mercoledì 28 giugno 2017

San GIOVANNI CRISOSTOMO, Commento al vangelo di Matteo, omelia 63




GIOVANNI CRISOSTOMO, Commento al vangelo di Matteo, omelia 63

1. Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse...(Mt 19,16). Alcuni accusano questo giovane di inganno e di malvagità, come se si avvicinasse a Gesú per tentarlo. Io invece non esiterei a definirlo avaro e amante del denaro, dal momento che lo stesso Cristo lo dimostra tale, negherei assolutamente che sia un simulatore, poiché non ci possiamo permettere di esprimere un giudizio temerario su ciò che non conosciamo, soprattutto quando si tratta di accusare; anche perché Marco annulla questo sospetto quando dice: Gli corse incontro e inginocchiatosi lo pregava e: Gesú, fissatolo, lo amò (Mc 10,17-21).
Grande è però la tirannia delle ricchezze, che qui viene chiaramente mostrata: anche se pratichiamo altre virtù, questa passione corrompe tutto quanto. Giustamente perciò Paolo la indica come radice di tutti i mali, quando dice: Radice di tutti i mali è la cupidigia (1Tim 6,10). Ma per quale motivo poi Gesú replica a questo giovane dicendo: Nessuno è buono? Giacché quegli considerava Gesú puramente come uomo, uno come gli altri, un maestro giudeo, Gesú gli parla come se fosse un uomo. In molte occasioni, infatti, Gesú risponde uniformandosi alla mentalità di chi lo interroga, come quando dice: Noi adoriamo ciò che conosciamo (Gv 4,22); e Se io rendessi testimonianza a me stesso la mia testimonianza non sarebbe vera (Gv 5,31). Cosí anche ora, dicendo: Nessuno è buono, non lo dice come se volesse negare di essere buono: pensiero assurdo! Infatti non chiede: «Perché mi chiami buono?», che significherebbe: «Io non sono buono», ma: Nessuno è buono: nessuno degli uomini. Dicendo questo non esclude minimamente ogni forma di bontà fra gli uomini, ma lo dice in rapporto alla bontà di Dio. Per questo aggiunge: se non Dio. E non dice: «se non il Padre mio», perché chiaramente non vuole rivelarsi a questo giovane [ ... ].
Potreste chiedermi: perché lo incalza a questo modo e quale vantaggio prevede da una simile risposta? Perché vuole elevarlo gradualmente, e insegnargli a liberarsi da ogni forma di adulazione, distogliendolo dai pensieri terreni e avvicinandolo a Dio; vuole indurlo a ricercare i beni futuri, a riconoscere colui che per sua natura è buono, radice e sorgente di ogni cosa, e a lui render gloria. [ ... ] Se questo giovane si fosse avvicinato per tentarlo, non se ne andrebbe via triste per quanto ha sentito. Nessuno tra i farisei ha questa reazione, quando è confutato, anzi si indigna maggiormente. Costui invece non si comporta così, ma si allontana deluso: questo non è un piccolo segno per indicare che non si era avvicinato con intenzione cattiva, ma fragile, e che desiderava sí la vita eterna, ma era trattenuto da un altro desiderio, difficilissimo da vincersi. Quando Gesú dunque gli dice: Se vuoi entrare nella vita osserva i comandamenti, egli dice: Quali?, non per tentarlo, minimamente; ma pensando che ci fossero altri comandamenti, oltre quelli della legge, che gli potessero procurare la vita: [ ... ] non è di poco conto che pensasse che gli mancava qualcosa e che non era sufficiente aver seguito i comandamenti per ottenere ciò che desiderava. Che cosa dice dunque Cristo? Poiché sta per dargli un comando molto grande, prima gli presenta la ricompensa, dicendo: Se vuoi essere perfetto, và, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri: e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi (Mt 19,21).

2. Vedi quanti premi e quante corone pone il Signore per quest'alta prova? Se quello avesse voluto tentarlo non gli avrebbe detto queste cose. Invece gli parla così, e per attirarlo gli mostra la grande ricompensa e lascia tutto alla sua scelta, mettendo in secondo piano ciò che nella sua esortazione poteva sembrare difficile. Per questo, prima di parlare della prova e dell'impegno mostra i premi, dicendo: Se vuoi essere perfetto, e dopo: Và, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri, e subito di nuovo i premi: E avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi. Infatti il seguire lui è una grande ricompensa.
Avrai un tesoro in cielo, dice. Poiché il discorso era sulle ricchezze e lo aveva esortato a spogliarsi di tutti i suoi beni, gli mostra che non si sarebbe privato delle sue ricchezze, ma che si sarebbe arricchito, gli dà anche di piú di quanto gli aveva ordinato di dare; e non solo di piú, ma ricchezze tanto maggiori di quanto il cielo è piú grande della terra, anzi, anche di piú. Usa anche la parola «tesoro», per indicare l'abbondanza, la stabilità, la sicurezza di questo scambio di beni; in quanto voleva parlare in termini umani a chi stava ad ascoltare.
Non è dunque sufficiente disprezzare le ricchezze, ma bisogna anche aiutare i poveri: e innanzi tutto seguire Cristo, cioè compiere tutti i suoi comandi, essere ogni giorno preparato a immolarsi e a morire. Dice infatti: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua (Lc 9,23): certamente è molto piú grande il comando di versare il proprio sangue che disprezzare le ricchezze; tuttavia rinunciare ai beni terreni è un passo non piccolo per arrivare a questo.
Avendo sentito ciò, il giovane se ne andò triste: l'Evangelista aggiunge, volendo far vedere che ciò non era avvenuto per caso: Aveva infatti molte ricchezze (Mt 19,22). Non allo stesso modo, certo, sono trattenuti quelli che dispongono di poco e quelli che sono immersi in abbondanti ricchezze: l'amore per il denaro diventa in questo caso molto piú tirannico. Per questo non smetterò mai di dire che l'accumularsi delle ricchezze fa divampare una maggiore cupidigia, che chi possiede diventa piú povero perché è dominato dal desiderio di avere di piú e perché sente sempre di piú bisogno di possedere. Considera dunque in questa situazione quanto grande sia il potere di tale passione. Guardate: lui che si era avvicinato con gioiosa speranza, quando Cristo gli ordina di gettare le ricchezze, tanto si incupisce e si rattrista, che senza dare alcuna risposta si allontana in silenzio vergognoso e afflitto. Che cosa dice Cristo? Come è difficile che i ricchi entrino nel regno dei cieli!, condannando non le ricchezze, ma quelli che si lasciano dominare da esse. Se è difficile per i ricchi, molto piú difficile sarà per gli sfruttatori. Se chi non distribuisce i propri beni difficilmente raggiunge il regno, pensa quanto fuoco eterno accumula chi rapina i beni altrui.
Inoltre, perché mai dice agli apostoli che è difficile che un ricco entri nel regno dei cieli, a loro che erano poveri, ché non possedevano nulla? Perché insegna loro a non vergognarsi della povertà e spiega perché non aveva loro permesso di possedere alcunché. Infatti, dopo aver affermato che era difficile, prosegue mostrando che è impossibile, anzi non dice soltanto che è impossibile ma, usando il paragone del cammello e dell'ago, vuole affermare qualcosa di piú ancora: infatti dice: E' piú facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli (Mt 19,23-24). Questo mostra che per i ricchi capaci di condurre una vita cristiana è prevista una ricompensa non piccola. Afferma però che ciò è opera di Dio per insegnare che chi vorrà intraprendere tale via avrà bisogno di una grandissima grazia.
I discepoli furono turbati, ed egli aggiunse: Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile. Ma perché i discepoli si preoccuparono, dal momento che erano poveri, anzi, poverissimi? Perché? Essi erano afflitti pensando alla perdizione di tanti uomini, poiché ardevano di carità verso tutti, e già avevano la vocazione di pastori di anime. Quindi si rammaricavano e temevano per gli uomini, colpiti da una simile affermazione: avevano bisogno di essere rassicurati. Per questa ragione Cristo, dopo averli fissati, disse: Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio (Mt 19,26; Lc 18,27). Avendoli prima incoraggiati con il suo sguardo sereno e buono a non lasciarsi prendere dallo sconforto e liberati dall'angoscia questo significano le parole dell'Evangelista: Fissando su di loro lo sguardo, li rincuora con le sue parole conducendoli a considerare la potenza di Dio e infondendo loro nuova fiducia. Se vuoi sapere come e per qual ragione ciò che è impossibile diventa possibile, ascolta: Cristo non disse: Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio perché ci scoraggiamo né perché ci asteniamo dall'impegnarci nelle cose che sembrano impossibili, ma perché, comprendendo la difficoltà dell'impresa, ci rafforziamo nella lotta e preghiamo Dio di assisterci in queste gloriose battaglie e otteniamo la vita eterna.

3. Come dunque ciò può avvenire? Se abbandoneremo le ricchezze, se ci libereremo del denaro e se ci allontaneremo dalle passioni malvagie. E perché comprendiamo che tutto ciò non dipende da Dio solo, ma che grande è l'impresa in cui dobbiamo impegnarci, ascoltiamo le parole che seguono. A Pietro che diceva: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito, e gli chiedeva: Che cosa ne otterremo?, il Signore, dopo aver loro proposto la ricompensa, aggiunge: E chiunque avrà lasciato case, o campi, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna (Mt 19,27-29) . In questo modo ciò che è impossibile diventa possibile. Ma come è possibile lasciare tutto ciò?, mi chiederai. Come è possibile liberarsi da un momento all'altro della passione, quando si è immersi in un così grande desiderio di possedere? Sarà possibile se si incomincerà ad alleggerirsi delle ricchezze, a eliminare il superfluo. Cosí potremo avanzare ancora e procedere poi piú facilmente. Non cercare dunque subito la realizzazione completa di ciò, se ti sembra difficile operare subito una rinuncia completa, ma avanza gradualmente su questa via che ti conduce al cielo. Infatti, come i malati sofferenti per la febbre e per la bile che si accumula dolorosamente non soltanto non riescono a estinguere la sete se bevono e se mangiano, anzi, ardono e bruciano maggiormente, cosi gli avari, quando cercano di soddisfare con le ricchezze la loro cupidigia piú bruciante della bile, maggiormente la sentono divampare in sé. Riusciremo a spegnerla solo se allontaneremo intanto dal nostro cuore il desiderio di avere di piú, così come si spegne l'acre sete della bile mangiando poco ed eliminando ogni scoria.
[...] Così chi comincia a disprezzare il denaro placa la cupidigia, chi invece desidera avere e ammassare più ricchezze la infiamma maggiormente e mai si libera da questa passione: anche se ammucchierà soldi su soldi, ne desidererà ancora altrettanti; e quando li avrà ottenuti ne vorrà il doppio e, di piú ancora, vorrebbe che tutto gli si trasformasse in oro, i monti, la terra e il mare, non riuscendo mai a estinguere questa sua demente e terribile sete di ricchezza.
[ ... ] Fratelli, non perdiamoci in questa vanità, gettiamo lontano da noi questa continua e invincibile ricerca del denaro e applichiamoci alla ricerca di qualcosa d'altro che può renderci felici e che non ci procura nessuna difficoltà: cerchiamo di possedere i tesori del cielo. Essi non ci danno alcun affanno, anzi, il possederli è un vantaggio indicibile: chi rimane vigilante e disprezza i beni terreni non può perderli; chi invece si sottomette e si dedica alle ricchezze della terra, sicuramente dovrà perderle. [ ... ] Quando dunque vedrai qualcuno, splendido esteriormente per i suoi magnifici vestiti e accompagnato da una grande scorta di guardie, scruta la sua coscienza e la vedrai avviluppata nelle ragnatele e coperta di polvere. Ricordati di Paolo e di Pietro; pensa a Giovanni e a Elia, o, meglio, al Figlio stesso di Dio, che non aveva dove posare il capo. Sii imitatore di Cristo e dei suoi discepoli e considera quelle inestimabili ricchezze. Se, dopo averle considerate degne di ammirazione, nuovamente ti lasci ottenebrare dalle ricchezze di questa terra come travolto nel naufragio da una violenta tempesta, ascolta le parole di Cristo che ti dice che è impossibile che un ricco entri nel regno dei cieli. Considera, alla luce di queste parole, tutti i monti, la terra, il mare e immagina, se vuoi, di cambiare tutto ciò in oro; non troverai niente che valga la perdita che tutto ciò ti procura”.



martedì 6 giugno 2017

E Abbà disse.. Verso la Santa Pentecoste


 The Real Presence of Christ


Un anziano ha detto: « Sei giunto a serbare il silenzio? Non credere, tuttavia, di aver compiuto un atto di virtù. Di' piuttosto: « Sono indegno di parlare" ».(Detti dei Padri del Deserto)


“Mio Signore e mio Dio, governa la mia vita Tu che governi con forza tutto il creato con una ineffabile parola di sapienza, porto tranquillo di coloro che sono afflitti e fammi conoscere la via nella quale camminare. Concedi uno spirito di sapienza ai miei pensieri, donando uno spirito di intelligenza alla mia stoltezza. Adombra le mie opere con uno spirito di timore per te, e rinnova nelle mie viscere uno spirito retto e con uno Spirito che guida rafforza la mia mente vacillante, affinché ogni giorno, guidato a ciò che è utile dal tuo Spirito buono, sia reso degno di compiere i Tuoi comandamenti e di ricordare sempre la Tua venuta gloriosa, e che esaminerà ciò che abbiamo fatto. Non lasciarmi sedurre dai piaceri corruttibili di questo mondo ma fortificami nel tendere al godimento dei tesori futuri… Sì, o Signore, munifico datore buono di ogni beneficio, poiché Tu sei colui che dà oltre ciò che Ti chiediamo.”
* Preghiera dall’”Ufficio della genuflessione-Vespro della Domenica di Pentecoste

Gli dicono: “Tu sei Agatone? Abbiamo sentito dire che sei fornicatore e superbo”. Rispose: “Sì, è vero”. “Tu sei Agatone, chiacchierone e pettegolo?”. “Lo sono”. Dicono di nuovo: “Tu sei Agatone, l’eretico?”. “Non sono eretico”, risponde. Lo pregarono: “Spiegaci perché, quando ti abbiamo accusato di cose tanto gravi, tu le hai accettate, e questa solo non l’hai sopportata”. Disse loro: “Dalle prime io stesso mi accuso, ed è utile all’anima mia, ma l’eresia è separazione da Dio e io non voglio essere separato da Dio”.
* s. Agatone (Monaco ortodosso e professore del deserto - V° sec.)

 “Se ti vien meno il coraggio, prega. Prega con timore e tremore, con ardore, sobrietà e vigilanza. Così bisogna pregare, soprattutto a motivo dei nostri nemici invisibili che sono malvagi e accurati nel male, perché principalmente su questo punto essi ci porranno ostacoli.” (p. Evragrio Pontico)

 “Non abbiate eccessiva fiducia nell’istruzione superiore che avete conseguito. La civiltà nella quale viviamo è cultura della caduta.” (s. Sofronio di Essex - 1896/1993)


“Supponiamo che per terra ci sia un cerchio, cioè una linea tonda tracciata con un compasso dal centro. Centro si chiama propriamente il punto che sta in mezzo al cerchio. Adesso state attenti a quello che vi dico. Pensate che questo cerchio sia il mondo, il centro del cerchio sia Dio, e le linee che vanno dal cerchio al centro siano le vie, ossia i modi di vivere degli uomini. In quanto dunque i santi avanzano verso l’interno, desiderano avvicinarsi a Dio e si avvicinano gli uni agli altri, e quanto più si avvicinano a Dio, tanto più si avvicinano l’un l’altro, e quanto più si avvicinano l’un l’altro, tanto più si avvicinano a Dio. Similmente immaginate anche la separazione. Quando infatti si allontanano da Dio e si rivolgono verso l’esterno, è chiaro che quanto più escono e si dilungano da Dio, tanto più si dilungano gli uni dagli altri, e tanto più si dilungano anche da Dio. Ecco, questa è la natura dell’amore. Quanto più siamo fuori e non amiamo Dio, altrettanto siamo distanti dal prossimo; se invece amiamo Dio, quanto più ci avviciniamo a Dio per mezzo dell’amore per lui, altrettanto ci uniamo all’amore del prossimo, e quanto siamo uniti al prossimo, tanto siamo uniti a Dio.”
* s. Doroteo di Gaza (monaco ortodosso-antiocheno e professore del deserto - VI° sec.)


Ora che abbiamo imparato dalla Scrittura ciò che è il timore del Signore, e quali sono la sua bontà e il suo amore, convertiamoci a lui con tutto cuore… Osserviamo i suoi comandamenti; amiamoci gli uni gli altri di tutto cuore. Chiamiamo con il nome di fratelli anche coloro che ci odiano e ci detestano, affinché il nome del Signore sia glorificato e manifestato in tutta la sua esultanza. Noi che ci mettiamo alla prova a vicenda, perdoniamoci vicendevolmente… Non invidiamo gli altri, e se siamo esposti alla gelosia, non diventiamo spietati. Invece, mostriamoci pieni di compassione gli uni verso gli altri, e con la nostra umiltà guariamoci gli uni, gli altri. Non sparliamo, non dileggiamo, poiché siamo membra gli uni degli altri. Amiamoci gli uni gli altri, e saremo amati da Dio; siamo pazienti gli uni con gli altri, ed egli si mostrerà paziente con i nostri peccati. Non rendiamo il male per il male, e non riceveremo ciò che meritiamo per i nostri peccati. Infatti, otteniamo il perdono dei nostri peccati perdonando ai nostri fratelli, e la misericordia di Dio è nascosta nella misericordia per il prossimo.
* s. Massimo il Confessore

mercoledì 31 maggio 2017

(da alcuni testi )Del nostro Padre tra i Santi Iustin (Popovic)-


Immagine correlata

L'Uomo come immagine di Cristo

" Rivestirsi dell‟uomo nuovo, il Dio-Uomo, significa diventare vero uomo, quale è uscito dalle mani di Dio al momento della creazione e per di più dotato di tutte le energie divino-umane del Cristo, riempito di “tutta la pienezza di Dio”[5]. Per il Signore ogni uomo è un essere simile a Dio: “non c‟è né Greco né Ebreo, circonciso o meno, barbaro o Scita, schiavo o libero: ciò che importa è il Cristo e la sua presenza in tutti noi”[6]. In quanto Dio-Uomo divenuto Chiesa, il Signore abbraccia tutti i mondi divini e tutte le creature in essi, ha riempito di sé tutti e tutto e per ogni creatura è divenuto “tutto in tutto”. Nella misura in cui le creature non lo allontanano da sé con l‟amore volontario per il peccato, dacché esiste la Chiesa del Cristo nel mondo, scompare tutto ciò che divide gli uomini. E l‟uomo nuovo, l‟uomo del Cristo, guarda in un modo nuovo i suoi simili, il mondo ed ha la filosofia “secondo il Cristo”[7]. 

sta in   http://luceortodossamarcomannino.blogspot.it/2016/01/luomo-come-immagine-di-cristo-san.html


IL CRISTO È RISORTO!

San Justin Popovic Trad. A. S. in “Messaggero Ortodosso”, Roma, aprile-maggio 1986, nn. 4-5, 1-4.

"Infatti, se egli non fosse risorto, l’Evangelo sarebbe lettera morta, una lettera sulla carta. Se egli non fosse risorto, non ci sarebbe il Cristianesimo; al posto suo ci sarebbe una dottrina filosofica, simile a quella di Socrate, Platone, Kant e Bergson. Solo Egli, eternamente vivo, poiché è il Signore Gesù Cristo risorto, dà le forze ed il Cristianesimo è vita, vita e fede, vita ed amore, vita e preghiera, vita ed immortalità, vita e vita eterna. Egli solo, eternamente vivo, ispira i martiri al martirio per lui, gli asceti all’ascesi, gli apostoli all’apostolato, i confessori alla confessione, i folli in Cristo alla loro follia, i misericordiosi alla misericordia, i digiunatori al digiuno, i continenti alla continenza, coloro che amano all’amore; tutti i Cristiani di tutti i tempi alle varie forme di ascesi, in cui consiste la vita secondo il suo Evangelo della salvezza."

sta in

http://larpadidavide.blogspot.it/2013/05/il-cristo-e-risorto.html

 

L’ultimo scritto di San Justin Popovic il Nuovo Filosofo (1894 - 1979)

Da “Messaggero Ortodosso”, Roma, agosto-settembre 1979 anno IV, n.7-8, p. 22-23. trad. A. S.
 
Esaminate e controllate: tutto ciò che c’è di buono nell’uomo trae origine da Dio stesso: tutto ciò che è grande, immortale ed ha un valore eterno. Di tutto ciò la gloria spetta a Dio; all’uomo essa spetta in quanto glorifica Dio con ciò che c’è di buono, santo, immortale, eterno. Che cosa si deve lodare e celebrare nell’uomo, che egli non abbia ricevuto da Dio? Chi è intelligente lo vede e se ne rende conto, per cui ascrive a Dio tutta la gloria e tutte le opere gloriose compiute dagli uomini.
Solo le persone di intelligenza limitata e di sentimenti superficiali, incapaci di pensieri profondi, ascrivono agli uomini la gloria delle loro opere. E questa gloria cercano testardamente. Ma tra gli uomini è glorioso, in realtà, solo ciò che è divino, immortale ed eterno.

L’uomo è glorioso solo per merito di Dio, del Dio-Uomo. Giacché lui solo gli dà l’immortalità, l’eternità, la verità, l’amore, la giustizia e la saggezza, ciò che lo rende glorioso davanti a Dio. Ed è ciò che lo rende eternamente glorioso. Perciò il Cristo, a nome proprio e dei suoi autentici seguaci, decisamente dichiara: “A me non importa affatto ricevere i complimenti dagli uomini”.
Ma se l’uomo cerca la gloria degli uomini, è un verme che cerca la tarlatura; a che cosa gli serve allora il Cristo? A che gli serve la fede nel Cristo? Egli non può neppure credere nel Signore Gesù. L’amor proprio è il principale impedimento perché si creda nel Dio-Uomo, l’amor proprio che serve a soddisfare gli uomini. Se l’uomo accontenta i suoi simili, se vive per la gloria umana, s’è reso con ciò stesso incapace della fede in Dio e di ciò che è divino: la Verità divina, la giustizia e la Vita. Perciò il Salvatore giustamente chiede: “Ma come può avere fede gente come voi? Siete pronti a ricevere l’omaggio dei vostri simili, ma non vi preoccupate di ricevere la lode di Dio”.

Mosè che vide Dio, vide tutta la sua gloria, quella del suo popolo e di tutti gli uomini in Dio e nel suo Messia. Ogni sua parola è una fiamma di ardore per Dio e per ciò che è divino. Se indagate sulla verità delle sue parole, in che cosa essa consiste se non in Dio e nel suo Messia? Mosè non fece altro che “scrivere di me”, cioè del Cristo, Dio-Uomo.
 
 http://larpadidavide.blogspot.it/2011/12/lultimo-scritto-di-san-justin-popovic.html
 
 
PREGHIERA A SAN GIOVANNI CRISOSTOMO
Arch. Justin Popovic
O tu più eloquente di tutti gli uomini, tu l’Orante di Dio, Santo Padre Giovanni Crisostomo, ecco che con le nostre preghiere balbettate ci avviciniamo a te. Non ci respingere, perché ecco in ognuno dei nostri balbettii c’è tutto il nostro cuore, i nostri sospiri, le nostre grida! Noi ti preghiamo, o grande Santo: scendi con la compassione dalle altezze sopracelesti fino alla nostra bassezza avvelenata e guariscici da ogni malattia dell’anima, in modo da servire, con un’anima che ha riacquistato la salute, il tuo e nostro Signore. Guariscici da tutte le malattie del corpo, se è per la nostra salvezza, in modo che possiamo dedicarci all’ascesi di un’anima sana in un corpo sano e lottare con il tuo grande aiuto per la salvezza delle nostre anime, lottare per la resurrezione della nostra coscienza dai morti, lottare per la trasfigurazione del nostro cuore amico del peccato, lottare per la divinizzazione della nostra volontà demonizzata, affinché la nostra volontà, guidata da te, non voglia e non desideri che solamente ciò che è di Cristo, ciò che è evangelico, ciò che è celeste e ciò che è eterno.
O grandemente meraviglioso Santo di Dio, le tue sante reliquie sono lontano da noi, ma per il tuo amore per Lui, sei interamente accanto al Cristo Signore e, per il tuo amore per gli uomini, sei accanto a tutti noi; anche noi ti preghiamo con tutto il nostro cuore: per il tuo amore, scendi fino a noi, e con la fiamma del tuo amore per Cristo, abbraccia le nostre anime in modo che brucino eternamente dell’amore per Cristo, in entrambi i mondi, perché brucino e mai si consumino; e dacci il tuo santo amore per gli uomini, in modo che ci amiamo gli uni gli altri e amiamo tutta la creazione, sulla terra e in cielo, soltanto con santo amore. Santo Evangelista dalla bocca d’oro, quinto Evangelista, ti preghiamo e ti supplichiamo: per il tuo santo Evangelo guidaci, dirigi le nostre anime, facci uscire sulla strada che, con l’eterna Verità, conduce alla vita eterna. Il nostro intelletto, malato e reso malato, nebbioso e ottenebrato dai pensieri impuri e cattivi, dalle passioni amiche dei peccati, guariscilo con la misericordia e trasfiguralo in mente di Cristo, come tu stesso hai già trasformato la tua mente durante la tua vita terrena, con la tua santa ascesi, nello spirito di Cristo – che è il motivo per cui ci hai spiegato i meravigliosi misteri di Cristo seminati e sparsi in tutta la creazione divina, visibile e invisibile.
O tu che hai desiderato Cristo, tu che sei potente in Cristo, o nostro padre Crisostomo, per secoli, con i tuoi santi libri e le tue sante preghiere, hai risuscitato dai morti innumerevoli anime – risuscita anche le nostre anime con i tuoi santi insegnamenti e le tue sante preghiere! Perché guidati e diretti da te, saremo in grado di vincere qualsiasi morte, che cresce dall’amore per il peccato nascosto profondamente dentro di noi o che ci attacca dal mondo esterno. Lo sappiamo, sì, lo sappiamo, o santissima Guida spirituale e celeste, sei più forte di ogni morte! Noi ti preghiamo, facci vincitori di ogni morte, avendoci fatto prima vincitori di ogni peccato e di ogni passione, poiché i peccati e le passioni sono le uniche cause, gli unici precursori, gli unici portatori, gli unici autori di tutte le morti spirituali; e per questo tu, che ci piaccia o no, sterminali in noi, e assicuraci così la vittoria su ogni morte, in modo che possiamo già in questo mondo vivere la gioia pasquale del Signore Risorto, che da te si riversa abbondantemente su tutti coloro che con tutto il loro cuore invocano il tuo aiuto.
O molto misericordioso e sempre molto vittorioso padre Crisostomo, abbi misericordia di me: scendi dal cielo nel grembo della mia anima, nelle tane delle belve nascoste nella mia anima. Perché ogni passione è una belva feroce e la mia anima è piena di belve spirituali. Per favore, scendi tra i leoni selvatici e fa’ di loro degli agnelli. Ti prego, scendi in mezzo ai lupi sanguinari, divoratori di anime e trasformali in pecore. Affrettati, vieni in mio aiuto perché le mie belve rabbiose, le passioni sempre affamate della mia anima, sono pronte a divorarmi!
O Evangelista insuperabile dalla bocca d’oro, o Crisostomo, evangelizza me, il grande peccatore: per i tuoi evangeli [portatori della luce] trisolari, scendi nei miei ghiacciai, falli sciogliere e riscaldami con calore celeste. La mia pigrizia – ecco il mio primo ghiacciaio: in esso è congelato tutto ciò che attira verso Dio, verso il cielo; ti prego, scendi in esso, riscaldami tutto intero e sollevami verso il cielo, verso il Signore! Il mio ozio – ecco mio secondo ghiacciaio, mio santissimo padre e padre spirituale sapiente in Dio; scendi in esso, perché tutti i pensieri si sono congelati, tutti i sentimenti e io, in spensieratezza e inoperosità, muoio nel ghiaccio, privato del sole.
Ti prego, con i raggi del tuo zelo, entra nel ghiacciaio della mia anima e scaldami con la fede, la preghiera, l’amore, il digiuno, lo zelo, la verità e con tutte le virtù. Entra e fa’ sciogliere i ghiacciai della mia anima con il fuoco della tua fede, del tuo amore e della tua compassione. E così, sollevami sempre più in alto verso il cielo, verso il tuo, e il mio, meraviglioso Signore! Perché anche se con i miei peccati mi sono allontanato molto dal Signore, anche se il diavolo mi trascina attraverso il deserto dei miei folli desideri, tuttavia credo che il Signore Molto Buono esaudirà le sante preghiere, per me peccatore, del Suo beneamato che gli è stato accetto, che Egli mi riporterà, con la Sua taumaturgica misericordia, al cielo, a Lui stesso, al Suo regno celeste. Anche perché se spesso sono caduto, non sono stato privato del Signore: perché mi reggo a Lui, fosse solo per un sospiro, una lacrima, un grido.

O misericordiosissimo padre Crisostomo, abbi pietà di me, il grande peccatore: ricevimi nei secoli nelle tue sante preghiere! Perdonami e aiuta me, il grande peccatore! Rialzami ché sono caduto e rovinato! Guarisci la mia anima da tutte le sue passioni! Guarisci la mia mente da tutte le malattie! Guarisci la mia volontà da tutte le debolezze! Custodiscimi con le tue preghiere come fossero un’armatura di fuoco, affinché nessuna passione mi faccia cadere nella morte spirituale! Rafforza il mio spirito nella tua memoria di Cristo! Rafforza il mio cuore nel tuo sentimento di Cristo! Rendimi impassibile, io che sono pieno di passioni, con l’aiuto delle sante virtù! Rendimi degno di sentire tramite te, di pensare attraverso te, di volere tramite te, di agire attraverso te, di credere tramite te, di amare attraverso te, di vivere tramite te, di essere immortale attraverso te! Per il tuo amore a Cristo, dammi l’amore di Cristo! Dammi l’umiltà e la pazienza! Prega per me, in me e al mio posto, trasfigurami per la salvezza, per essere cristificato, divinizzato! Cristificami, ché sono demonizzato! Rendimi misericordioso, io che sono insensibile e privo di compassione! Dammi tutte le virtù, ché sono corrotto! Governa sempre il mio cuore! Guida sempre la mia anima! Guida sempre la mia volontà! Guida sempre la mia coscienza! Conduci sempre i miei pensieri! Dirigi sempre i miei sentimenti! Conduci sempre la mia vita, sia in questo mondo che nel mondo che verrà! Affinché anche io, il grande peccatore, possa insieme a te, padre Crisostomo amare in Cristo, celebrare continuamente il nostro unico e meraviglioso Signore e Salvatore Gesù Cristo, al quale appartiene ogni gloria, onore e adorazione, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amìn! Amìn! Amìn!

 http://oodegr.com/tradizione/tradizione_index/testilit/crisospopovic.htm

 

La Chiesa, Pentecoste permanente

 Il “giorno dello Spirito Santo” – che inizia con l’alba della Pentecoste  – si diffonde, inarrestabile, nella Chiesa attraverso la pienezza indicibile dei doni divini e delle divine potenze vivificanti  nella Chiesa ogni cosa esiste per mezzo dello Spirito Santo, dal minimo dettaglio a ciò che è fondamentale. Quando il sacerdote benedice l’incensiere prima di accingersi ad incensare, prega il Signore Gesù di “far discendere la grazia dello Spirito Santo”, e quando si procede al rinnovamento dell’indicibile mistero divino della santa Pentecoste, durante la consacrazione di un vescovo, con il proposito di conferirgli tutta la plenitudine della grazia, appare evidente come l’intera vita si trovi posta sotto lo Spirito Santo. Indubbiamente, è in virtù dello Spirito Santo che Cristo è nella Chiesa – parimenti lo Spirito Santo dimora nell’anima  Sin dall’apparire dell’economia divino-umana della salvezza, lo Spirito Santo è stato sigillato nelle fondamenta
della Chiesa, nella fondamenta del corpo di Cristo, portando a compimento l’Incarnazione: Lo Spirito Santo che ha prodotto dalla Vergine l’Incarnazione del Verbo (toû Logou ktisan tèn sarkosin) 

http://www.orthodoxia.it/wp/2016/06/02/chiesa-pentecoste-permanente/

 

Hai accolto con gioia, al suo ritorno, quel prodigo...

 

Il figlio prodigo della parabola è l’esempio perfetto del peccatore che si converte. L’Evangelo ci mostra come l’uomo, con il suo libero volere, con la sua vita, partecipi della terra e del cielo, del diavolo e di Dio, del paradiso e dell’inferno. Il peccato spoglia gradualmente l’uomo da qualsivoglia elemento divino dentro di lui, gli paralizza ogni desiderio e anelito divino, finché lo getta, alla fine, tra le braccia tremende del diavolo. Allora l’uomo si riduce a pascolare i porci del suo signore, il diavolo. I porci sono le passioni, sempre insaziabili e voraci. In una tale vita l’uomo infelice non è che matto, demente, fuori di sé [...]. Il Signore afferma del figlio prodigo: “Rientrò in sé stesso” (Lc 15,17). In che modo rientrò in sé stesso? Con la conversione. Poiché con il peccato l’uomo diventa demente, va fuori di sé. Ogni peccato, anche il più piccolo, è sempre pazzia dell’anima, demenza dell’anima. Con la sua conversione, l’uomo rinsavisce, ridiventa sano, rientra in sé. E allora grida a Dio, corre verso di lui, innalza al cielo la sua voce: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te” (Lc 15,21). E che fa il Padre celeste? Sempre e sconfinatamente amico dell’uomo, vedendo il proprio figlio affrettarsi convertito verso di lui, si muove a compassione, corre, lo abbraccia e lo bacia. E ordina ai suoi servitori celesti, i santi angeli: “Portate qui il vestito primo, più bello, e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,22-24). Così avviene anche per ciascuno di noi e per ogni peccatore che si converte [...].

La conversione dal peccato conduce il peccatore pentito all’abbraccio di Dio, al regno eterno dell’amore del nostro Padre celeste. Mentre il peccato che rimane senza conversione genera nell’anima la morte, per inabissare, successivamente, l’uomo nell’inferno eterno del diavolo. Signore, accordaci la conversione!


 http://bergamo-ortodossa.blogspot.it/2013/03/hai-accolto-con-gioia-al-suo-ritorno.html


Introduzione a "Le Vite dei Santi" | Vita ed opere dei Santi Padri

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domenica 28 maggio 2017

28 Maggio 2017 E Abbà disse...San Luca di Crimea taumaturgo (1877-1961)

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Fa’ della tua anima il tuo monastero! Bàttici il simandro, chiamala alla veglia, spargici l’incenso e prega senza posa!

 Niente è così tanto gradito a Dio,” – come dice San Giovanni Crisostomo –  “quanto una vita che sia di beneficio per tutti“. È per questo che ci è stato dato il dono della parola, delle mani, della forza del corpo, della mente e della conoscenza: affinché li impieghiamo per la nostra salvezza e per il servizio al prossimo.

 Dovete ricordarvi che il piu grande errore che compiono quei genitori innamorati dei propri figli piccoli è che perdonano tutto e non li puniscono mai.

 Non c’è niente di più significativo e di valore della preghiera ma d’altro canto niente è più difficile, in quanto le attività umane più sono significative e più sono difficili. Con i nostri sforzi non possiamo comprendere appieno il senso e il valore della preghiera e ancor di meno riusciamo a pregare in una maniera gradevole a Dio. Tutti gli uomini, fino all’ultimo, hanno bisogno dell’onnipotente aiuto dello Spirito Santo per compiere questa grande opera, infatti ecco cosa ci dice il Santo Apostolo Paolo nell’epistola ai Romani: “Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili” (Romani 8, 26).

( http://ortodossinelmondo.it/citazioni_tag/luca-di-crimea)




Il grande apostolo Paolo dice di sé stesso: Io sono il minimo degli Apostoli, non sono nemmeno degno d'esser chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Ma per la grazia di Dio io sono quello che sono, e la grazia verso di me non è stata vana, anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che era in me. ( 1Cor. 15:9-10).
Vedete come il più grande fra gli apostoli parla di sé stesso, come se non fosse stato lui ad aver operato, ad aver compiuto grandi opere, illuminato il mondo intero, la  Grazia che era con lui. Egli non attribuisce nulla a se stesso, anche se grandi furono le sue opere, e le sue sofferenze per Cristo innumerevoli, Tutto riconduce alla Grazia di Dio. E noi malati, invece, che attribuiamo a noi stessi grandi meriti per una cosa fatta una sola volta, o che ancora dobbiamo iniziare? E noi che invece non notiamo la grazia divina, fonte di ogni bene?
La parola grazia si sente spesso ad ogni officio divino. La parola grazia si trova in quasi ogni pagina del Nuovo Testamento, mentre nel Vecchio si trova assai raramente, Perché questo, perché si parla sempre di Grazia nel Nuovo Testamento?
Perché il principio di ogni bene è nostro Signore Gesù Cristo: in Lui abbiamo la redenzione mediante il Suo sangue, e le ricchezze della sua grazia. ( Ef. 1:7) Questo è il bene più grande, la fonte e l'inizio di ogni grazia - la redenzione dell'Umanità attraverso il Purissimo Sangue di Cristo. Infatti è per la grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio ( Ef. 2:8). 
Gratuitamente abbiamo ricevuto questo dono, gratuitamente riceviamo la redenzione dal Sangue di Cristo. La Grazia divina illuminerà ogni cristiano che prenderà la sua propria croce e seguirà il Cristo. Sapete che la grazia è necessaria ad ogni vero inizio, così da prendere parte alla salvezza, all'Alleanza di Cristo, così come il Signore stesso ci ha detto: Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre, che mi ha mandato: e io lo resusciterò nell'ultimo giorno ( Giovanni 6:44). E' necessario che il Padre stesso ci guidi, altrimenti per noi non c'è inizio nel cammino di Cristo. 
Leggiamo negli Atti degli Apostoli cosa accadde in Macedonia a Filippi, mentre l'apostolo Paolo insegnava il Vangelo. Insegnava nei pressi della città, sulla riva del fiume nella quale era stata eretta una Sinagoga. Una donna di Tiatiri, commerciante di porpora, chiamata Lidia, la quale temeva Dio, ci ascoltava. Il Signore le aprì il cuore per renderla attenta alle parole di Paolo. ( Atti 16:14). 
Vedete, il Signore stesso le aprì il cuore agli insegnamenti di Paolo. 
Così il cuore di tutti noi si apra al tocco di Dio e ponga attenzione alle grandi parole di Cristo. La grazia divina è necessaria al principio del nostro viaggio verso la Salvezza. Ma si può dire che la Grazia divina è prefigurata per coloro che sono predestinati alla vita eterna? che solo costoro possono toccare la grazia? Certo che no. La Grazia è l'effusione dell'incommensurabile amore di Dio e il suo amore è rivolto a tutta la creazione, soprattutto agli uomini, e di conseguenza la Grazia di Dio adombra  i cuori di tutto il genere umano. Perché sta scritto che che Dio è Padre di tutti gli Uomini e e sia degli Ebrei che dei Pagani. Egli è buono con tutti. Uno che va alla guerra non si immischia nelle faccende della vita civile, se vuol piacere a colui che lo ha arruolato. Allo stesso modo quando uno lotta come atleta non riceve la corona, se non ha lottato secondo le regole. Il lavoratore che fatica dev'essere il primo a ricevere la su parte del raccolto. (2Tim. 2:4-6). Ossia il genere umano. Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non solo per i nostri, ma per quelli del mondo intero. (1Giovanni 2:2). 
Ricordate queste parole: senza di me non potete far nulla. Se non vivete nell'amore di Cristo, se non berrete il succo della Vera Vite, non sarà possibile compiere alcunché di bene, e rimarrete soli nella vostra debolezza e nella vostra miseria. Tutto ciò che si compie in voi per mezzo della Grazia è attuato dal Padre stesso in Gesù Cristo: egli solo confermerà tutte le vostre buone azioni, e senza di lui, non potrete far nulla.  
Tratto da: Omelia sulla Grazia di San Luca vescovo di Simferopoli, apparsa su Pravoslavie.ru

http://luceortodossamarcomannino.blogspot.it/2015/06/la-grazia-san-luca-vescovo-di-crimea.html


Ultime parole e testamento spirituale di San Luca di Crimea, Taumaturgo e Vescovo 

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http://luceortodossamarcomannino.blogspot.it/2015/03/san-luca-il-taumaturgo-san-luca-di.html 

 

"Lo spirito dell'apatia (accidia)" di San Luca, Arcivescovo di Crimea 

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 http://cristianiortodossi.blogspot.it/2016/10/lospirito-dellapatia-accidia-dioe.html

 " La nostra religione non è una religione della depressione: al contrario, è una religione della vigilanza, dell'energia, della volontà e della forza di carattere. La nostra Fede Ortodossa non porta alla depressione, ma a qualcosa di opposto – qualcosa della quale San Paolo parla nella sua Lettera ai Galati : “ Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé;” (Gal . 5, 22).
    Questo è lo spirito autentico, questa è la vera essenza della nostra religione: non la tristezza ne la depressione, ma la giustizia, la pace e la gioia nello Spirito Santo."

 

biografia del Santo sta in

http://www.lombardiarussia.org/index.php/component/content/article/57-categoria-home-/623-san-luca-di-crimea-taumaturgo-e-vescovo-intervista-esclusiva-a-padre-vassiliy-sacerdote-della-chiesa-ortodossa-di-sinferopoli-in-crimea

 http://www.sentiericona.it/public/icone/?p=1145

 http://luceortodossamarcomannino.blogspot.it/2013/11/il-santo-vescovo-luka-e-la-repressione.html

 


lunedì 22 maggio 2017

Verso l'Ascensione di Cristo Dio Vigilanza cristiana Gregorio Magno, Omelia 2, 29,11


Risultati immagini per icone della parousia del Risorto


Perciò, fratelli dilettissimi, occorre che col cuore ci volgiamo là dove crediamo che Egli sia asceso col corpo. Fuggiamo i desideri terreni, nulla più ci diletti quaggiù, poiché abbiamo un Padre nei cieli. E ciò noi dobbiamo considerare attentamente, poiché Colui che mite salì in cielo tornerà terribile; e tutto ciò che ci insegnò con mansuetudine, esigerà da noi con severità. Nessuno, dunque, tenga in poco conto il tempo dovuto alla penitenza; nessuno, mentre è nel pieno delle proprie forze, trascuri se stesso, poiché il nostro Redentore quando verrà a giudicarci sarà tanto più severo quanto più paziente è stato con noi prima del giudizio. Pertanto, fratelli, fate questo tra voi e su questo meditate assiduamente. Sebbene l’animo, sconvolto dalle passioni terrene, sia ancora incerto, tuttavia adesso gettate l’ancora della vostra speranza verso la patria eterna, fortificate nella vera luce i propositi dell’animo. Ecco abbiamo sentito che il Signore è asceso al cielo. Perciò meditiamo sempre su ciò in cui crediamo. E se ancora siamo trattenuti qui dall’impedimento del corpo, tuttavia seguiamo Lui con passi d’amore. Non può lasciare insoddisfatto il nostro desiderio Colui che ce l’ha ispirato, Gesù Cristo Nostro Signore.

lunedì 15 maggio 2017

"Ciò che volete che gli uomini facciano a voi" - dice il Salvatore - fatelo anche voi a loro, allo stesso modo" (Mt 7,12)

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omelia di un sacerdote  e scrittore cristiano del V secolo, Salviano di Marsiglia, De gubernatione, 3, 5-6
 
Forse qualcuno obietta che oggi non è più il tempo in cui ci sia dato di sopportare per Cristo ciò che
gli apostoli sopportarono ai loro giorni. E' vero: non vi sono imperatori pagani, non vi sono tiranni persecutori; non si versa il sangue dei santi, la fede non è messa alla prova con i supplizi. Dio è contento che gli serviamo in questa nostra pace, che gli piacciamo con la sola purità immacolata delle azioni e la santità intemerata della vita. Ma per questo gli è dovuta più fede e devozione, perché esige da noi meno, pur avendoci elargito di più. Gli imperatori, dunque, sono cristiani, non c'è persecuzione alcuna, la religione non viene turbata, noi non veniamo costretti a dar prova della fede con un esame rigoroso: perciò dobbiamo piacere di più a Dio almeno con gli impegni minori. Dimostra infatti di essere pronto a imprese maggiori, se le cose lo esigeranno, colui che sa adempire i doveri minori.
Omettiamo dunque ciò che sostenne il beatissimo Paolo, ciò che, come leggiamo nei libri di religione scritti in seguito, tutti i cristiani sostennero, ascendendo così alla porta della reggia celeste per i gradini delle loro pene, servendosi dei cavalletti di supplizio e dei roghi come di scale. Vediamo se almeno in quegli ossequi di religiosa devozione che sono minori e comuni e che tutti i cristiani possono compiere nella pace più stabile ed in ogni tempo, ci sforziamo realmente di rispondere ai precetti del Signore. Cristo ci proibisce di litigare. Ma chi obbedisce a questo comando? E non è un semplice comando, giungendo al punto di imporci di abbandonare ciò che è lo stesso argomento della lite pur di rinunciare alla lite stessa: "Se qualcuno" - dice infatti -"vorrà citarti in giudizio per toglierti la tunica, lasciagli anche il mantello" (Mt 5,40). Ma io mi chiedo chi siano coloro che cedano agli avversari che li spogliano, anzi, chi siano coloro che non si oppongano agli avversari che li spogliano? Siamo tanto lontani dal lasciare loro la tunica e il resto, che se appena lo possiamo, cerchiamo noi di togliere la tunica e il mantello all'avversario. E obbediamo con tanta devozione ai comandi del Signore, che non ci basta di non cedere ai nostri avversari neppure il minimo dei nostri indumenti, che anzi, se appena ci è possibile e le cose lo permettono, strappiamo loro tutto! A questo comando ne va unito un altro in tutto simile: disse infatti il Signore: "Se qualcuno ti percuoterà la guancia destra, tu offrigli anche l'altra" (Mt 5,39). Quanti pensiamo che siano coloro che porgano almeno un poco le orecchie a questo precetto o che, se pur mostrano di eseguirlo, lo facciano di cuore? E chi vi è mai che se ha ricevuto una percossa non ne voglia rendere molte? E' tanto lontano dall'offrire a chi lo percuote l'altra mascella, che crede di vincere non solo percuotendo l'avversario, ma addirittura uccidendolo.
"Ciò che volete che gli uomini facciano a voi" - dice il Salvatore - fatelo anche voi a loro, allo stesso modo" (Mt 7,12). Noi conosciamo tanto bene la prima parte di questa sentenza che mai la tralasciamo; la seconda, la omettiamo sempre, come se non la conoscessimo affatto. Sappiamo infatti benissimo ciò che vogliamo che gli altri ci facciano, ma non sappiamo ciò che noi dobbiamo fare agli altri. E davvero non lo sapessimo! Sarebbe minore la colpa dovuta ad ignoranza, secondo il detto: "Chi non conosce la volontà del suo padrone sarà punito poco. Ma chi la conosce e non la eseguisce, sarà punito assai" (Lc 12,47). Ora la nostra colpa è maggiore per il fatto che amiamo la prima parte di questa sacra sentenza per la nostra utilità e il nostro comodo; la seconda parte la omettiamo per ingiuria a Dio. E questa parola di Dio viene inoltre rinforzata e rincarata dall'apostolo Paolo, il quale, nella sua predicazione, dice infatti: "Nessuno cerchi ciò che è suo, ma ciò che è degli altri" (1Cor 10,24); e ancora: "I singoli pensino non a ciò che è loro, ma a ciò che è degli altri" (Fil 2,4). Vedi con quanta fedeltà abbia egli eseguito il precetto di Cristo: il Salvatore ci ha comandato di pensare a noi come pensiamo agli altri, egli invece ci comanda di badare più ai comodi altrui che ai nostri. E' il buon servo di un buon Signore e un magnifico imitatore di un Maestro unico: camminando sulle sue vestigia ne rese, quasi, più chiare e, scolpite le orme. Ma noi cristiani facciamo ciò che ci comanda Cristo o ciò che ci comanda l'Apostolo? Né l'uno né l'altro, credo. Siamo tanto lungi tutti noi da offrire agli altri qualcosa con nostro incomodo, che badiamo sommamente ai nostri comodi, scomodando gli altri.

Fonte:http://www.qumran2.net/


Salviano di Marsiglia (400 o 405 – 451 o succ.) è stato uno scrittore latino. Fu uno scrittore cristiano, probabilmente originario di Colonia o di Treviri .
Della sua vita poco è accertato. Salviano fu educato alla scuola di Treviri apparentemente da maestri cristiani. In data sconosciuta si sposò e si stabilì nel sud est della Gallia a Lerina ; quindi, divenuto sacerdote, visse a Marsiglia. Da sua moglie  Palladia, ebbe una figlia, Auspiciola.
Nei suoi scritti appaiono riferimenti a studi fatti sul diritto romano; questo sembra avvalorare una nascita aristocratica come egli stesso riferisce a proposito di una parentela "non oscura"

 http://www.documentacatholicaomnia.eu/30_10_0400-0470-_Salvianus_Massiliensis_Episcopus.html

Le opere a noi giunte sono:
  • Adversus Avaritiam
  • De gubernatione Dei - 8 libri, scritti fra il 439 e il 451[ Traduzione italiana: Il governo di Dio, Città nuova 1994.
  • Epistolae 

sabato 13 maggio 2017

4. La Samaritana, immagine della Chiesa(Romano il Melode, Hymn. 19, 4-5)


Saint Fotini il Samaritano il grande martire greco ortodossa russa Monte Athos cristiana cattolica icona bizantina su legno




4. La Samaritana, immagine della Chiesa


Cosa insegna dunque la Bibbia? Cristo, essa ci dice, dal quale sgorga una sorgente di vita per gli uomini, affaticato dal viaggio, stava seduto (cf. Gv 4,5-6) presso una fonte di Samaria, ed era l`ora del caldo: era infatti circa l`ora sesta, dice la Scrittura, nel mezzo del giorno, quando il Messia venne ad illuminare coloro che erano nella notte. La sorgente raggiunse la sorgente per lavare, non per bere; la fontana d`immortalità è là accanto al ruscello della miserabile, come spogliata; egli è stanco di camminare, lui che, senza fatica, ha percorso il mare a piedi, lui che accorda gioia e redenzione.
Ora, proprio mentre il Misericordioso stava vicino al pozzo, come ho detto, ecco che una Samaritana prese la sua brocca sulle spalle e venne, uscendo da Sichar, sua città (cf.Gv 4,7). E chi non dirà felice la partenza e il ritorno di quella donna? Ella uscì nel sudiciume, e ritornò immagine della Chiesa, senza macchia. Uscì e attinse la vita come una spugna; uscì portando la brocca, rientrò portando Dio. E chi non dirà beata quella donna? O meglio, chi non venererà colei che è venuta dalle nazioni? Infatti, ella è immagine, e riceve gioia e redenzione.


(Romano il Melode, Hymn. 19, 4-5)