LA NOSTRA PREGHIERA
SIA PUBBLICA E COMUNITARIA (8)
SIA PUBBLICA E COMUNITARIA (8)
Anzitutto  il Signore della pace 
e dell’unità non ha voluto che pregassimo individualmente e a parte, affinché 
colui che prega non preghi solo per sé. Non diciamo : Padre mio che sei nel 
cielo, né dammi il mio pane quotidiano. E ognuno non prega solo per sé che Dio 
gli rimetta il suo debito; o che non lo induca in tentazione e lo liberi dal 
male.
La nostra preghiera è pubblica e comunitaria, e quando preghiamo, non preghiamo per uno solo, ma per tutto il popolo, perché con tutto il popolo noi siamo uno. Il Dio della pace e il Signore della concordia, che ci insegna l’unità, ha voluto che ognuno pregasse per tutti, come Egli stesso ci ha tutti portati in uno.
La nostra preghiera è pubblica e comunitaria, e quando preghiamo, non preghiamo per uno solo, ma per tutto il popolo, perché con tutto il popolo noi siamo uno. Il Dio della pace e il Signore della concordia, che ci insegna l’unità, ha voluto che ognuno pregasse per tutti, come Egli stesso ci ha tutti portati in uno.
I tre fanciulli nella fornace hanno osservato questa 
legge della preghiera : erano uniti nella preghiera e formavano un solo coro. La 
Scrittura ce lo attesta e, nel riferirci il loro modo di pregare, ci offre un 
esempio da imitare nella preghiera affinché possiamo somigliare a loro. Essa 
dice : Quei tre allora quasi con una sola bocca cantavano e benedicevano Iddio 
(Daniele III, 51).
Parlavano quasi con una sola bocca, e tuttavia il Cristo 
non aveva ancora insegnato loro a pregare. La loro supplica fu potente ed 
efficace, perché una preghiera serena, semplice e spirituale obbliga Dio. Tutti, 
è detto, con un sol cuore perseveravano nella preghiera, insieme con alcune 
donne, tra cui Maria, la Madre di Gesù, e i suoi fratelli (Atti I, 14).
Con un sol cuore perseveravano nella preghiera, il che 
manifesta ad un tempo il loro ardore e la loro unità. Poiché Iddio, che riunisce 
nella stessa casa quelli che hanno un solo cuore, accetta nelle sue divine ed 
eterne dimore solo coloro che pregano in comunione gli uni con gli altri.
DICIAMO «PADRE»
PERCHÉ SIAMO DIVENTATI FIGLI (9)
Come sono numerose e grandi le ricchezze della preghiera 
del Signore! Sono riunite in poche parole ma di una densità spirituale 
inesauribile, al punto che niente di tutto ciò che deve costituire la nostra 
preghiera manca in questo riassunto della dottrina celeste. È detto: Pregate 
così: Padre nostro che sei nei cieli.
L’uomo nuovo, che è rinato e reso a Dio per la grazia, 
dica anzitutto : Padre, perché è diventato figlio. È venuto in casa sua e i suoi 
non l’hanno ricevuto. Ma a tutti coloro che l’hanno ricevuto, egli ha dato il 
potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome (Giovanni I, 
12). Colui che ha creduto nel suo nome ed è diventato figlio di Dio deve 
cominciare col rendere grazie e professare che è figlio di Dio. E quando chiama 
Padre il Dio dei cieli, con questo attesta che rinunzia al padre terreno e 
carnale della sua prima nascita per riconoscere un solo Padre che è nei cieli. È 
scritto infatti : Quelli che dicono al padre e alla madre « non ti conosco », e 
non riconoscono i loro figli, questi hanno osservato la tua parola e custodito 
la tua alleanza (Deuteronomio XXXIII, 9).
Anche il Signore ci ordina nel Vangelo di non chiamare 
nessuno sulla terra « padre », poiché abbiamo un solo Padre che è nei cieli. Al 
discepolo che ricorda il padre morto, risponde: Lascia che i morti seppelliscano 
i morti {Matteo VIII, 22). Il discepolo parlava di un padre morto, mentre il 
Padre dei credenti è vivo.
DIO È PADRE DI COLORO CHE CREDONO
E SONO RINATI PER OPERA SUA (10)
Fratelli amatissimi, non basta prendere coscienza che noi 
invochiamo il Padre che è nei cieli. Aggiungiamo: Padre nostro, cioè padre di 
quelli che credono, di quelli che sono stati da lui santificati e sono rinati 
per la grazia spirituale: quelli hanno cominciato ad essere figli di Dio.
Questa parola è una bestemmia e una critica per gli 
Ebrei. Costoro nella loro infedeltà hanno disprezzato il Cristo che fu loro 
annunziato dai profeti e inviato anzitutto per loro; e per giunta lo hanno 
crudelmente condannato a morte. Non possono chiamare più Dio loro Padre perché 
il Signore ribatté per loro confusione: Voi avete il diavolo per padre e i 
desideri di vostro padre volete compiere. Egli era omicida fin dal principio e 
non ha perseverato nella verità perché non ha verità in sé (Giovanni VIII, 44).
E per mezzo del profeta Isaia, Dio grida indignato :
Ho nutrito dei figli e li ho allevati,
e si sono rivoltati contro di me.
Il bue conosce il suo padrone,
e l’asino la stalla del suo signore;
ma Israele non mi conosce.
E il mio popolo non ha intelligenza.
Guai alla nazione peccatrice, al popolo
carico di iniquità,
alla razza dei malvagi, ai figli corrotti.
Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato
il Santo d’Israele. (Isaia I, 2-4).
Per biasimarli, i cristiani 
dicono pregando : Padre nostro; infatti egli ha cominciato a diventare nostro e 
ha cessato di essere quello degli Ebrei, che l’hanno abbandonato. Il popolo 
prevaricatore non può essere figlio; ma quelli ai quali furono rimessi i 
peccati, meritano questo titolo e ricevono la promessa dell’eternità, secondo la 
parola del Signore: Colui che commette il peccato è schiavo del peccato. Lo 
schiavo non resta sempre nella casa, ma il figlio vi resta in eterno.
Testo latino  degli stessi capitoli
  VIII.  Ante 
  omnia,  pacis 
  doctor  atque 
  unitatis  magister 
  singillatim  noluit 
  et  privatim 
  precem  fieri, 
  ut  quis 
  cum  precatur, 
  non  pro 
  se  tantum 
  precetur.  Non 
  enim  dicimus, 
  Pater  meus 
  qui  es 
  in  coelis, 
  nec  Panem 
  meum  da 
  mihi  hodie; 
  nec  dimitti 
  sibi  tantum 
  unusquisque  debitum 
  postulat,  aut 
  ut  in 
  tentationem  non 
  inducatur,  atque 
  a  malo 
  liberetur,  pro 
  se solo 
  rogat.  Publica 
  est  nobis 
  et  communis 
  oratio;  et 
  quando  oramus, 
  non  pro 
  uno  sed 
  pro  toto 
  populo  oramus, 
  quia  totus 
  populus  unum 
  sumus.  Deus 
  pacis  et 
  concordiae  magister, 
  qui  docuit 
  unitatem,  sic 
  orare  unum 
  pro  omnibus 
  voluit  quomodo 
  in  uno 
  omnes  ipse 
  portavit.  Hanc 
  orationis  legem 
  servaverunt  tres 
  pueri  in 
  camino  ignis 
  inclusi,  consonantes 
  in  prece, 
  et  spiritus 
  consensione  
  concordes.  (0524B) Quod 
  declarat  Scripturae 
  divinae  fides: 
  et  dum 
  docet  quomodo 
  oraverint  tales, 
  dat  exemplum 
  quod  imitari 
  in  precibus 
  debeamus,  ut 
  tales  esse 
  possimus:  Tunc 
  ille  tres, 
  inquit,  quasi 
  ex  uno 
  ore  hymnum 
  canebant  et 
  benedicebant  Dominum 
  (Dan.  III, 
  51) . Loquebantur  
  quasi  ex 
  uno  ore, 
  et  nondum 
  illos  Christus 
  docuerat  orare. 
  Et  idcirco 
  orantibus  fuit 
  impetrabilis  et 
  efficax  sermo, 
  quia  promerebatur 
  Dominum  pacifica 
  et  simplex 
  et  spiritalis 
  oratio.  Sic 
  et  Apostolos 
  cum  discipulis 
  post  ascensum 
  Domini  invenimus 
  orasse:  Erant, 
  inquit,  perseverantes 
  omnes  unanimes 
  in  oratione 
  cum  mulieribus 
  et  Maria 
  quae  fuerat 
  mater  Iesu, 
  et  fratribus 
  eius  (Act. 
  I,  14) . 
  Perseverabant  in 
  oratione  unanimes, 
  orationis  suae 
  et  instantiam 
  simul  et 
  concordiam  
  declarantes:  quia 
  Deus,  qui 
  inhabitare  facit 
  unanimes  in 
  domo  (Psal. 
  LXVII,  7) , non 
  admittit  in 
  divinam  et 
  aeternam  domum 
  nisi  eos 
  apud  quos 
  est  unanimis 
  oratio.  
  (0525A) 
  
   IX. 
  Qualia  autem 
  sunt,  fratres 
  dilectissimi,  
  orationis  Dominicae 
  sacramenta,  quam 
  multa,  quam 
  magna,  breviter 
  in  sermone 
  collecta,  sed 
  in  virtute 
  spiritaliter  copiosa, 
  ut  nihil 
  omnino  praetermissum 
  sit  quod 
  non  in 
  precibus  atque 
  orationibus  nostris 
  coelestis  doctrinae 
  compendio  
  comprehendatur.  Sic, 
  ait,  crate: 
  PATER  NOSTER 
  QUI  ES 
  IN  COELIS. 
  Homo,  novus, 
  renatus,  et 
  Deo  suo 
  per  gratiam 
  eius  restitutus, 
  Pater  primo 
  in  loco 
  dicit,  quia 
  filius  esse 
  iam  coepit. 
  In  sua, 
  inquit,  propria 
  venit,  et 
  sui  eum 
  non  receperunt. 
  (0525B) Quotquot  
  autem  eum 
  receperunt,  dedit 
  illis  potestatem 
  ut  filii 
  Dei  fierent, 
  his  qui 
  credunt  in 
  nomine  eius 
  (Ioan.  I, 
  11, 12) . 
  Qui 
  ergo  credidit 
  in  nomine 
  eius,  et 
  factus  est 
  Dei  filius, 
  hinc  debet 
  incipere  ut 
  et  gratias 
  agat  et 
  profiteatur  se 
  Dei  filium, 
  dum  nominat 
  patrem  sibi 
  esse  in 
  coelis  Deum; 
  contestetur  quoque 
  inter  prima 
  statim  nativitatis 
  suae  verba 
  renuntiasse  se 
  terreno  et 
  carnali  patri, 
  et  patrem
   solum 
  nosse  se 
  et  habere 
  coepisse  qui 
  sit  in 
  coelis,  sicut 
  scriptum  est: 
  Qui  dicunt 
  patri  et 
  matri:  Non 
  novi  te, 
  et  filios 
  suos  non 
  agnoverunt,  hi 
  custodierunt  
  praecepta  tua 
  et  testamentum 
  tuum  servaverunt 
  (Deut.  XXXIII, 
  9) . Item  Dominus 
  in  Evangelio 
  suo  praecepit 
  ne  vocemus 
  nobis  patrem 
  in  terra, 
  quod  sit 
  scilicet  nobis 
  unus  pater 
  qui  est 
  in  coelis 
  (Matth.  XXIII, 
  9) . Et  discipulo 
  qui  mentionem 
  defuncti  patris 
  fecerat  respondit: 
  Sine  mortui 
  mortuos  suos 
  sepeliant  (Matth. 
  VIII,  22) . Dixerat 
  enim  patrem 
  suum  mortuum, 
  cum  sit 
  credentium  Pater 
  vivus.  (0525C) 
  
Estratto da "Patrologia latina" del Migne - Vol. IV
http://ora-et-labora.net/sanciprianopadrenostrolatit.html
Vita ed opere di San Cipriano
http://ora-et-labora.net/sancipriano.html
http://www.ortodossiatorino.net/PDF/201205311816160.San%20Cipriano%20di%20Cartagine%20sulla%20Chiesa.pdf?cat_id=32
 
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