SALMO 146(147)
Lauda, Ierusalem, Dominum,
lauda Deum tuum, Sion.
lauda Deum tuum, Sion.
Quod firmavit seras portarum tuarum,
Benedixit filiis tuis in te.
Benedixit filiis tuis in te.
Composuit fines tuos in pace,
medulla tritici satiat te.
emittit eloquium suum in terram,
velociter currit verbum eius.
medulla tritici satiat te.
emittit eloquium suum in terram,
velociter currit verbum eius.
Dat nivem sicut
lanam,
pruinam sicut cinerem spargit.
pruinam sicut cinerem spargit.
Procit glaciem suam ut frustula
panis;
coram frigore eius aquae rigescunt.
Emittit verbum suum et liquefacit eas;
flare iubet ventum suum et fluunt aquae.
coram frigore eius aquae rigescunt.
Emittit verbum suum et liquefacit eas;
flare iubet ventum suum et fluunt aquae.
Annuntiavit
verbum suum Jacob,
satuta et praecepta sua Israël.
satuta et praecepta sua Israël.
Non fecit ita ulli
nationi:
praecepta sua non manifestavit eis.
praecepta sua non manifestavit eis.
Gloria Patri et Filio, et
Spiritui Sancto.
Sicut erat in principio, et nunc et semper et in saecula saeculorum. Amen.
Sicut erat in principio, et nunc et semper et in saecula saeculorum. Amen.
Dai Discorsi di san Proclo.
Oratio IX, In ramos Palmarum, 1-3.4. PG 65, 772-777
Cari fratelli, il tempo liturgico che stiamo vivendo chiede un impegno maggiore da noi: ci vuole più ferventi, più disponibili, più solleciti nel recarci all'incontro con il re venuto dal cielo. Questo stesso gioioso messaggio annunziava san paolo quando diceva: Il Signore è vicino, non angustiatevi per nulla.
Accogliamo il nostro Dio con acclamazioni degne di lui. Gridiamo con la folla: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele! Colui che viene: l'espressione è giusta, perché il Signore non smette di venire, pur senza mai essere assente. Il Signore è vicino a quanti lo invocano. Perciò, benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!
Tutto quello che accade in questo giorno ha valore di simbolo. Tutte queste manifestazioni indicano in figura che avanza un re. Gli abitanti delle città di questo mondo, quando aspettano l'arrivo del loro governatore, spianano la strada, sospendono corone ai portici; l'aspetto della città cambia, il palazzo reale è ripulito da cima a fondo. In vari punti si organizzano cori che cantino le lodi del re. Da questi segni si riconosce che in un dato paese si avvicina un grande della terra.
Applichiamoci anche noi a un lavoro analogo, anzi a un'impresa ben più gloriosa: le celebrazioni della nostra città spirituale devono essere all'altezza della trascendenza del suo re celeste.
Il re umile e mansueto è alle porte. Nei cieli egli cavalca sui cherubini, quaggiù è seduto su un puledro di asina. Prepariamo la dimora della nostra anima. Togliamo le ragnatele, cioè ogni rancore contro i fratelli. Non si trovi in noi la polvere delle critiche, ma laviamo abbondantemente tutto con l'acqua dell'amore. Livelliamo le gobbe dell'inimicizia, inghirlandiamo i portici delle nostre labbra con i fiori della bontà. Uniamoci alle acclamazioni della folla: Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!
Chi vorrebbe tacere? Chi non ammirerà questa folla, avversa ai Giudei e amica dei discepoli di Cristo? Acclamano il Signore come re, lui che non porta nessuna visibile insegna di una dignità regale: non cocchio laminato d'oro, non bianchi cavalli bardati; nessuna traccia della pompa che i re di questo mondo sogliono sfoggiare nei loro cortei. Qui non ci sono né armi né scudi né alabarde; neppure mantelli di porpora né prestigiosi scudieri dalle chiome fluenti; tanto meno sfilano dignitari o parate di elefanti.
La folla non contempla nulla di ciò, anzi vede proprio il contrario: un volgare, meschino puledro, senza sella, preso a prestito per l'occasione. Tutto il corteo si riduce agli undici apostoli, perché Giuda già ordisce il tradimento.
Le folle vedono questa grande povertà di Gesù, eppure sono come rapite in cielo e con gli occhi dello spirito contemplano le realtà dell'alto. Si uniscono ai cori angelici e si valgono delle voci dei serafini per acclamare come loro: Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re di Israele!
È aspro e pungente per i sacerdoti e i farisei udire le folle che acclamano un re di Israele. Eppure, volenti o no, sono costretti a udirlo. Avevano tacciato Gesù di possedere un demonio, ed ecco la folla proclamarlo re. Chi le ha suggerito quel titolo? Chi le ha messo in mente tale lode? Chi ha posto rami di palma nelle loro mani? Chi improvvisamente ha radunato tutta questa gente, guidandola come sotto un unico capo? Chi ha insegnato questo canto unanime?
È una grazia discesa dall'alto, una rivelazione dello Spirito Santo. ecco perché gridano con libera franchezza: Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re di Israele.
La folla forma il corteo terreno del Signore, gli angeli quello celeste. I mortali sono simili agli immortali, i pellegrini della terra già partecipano ai cori celesti.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re di Israele. Essi rifuggono i farisei, hanno in orrore i sommi sacerdoti.
Cantando una melodia degna dell'Altissimo, rallegrano la creazione, santificano l'aria. I morti trasaliscono, il cielo si apre, rifiorisce il paradiso, gli altri mortali sono stimolati a emulare un simile fervore.
Prendiamo anche noi rami di palma e usciamo incontro al Signore. Diciamo ai prìncipi dei sacerdoti: Non siete voi quelli che domandano se questi è il figlio del carpentiere? Egli è il Dio forte e potente. Correte, affrettatevi; unitevi alla folla e cantate in onore di colui che ha risuscitato Lazzaro: Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
A lui la gloria nei secoli. Amen.
Oratio IX, In ramos Palmarum, 1-3.4. PG 65, 772-777
Cari fratelli, il tempo liturgico che stiamo vivendo chiede un impegno maggiore da noi: ci vuole più ferventi, più disponibili, più solleciti nel recarci all'incontro con il re venuto dal cielo. Questo stesso gioioso messaggio annunziava san paolo quando diceva: Il Signore è vicino, non angustiatevi per nulla.
Accogliamo il nostro Dio con acclamazioni degne di lui. Gridiamo con la folla: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele! Colui che viene: l'espressione è giusta, perché il Signore non smette di venire, pur senza mai essere assente. Il Signore è vicino a quanti lo invocano. Perciò, benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!
Tutto quello che accade in questo giorno ha valore di simbolo. Tutte queste manifestazioni indicano in figura che avanza un re. Gli abitanti delle città di questo mondo, quando aspettano l'arrivo del loro governatore, spianano la strada, sospendono corone ai portici; l'aspetto della città cambia, il palazzo reale è ripulito da cima a fondo. In vari punti si organizzano cori che cantino le lodi del re. Da questi segni si riconosce che in un dato paese si avvicina un grande della terra.
Applichiamoci anche noi a un lavoro analogo, anzi a un'impresa ben più gloriosa: le celebrazioni della nostra città spirituale devono essere all'altezza della trascendenza del suo re celeste.
Il re umile e mansueto è alle porte. Nei cieli egli cavalca sui cherubini, quaggiù è seduto su un puledro di asina. Prepariamo la dimora della nostra anima. Togliamo le ragnatele, cioè ogni rancore contro i fratelli. Non si trovi in noi la polvere delle critiche, ma laviamo abbondantemente tutto con l'acqua dell'amore. Livelliamo le gobbe dell'inimicizia, inghirlandiamo i portici delle nostre labbra con i fiori della bontà. Uniamoci alle acclamazioni della folla: Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!
Chi vorrebbe tacere? Chi non ammirerà questa folla, avversa ai Giudei e amica dei discepoli di Cristo? Acclamano il Signore come re, lui che non porta nessuna visibile insegna di una dignità regale: non cocchio laminato d'oro, non bianchi cavalli bardati; nessuna traccia della pompa che i re di questo mondo sogliono sfoggiare nei loro cortei. Qui non ci sono né armi né scudi né alabarde; neppure mantelli di porpora né prestigiosi scudieri dalle chiome fluenti; tanto meno sfilano dignitari o parate di elefanti.
La folla non contempla nulla di ciò, anzi vede proprio il contrario: un volgare, meschino puledro, senza sella, preso a prestito per l'occasione. Tutto il corteo si riduce agli undici apostoli, perché Giuda già ordisce il tradimento.
Le folle vedono questa grande povertà di Gesù, eppure sono come rapite in cielo e con gli occhi dello spirito contemplano le realtà dell'alto. Si uniscono ai cori angelici e si valgono delle voci dei serafini per acclamare come loro: Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re di Israele!
È aspro e pungente per i sacerdoti e i farisei udire le folle che acclamano un re di Israele. Eppure, volenti o no, sono costretti a udirlo. Avevano tacciato Gesù di possedere un demonio, ed ecco la folla proclamarlo re. Chi le ha suggerito quel titolo? Chi le ha messo in mente tale lode? Chi ha posto rami di palma nelle loro mani? Chi improvvisamente ha radunato tutta questa gente, guidandola come sotto un unico capo? Chi ha insegnato questo canto unanime?
È una grazia discesa dall'alto, una rivelazione dello Spirito Santo. ecco perché gridano con libera franchezza: Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re di Israele.
La folla forma il corteo terreno del Signore, gli angeli quello celeste. I mortali sono simili agli immortali, i pellegrini della terra già partecipano ai cori celesti.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re di Israele. Essi rifuggono i farisei, hanno in orrore i sommi sacerdoti.
Cantando una melodia degna dell'Altissimo, rallegrano la creazione, santificano l'aria. I morti trasaliscono, il cielo si apre, rifiorisce il paradiso, gli altri mortali sono stimolati a emulare un simile fervore.
Prendiamo anche noi rami di palma e usciamo incontro al Signore. Diciamo ai prìncipi dei sacerdoti: Non siete voi quelli che domandano se questi è il figlio del carpentiere? Egli è il Dio forte e potente. Correte, affrettatevi; unitevi alla folla e cantate in onore di colui che ha risuscitato Lazzaro: Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
A lui la gloria nei secoli. Amen.
« A Costantinopoli, san Proclo, vescovo, che proclamò coraggiosamente la tuttasanta Vergine Maria come Madre di Dio e riportò dall’esilio nella città con
solenne processione il corpo di san Giovanni Crisostomo, meritando per
questo nel Concilio Ecumenico di Calcedonia l’appellativo di Magno