martedì 5 dicembre 2023
Il Profeta Osea. Accusate Vostra Madre - capitolo 2 versetti da 15 (parte prima )
venerdì 22 settembre 2023
Il decimo canto non è stato ancora cantato. È il canto del Messia (allora gli altri Nove in attesa)
I rabbini hanno enumerato dieci canti nei momenti chiave della vita della nazione.
Tra questi il canto degli Israeliti in Egitto (vedi Isaia 30:29),
29 Allora intonerete dei canti, come la notte quando si celebra una festa; avrete la gioia nel cuore, come colui che cammina al suono del flauto per andare al monte del SIGNORE, alla Rocca d'Israele.
la cantica dopo il passaggio del Mar Rosso (Esodo 15),
1 Allora Mosè e i figli d'Israele cantarono questo cantico al SIGNORE:
«Io canterò al SIGNORE, perché è sommamente glorioso;
ha precipitato in mare cavallo e cavaliere.
2 Il SIGNORE è la mia forza e l'oggetto del mio cantico;
egli è stato la mia salvezza.
Questi è il mio Dio, io lo glorificherò,
è il Dio di mio padre, io lo esalterò.
3 Il SIGNORE è un guerriero,
il suo nome è il SIGNORE.
4 Egli ha gettato in mare i carri del faraone, e il suo esercito;
e i suoi migliori condottieri sono stati sommersi nel mar Rosso.
5 Gli abissi li ricoprono;
sono andati a fondo come una pietra.
6 La tua destra, o SIGNORE, è ammirevole per la sua forza.
La tua destra, o SIGNORE, schiaccia i nemici.
7 Con la grandezza della tua maestà,
tu rovesci i tuoi avversari;
tu scateni la tua ira,
essa li consuma come stoppia.
8 Al soffio delle tue narici le acque si sono ammucchiate,
le onde si sono rizzate come un muro,
i flutti si sono fermati nel cuore del mare.
9 Il nemico diceva: "Inseguirò, raggiungerò,
dividerò le spoglie,
io mi sazierò di loro;
sguainerò la mia spada, la mia mano li sterminerà";
10 ma tu hai soffiato il tuo vento
e il mare li ha sommersi;
sono affondati come piombo in acque profonde.
11 Chi è pari a te fra gli dèi, o SIGNORE?
Chi è pari a te, splendido nella tua santità,
tremendo anche a chi ti loda,
operatore di prodigi?
12 Tu hai steso la destra,
la terra li ha ingoiati.
13 Tu hai condotto con la tua bontà
il popolo che hai riscattato;
l'hai guidato con la tua potenza
alla tua santa dimora.
14 I popoli lo hanno udito e tremano.
L'angoscia ha colto gli abitanti della Filistia.
15 Già sono smarriti i capi di Edom,
il tremito prende i potenti di Moab,
tutti gli abitanti di Canaan vengono meno.
16 Spavento e terrore piomberà su di loro.
Per la forza del tuo braccio
diventeranno muti come una pietra,
finché il tuo popolo, o SIGNORE, sia passato,
finché sia passato il popolo che ti sei acquistato.
17 Tu li introdurrai e li pianterai sul monte che ti appartiene,
nel luogo che hai preparato, o SIGNORE, per tua dimora,
nel santuario che le tue mani, o Signore, hanno stabilito.
18 Il SIGNORE regnerà per sempre, in eterno».
19 Mosè e i figli d'Israele cantarono questo cantico quando i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono nel mare,
e il SIGNORE fece ritornare su di loro le acque del mare,
ma i figli d'Israele camminarono sulla terra asciutta in mezzo al mare.
20 Allora Maria, la profetessa, sorella d'Aaronne, prese in mano il timpano e tutte le donne uscirono dietro a lei, con timpani e danze. 21 E Maria rispondeva:
«Cantate al SIGNORE, perché è sommamente glorioso:
ha precipitato in mare cavallo e cavaliere».
la cantica al pozzo (Numeri 21)
16 Di là andarono a Beer, che è il pozzo a proposito del quale il SIGNORE disse a Mosè: «Raduna il popolo e io gli darò l'acqua». 17 Fu in quell'occasione che Israele cantò questo cantico:«Scaturisci, o pozzo! Salutatelo con canti!
18 Pozzo che i capi hanno scavato, che i nobili del popolo hanno aperto con lo scettro, con i loro bastoni!»,
Il decimo canto non è stato ancora cantato. È il canto del Messia.
domenica 30 luglio 2023
DISCORSO ALL’UMANITA’ NE “IL GRANDE DITTATORE” 1940 Regia di Charles Chaplin. con Jack Oakie, Charles Chaplin, Paulette Goddard, Henry Daniell, Reginald Gardiner. Cast completo Titolo originale: The Great Dictator
«Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore. Non voglio né governare né comandare
nessuno. Vorrei aiutare tutti: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani
dovremmo unirci, aiutarci sempre, dovremmo godere della felicità del prossimo. Non odiarci
e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti. La natura è ricca e sufficiente
per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica, ma noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha
avvelenato i nostri cuori, fatto precipitare il mondo nell’odio, condotti a passo d’oca verso le
cose più abiette.
Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha trasformati in cinici, l’abilità ci ha resi duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchine ci serve umanità, più che abilità ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è vuota e violenta e tutto è perduto. L’aviazione e la radio hanno avvicinato la gente, la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell’uomo, reclama la fratellanza universale. L’unione dell’umanità. Persino ora la mia voce raggiunge milioni di persone.
Milioni di uomini, donne, bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di segregare, umiliare e torturare gente innocente. A coloro che ci odiano io dico: non disperate! Perché l’avidità che ci comanda è soltanto un male passeggero, come la pochezza di uomini che temono le meraviglie del progresso umano. L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori. Il potere che hanno tolto al popolo, al popolo tornerà. E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa. Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi comandano e che vi disprezzano, che vi limitano, uomini che vi dicono cosa dire, cosa fare, cosa pensare e come vivere! Che vi irregimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie! Voi vi consegnate a questa gente senza un’anima! Uomini macchine con macchine al posto del cervello e del cuore.
Ma voi non siete macchine! Voi non siete bestie! Siete uomini! Voi portate l’amore dell’umanità nel cuore. Voi non odiate. Coloro che odiano sono solo quelli che non hanno l’amore altrui. Soldati, non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate che nel Vangelo di Luca è scritto: «Il Regno di Dio è nel cuore dell’Uomo».
Non di un solo uomo, ma nel cuore di tutti gli uomini. Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, il progresso e la felicità. Voi, il popolo, avete la forza di fare si che la vita sia bella e libera.
Voi che potete fare di questa vita una splendida avventura. Soldati, in nome della democrazia, uniamo queste forze. Uniamoci tutti! Combattiamo tutti per un mondo nuovo, che dia a tutti un lavoro, ai giovani la speranza, ai vecchi la serenità ed alle donne la sicurezza. Promettendovi queste cose degli uomini sono andati al potere. Mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno. E non ne daranno conto a nessuno. Forse i dittatori sono liberi perché rendono schiavo il popolo.
Combattiamo per mantenere quelle promesse. Per abbattere i confini e le barriere. Combattiamo per eliminare l’avidità e l’odio. Un mondo ragionevole in cui la scienza ed il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati! Nel nome della democrazia siate tutti uniti!»
https://www.undergroundanarchico.it/2023/07/15/discorso-allumanita-ne-il-grande-dittatore-1940/
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Durante una battaglia della prima guerra mondiale, un barbiere ebreo, che combatte nell'esercito della Tomania (parodia della Germania) come addetto al funzionamento della grande Berta, un enorme cannone della XXI divisione artiglieria, si rende protagonista di un'azione eroica nella quale, a bordo di un aereo, salva la vita dell'ufficiale Schultz, ma nello schianto del velivolo il barbiere perde la memoria.
Dopo molti anni passati all'ospedale, egli se ne allontana e fa ritorno alla sua bottega nel ghetto ebraico, sorprendendosi dell'atteggiamento dei militari che imbrattano i vetri del suo negozio con la scritta dispregiativa "jew", ossia (in inglese) "giudeo". Reagisce al sopruso, in contrasto con la remissione degli altri abitanti del quartiere, suscitando le simpatie di Hannah, giovane e bella figlia del ghetto, anch'ella insofferente alle angherie e alle miserabili condizioni di vita alle quali il dittatore della Tomania Adenoid Hynkel (parodia di Adolf Hitler) e i suoi scagnozzi la costringono da tempo. La rappresaglia dei militari agli sberleffi del barbiere e di Hannah prevederebbe l'impiccagione dell'uomo ad un lampione, ma a scongiurarla interviene il comandante Schultz, che riconosce nel barbiere il soldato che tanti anni prima gli aveva salvato la vita.
La protezione di Schultz e la richiesta inoltrata da Hynkel ad un banchiere ebreo per finanziare la sua campagna di aggressione al mondo, e in particolare la conquista di un paese vicino, l'Ostria (parodia dell'Austria), sono causa della temporanea pace nel ghetto e favoriscono lo svilupparsi della simpatia tra il barbiere e Hanna in un sentimento più profondo. Ma la gioia della serenità riconquistata ha vita breve, perché la negazione del finanziamento farà riprendere le persecuzioni più violente di prima.
Il rifiuto di Schultz alla realizzazione dell'invasione dell'Ostria gli costa la prigionia nel campo di concentramento, dal quale riesce però a sfuggire per rifugiarsi nel ghetto. Qui cospira con gli abitanti per eliminare il malvagio dittatore. Anche il barbiere partecipa all'intrigo, per quanto sia un po' riluttante di fronte all'eroismo invocato da Schultz. Ma la cospirazione fallisce e Schultz e il barbiere sono catturati e confinati in un campo di concentramento.
Il progetto di invasione di Hynkel necessita della collaborazione dell'alleato dittatore di Batalia (Bacteria nell'edizione originale, parodia dell'Italia fascista), Bonito Napoloni (Benzino Napaloni nell'edizione originale e marcata parodia di Benito Mussolini), che ha schierato il suo esercito ai confini dell'Ostria. Hynkel lo invita in una visita di stato nella sua residenza dove si assisterà ad un duello tra i due nel tentativo di entrambi di soggiogare psicologicamente l'altro, ma il duello si risolve in un nulla di fatto e nell'accordo sull'Ostria.
Il piano di Garbitsch per la conquista prevede che Hynkel si travesta da cacciatore di anatree spari da una barca su un lago un colpo di fucile in qualità di segnale. Il colpo parte, l'invasione dell'Ostria è compiuta e Hannah e quanti con lei vi avevano trovato riparo si ritrovano nuovamente oppressi dagli stessi aguzzini che avevano lasciato in Tomania. Il dittatore però è caduto in acqua e, risalito a riva, senza l'uniforme militare e per la straordinaria somiglianza, viene scambiato dai suoi militari per il barbiere ebreo ed arrestato; questi infatti era evaso dal campo di concentramento con Schultz dopo aver rubato uniformi militari poco tempo prima ed era pertanto ricercato.
Al sicuro insieme al barbiere, Schultz si prodiga perché l'altro venga ritenuto essere Hynkel affinché entrambi possano avere salva la vita, ed egli, in perfetta uniforme da condottiero, dovrà tenere il suo primo discorso davanti al popolo dell'Ostria. Ma proprio di fronte al pubblico, il barbiere ebreo lancerà al mondo, e alla sua Hannah, una proclamazione di amore, libertà, uguaglianza e solidarietà tra gli uomini che le riaccenderanno la speranza in tempi migliori.
venerdì 2 giugno 2023
giovedì 20 aprile 2023
VORREI UN IMMIGRATO COME VICINO DI CASA di Paolo Berizzi Inviato di Repubblica
Vorrei avere un immigrato come vicino di casa. Con, o senza famiglia. Qualcuno che viene da terre lontane, con una storia, una cultura, usanze e tradizioni “altre” rispetto alle mie. Qualcuno da cui imparare parte del tanto che non so, che mi contamini con il suo vissuto che magari è complementare al mio o non importa, perché la diversità mi incuriosisce sempre, in ogni sua forma, ad ogni latitudine. Ed è infinitamente più interessante dell’omologazione. L’inizio di questo pezzo non è un’iperbole. Non è una provocazione né una battuta zaloniana “tolo tolo” style. Sono serio. Talmente serio che, per capirci, rispondo subito a quelli che “facile dire così quando abiti nelle Ztl”. E allora? Qual è il problema? Forse il problema siamo noi. Noi che continuiamo a clonare i luoghi comuni della narrazione che domina nel dibattito pubblico. Noi che atrofizziamo i muscoli dell’anima credendoci forti. Vengo dunque al punto. Per quanto tempo ancora dovremo considerare un’area a traffico limitato come un muro sociale, una barriera invisibile che divide il mondo, anzi, i mondi: chi sta di qua e chi sta dall’altra parte? In mezzo, prima ancora che l’ovvia disparità delle condizioni sociali ed economiche, si alligna il pregiudizio la cui gramigna attecchisce nel terreno sempre fertile dell’ignoranza (un virus socialmente trasversale).
Il peggior nemico della società contemporanea non è la paura di chi è “diverso” da te: è la paura del nuovo, e cioè una delle forme di timore più antiche con cui l’uomo misura se stesso. Il nuovo ha incorporata la differenza (altrimenti che nuovo sarebbe). E siccome il nuovo di questo terzo millennio italiano è il meticciato, per qualcuno la paura fa novanta. A me il meticciato piace. Sogno una città - la mia città, Bergamo - dove le terre di mezzo si estendano gioiosamente alle Ztl. Lo desidero per due motivi. Primo: se sei favorevole all’immigrazione e all’accoglienza, e le consideri un’opportunità, non puoi esserlo solamente se i nuovi arrivati (ultimi, in ordine di tempo) vivono nelle periferie o nei quartieri che attraversi per raggiungere l’autostrada. Secondo: in questo modo si sfilerebbe ai sovranisti e ai populisti del nazionalismo 2.0 uno dei loro cavalli di battaglia: e cioè che gli immigrati li difendono solo quelli che non li hanno accanto, o sotto casa. Il che è un’affermazione odiosa, perché basata sul sillogismo immigrato uguale persona che, diciamo, disturba. Vivo in Città alta da molti anni. Nel borgo antico, che è progressivamen- te molto cambiato (non sempre in meglio), non abitano solo ricchi scollegati dalla realtà e dai problemi. Ci abitano anche persone che amano i centri storici, che lavorano per pagare un mutuo e che sono allergiche ai recinti, ai dormitori d’élite, al concetto del “noi” e del “loro”. In Città alta non si vedono immigrati. Nemmeno venditori ambulanti. Perché? In Cit- tà alta, oltre a una giungla di B&B, ci sono decine di alloggi comunali. Alcuni sorgono accanto a casa mia. Mi piacerebbe che quegli appartamenti fossero abitati da un numero maggiore di “nuovi cittadini”, nuovi italiani, nuovi bergamaschi: donne e uomini che prima venivano semplicemente iscritti alla voce “immigrati” ma che poi sono diventati parte del tessuto socialePerché lavorano, perché mandano i figli a scuola, perché pagano le tasse per avere servizi. Perché hanno il sacrosanto diritto di vivere bene e in sicurezza mangiando cous cous e pollo speziato. Chiamatemi buonista, non me ne importa nulla. Attendo una famiglia indiana da salutare la sera sul pianerottolo, dei bimbi africani che giochino in cortile offrendo ai condòmini sorrisi bellissimi che colorano di vita il tedio formale, quasi asettico, di certi vicini. Lavoratori che rincasano e magari riescono a parcheggiare l’auto prima che si spiaggino i mastodontici Suv con cui le mamme scarrozzano i figli tra golf e palestra. E se i nuovi bergamaschi appoggiano le loro biciclette nell’atrio, sono felice uguale. Questo è il presente, questa è la sfida da affrontare e vincere: abbattere il muro cresciuto nella nostra mente, non permettere alle pietre dell’odio di farci inciampare lungo il cammino. Amare il nuovo che avanza. Sempre
articolo di Febbraio 2020 inhttps://cdn.sanity.io/files/uwcqf9vm/production/c7c6b92539a89bb20da6429d4f0eabefd347487e.pdf