2. Dai "Discorsi" di san Pietro Crisologo, 50, CCL 24, p. 276-282. PL 52, 339
"Giunse nella sua città e gli presentarono un paralitico disteso su di un letto. E vedendo", dice, "Gesù la loro fede, disse al paralitico: Abbi fiducia, figlio! Ti sono rimessi i tuoi peccati (Mt 9,1.2).
Ode il perdono, e tace il paralitico, senza nulla rispondere in
ringraziamento perché aspirava più alla guarigione del corpo che
dell’anima e si lamentava talmente delle sofferenze temporali del
corpo snervato da non deplorare le pene eterne dell’anima ancor più
infiacchita, giudicando per sé più gradita la vita presente della
futura. Giustamente Cristo guarda alla fede di quelli che lo
presentano, senza far caso alla stoltezza dell’infermo in manieta che,
per suffragio della fede di altri, del paralitico fosse curata
l’anima prima del corpo.
"Guardando, dice, alla loro fede" (Mt 9,2).
Vedete in questo caso, fratelli, che Dio non cerca le disposizioni
degli stolti, non aspetta la fede degli insipienti, non indaga i
desideri scriteriati di un ammalato, ma asseconda la fede di altri
pur di concedere, di non rifiutare, per sola grazia, tutto ciò che
spetta alla divina volontà. E in realtà, fratelli, quando mai il medico
s’informa o tien conto delle preferenze dei pazienti, visto che
sempre un malato desidera e chiede quel che nuoce? E’ per questo
che somministra ed impone [loro], anche se non vogliono, ora il
ferro, ora il fuoco, ora amare pozioni così che comprendano i sani
la cura che avrebbero potuto sperimentare da malati. E se l’uomo
non bada alle ingiurie, non fa caso alle maledizioni pur di tirare
da parte sua vita e salute a quanti siano colpiti da malattie,
quanto più Cristo, medico di divina bontà, restituisce alla salute gli
infermi, i sofferenti del delitio dei peccati e dei delitti, anche
se son contrari e recalcitrano?
Magari
volessimo, fratelli, magari volessimo tutti renderci ben conto
della paralisi del nostro spirito! Vedremmo l’anima nostra, spogliata
delle virtù, distesa sul giaciglio dei vizi; ci apparirebbe chiaro
che Cristo, mentre guarda ogni giorno ai nostri nocivi desideri, ci
attira e ci sollecita, anche se riluttanti, a salutari rimedi.
"Figlio", dice, "ti sono rimessi i tuoi peccati (ibid.)."
Dicendo questo, voleva esser riconosciuto Dio, quale ancora non
appariva agli occhi umani a causa della [sua] umanità. Per le
facoltà ed i miracoli, infatti, era paragonato ai profeti, i quali,
da parte loro, per mezzo di lui avevano compiuto prodigi; il rimettete i
peccati, invece, dato che non spetta all’uomo e costituisce segno
distintivo della divinità, ai cuori degli uomini lo dimostrava Dio.
Lo prova il livore dei farisei; infatti quando ebbe detto: "Ti sono rimessi i tuoi peccati, risposero i farisei: "Costui bestemmia: chi infatti può rimettere i peccati, se non Dio solo?" (Mt 9,3).
Fariseo,
che sapendo ignori, confessando neghi, quando testimoni smentisci:
se è Dio che rimette i peccati, perché Cristo non è Dio per te,
lui che, è dimostrato, ha tolto i peccati di tutto il mondo per opera
della sua sola misericordia?
"Ecco", dice, "l’agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo" (Gv 1,29).
Perché poi tu possa ricevere maggiori prove della sua divinità,
ascolta come ha penetrato l’intimo del tuo cuore, guarda come ha
attraversato le tenebre dei tuoi pensieri, comprendi come ha messo a
nudo i taciti disegni del tuo animo.
"Ed avendo visto", dice, "Gesù
i loro pensieri, disse loro: Che cosa pensate di male nei vostri
cuori? Cos’è più facile dire: ti sono rimessi i tuoi peccati,
oppure dire: Alzati e cammina? E perché sappiate che il Figlio
dell’uomo ha il potere di rimettere i peccati, disse al paralitico:
Alzati, prendi il tuo letto e vattene a casa tua. E quello si alzò
e se ne andò a casa sua" (Mt 9,4-7)
Scrutatore
delle anime, ha prevenuto i maligni disegni delle menti ed ha
dimostrato con la testimonianza delle opere la potenza della sua
divinità, assestando le membra di un corpo deforme, tendendo i nervi,
congiungendo le ossa, sistemando gli organi, confermando gli arti e
destando alla corsa i passi, ormai sepolti in un cadavere vivente.
"Prendi il tuo letto" (Mt 9,6),
cioè porta quello che portava [te], scambia il carico, in maniera
che quella che è la prova dell’infermità sia testimonianza di
guarigione, il letto del tuo dolore sia segno della mia cura, la
gravità del peso attesti la grandezza della forza riacquistata.
(San Pier Crisologo, Sermo, 50, 3-6)
http://www.episcopia-italiei.it/diocesioortodossa/wwwroot/merinde/2016/VI%20DOMENICA%20DOPO%20LA%20PENTECOSTE.pdf
http://www.ildialogo.org/esegesi/esegesi23022003.htm