domenica 31 luglio 2016

Matteo 28:16-20 -Il Grande Mandato



“(16) Quanto agli undici discepoli, essi andarono in Galilea sul monte che Gesù aveva loro designato. (17) E, vedutolo, l'adorarono; alcuni però dubitarono. (18) E Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. (19) Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, (20) insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente»" (Matteo 28:16-20).


Ma anche 

Dal Vangelo secondo Marco 16,15-18

In quel tempo, apparendo agli Undici, Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti, e se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno”.

Ed infine


Luca 24,44 -53


 44 Poi disse loro: «Queste sono le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: che si dovevano adempiere tutte le cose scritte a mio riguardo nella legge di Mosè, nei profeti e nei salmi». 45 Allora aprì loro la mente, perché comprendessero le Scritture, 46 e disse loro: «Così sta scritto, e così era necessario che il Cristo soffrisse e risuscitasse dai morti il terzo giorno, 47 e che nel suo nome si predicasse il ravvedimento e il perdono dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme. 48 Or voi siete testimoni di queste cose. 49 Ed ecco, io mando su di voi la promessa del Padre mio; ma voi rimanete nella città di Gerusalemme, finché siate rivestiti di potenza dall'alto.

50 Poi li condusse fuori fino a Betania e, alzate in alto le mani, li benedisse. 51 E avvenne che, mentre egli li benediceva, si separò da loro e fu portato su nel cielo. 52 Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia. 53 E stavano continuamente nel tempio, lodando e benedicendo Dio. Amen!


 
 

giovedì 21 luglio 2016

Santa Maria Maddalena nella meditazione dei Padri






Dalle "Omelie sui vangeli" di san Gregorio Magno, papa

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Om 25, 1-2. 4-5, in PL 76, 1189-1193


Maria Maddalena, venuta al sepolcro, e non trovandovi il corpo del Signore, pensò che fosse stato portato via e riferì la cosa ai discepoli. Essi vennero a vedere, e si persuasero che le cose stavano proprio come la donna aveva detto. Di loro si afferma subito: "I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa"; poi si soggiunse: "Maria invece stava all'esterno, vicino al sepolcro, e piangeva" (Gv 20, 10-11).
In questo fatto dobbiamo considerare quanta forza d'amore aveva invaso l'anima di questa donna, che non si staccava dal sepolcro del Signore, anche dopo che i discepoli se ne erano allontanati. Cercava colui che non aveva trovato, piangeva in questa ricerca e, accesa di vivo amore per lui, ardeva di desiderio, pensando che fosse stato trasfigurato.
Accadde perciò che poté vederlo essa sola che era rimasta per cercarlo; perché la forza dell'opera buona sta nella perseveranza, come afferma la voce stessa della Verità: "Chi persevererà sino alla fine, sarà salvato" (Mt 10, 22).
Cercò dunque una prima volta, ma non trovò, perseverò nel cercare, e le fu dato di trovare. Avvenne così che i desideri col protrarsi crescessero, e crescendo raggiungessero l'oggetto delle ricerche. I santi desideri crescono col protrarsi. Se invece nell'attesa si affievoliscono, è segno che non erano veri desideri.
Ha provato questo ardente amore chiunque è riuscito a giungere alla verità. Così Davide che dice: "L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente, quando verrò e vedrò il volto di Dio?" (Sal 41, 3). E la Chiesa dice ancora nel Cantico de Cantici: Io sono ferita d'amore (cfr. Ct 4, 9). E di nuovo dice: L'anima mia è venuta meno (cfr. Ct 5, 6).
"Donna perché piangi? Chi cerchi?" (Gv 20, 15). Le viene chiesta la causa del dolore, perché il desiderio cresca, e chiamando per nome colui che cerca, s'infiammi di più nell'amore di lui.
"Gesù le disse: Maria!" (Gv 20, 16). Dopo che l`ha chiamata con l'appellativo generico del sesso senza essere riconosciuto, la chiama per nome come se volesse dire: Riconosci colui dal quale sei riconosciuta. Io ti conosco non come si conosce una persona qualunque, ma in modo del tutto speciale.
Maria dunque, chiamata per nome, riconosce il Creatore e subito grida: "Rabbunì", cioè "Maestro": era lui che ella cercava all'esterno, ed era ancora lui che la guidava interiormente nella ricerca.

sabato 16 luglio 2016

Dalle "Lettere" di san Cipriano, vescovo e martire (Lett. 10,2 - 1 5; CSEL 3,491 - 492.494 - 495) Fede inespugnabile



Icona rappresentante Cipriano.


Con quali lodi vi potrei celebrare, o miei fortissimi fratelli? Con quale parola di encomio potrei esaltare degnamente la intrepidezza delle vostre anime, con quali espressioni magnificare la perseveranza della vostra fede? Sopportaste sino alla gloria la durissima prova e non cedeste ai tormenti, ma a voi piuttosto dovettero arrendersi i supplizi. I tormenti, che non concedevano fine ai dolori, diedero compimento alla gloria. Continuò a lungo lo strazio, fu assai crudele il supplizio, ma non riuscì a sommergere una fede che trovò bene ancorata, e altro esito non ebbe che di portare più rapidamente al Signore gli uomini di Dio. La moltitudine dei presenti, commossa, vide il celeste combattimento di Dio e la battaglia spirituale di Cristo; vide fermi i suoi servi, sentì la loro voce franca e coraggiosa, stupì di fronte all'incrollabile saldezza del loro animo, si meravigliò della forza divina che li sosteneva, constatò che, anche se indifesi contro gli strali di questo secolo, erano tuttavia armati delle armi dei credenti, cioè della fede. I torturati si alzarono più forti dei torturatori e le membra percosse e dilaniate vinsero gli artigli che percuotevano e laceravano.
I colpi si succedevano ai colpi, ma il loro infuriare non poté vincere la loro fede inespugnabile, benché nei servi di Dio, dopo che furono lacerate le carni, venissero torturate non più le membra, ma le ferite stesse. Scorreva il sangue per spegnere l'incendio della persecuzione, per soffocare con il suo glorioso spargimento le fiamme e il fuoco della geenna. Oh di quale genere fu quello spettacolo del Signore, quanto sublime, quanto grande, quanto gradito agli occhi di Dio per la fedeltà e la devozione del suo soldato! Si verificò quanto lo Spirito santo dice e proclama nei salmi: «Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeli» (Sal 115, 15). Preziosa è la morte di colui che acquista l'immortalità col prezzo del proprio sangue, che riceve la corona di Dio con l'estremo sacrificio.
Quanto lieto fu colà Cristo, quanto volentieri combatté e vinse in tali suoi servi! Cristo è il protettore della fede. È lui che dona a coloro che credono in proporzione della loro disponibilità. Nella persona del martire fu egli stesso presente al proprio combattimento, incoraggiò, rinvigorì e animò i combattenti e i difensori del suo nome. Colui che vinse una volta la morte per noi, la vince sempre in noi.
O beata la nostra Chiesa, che Dio illumina ancora e onora di tanta dignità, la nostra Chiesa che anche ai nostri tempi è resa splendente dal sangue glorioso dei martiri! Prima era candida nelle opere dei fratelli, ora è diventata purpurea nel sangue dei martiri. Fra i suoi fiori non mancano né i gigli né le rose. Ognuno aspiri al duplice altissimo onore, procurando tuttavia di avere almeno o la corona candida delle opere, o quella purpurea del martirio.

http://www.episcopia-italiei.it/diocesioortodossa/wwwroot/merinde/2016/LA%20QUARTA%20DOMENICA%20DOPO%20LA%20PENTECOSTE.pdf


mercoledì 13 luglio 2016

PROFESSIONE DI FEDE DI SAN NICODEMO DELL’ATHOS



https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEguytUYd85He7HqnjVJPfGwXvWgFldI1_x_XUZzdcUZbB8AJcv4aEapmUyOPdL_JHeMDlsYr3-__htBgUdJlxrnjqLHhWk8dDk3JkhukbDCzUdVKXGf7RxkZVUmnE6qIyxjsw58P7gjB0sB/s1600/crocemonastica.jpg







PROFESSIONE DI FEDE DI SAN NICODEMO DELL’ATHOS

Credo, venero e rispetto un solo Dio,
creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili ed invisibili,
che si caratterizza in tre persone: Padre, Figlio e santo Spirito, Trinità consustanziale ed indivisibile;
uguali in onore, godendo della stessa regalità, dello stesso trono, della stessa potenza.
Senza inizio, senza fine, irrefutabili, inspiegabili ed inafferrabili.
Credo e confesso l’incarnazione misteriosa, ineffabile del Dio Verbo tramite Maria, Tuttavergine e Genitrice di Dio, la Sua crocefissione, la Sua morte, il Suo seppellimento per la nostra salvezza e nonché la Sua ascensione nei cieli e la Sua seconda venuta per giudicare i vivi e i morti.
Io aderisco con tutta la mia anima e con tutto il mio cuore al sacro simbolo della nostra fede, che venne formulato con l’aiuto dello Spirito Santo nel primo e secondo Concilio Ecumenico, e contiene dodici articoli nei quali credo, e allo stesso modo credo nella Chiesa di Cristo, Una, Santa, Cattolica, Apostolica, Ortodossa, la quale offre l’interpretazione degli articoli di fede, in tutti i loro particolari.
Io confesso e aderisco ai sette Santi misteri della nostra Chiesa, ossia: Battesimo, Crismazione, Divina Eucarestia, Penitenza, il Sacerdozio, il Matrimonio e l’unzione degli infermi. Li considero essenziali per la salvezza dell’anima poiché ci trasmettono la fede, la grazia e la santificazione del Santissimo Spirito.
Onoro e mi sottometto ai venerandi canoni dei Santi Apostoli, ai Sette Santi Concili Ecumenici e ai sinodi locali riconosciuti e nonché a tutti i venerandi canoni dei Santi Padri di qualsiasi luogo recepiti e contenuti nel codice a noi proposto dalla nostra Chiesa.
Io aderisco e osservo fermamente tutti i dogmi della Chiesa Ortodossa Orientale, concernenti le persone e l’adorazione della Divinità sopraessenziale, nonché tutte le venerande tradizioni scritte e non scritte, Apostoliche e Patristiche, secondo quanto detto dal nostro Padre san Basilio il Grande: “Se infatti noi cercassimo di lasciare da parte le tradizioni non scritte perché riconosciute di poco valore, senza accorgecene, lederemmo dei punti capitali del Vangelo”.
Infine, io glorifico e servo e custodisco tutto ciò che esalta la Chiesa Ortodossa, nostra Madre spirituale, ammette, confessa e osserva dal principio fino ai nostri giorni, senza nulla omettere, neanche una jota, fino al mio silenzio, rimanendo il suo fedele e veritiero figlio.

Traduzione a cura dell’archimandrita Damiano Monterosso di eterna memoria © Tradizione Cristiana
 
 
 


sabato 9 luglio 2016

Terza Domenica di San Matteo con i Santi Padri e con i Santi




il padrone della vigna venne tre volte a vedere il fico, come il Signore che cercò la natura umana prima della Legge, durante la Legge e al tempo della grazia, attendendo, esortando e visitando. Venne prima della Legge, perché rese noto, attraverso il lume della ragione, con quali azioni e in che modo ognuno, esaminando la propria natura, dovesse agire verso il prossimo. Venne durante la legge, insegnando attraverso i comandamenti. Venne dopo la Legge, con la grazia, perché mostrò chiaramente la presenza della sua misericordia (Gregorio Magno, Om. 31.2-3).

O popoli, o terra tutta, gridiamo al Signore e la nostra preghiera sarà ascoltata, perché il Signore si rallegra del pentimento e della conversione degli uomini. E tutte le potenze celesti aspettano che anche noi gioiamo della soavità dell’amore di Dio e vediamo la bellezza del suo volto. Gloria al Signore, perché ci ha dato il pentimento, e per mezzo del pentimento saremo salvati tutti, senza eccezione. Solo quelli che non si pentono non saranno salvati, e per questo vedo la loro distruzione e piango di compassione per loro. Se ogni anima conoscesse il Signore e comprendesse quanto egli ci ama, non solo nessuno disprezzerebbe della propria salvezza, ma neppure si lamenterebbe (Silvano dell’Athos, La vita, la dottrina, gli scritti, pp. 314-15).