sabato 11 gennaio 2020

Per la Santa Domenica dopo le Luci delle Teofanie del Signore


Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli cha vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti:
Distruggerò la sapienza dei sapienti
e annullerò l'intelligenza degli intelligenti.
Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
(s. Paolo, 1Cor 1,17-25)
Sforzati di mantenere sordo e muto l’intelletto nel tempo della preghiera, e così potrai pregare.
*Evagrio Pontico (Monaco ortodosso, Ibora, 345 – Egitto, 399)

IL QUARTO TEOLOGO *
Un giorno da padre Ioann si presentò un giovane, diplomato all'Accademia teologica, e annunciò tra l'altro: "Sono un teologo".
Padre Ioann si stupì molto e chiese: “Come, il quarto?” - "Quarto" cosa? - l'accademico non capiva. Padre Ioann spiegò: “Nella Chiesa abbiamo tre teologi: il primo è san Giovanni Evangelista, apostolo e discepolo amato dal Salvatore. Il secondo è san Gregorio il Teologo. E il terzo san Simeone il Nuovo Teologo. La santa Chiesa nell'intera sua storia bimillenaria ha deciso di conferire l'appellativo di "teologo" solo a loro. Vuol dire che lei è il quarto?”
* p. Tichon Ševkunov (archimandrita ortodosso-russo - 1958) – 

"Teologo è il (buon) ladrone crocifisso".
(Kosmas monaco aghiorita)

Queste sono le sette sentenze di cui ha parlato l'abate Mosé all'abate Poemen e chi le custodisce, sia che si trovi nel cenobio, nella solitudine o nella stessa vita secolare, potrà essere salvo.
1. Innanzitutto, come sta scritto, l'uomo deve "amare Dio con tutta l'anima e con tutta la mente" (Mt 22,37).
2. L'uomo deve amare il prossimo come se stesso (Mt 22,39).
3. L'uomo deve mortificare se stesso da ogni male.
4. L'uomo non deve giudicare un suo fratello per nessun motivo.
5. L'uomo non deve fare del male ad un altro.
6. Prima di uscire dal corpo l'uomo deve mondare se stesso da ogni corruzione della carne e dello spirito.
7. L'uomo deve sempre avere un cuore contrito ed umiliato. Compia sempre tutto, pensando ai suoi peccati e non a quelli del prossimo, con l'aiuto della grazia di nostro Signore Gesù Cristo, che con Dio Padre e lo Spirito Santo vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen.

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Perché accendiamo lampade davanti alle icone?
di San Nicola di Zica e Ochrid
Primo – poiché la nostra fede è luce. Cristo ci ha detto: “Io sono la luce del mondo” (Giovanni 8, 12). La luce della lampada ci ricorda la luce con la quale Cristo illumina le nostre anime.
Secondo – per ricordarci della natura luminosa del santo innanzi alla cui icona accendiamo la lampada, poiché i santi sono detti figli della luce (Giovanni 12,36; Luca 16, 8).
Terzo – per servire di rimprovero a noi per le nostre azioni oscure, per i nostri pensieri e desideri cattivi, e al fine di chiamarci al sentiero della luce evangelica; e così da avere più zelo nel cercare di soddisfare i comandamenti del Salvatore: “Splenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone” (Matteo 5, 16).
Quarto – perché la lampada sia il nostro piccolo sacrificio a Dio, che diede interamente sé stesso in sacrificio per noi, e come un piccolo segno della nostra gratitudine e amore gioioso per Lui, poiché è Lui che preghiamo per la vita, la salute, la salvezza e per tutto ciò che solo lo sconfinato amore celeste può accordare.
Quinto – perché il terrore afferri le potenze del male che a volte ci assalgono anche al tempo della preghiera per distogliere i nostri pensieri dal Creatore. Le forze del male amano le tenebre e tremano ad ogni luce, specialmente innanzi a quelle che appartengono a Dio e a quanti gli sono graditi.
Sesto – perché questa luce ci risvegli al disprezzo di noi stessi. Così come l’olio e lo stoppino bruciano nella lampada, sottomessi alla nostra volontà, allo stesso modo è necessario anche alle nostre anime di bruciare con la fiamma dell’amore in tutte le nostre sofferenze, sempre sottomessi alla volontà di Dio.
Settimo – per insegnarci che, proprio come la lampada non può essere accesa senza la nostra mano, così neppure il nostro cuore, nostra lampada interiore, può essere acceso senza il santo fuoco della divina grazia, anche se dovesse essere ripieno di ogni virtù. Tutte queste nostre virtù sono, dopo tutto, come un combustibile, mentre il fuoco che li accende procede da Dio.
Ottavo – per ricordarci che prima di ogni altra cosa il Creatore del mondo creò la luce, e poi tutto il resto, per ordine: “E Dio disse: Sia la luce: e la luce fu” (Genesi 1, 3). E così deve essere anche all’inizio della nostra vita spirituale: prima di ogni altra cosa la luce della verità di Cristo deve splendere dentro di noi. Da questa luce della verità di Cristo conseguentemente ogni bene ha origine, germoglia e cresce in noi.
Che la luce di Cristo vi illumini sempre!

TACERE SU DIO E’ LODEVOLE SEGNO DI UMILTA’ *
Secondo me, umile non è colui che parla con misura di Dio: colui che sa dire alcune cose, trattenersi su altre, ammettere la sua ignoranza su certi temi; colui che cede la parola a chi ne ha il compito, che ammette che ci sia qualcuno più ispirato di lui dallo Spirito Santo e più progredito nella contemplazione. È vergognoso rifiutare un modo di vestire e un tenore di vita più elevato e assumerne uno più semplice, fare mostra di umiltà e di consapevolezza della propria debolezza con calli alle ginocchia, lacrime a fiotti,e, ancora, digiuni, veglie, sonni fatti a terra, fatiche a tutti i tipi di pena, ed essere poi dei tiranni autoritari quando si parla di Dio, non cedere il posto assolutamente a nessuno, essere superbo più di un dottore della legge. In questo campo l’umiltà comporta, insieme, con la gloria anche la sicurezza. [...] Io non ti esorto a tacere, uomo sapientissimo, ma a non comportarti in modo rissoso; non ti invito a nascondere la verità, ma a non insegnarla in contrasto con la legge. “Se hai una parola di intelligenza, rispondi” – dice la Scrittura – “e nessuno te lo impedirà; altrimenti metti un laccio alle tue labbra”. Quanto meglio questo testo si adatta a quelli che sono pronti a insegnare! Infatti, se è il momento giusto, allora insegna, se no, frena la lingua e apri le orecchie. Occupati delle cose divine, ma rimanendo entro i limiti. Pronuncia le parole dello Spirito e, se è possibile, niente altro; pronunciale più spesso di quanto prendi fiato – infatti, è bello e divino essere sempre spronati a Dio ricordandosi delle cose divine –, ma pensando alle cose che ti sono state prescritte. Non ti occupare eccessivamente della natura del Padre, dell’esistenza dell’Unigenito, della gloria e della potenza dello Spirito, della divinità e dello splendore delle tre Persone, della natura indivisibile, della confessione, della gloria e della speranza dei fedeli. Tienti stretto alle parole con le quali sei stato nutrito: il discorso sia dei più saggi. [...] La tua prontezza arrivi fino alla confessione di fede, se mai ti viene richiesta; per ciò che è al di là di essa, sii più timido.
* s. Gregorio il Teologo (di Nazianzo)

Il Cristiano è un uomo che attende. Il Signore ci dice nel Vangelo: “Tenete sempre la cintura ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quei servi che attendono il padrone, che ritorna dalle nozze, per aprirgli al momento che verrà e busserà” (Lc 12, 35-36)

Un soldato chiese a un anziano se Dio avrebbe perdonato un peccatore. Ed egli gli disse: Dimmi, caro, se il tuo mantello è lacero lo getterai via? Il soldato rispose dicendo: No, lo rammenderò e lo rimetterò addosso. L'anziano gli disse: Se tu ti prendi cura del tuo mantello, vuoi che Dio non sia misericordioso con te che sei la sua immagine?

Quando perdi la pace?
Quando pensi, anche per un attimo,
di aver fatto qualcosa di buono;
quando ti credi migliore del fratello;
quando giudichi qualcuno (cf. Mt 7,1‑5);
quando rimproveri senza dolcezza
e senza amore;
quando mangi molto;
quando preghi senza zelo.
(s. Silvano del monte Athos)

L'arcivescovo Teofilo si recò un giorno al Monte di Nitria e l'abate del Monte gli venne incontro. «Abba», gli chiese l'arcivescovo, «che hai trovato di più vantaggioso in questa via?». L'anziano rispose: «Accusarmi e riprendermi senza tregua». «Non vi è in effetti, altra via», replicò l'arcivescovo.


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