passi scelti dal testo
La lotta con il demonio nel monachesimo
Intervento della Prof.Maria Grazia Mara - 10 Maggio 2003
sta in
“..il diavolo fin da principio pecca. Per questo il Figlio di Dio si è manifestato, per sciogliere le opere del diavolo” (1Gv 3,8),
“Fratelli, poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Gesù ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita” (Ebr 2,14-15).
esplicita è la demonologia del NT , che chiama il serpente genesiaco, con i nomi di: grande dragone, diavolo, Satana (Ap 12,9; Gv 8,44; 1Gv 3,8; 2Cor 11,3) o, come accade nella parabola del seminatore, con i nomi di: Satana (Mc), il Maligno (Mt), il diavolo (Lc). E ancora, in altri passi dei sinottici, dove viene chiamato: il nemico ( parabola dell’oglio), il tentatore (Mt 4,3), Beelzebub, principe dei demoni (Mc 9,34; 10,25; 12,24-27; Lc 11,15-19).
A questi titoli Giovanni vi aggiunge quello di “principe di questo mondo” (Gv 12,31; 14,30; 16,11). Paolo, oltre a parlare di Satana come del “dio di questo secolo”(2Cor 4,4), contrapponendolo a Cristo, lo chiama Beliar (2Cor 6,15)
l’Apostolo mostra attraverso quali spazi si insinui l’azione di Satana nell’uomo (( sono la durezza del cuore e la mancanza del perdono (cfr. 2Cor 2,11); sono la fragilità umana e la difficoltà di autodominio, che rendono difficile il controllo dei sensi (1Cor 7,5), sono l’orgoglio e l’avidità del denaro (2 Tm 6,9); la depressione, l’avvilimento “)) . Egli mostra “ quale sia il valore redentivo della lotta di Gesù con le forze demoniache, quale il valore e la forza della sua preghiera (Ef 6,16) e il valore espiatorio della sua morte (Rm 16,20; 1Cor 5,5; 1Tim 1,20). Paolo proclama inoltre che anche il cristiano, mediante Cristo, partecipa già alla vittoria sul demoniaco, perché il Signore è fedele e lo renderà saldo e lo difenderà dal maligno
Teodoro Studita a quanti gli domandavano perché Cristo fosse stato crocifisso, rispondeva: per crocifiggere il diavolo
come si legge in Ef 6,12, per i cristiani la vita spirituale è un combattimento contro i demoni
Tra il 420 e il 426, il l. VIII delle Conferenze ai Monaci di Cassiano, libro interamente dedicato ai “Principati”, cioè alla varietà e diversità degli spiriti del male e a spiegare che la Scrittura non è di immediata comprensione quando parla dei demoni, perché richiede la capacità di penetrare con la purificazione, la preghiera, la nuditas, l’argomento di cui tratta . Cassiano chiarisce inoltre non solo che l’origine di colui che sarebbe poi stato il demonio è buona, perché è da Dio, ma si sofferma a illustrare quale sia l’origine della sua caduta: prima ancora di tentare Eva egli si sarebbe allontanato dalla santità angelica, meritando il nome di serpente per il peccato di vanagloria che lo aveva portato a nutrire gelosia nei confronti dell’uomo elevato a quella gloria da cui egli era caduto
Se il cristiano dei primi secoli, concependo la propria vita come partecipazione al mistero di Cristo, tendeva a quella identificazione con lui che Paolo dichiara con l’espressione di Gal 2,20: “Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me”, lo stesso desiderio di identificazione con Cristo accompagna il cristiano lungo la storia,pur manifestandosi in modi diversi per rispondere all’evolversi delle situazioni storiche.
Se prima era stato l’ideale del martirio, come imitazione di Cristo, a motivare la preparazione ascetica, ora è la stessa ascesi, nell’uguale desiderio di imitazione di Cristo, a divenire l’equivalente del martirio; basterebbe solo ricordare la fortuna del versetto paolino : cotidie morior (1Cor 15,31) nella letteratura monastica.
nel III s. Clemente Alessandrino scrive: “Se la confessione davanti a Dio è martirio, ogni anima che ha vissuto in purezza nella conoscenza di Dio, cioè che ha obbedito ai comandamenti, in qualsiasi maniera questo sia stato realizzato dal suo corpo, è martire sia nella vita che nella parola perché ha versato la sua fede come sangue lungo tutta la sua vita fino alla fine
la letteratura martirologica aveva presentato il martire come il perfetto imitatore di Cristo nelle sofferenze sopportate, nella testimonianza resa, nella mitezza e al tempo stesso nella lotta sostenuta contro il demoniaco nelle sue varie forme, nel perdono concesso, nella vittoria sulla morte, tutti elementi che, secondo le narrazioni neotestamentarie avevano caratterizzato il comportamento di Cristo nella sua passione-morte- risurrezione . Poi l’agiografia monastica aveva proposto l’imitatio non più della passione e morte di Cristo, ma della sua vita terrena, recuperandone lo schema narrativo evangelico. Prima la divinizzazione del martire faceva riferimento alla morte sofferta ed era su quest’ultimo nemico il suo trionfo definitivo; poi la divinizzazione del monaco, nuovo martire, faceva riferimento al mondo e al demoniaco che lo domina , perché è su di esso che egli trionfa lottando, fino a tradurre nel vissuto il noto cotidie morior di Paolo (1Cor 15,31). Giustamente quindi è stato osservato che “la svolta del modello dal martire a quello del monaco è…una svolta epocale: il modello monastico è destinato a durare nella chiesa un intero kairòs”.
.....le lettere di Ignazio nelle quali il vescovo di Antiochia fa riferimento alla lotta da sostenere con il “ principe di questo mondo “ [19]. Particolarmente significativa è la lettera scritta alla comunità romana per supplicarla di non adoperarsi per evitare il suo martirio, martirio che, unito a Cristo e con lui e per lui, egli attende come momento prezioso per sconfiggere il diavolo. Scrive: “Il principe di questo mondo vuole distruggermi e corrompere la mia mente rivolta a Dio. Quindi, nessuno di voi che sarete presenti, lo aiuti; state piuttosto dalla mia parte che è quella di Dio…”(Ad Rom.1).
Nella spiritualità monastica del deserto acquista nuovo rilievo il combattimento contro i demoni, perché il deserto è, per eccellenza, il regno dove i demoni si ritirano e il monaco vi si reca per affrontarli e cooperare alla liberazione dell’umanità dal loro influsso nefasto.
Nella demonologia presente nella Vita Antonii , nell’opera di Evagrio e in quella di Cassiano, al monaco è affidato il compito di purificare, per mezzo della fede in Dio e dell’ascesi, i luoghi della potenza del male, dove egli sceglie di abitareper lottare e vincere i demoni che vi si trovano. E tra i luoghi abitati dai demoni il deserto è luogo privilegiato e ultimo rifugio.
Nella letteratura monastica viene frequentemente sottolineato il fatto che l’azione dei demoni, che non solo non è estranea ma anzi è soggetta alla provvidenza divina, finisce col diventare strumento di quelle prove che il monaco subisce prima della vittoria.
Così , di Melania, nobile romana che verso la fine del IV s. aderì al monachesimo, viene detto che: “Il nemico essendosi reso conto che non otteneva nulla contro di lei e anche che, vinto, le dava delle corone molto più belle, confuso, non osò più importunarla”. E di Saba, fondatore della Grande Laura presso Gerusalemme, verso la fine del V s., si narra che, poiché non temeva Satana apparsogli sotto forma di un leone spaventoso, a ricompensa della sua fede “Dio gli sottomise ogni bestia velenosa e carnivora”
Apophtegmata patrum, redatti verso la fine del V s:
‘ Una volta venne a Scete un indemoniato e dopo molto tempo non era stato ancora guarito. Un anziano ne provò compassione, tracciò su di lui il segno di croce e lo guarì. Il demonio infuriato disse all’anziano: “Ecco tu mi hai scacciato e io vengo da te!”. L’anziano gli disse: “Vieni, mi fai piacere!”. L’anziano passò dodici anni sopportando il demonio e lo mortificava mangiando ogni giorno 12 noccioli di datteri. Alla fine il demonio uscì e se ne partì da lui. L’anziano vedendolo uscire gli disse: “perché fuggi? Resta ancora!”. Il demonio gli rispose: “Ti domerà Dio perché soltanto lui ha potere su di te!” (n. 12).
E ancora:
Un grande anacoreta che diceva: “Satana, perché mi fai guerra in questo modo?” udì Satana rispondere: “Sei tu che mi combatti con forza!” (n.33).
Nell’Apophtegma 36 si legge che: “Un anacoreta vide un demonio che ne spingeva un altro perché andasse a svegliare un monaco che dormiva. E sentì l’altro dire: “ Non posso farlo. Una volta l’ho svegliato ed egli si è alzato e mi ha bruciato con le preghiere e i salmi” (n.36).
Evagrio, nato nel Ponto verso il 345, nel Trattato Pratico
Scrive Evagrio : “Contro gli anacoreti i demoni combattono senza armi; ma contro coloro che si esercitano nella virtù nei monasteri o nelle comunità, i demoni armano i più negligenti tra i fratelli. Ora questa seconda guerra è molto meno pesante della prima perché non è possibile trovare sulla terra uomini che siano più cattivi dei demoni o che possano assumere, ad un tempo, tutte le loro malefatte” (Tr.Pr. 5)
Nella Vita Antonii di Atanasio
Scrive Atanasio: “L’uno (il diavolo) suggeriva pensieri sordidi, l’altro (Antonio) li respingeva con la preghiera. L’uno spingeva la volontà contro le cose immonde: l’altro, quasi provasse vergogna, circondava il suo corpo con la fede e i digiuni, come se fossero un muro. Il diavolo miserabile si adattava anche a trasformarsi di notte in una donna e a imitarla in tutte le maniere, pur di sedurre Antonio” (VA 5,4-5).
Narra Atanasio che Antonio, ritiratosi fra i sepolcri lontani dalla città, sia entrato in una tomba facendovisi chiudere dentro; ciò non piacque al demonio che gli “si avvicinò una notte con una moltitudine di demoni e tanto lo percosse che Antonio, vinto dai tormenti, giacque a terra senza voce. Narrò poi, prosegue Atanasio, che il dolore dei colpi ricevuti era stato così insopportabile, che colpi umani non avrebbero mai potuto dargli un simile tormento” (VA 8,2-3). Dopo essere stato ristorato da un suo discepolo, Antonio volle tornare nel sepolcro suscitando la collera dei demoni che, trasformatisi in belve e in serpenti, aggredirono Antonio che tutto sopportava e “Pieno di fiducia diceva..: ‘Se avete forza e vi è dato qualche potere, perché esitate? Venite. Ma se non potete, perché mi disturbate inutilmente? Noi abbiamo per darci forza il segno della croce e un muro, la fede che abbiamo nel Signore” (VA 9,10)
Per dare più credibilità alle sue parole il demonio fa uso della Scrittura secondo il modello del tentatore di Gesù in Mt 4,9: “..tutto questo io ti darò se ti prostri e mi adori” (cfr. VA 37,2).
Alle visioni e allucinazioni, nelle quali il diavolo e la sua corte assumono le sembianze di eremiti che salmodiano, cantano (cfr. VA 25,1-4), citano la Scrittura (cfr. VA 26,6) Antonio oppone, per sconfiggerle e allontanarle, il segno della croce (cfr. VA 9,10; 78,5), a dimostrazione che non lo sforzo umano ma la forza salvifica di Cristo riporta la vittoria
Apophtegmata Patrum :
- Nella Tebaide vi era un anziano di nome Ierace che era giunto all’età di circa 90 anni. I demoni volevano farlo cadere nell’acedia prospettandogli il pensiero che avrebbe dovuto vivere ancora a lungo e così un giorno si presentarono a lui e gli dissero: “Anziano che farai? Ti toccherà vivere ancora 50 anni!” .Ma quello rispose: “Mi avete proprio rattristato. Mi ero preparato a vivere ancora duecento anni”. Ed essi se ne partirono da lui ululando”.
Cassiano mostra la necessità di combattere: “.. quella che i Greci chiamano acedia (axedian), che possiamo chiamare noia o ansietà del cuore”. Di essa: “ alcuni degli anziani dicono che si tratta del “demonio di mezzogiorno”, quello di cui parla il Sal 90”. E prosegue: “ E quando questo prende possesso di una miserevole mente vi genera orrore per il luogo, disgusto della cella, disprezzo per i fratelli…che considera negligenti e poco spirituali”.