, sono io che vi pascolo.


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giovedì 1 dicembre 2016

e Abbà disse..Il nostro padre tra i Santi Cromazio di Aquileia





 





Questa icona di San Cromazio d'Aquileia è il dono del Patriarca Bartolomeo per la Basilica di Aquileia, in ricordo dell'aiuto dato da Cromazio al predecessore del Patriarca sulla sede di Costantinopoli, San Giovanni Crisostomo
" 'Tu, quando preghi, entra nella tua camera, e chiusa la porta, prega il Padre tuo' (Mt 6, 6). Bisogna pregare Dio dopo aver chiuso la porta: vale a dire che dobbiamo chiudere il nostro cuore, con la chiave mistica, a ogni sentimento malvagio, e a bocca chiusa dobbiamo parlare a Dio con mente pura... Il nostro cuore, dunque, sia chiuso con la chiave della fede contro le insidie dell'avversario e sia aperto solo a Dio; si sa quello è il nostro tempio, perché colui che abita nei nostri cuori è il nostro avvocato nelle preghiere."

Cromazio d'Aquileia, "Sermoni Liturgici", Edizioni Paoline, Milano 2013, pp. 287-28

"Non si può parlare di Chiesa se non c'è Maria, madre del Signore, con i suoi fratelli. Infatti, c'è la Chiesa di Cristo dove si predica che Cristo si è incarnato dalla Vergine."

Cromazio d'Aquileia, "Sermoni Liturgici", Edizioni Paoline, Milano 2013, p. 234


"Non sapete che coloro che corrono nello stadio, corrono sì tutti, ma solo uno conquista la corona?" (1 Cor 9, 24). Secondo l'esempio terreno, come dice l'apostolo..., nello stadio della vita presente, sono in molti a correre ma uno solo conquista la corona. Corrono i Giudei dietro la Legge, corrono i filosofi dietro una vana sapienza, corrono gli eretici dietro una falsa dottrina, corrono i cattolici dietro la predicazione della vera fede: tra tutti questi però solo uno conquista la corona, appunto il popolo cattolico che lungo la retta via della fede si protende verso Cristo, per raggiungere la palma e la corona dell'immortalità.
Perciò i Giudei, i filosofi e gli eretici corrono invano, perché non percorrono la corsia della retta fede. Che cosa giova ai Giudei correre dietro l'osservanza della Legge, se ignorano Cristo Signore della Legge? Corrono anche i filosofi dietro la vana sapienza del mondo, ma inutile e senza risultato è la loro corsa perché non conoscono la vera sapienza di Cristo. Cristo, infatti, è la vera sapienza di Dio, che non fa sfoggio di parole o di brillanti discorsi, ma viene conosciuta con la fede del cuore. Corrono gli eretici dietro le tossiche affermazioni della loro fede..., ma non raggiungono la corona perché non credono fedelmente in Cristo; la loro fede falsa non merita di ricevere la grazia della vera fede. 



Cromazio d'Aquileia, "Sermoni Liturgici", Edizioni Paoline, Milano 2013, pp. 225-226-227


" 'Noi siamo tuo popolo e pecore del tuo gregge' (Sal 94, 7). Da questo gregge di santi è uscita quella pecora immacolata, cioè santa Maria, che al di là delle leggi della natura ha generato per noi l'agnello purpureo, cioè Cristo, re dei re."


Cromazio d'Aquileia, "Sermoni Liturgici", Edizioni Paoline, Milano 2013, p. 192


"Ha preso sonno per noi nel mistero della passione; ma quel sonno del Signore è diventato la veglia di tutto il mondo, perché la morte di Cristo ha allontanato da noi il sonno della morte eterna. Quel sonno di Cristo è diventato soave, perché ci ha richiamati da una morte amara a una vita soave. [Egli] con questo ha svelato chiaramente il mistero della sua divinità e della sua carne. Ha dormito nella carne, ha vegliato nella divinità, perché la divinità non poteva dormire."


Cromazio d'Aquileia, "Sermoni Liturgici", Edizioni Paoline, Milano 2013, pp. 145-146


Il termine ebraico "alleluia", che echeggia continuamente nella Chiesa, ci invita a rendere lode a Dio e a confessare la vera fede. "Alleluia", dall'ebraico, si traduce: "Cantare a colui che è", oppure: "Dio, benedici tutti noi", e ancora: "Lodate il Signore".
Dobbiamo cantare a colui che è, perché un tempo sia noi che i nostri antenati abbiamo cantato a coloro che non erano, cioè agli dèi delle genti e ai simulacri degli idoli.
Dunque a questo Dio così grande che è sempre stato e sempre è, dobbiamo cantare ciò che è degno, ciò che conviene alla lode della sua maestà, perché è eterno, onnipotente, immenso, creatore e Salvatore del mondo...


Cromazio d'Aquileia, "Sermoni Liturgici", Edizioni Paoline, Milano 2013,
pp. 254 sgg.


Cromazio d’Aquileia, Discorsi, 30

Dopo che il Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo morì, risuscitò e ascese al cielo, la sua Chiesa formata da un centinaio di persone si riunì nel cenacolo al piano superiore, con Maria madre di Gesù e con i suoi fratelli. Non si può parlare di Chiesa dove non c’è Maria madre del Signore coi suoi fratelli. La Chiesa di Cristo infatti è lì, dove viene predicata l’incarnazione di Cristo dalla Vergine. E dove predicano gli apostoli, fratelli del Signore, si ascolta il vangelo.
All’inizio, dopo l’ascensione del Signore al cielo, la Chiesa contava appena centoventi uomini, poi aumentò tanto da riempire tutto il mondo di innumerevoli popoli. Che questo sarebbe avvenuto lo manifesta lo stesso Signore nel vangelo, dicendo agli apostoli: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,23).
E veramente un frutto abbondante ha portato la risurrezione del Signore, dopo la sua passione per l’umana salvezza. Nel grano di frumento il nostro Salvatore vuol indicare il suo corpo. Dopo la sua sepoltura portò un frutto innumerevole, perché con la risurrezione del Signore sono spuntate in tutto il mondo spighe di virtù e messi di popoli credenti. La morte di uno solo è diventata la vita di tutti.
A ragione, in un altro passo del vangelo, fa questo paragone: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami» (Mt 13,31-32). Al granellino di senapa il Signore ha paragonato se stesso che, pur essendo il Signore della gloria, di una maestà eterna, si fece il più piccolo di tutti, degnandosi di nascere piccolo bambino dalla Vergine.
Viene seminato in terra quando il suo corpo è consegnato al sepolcro. Ma dopo che è risorto, per la gloria della risurrezione si è innalzato da terra, per diventare un albero sui cui rami abitano gli uccelli del cielo. In questo albero era rappresentata la Chiesa, che dopo la morte di Cristo è risorta nella gloria. I suoi rami non sono che gli apostoli, poiché come i rami con naturalezza ornano l’albero, così gli apostoli con lo splendore della loro grazia ornano la Chiesa di Cristo.
Nei rami si vedono abitare gli uccelli del cielo. In questi uccelli del cielo siamo allegoricamente raffigurati noi, che entrando nella Chiesa di Cristo riposiamo sulla dottrina degli apostoli come su rami.
All’inizio dunque, dopo l’ascensione del Signore, la Chiesa contava solo pochi uomini, ma poi crebbe tanto da riempire tutto il mondo, non solo le città, ma anche le diverse nazioni. Credono i Persi, credono gli Indi, crede tutto il mondo. I popoli sono condotti nella pace all’ossequio di Cristo non dal terrore della spada o dalla paura dell’imperatore, ma dalla sola fede in Cristo. E se la necessità lo richiede, sono pronti a dare la vita per il loro Re piuttosto che perdere la fede. E giustamente, perché questo Re per cui combattiamo premia i suoi soldati anche dopo la morte. Il re del mondo non può dare niente dopo la morte al soldato che si è lasciato uccidere per lui, perché anch’egli è soggetto alla morte; ma Cristo-re premierà con l’immortalità i suoi soldati che si sono lasciati uccidere per lui. Il soldato del mondo, se è ucciso per il re, è vinto. Il soldato di Cristo, invece, vince maggiormente quando merita di essere ucciso per Cristo.

 http://patristica.olivasergio.it/2016/05/cromazio-daquileia-la-chiesa-di-cristo.html


ed anche
 http://padridellachiesa.blogspot.it/2013/10/san-cromazio-daquileia.html

lunedì 28 novembre 2016

Preghiera per il mattino che la Santa Tradizione attribuisce a San Girolamo


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Preghiera  per il mattino che la Santa Tradizione attribuisce a San Girolamo



Signore Gesù Cristo, io mi sveglio al mattino. Rimirami e guida ogni mio passo e ogni mia opera, ogni pensiero e ogni parola, così che io possa condurre il giorno intero all'ombra del tuo volere. Donami, o Signore, la compunzione del cuore, il Timore di Te, pura coscienza e chiarezza della mente, così da odiare ogni peccato e dimenticare ogni malignità, sperare nel Paradiso e desiderare la giustizia. Prendi dal mio cuore le velleità del mondo e togli da me ogni fame golosa, ogni pensiero impuro, l'avidità, l'ira, la tristezza del mondo, la gioia empia, l'orgoglio tracotante. Pianta in me, Signore, le tue virtù:  astinenza, autocontrollo, castità, umiltà e amore fraterno verso ogni creatura. Guarda la mia bocca, o Signore, e poni una custodia alle mie labbra, affinché non proferisca vanità ma lodi solamente il tuo Nome santissimo. Sia la preghiera continuamente serrata sulle mie labbra, e non dimenticarti dei miei occhi, affinché non si posino sui beni del mio vicino, ma che nello spirito di Davide io possa affermare: "i miei occhi sono rivolti al Signore". Scruta, Signore, le mie orecchie, affinché blasfemie e bugie non penetrino il mio udito, ma siano attente all'ascolto della Tua Parola, di Te, che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen