domenica 17 febbraio 2019

Signore, benedici i miei nemici! Anche io li benedico e non li maledico. S.Nikolaj Velimirovic (di Zicha e Ochrid)


Benedici i miei nemici, Signore! Anch'io li benedico e non li maledico.

I nemici mi hanno spinto di più tra le Tue braccia dei miei amici.
Gli amici mi legano alla terra, i nemici mi slegano e distruggono tutte le mie speranze in questo mondo.
Hanno fatto di me uno straniero nel regno terrestre e un cittadino inutile di questo mondo. Come la belva che è braccata trova un rifugio più sicuro della belva che non è braccata, così io, braccato dai miei nemici, ho trovato un rifugio più sicuro nascondendomi sotto la Tua tenda, laddove né i nemici né gli amici possono uccidere la mia anima. 

Benedici i miei nemici, Signore! Anch'io li benedico e non li maledico.

Hanno, al mo posto, confessato i miei peccati davanti al mondo.


Mi hanno frustato quando avevo degli scrupoli a farlo da me.


Mi hanno fatto soffrire allorché fuggivo le sofferenze.


Mi hanno ingiuriato quando mi complimentavo con me stesso.


Mi hanno sputato addosso quando ero fiero di me.


Benedici i miei nemici, Signore! Anch'io li benedico e non li maledico

.
Quando facevo il sapiente, mi chiamavano «il folle».


Quando facevo il potente, si prendevano gioco di me come se fossi un nano.


Quando volevo guidare gli uomini, mi rimandavano indietro.


Quando mi affrettavo ad arricchirmi, mi colpivano con una mano di ferro.


Quando pensavo di dormire in pace, mi strappavano dal sogno.


Quando costruivo la mia casa per una vita lunga e tranquilla, la distruggevano e mi cacciavano fuori.


In verità, i nemici mi hanno allontanato dal mondo e mi hanno allungato le braccia fino al Tuo grembo.


Benedici i miei nemici, Signore! Non li maledico, anch'io li be

nedico.

Benedicili e moltiplicali! Moltiplicali e fai che siano più amari contro di me!


Perché la mia fuga verso di Te sia senza ritorno;


Perché la mia speranza nell'uomo si rompa come una tela di ragno;


Perché la calma regni interamente nella mia anima;


Perché il mio cuore sia una tomba per i miei due mali gemelli: l'orgoglio e la collera;


Perché ammassi tutti i miei tesori in Cielo;


Ah! Per liberarmi alla fine dall'illusione che mi ha catturato nella tela terribile della vita illusoria.


I nemici mi hanno insegnato a conoscere quello che in pochi conoscono: che l'uomo non ha nemici nel mondo tranne se stesso.


Solo colui che non sa che i nemici non sono nemici ma dei crudeli amici odia i suoi nemici.


Veramente mi è difficile dire chi mi ha fatto più bene o più male in questo mondo: i nemici o gli amici.


Perciò, benedici, Signore, i miei nemici e gli amici!


Uno schiavo maledice i suoi nemici, perché non sa. Ma il figlio li benedice perché sa.
Poiché il figlio sa che i nemici non possono attentare alla sua vita. Perciò cammina liberamente tra loro e prega Dio per loro.


Benedici i miei nemici, Signore! Anch'io li benedico, e non li maledico.


(San Nikolaj Velimirovich, dalle *Preghiere davanti l lago*)





venerdì 15 febbraio 2019

San Macario il Grande Preghierehttps://www.natidallospirito.com/2011/12/01/preghiere-dei-padri-4/

Signore, amico degli uomini, a Te ricorro al mio risveglio, cominciando il compito assegnatomi nella tua misericordia: assistimi in ogni tempo ed in ogni cosa; preservami da ogni seduzione mondana, da ogni influenza del demonio; salvami e introducimi nel tuo Regno eterno.
Tu sei infatti il mio Creatore, la fonte ed il dispensatore di ogni bene: in te riposa tutta la mia speranza, ed io ti rendo gloria ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.
Mio Dio, purifica me, peccatore, che non ho mai fatto il bene davanti a Te; liberami dal male e fa che si compia in me la tua volontà: affinché senza timore di condanna, apra le mie labbra indegne e celebri il tuo Santo Nome: Padre, Figlio e Spirito Santo, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
Abbi pietà di noi, Signore, abbi pietà di noi, privi di ogni giustificazione, noi peccatori ti rivolgiamo, o nostro Sovrano, questa supplica: abbi pietà di noi.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Signore, abbi pietà di noi: in te infatti, abbiamo riposto la nostra fiducia; non ti adirare oltremodo con noi, né ricordare i nostri peccati; ma misericordioso come sei, volgi su di noi il tuo sguardo benigno e liberaci dai nostri nemici.
Tu infatti sei il nostro Dio e noi siamo il tuo popolo; tutti siamo opera delle tue mani ed abbiamo invocato il tuo nome.
Ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.

lunedì 11 febbraio 2019

San FILOTEO SINAITA - Filocalia Tomo III - Dall'opera "Quaranta capitoli sulla sobrietà

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5.I danni della loquacità

Non c’è nulla di più rovinoso della loquacità e nulla di più deleterio di una lingua non controllata per distruggere l’edificio spirituale. Quanto ogni giorno veniamo edificando, questa ce lo rovina (cfr. Gal.2,18); quanto a prezzo di fatiche riusciamo a mettere insieme, con la loquacità l’anima lo disperde. Cosa mai vi può essere di peggiore?
 È un male incontrollabile (Giac.3,8)[6]. Dobbiamo assolutamente fissare dei limiti invalicabili alla nostra lingua, farle violenza e tenerla a freno e, per così dire, servircene unicamente in caso di vero bisogno. Chi potrebbe descrivere tutto il danno che la lingua è capace di provocare all’anima?

nota 6  
6] Il testo di Giac. 3,8 presenta due lezioni: ἀκατάσχετον κακόν e ἀκατάστατον κακόν. Filoteo segue la prima lezione e quindi abbiamo tradotto ‘male incontrollabile’, mentre la Bibbia Marietti segue la seconda e traduce ‘male irrequieto’.

Riporto la  prima traduzione in Italiano del capitolo 3 versetto 8 della Lettera di San Giacomo nella traduzione italiana della Bibbia  di Giovanni Diodati,pastore protestante, pubblicata a Ginevra nel 1607
"ma niun uomo può domar la lingua; ella è un male che non si può rattenere; è piena di mortifero veleno.

L'intero testo dell'opera di San Filoteo  in pdf al seguente link
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martedì 5 febbraio 2019

Non fatevi spaventare dal nemico (Macario il Grande)

Non fatevi spaventare dal nemico (Macario il Grande)

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Scrivo a voi fratelli carissimi, perché sappiate che dal giorno in cui Adamo è stato creato fino alla fine del mondo, il Maligno farà la guerra ai santi senza darsi riposo (Ap 13:7)… Eppure sono pochi coloro che si accorgono che il devastatore delle anime coabita con loro nel loro corpo, vicinissimo all’animo. Sono nella tribolazione e non c’è nessuno sulla terra che possa confortarli. Per questo guardano verso il cielo e vi ripongono  la loro attesa, per riceverne qualcosa nel loro cuore. E con questa forza, e grazie a questa armatura dello Spirito (Ef 6:13), vinceranno. Dal cielo infatti ricevono una forza, che rimane nascosta agli occhi della carne. Finché ricercheranno Dio con tutto il cuore, la forza di Dio verrà segretamente in loro aiuto ad ogni momento… Proprio perché toccano con mano  la loro debolezza perché sono incapaci di vincere, sollecitano ardentemente le armi di Dio, e così rivestiti dell’armatura dello Spirito per il combattimento (Ef 6:13), vincono…
Sappiate dunque, fratelli carissimi, che in tutti coloro che hanno preparato la loro anima a diventare una buona terra per il seme celeste, il nemico si affretta a seminare la sua zizzania… Sappiate anche che coloro che non cercano il Signore con tutto il cuore non sono tentati da Satana in modo così evidente; ma piuttosto di nascosto con l’astuzia costui prova… di allontanarli da Dio.
Ora, fratelli, fatevi coraggio e non temete. Non lasciatevi spaventare dalle immaginazioni suscitate dal nemico. Nella preghiera non abbandonatevi a un’agitazione confusa, moltiplicando grida inopportune, ma accogliete la grazia del Signore nella contrizione e nel pentimento… fatevi coraggio, confortatevi, state saldi, preoccupatevi delle vostre anime, perseverate con zelo nella preghiera… Tutti infatti coloro che cercano Dio in verità riceveranno una forza divina nella loro anima, e ricevendo l’unzione celeste sentiranno nel loro cuore il sapore e la dolcezza del mondo futuro. La pace del Signore, che è stata con tutti i santi padri e li ha custoditi da ogni tentazione rimanga anche con voi.
San Macario  (300-391)
monaco egiziano
omelia spirituale 51

venerdì 1 febbraio 2019

San Sofronio, vescovo Discorso 3, sull’«Hypapante» 6, 7 PG 87, 3, 3291-3293

http://www.byzarticon.gr/images/stories/photogallery/parastaseis/Presentation_of_Jesus_in_the_Temple-web.jpg

“Noi tutti che celebriamo e veneriamo con intima partecipazione il mistero dell’incontro del Signore, corriamo e muoviamoci insieme in fervore di spirito incontro a lui. Nessuno se ne sottragga, nessuno si rifiuti di portare la sua fiaccola. Accresciamo anzi lo splendore dei ceri per significare il divino fulgore di lui che si sta avvicinando e grazie al quale ogni cosa risplende, dopo che l’abbondanza della luce eterna ha dissipato le tenebre della caligine. Ma le nostre lampade esprimano soprattutto la luminosità dell’anima, con la quale dobbiamo andare incontro a Cristo. Come infatti la Madre di Dio e Vergine intatta portò sulle braccia la vera luce e si avvicinò a coloro che giacevano nelle tenebre, così anche noi, illuminati dal suo chiarore e stringendo tra le mani la luce che risplende dinanzi e tutti, dobbiamo affrettarci verso colui che é la vera luce.
La luce venne nel mondo (cfr. Gv 1, 9) e, dissipate le tenebre che lo avvolgevano, lo illuminò. Ci visitò colui che sorge dall’alto (cfr. Lc 1, 78) e rifulse a quanti giacevano nelle tenebre. Per questo anche noi dobbiamo ora camminare stringendo le fiaccole e correre portando le luci. Così indicheremo che a noi rifulse la luce, e rappresenteremo lo splendore divino di cui siamo messaggeri. Per questo corriamo tutti incontro a Dio. Ecco il significato del mistero odierno.
La luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr. Gv 1, 9) é venuta. Tutti dunque, o fratelli, siamone illuminati, tutti brilliamo. Nessuno resti escluso da questo splendore, nessuno si ostini a rimanere immerso nel buio. Ma avanziamo tutti raggianti e illuminati verso di lui. Riceviamo esultanti nell’animo, col vecchio Simeone, la luce sfolgorante ed eterna. Innalziamo canti di ringraziamento al Padre della luce, che mandò la luce vera, e dissipò ogni tenebra, e rese noi tutti luminosi. La salvezza di Dio, infatti, preparata dinanzi a tutti i popoli e manifestata a gloria di noi, nuovo Israele, grazie a lui, la vedemmo anche noi e subito fummo liberati dall’antica e tenebrosa colpa, appunto come Simeone, veduto il Cristo, fu sciolto dai legami della vita presente.
Anche noi, abbracciando con la fede il Cristo che viene da Betlemme, divenimmo da pagani popolo di Dio. Egli, infatti, é la salvezza di Dio Padre. Vedemmo con gli occhi il Dio fatto carne. E proprio per aver visto il Dio presente fra noi ed averlo accolto con le braccia dello spirito, ci chiamiamo nuovo Israele. Noi onoriamo questa presenza nelle celebrazioni anniversarie, né sarà ormai possibile dimenticarcene”.(Disc. 3, sull’«Hypapante» 6, 7; PG 87, 3, 3291-3293).



lunedì 21 gennaio 2019

Dal capitolo 56 del Libro del profeta Isaia



1 Così dice l'Eterno: «Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza sta per venire e la mia giustizia per essere rivelata. 2 Beato l'uomo che agisce così e il figlio dell'uomo che si attiene a questo, che osserva il sabato senza profanarlo e che trattiene la sua mano dal fare qualsiasi male». 3 Non dica il figlio dello straniero che si è unito all'Eterno: «L'Eterno mi ha certamente escluso dal suo popolo». E non dica l'eunuco: «Ecco, io sono un albero secco». 4 Poiché così dice l'Eterno: «Agli eunuchi che osservano i miei sabati, scelgono ciò che a me piace e si attengono fermamente al mio patto, 5 darò loro nella mia casa e dentro le mie mura un posto e un nome, che varranno meglio di quello dei figli e delle figlie; darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato. 6 I figli degli stranieri che si sono uniti all'Eterno per servirlo, per amare il nome dell'Eterno eper essere suoi servi, tutti quelli che osservano il sabato senza profanarlo e si attengono fermamente al mio patto, 7 li condurrò sul mio monte santo e li riempirò di gioia nella mia casa d'orazione; i loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa sarà chiamata una casa di orazione per tutti i popoli». 8 Il Signore, l'Eterno, che raduna i dispersi d'Israele, dice: «Io raccoglierò intorno a lui anche altri, oltre a quelli già raccolti».


giovedì 3 gennaio 2019

Dai nostri Santi Padri dell'Antico Testamento- dal Libro dei Giudici al capitolo 5-il cantico della profetessa Debora


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libro dei Giudici 5

Cantico di Debora

1 In quel giorno, Debora cantò questo cantico con Barac, figlio di Abinoam:
2 Poiché dei capi si sono messi alla testa del popolo in Israele,
poiché il popolo si è mostrato volenteroso,
benedite il SIGNORE!
3 Ascoltate, o re! Porgete orecchio, o prìncipi!
Al SIGNORE, sì, io canterò,
salmeggerò al SIGNORE, al Dio d'Israele.
4 O SIGNORE, quando uscisti dal Seir,
quando venisti dai campi di Edom,
la terra tremò, e anche i cieli si sciolsero,
anche le nubi si sciolsero in acqua.
5 I monti furono scossi per la presenza del SIGNORE,
anche il Sinai, là, fu scosso davanti al SIGNORE, al Dio d'Israele!


6 Ai giorni di Samgar, figlio di Anat,
ai giorni di Iael, le strade erano abbandonate,
e i viandanti seguivano sentieri tortuosi.
7 I capi mancavano in Israele; mancavano,
finché non venni io, Debora,
finché non venni io, come una madre in Israele.
8 Si sceglievano nuovi dèi,
e la guerra era alle porte.
Si scorgeva forse uno scudo, una lancia,
fra i quarantamila uomini d'Israele?
9 Il mio cuore va ai condottieri d'Israele!
O voi che vi offriste volenterosi fra il popolo,
benedite il SIGNORE!
10 Voi che cavalcate asine bianche,
voi che sedete su ricchi tappeti,
e voi che camminate per le vie, cantate!
11 Lungi dalle grida degli arcieri, là tra gli abbeveratoi,
si celebrino gli atti di giustizia del SIGNORE,
gli atti di giustizia dei suoi capi in Israele!
Allora il popolo del SIGNORE discese alle porte.
12 Dèstati, dèstati, Debora!
Dèstati, dèstati, intona un canto!
Àlzati, Barac, e prendi i tuoi prigionieri, o figlio di Abinoam!
13 Allora scese un residuo, alla voce dei nobili scese un popolo,
il SIGNORE scese con me fra i prodi.
14 Da Efraim vennero quelli che stanno sul monte Amalec;
al tuo sèguito venne Beniamino fra le tue genti;
da Machir scesero dei capi,
e da Zabulon quelli che portano il bastone del comando.
15 I prìncipi d'Issacar furono con Debora;
quale fu Barac, tale fu Issacar:
egli si precipitò nella valle sulle orme di lui.
Presso i ruscelli di Ruben,
le decisioni furono coraggiose!
16 Perché sei rimasto fra gli ovili
ad ascoltare il flauto dei pastori?
Presso i ruscelli di Ruben,
le decisioni furono coraggiose!
17 Galaad non ha lasciato la sua dimora oltre il Giordano;
e Dan, perché si è tenuto sulle sue navi?
Ascer è rimasto presso la riva del mare,
e si è riposato nei suoi porti.
18 Zabulon è un popolo che ha rischiato la vita,
così pure Neftali,
sulle alture della campagna.
19 I re vennero, combatterono;
allora combatterono i re di Canaan
a Taanac, presso le acque di Meghiddo;
non ne riportarono un pezzo d'argento.
20 Dai cieli si combatté:
gli astri, nel loro corso, combatterono contro Sisera.
21 Il torrente Chison li travolse,
l'antico torrente, il torrente Chison.
Anima mia, avanti, con forza!
22 Allora gli zoccoli dei cavalli martellavano il suolo,
al galoppo, al galoppo dei loro guerrieri in fuga.
23 Maledite Meroz, dice l'angelo del SIGNORE;
maledite, maledite i suoi abitanti,
perché non vennero in soccorso del SIGNORE,
in soccorso del SIGNORE insieme con i prodi!


24 Benedetta sia fra le donne Iael,
moglie di Eber, il Cheneo!
Fra le donne che stanno sotto le tende, sia benedetta!
25 Egli chiese dell'acqua e lei gli diede del latte;
in una coppa d'onore gli offerse della crema.
26 Con una mano prese il piuolo;
e con la destra, il martello degli operai;
colpì Sisera, gli spaccò la testa,
gli fracassò e gli trapassò le tempie.
27 Ai piedi di Iael egli si piegò, cadde, giacque disteso;
ai suoi piedi si piegò e cadde;
là, dove si piegò, cadde esanime.
28 La madre di Sisera guarda dalla finestra
e grida attraverso l'inferriata:
Perché il suo carro tarda ad arrivare?
Perché sono così lente le ruote dei suoi carri?
29 Le più sagge delle sue dame le rispondono,
e anche lei replica a se stessa:
30 Non trovano forse bottino? Non se lo stanno forse dividendo?
Una fanciulla, due fanciulle per ognuno;
a Sisera un bottino di vesti variopinte;
un bottino di vesti variopinte e ricamate,
variopinte e ricamate d'ambo i lati
per le spalle del vincitore!
31 Così periscano tutti i tuoi nemici, o SIGNORE!
Coloro che ti amano siano come il sole
quando si alza in tutta la sua forza!
Così il paese ebbe pace per quarant'anni.



tratto da
https://forum.termometropolitico.it/251646-canto-di-vittoria-dalla-bibbia-scritto-da-debora.html

Il "Canto di Debora" è uno dei brani poetici più antichi della Bibbia (verso il XII sec. a C.) ed è, indiscutibilmente, un testo epico. La "profetessa" Debora (il suo nome significa "ape") incita il condottiero Barak a muovere guerra al re cananeo Sisara, mettendosi alla testa degli uomini delle tribù israelitiche di Zebulon e Neftali. Lo scontro in campo aperto alle pendici del monte Tabor è favorevole agli ebrei ma il re Sisara fugge a piedi, abbandonando il suo carro da guerra, e rifugiandosi presso la tenda di Eber il Kenita, che crede suo alleato. Ma, mentre il generale sta dormendo, la moglie di Eber, Giaele, che è ebrea, gli pianta col martello un picchietto da tenda nella tempia, inchiodandolo letteralmente al terreno e dando così vittoria al suo popolo, che si conquista un quarantennio di pace. 
Nella Bibbia il racconto è contenuto in due versioni nel libro dei Giudici: una in prosa (cap.4) e la seconda in poesia (cap. 5) riportata nel post di Berardo.
Quest'ultima è molto interessante e contiene il racconto delle gesta della guerra (in realtà pienamente comprensibili solo se si è letto prima il testo in prosa). Il cantico, poi, esalta le gesta delle tribù che hanno partecipato alla battaglia e bastona, invece, la vigliaccheria di quelle che vi si sono sottratte (come quella di Ruben: Gd. 5, 15-16). 
Il testo si apre rappresentando il Signore, che scende nel campo di battaglia arrivando da sud (dal Sinai, il monte dell'Alleanza) con sconvolgimenti naturali (5, 3-4) mentre la terra di Palestina si fa deserta (6-7) ed il popolo ebraico "preferisce divinità straniere" (v.8). 
A questo punto si apre la seconda strofa che comincia con una chiamata alla guerra del popolo, ma il v. 12 pone sullo stesso piano il canto di Debora:
Destati, destati o Debora,
destati, destati, intona un canto 
e l'azione delle armi di Barak: 
Sorgi, Barak, e cattura i tuoi prigionieri, 
o figlio di Abinoam. 
Il canto di Debora (parola divino/umana perché profetica), è quindi essenziale per l'esito del conflitto al pari dell'azione delle armi, perché questa guerra è "santa" e condotta da Dio, per questo l'istituzione della profetessa è essenziale per la sua riuscita. D'altronde il testo, dopo aver cantato la battaglia (v. 19-23) concentra l'attenzione sulle gesta dell'altra donna: Giaele "benedetta tra le donne" (v. 24). Di nuovo emerge la dimensione sacrale ed il cantico si compiace di descrivere l'agonia di Sisara con versetto, il 27, di grande efficacia letteraria. Degna di memoria, infine, è la chiusa patetica di questo testo, che mette in scena la madre del re defunto che, guardando fuori dalla finestra della tenda, attende con angoscia crescente il ritorno del figlio, inutilmente consolata dalle ancelle, fino al punto di mentire a se stessa, ed illudersi del prossimo ritorno del figlio vincitore carico di doni per lei, frutto della razzia.
Chiude il testo, in chiara chiave biblica:
Così periscano tutti i tuoi nemici, Signore! (v. 31) 
La vittoria, appunto, sta nel fatto che i nemici lottano contro il vero Dio.
Debora è stata donna di parola, non d'azione e la Bibbia non conserva perciò un suo gesto classico da immortalare. Per questa ragione la vediamo raffigurata in quadri generici, vuoi come "giudichessa", o più spesso come "profetessa", nell'atto magari di annunciare a Barak la volontà di Dio (così, ad esempio, nell'affresco di N. Malinconici, della chiesa Santa Maria Maggiore in Bergamo). Per questa stessa ragione le sono dedicate molte opere musicali: tra le altre spicca quella di George Frederik Handel (1685-1759), un "oratorio in 3 atti del 1733, scritto su libretto di Samuel Humphreys, che ripercorre le tappe fondamentali di questa vicenda.


fonte  "DEBORA Cantico di Debora (Gdc. 5, 1 ss.) "
sta in
http://www.vincenzotopa.net/archivio/C-debora.pdf