venerdì 31 gennaio 2014

Dai «Discorsi» di san Sofronio, vescovo (Disc. 3, sull'«Hypapante» 6, 7; PG 87, 3, 3291-3293)

Dai «Discorsi» di san Sofronio, vescovo
(Disc. 3, sull'«Hypapante» 6, 7; PG 87, 3, 3291-3293)

Accogliamo la luce viva ed eterna

Noi tutti che celebriamo e veneriamo con intima partecipazione il mistero dell'incontro del Signore, corriamo e muoviamoci insieme in fervore di spirito incontro a lui. Nessuno se ne sottragga, nessuno si rifiuti di portare la sua fiaccola. Accresciamo anzi lo splendore dei ceri per significare il divino fulgore di lui che si sta avvicinando e grazie al quale ogni cosa risplende, dopo che l'abbondanza della luce eterna ha dissipato le tenebre della caligine. Ma le nostre lampade esprimano soprattutto la luminosità dell'anima, con la quale dobbiamo andare incontro a Cristo. Come infatti la Madre di Dio e Vergine intatta portò sulle braccia la vera luce e si avvicinò a coloro che giacevano nelle tenebre, così anche noi, illuminati dal suo chiarore e stringendo tra le mani la luce che risplende dinanzi e tutti, dobbiamo affrettarci verso colui che è la vera luce.
La luce venne nel mondo (cfr. Gv 1, 9) e, dissipate le tenebre che lo avvolgevano, lo illuminò. Ci visitò colui che sorge dall'alto (cfr. Lc 1, 78) e rifulse a quanti giacevano nelle tenebre. Per questo anche noi dobbiamo ora camminare stringendo le fiaccole e correre portando le luci. Così indicheremo che a noi rifulse la luce, e rappresenteremo lo splendore divino di cui siamo messaggeri. Per questo corriamo tutti incontro a Dio. Ecco il significato del mistero odierno.
La luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr. Gv 1, 9) è venuta. Tutti dunque, o fratelli, siamone illuminati, tutti brilliamo. Nessuno resti escluso da questo splendore, nessuno si ostini a rimanere immerso nel buio. Ma avanziamo tutti raggianti e illuminati verso di lui. Riceviamo esultanti nell'animo, col vecchio Simeone, la luce sfolgorante ed eterna. Innalziamo canti di ringraziamento al Padre della luce, che mandò la luce vera, e dissipò ogni tenebra, e rese noi tutti luminosi. La salvezza di Dio, infatti, preparata dinanzi a tutti i popoli e manifestata a gloria di noi, nuovo Israele, grazie a lui, la vedemmo anche noi e subito fummo liberati dall'antica e tenebrosa colpa, appunto come Simeone, veduto il Cristo, fu sciolto dai legami della vita presente.
Anche noi, abbracciando con la fede il Cristo che viene da Betlemme, divenimmo da pagani popolo di Dio. Egli, infatti, è la salvezza di Dio Padre. Vedemmo con gli occhi il Dio fatto carne. E proprio per aver visto il Dio presente fra noi ed averlo accolto con le braccia dello spirito, ci chiamiamo nuovo Israele. Noi onoriamo questa presenza nelle celebrazioni anniversarie, né sarà ormai possibile dimenticarcene.


 

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Dai Detti e fatti dei Padri del deserto



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Detti e fatti dei Padri del deserto


"Se sei assillato dai pensieri impuri, non nasconderli, ma raccontali subito al tuo padre spirituale e così dominali. Poiché, nella misura in cui si nascondono i propri pensieri, essi si moltiplicano e prendono forza. Allo stesso modo di un serpente che esce dalla sua tana e subito fugge correndo, così i pensieri malvagi una volta palesati dileguano. E come un verme in un legno, così i cattivi pensieri corrompono il cuore. Chi palesa i propri pensieri è rapidamente guarito; chi li nasconde fa peccato d'orgoglio. Poiché, se non hai abbastanza fiducia in qualcuno per svelargli le tue lotte, questa è la prova che non hai l'umiltà. Poiché a colui che è umile tutti appaiono come santi e buoni, mentre considera se stesso come l'unico peccatore."
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giovedì 30 gennaio 2014

esortazioni immediate....così alla sprovvista


esortazioni  immediate....così  alla sprovvista


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L’anima non può trovare pace finché non diventa capace di pregare per i propri nemici”. San Silvano del Monte Athos (1866-1938)

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“Con la grazia di Dio, i piccoli gesti compiuti con umiltà ci permetteranno di ottenere gli stessi meriti dei Santi, i quali hanno agito a lungo per essere autentici servi del Padre”. San Doroteo di Gaza (505-565)

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“Se il veleno delle passioni ti annichilisce, accostati all’Eucaristia. Quel Pane, che incarna il Padre nella sua umiltà e vicinanza agli uomini, ti darà ristoro e allevierà il tuo cuore”. San Cirillo d’Alessandria (370-444)

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“Quand’anche noi avessimo, a nostro favore, grandi meriti ed eccelse virtù, la nostra fiducia di essere ascoltati deve essere riposta nella misericordia di Dio e nel suo amore verso gli uomini. Anche se fossimo al sommo della virtù, è in nome della sua misericordia che saremo salvati”. San Giovanni Crisostomo (347-407)

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“Il pane chiuso nella tua credenza appartiene all’affamato; il vestito riposto nell’armadio a colui che ne ha bisogno. Le scarpe lasciate in un angolo sono di chi cammina senza; il denaro avidamente accantonato, è dei poveri”. San Basilio il Grande (330-379)

mercoledì 29 gennaio 2014

I Santi Tre Gerarchi ...Testi Liturgici


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Dalla Divina Liturgia di San Basilio

Inizia l'Anafora con il canto del "Sanctus"-

ANAFORA
D. Stiamo composti, stiamo con timore; stiamo intenti a offrire in pace la santa oblazione.
C. Misericordia di pace, immolazione di lode.
S. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, e l'amore di Dio Padre, e la comunione del santo Spirito sia con tutti voi.
C. E con lo spirito tuo.
S. In alto teniamo i cuori.
C. Li teniamo verso il Signore.
S. Rendiamo grazie al Signore.
C. Degno e giusto è adorare Padre, Figlio e santo Spirito, Trinità coessenziale e inseparata.
S. Esistente, Signore, Dio Padre onnipotente e adorato, degno è davvero, giusto e congruo alla magnificenza della tua santità lodare, inneggiare, benedire, adorare, render grazie, glorificare in te l'unico Dio realmente esistente, e offrirti con cuore contrito e spirito di umiltà questo nostro culto razionale, poiché sei tu che ci fai grazia di conoscere la tua verità. E chi è in grado di riferire le tue opere potenti, far udire tutte le tue lodi e narrare tutte le tue meraviglie in ogni istante? O Sovrano dell'universo, Signore di cielo e terra e di ogni creatura percepita e non percepita, tu che siedi sul trono di gloria e guardi sugli abissi, aprimordio, invisibile, incomprensibile, incircoscritto, tu sei il Padre del Signore nostro Gesù Cristo, gran Dio e Salvatore, speranza nostra; egli è l'icona della tua bontà, sigillo pari al modello, in se stesso rivelante te, il Padre; è verbo vivente, Dio vero, sapienza da prima dei secoli; è vita, santificazione, potenza, luce vera; da lui lo Spirito santo si è manifestato Spirito della verità, carisma dell'adozione, pegno della futura eredità, primizia dei beni eterni, forza vivifica, fonte della santità; ogni creatura razionale e intelligente, ricevendo da lui vigore, ti serve e ti innalza il perpetuo canto di gloria, poiché tutte le realtà ti sono servitrici. Te infatti lodano gli angeli, gli arcangeli, i troni, le dominazioni, i principati, le virtù, le potenze e i cherubini dai molti occhi. Te assistono tutt'intorno i serafini, sei ali l'uno e sei ali l'altro: con due coprono il volto, con due i piedi e con due volano; gridano l'uno e all'altro con labbra inesauste e con canti di gloria mai silenti.
D., o se non c'è D. S., batte la stella sul santo disco segnandovi la croce, la bacia e la pone di lato mentre S. esclama:
S. Cantando, esclamando e gridando l'inno trionfale, e dicendo:
C. Santo, santo, santo, il Signore Sabaòth; pieno è il cielo e la terra della tua gloria. Osanna negli eccelsi. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna negli eccelsi.
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Dalla Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo

Inizia l'Anafora con il canto del "Sanctus"

Il Diacono: Stiamo con devozione, stiamo con timore attenti ad offrire in pace la santa oblazione.
Il Coro: Offerta di pace, sacrificio di lode.
Il Diacono fa un inchino profondo ed entra nel s. Vima per il lato Sud.
Il Sacerdote, tolto l'Aìr dai santi Doni, lo depone in disparte; poi si rivolge al popolo e dice a voce alta:
La grazia del nostro Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi (e benedice il popolo).
Il Coro: E con il tuo spirito.
Il Sacerdote, alzando le mani, prosegue ad alta voce:
Innalziamo i nostri cuori.
Il Coro: Sono rivolti al Signore.
Il Sacerdote, volgendosi verso oriente, dice:
Rendiamo grazie al Signore.
Il Coro: È cosa buona e giusta adorare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: Trinità consustanziale e indivisibile.
Mentre il Diacono agita con devozione il Ripidio sopra i sacri Doni, il Sacerdote prega sommessamente:
È degno e giusto celebrarti, benedirti, lodarti, ringraziarti, adorarti in ogni luogo del tuo dominio. Poiché tu sei il Dio ineffabile, inconcepibile, invisibile, incomprensibile, sempre esistente e sempre lo stesso: Tu e il tuo unigenito Figlio e il tuo Santo Spirito. Tu dal nulla ci hai tratti all'esistenza e, caduti, ci hai rialzati ; e nulla hai tralasciato di fare fino a ricondurci al cielo e a donarci il futuro tuo regno. Per tutti questi beni rendiamo grazie a te, all'unigenito tuo Figlio e al tuo Santo Spirito, per tutti i benefici a noi fatti che conosciamo e che non conosciamo, palesi ed occulti. Ti rendiamo grazie altresì per questo sacrificio, che ti sei degnato di ricevere dalle nostre mani, sebbene ti stiano dinanzi migliaia di Arcangeli e miriadi di Angeli, i Cherubini e i Serafini dalle sei ali e dai molti occhi, sublimi, alati,
Prosegue quindi ad alta voce:
i quali cantano l'inno della vittoria, esclamando e a gran voce dicendo:

In questo momento il Diacono prende l'Asterisco dal s. Disco, traccia sopra di esso un segno di croce e, baciandolo, lo pone in disparte.

Il Coro: Santo, Santo, Santo, il Signore dell'universo: il cielo e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli.


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The Divine Liturgy of Saint Gregory the
Theologian.
According to the rites of
The Coptic Orthodox Church

http://www.copticchurch.net/topics/liturgy/stgregory.pdf


Testo Liturgico di San Gregorio Nazianzeno

Cristo è sulla terra, gridate la vostra gioia
Cristo è nato, rendetegli onore.
Cristo è disceso dai cieli, venite a incontrarlo;
Cristo è sulla terra, gridate la vostra gioia.
Canta al Signore tutta la terra.
Anch’io proclamerò la grandezza
di questo giorno:
l’immateriale si incarna, il Verbo si fa carne;
l’invisibile si mostra agli occhi;
colui che le nostre mani non possono raggiungere
può ora essere toccato, l’intemporale ha un inizio,
il Figlio di Dio diventa Figlio dell’uomo:
E' Gesù Cristo colui che ieri, oggi e nei secoli è per
sempre.
Ecco dunque la solennità
che celebriamo:
l’arrivo di Dio presso gli uomini, perché
noi possiamo andare a Dio piuttosto o più esattamente, perché
noi ritorniamo a Lui...
(Dal Sermone sulla teofania)

martedì 28 gennaio 2014

Ireneo di Lione, «Contro le eresie» III, 24, 1, in «Nuova Filocalia»


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Ireneo di Lione, «Contro le eresie» III, 24, 1, in «Nuova Filocalia», Olivier Clément, trad. it. a cura di Ornella M. Nobile Ventura, Edizioni Qiqajon, Magnano (BI) 2010, p. 118-119


La predicazione della Chiesa è la stessa dappertutto e resta uguale a se stessa, poggiata sul fondamento dei profeti, degli apostoli e di tutti i discepoli, attraverso gli inizi, il tempo intermedio e la fine, cioè attraverso tutti gli sviluppi dell’azione divina, attraverso la costante opera di Dio che salva l’uomo e si fa presente alla nostra fede. Questa fede che riceviamo dalla Chiesa e che custodiamo, quale prezioso liquore, non finisce mai, sotto l’azione dello Spirito, di ringiovanire e di far ringiovanire il vaso che la contiene. Infatti la Chiesa si è vista affidare da Dio questo dono, come Dio ha infuso il suo soffio nella carne che aveva plasmato, in modo che tutte le membra ne ricevessero la vita. E in questo dono era contenuta la pienezza dell’unione con Cristo, cioè lo Spirito santo, pegno di incorruttibilità, rinvigorimento della nostra fede, scala della nostra ascesa verso Dio… Perché là dov’è la Chiesa, lì è anche lo Spirito di Dio; e là dov’è lo Spirito di Dio, lì è la Chiesa e ogni grazia. E lo Spirito è verità. 

http://catholicvt.net/wp-content/uploads/2012/06/86582_NpAdvHover.jpg 

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2007/documents/hf_ben-xvi_aud_20070328_it.html

http://www.30giorni.it/upload/articoli_immagini_interne/1130341756275.jpg

"Come si vede, Ireneo non si limita a definire il concetto di Tradizione. La Tradizione di cui egli parla, ben diversa dal tradizionalismo, è una Tradizione sempre internamente animata dallo Spirito Santo, che la rende viva e la fa essere rettamente compresa dalla Chiesa. Stando al suo insegnamento, la fede della Chiesa va trasmessa in modo che appaia quale deve essere, cioè «pubblica», «unica», «pneumatica», «spirituale». A partire da ciascuna di queste caratteristiche si può condurre un fruttuoso discernimento circa l'autentica trasmissione della fede nell’oggi della Chiesa. Più in generale, nella dottrina di Ireneo la dignità dell’uomo, corpo e anima, è saldamente ancorata nella creazione divina, nell’immagine di Cristo e nell’opera permanente di santificazione dello Spirito. Tale dottrina è come una «via maestra» per chiarire insieme a tutte le persone di buona volontà l’oggetto e i confini del dialogo sui valori, e per dare slancio sempre nuovo all’azione missionaria della Chiesa, alla forza della verità, che è la fonte di tutti i veri valori del mondo. "


domenica 26 gennaio 2014

San Macario il Grande - Omelia 10 di san Macario L’INSAZIABILE DESIDERIO DI DIO





La nostra preghiera non deve consistere
in atteggiamenti del nostro corpo:
gridare, rimanere in silenzio, oppure piegare le ginocchia;
dobbiamo piuttosto attendere
con un cuore sobrio e vigilante
che Dio venga e visiti l’anima
introducendosi per tutte le sue vie d’accesso,
i suoi sentieri e i suoi sensi.
(Dall’Omelia 33)


Macario il Grande 


ropario di san Macario, tono 1
Cittadino del deserto, angelo in un corpo e taumaturgo ti sei mostrato, o Macario, padre nostro teoforo. Con digiuno, veglia e preghiera hai ricevuto celesti carismi e guarisci i malati e le anime di quanti a te accorrono con fede. Gloria a Colui che ti ha dato forza; gloria a Colui che ti ha incoronato; gloria a Colui che per mezzo tuo opera guarigioni in tutti.


Kontakion di san Macario, tono 4, Ti sei manifestato oggi

Nella casa della continenza il Signore ti ha posto come vera stella fissa che illumina i confini della terra, o san Macario, padre dei padri.


Altro kontakion di san Macario, tono 1, Il coro degli angeli

Avendo raggiunto in vita la fine di una beata vita, con i cori dei martiri tu dimori nella terra dei miti, come si conviene, o Macario teoforo, e dopo aver popolato il deserto come fosse una città, hai ricevuto da Dio la grazia dei miracoli, perciò noi ti onoriamo.


Omelia 10 di san Macario

L’INSAZIABILE DESIDERIO DI DIO


1 Le anime che amano la verità e amano Dio e che, con grande speranza e grande fede, desiderano rivestirsi perfettamente di Cristo (Cf. Gal 3, 27; Rm 13, 14) non hanno molto bisogno di ammonimenti da parte di altri e non sopportano di essere private, anche solo per un poco, del desiderio del cielo e dell’amore per il Signore, ma interamente inchiodate (Cf. Sal 118, 120) alla croce di Cristo, percepiscono in se stesse, giorno dopo giorno, un progresso spirituale verso lo sposo spirituale. Inoltre, ferite (Cf. Ct 2, 5) dal desiderio del cielo, affamate della giustizia (Cf. Mt 5, 6) delle virtù, provano intenso e insaziabile desiderio dell’illuminazione dello Spirito. E se per la loro fede sono giudicate degne di ricevere anche la conoscenza dei divini misteri e divengono partecipi della gioia della grazia celeste, non confidano in se stesse pensando di essere qualcosa, ma quanto più sono fatte degne dei doni spirituali, tanto più provano insaziabile desiderio del cielo e lo ricercano instancabilmente. E quanto più sperimentano in se stesse un progresso spirituale, tanto più hanno fame e sete di partecipare alla grazia e di crescere in essa; e quanto più si arricchiscono spiritualmente, tanto più si ritengono povere perché insaziabile è il loro desiderio spirituale dello sposo celeste, come dice la Scrittura: Quelli che si nutrono di me avranno ancora fame, e quelli che bevono di me avranno ancora sete (Sir 24, 21).

2. Tali anime, che provano ardente e insaziabile amore per il Signore, divengono degne della vita eterna; perciò sono fatte degne anche di essere liberate dalle passioni e ricevono la perfetta illuminazione e partecipazione all’ineffabile e misteriosa comunione con lo Spirito Santo nella pienezza della grazia. Ma le anime deboli e vuote, che non cercano già da qui, mentre sono ancora nella carne, di ricevere la santificazione del cuore non soltanto in parte, ma in pienezza, mediante la perseveranza e la pazienza, e che non hanno sperato di avere perfetta comunione con lo Spirito Paraclito con piena certezza ed esperienza spirituale e non hanno mai atteso di essere liberate dalle passioni malvagie dello Spirito, o ancora di essere fatte degne della grazia divina, si sono abbandonate a una certa negligenza e a noncuranza, ingannate dal male.

3. E questo proprio perché avevano ricevuto la grazia dello Spirito e ottenuto la consolazione della grazia con il riposo, il desiderio, la dolcezza spirituale. Confidando in queste cose si inorgogliscono e non hanno più alcuna preoccupazione, non hanno contrizione di cuore né umiltà di spirito, non si trovano nello stato perfetto della libertà dalle passioni, né attendono con ogni sollecitudine e con fede di essere perfettamente ricolmate dalla grazia, ma sono paghe e soddisfatte e si contentano di una piccola consolazione della grazia, progredendo così più nell’orgoglio che nell’umiltà. Tali anime vengono spogliate anche di quel dono di cui erano state fatte degne a causa dell’incurante disprezzo e della vana alterigia dei loro pensieri.

4. L’anima che veramente ama Dio e ama Cristo, infatti, anche se compie diecimila atti di giustizia, da se stessa ritiene di non aver fatto nulla a motivo del suo insaziabile desiderio del Signore. Anche se ha consumato il suo corpo in digiuni e veglie, si comporta come se neppure avesse cominciato a faticare per l’acquisizione delle virtù, e anche se fosse giudicata degna di ricevere i diversi doni dello Spirito, le rivelazioni e i misteri celesti, quanto a sé riterrebbe di non aver ancora acquistato nulla a motivo del suo smisurato e insaziabile amore per il Signore. Tutto il giorno, affamata e assetata a motivo della sua fede e del suo amore, perseverando nella preghiera, essa rimane insaziabile riguardo ai misteri della grazia e a ogni possesso della virtù. È ferita dall’amore (Cf. Ct 2,5) celeste dello Spirito e, mossa da desiderio ardente per lo sposo celeste a motivo della grazia che è sempre in lei, desidera essere giudicata perfettamente degna della comunione mistica e ineffabile con lui nella santificazione dello Spirito (Cf. IPt 1,2). Al suo volto è tolto il velo (Cf. 2Cor 3,18) ed essa fissa lo sguardo sullo sposo celeste, faccia a faccia, in una luce spirituale e ineffabile. E unita a lui in piena certezza e, divenuta conforme alla sua morte (Cf. Fil 3,10), attende sempre con grande desiderio di morire per Cristo e con piena certezza confida di ricevere dallo Spirito la perfetta liberazione dal peccato e dalla tenebra delle passioni sicché, purificata dallo Spirito, santificata anima e corpo, è giudicata degna di divenire un vaso puro per contenere il profumo celeste e diventare dimora del vero re, il Cristo. Allora, divenuta già in questa vita una dimora pura per lo Spirito santo, è resa degna della vita celeste.

5. A tale misura non è possibile per l’anima giungere in una sola volta e senza prove; essa progredisce e cresce attraverso molte fatiche, lotte, tempo, zelo, prove e tentazioni svariate fino alla misura perfetta della libertà dalle passioni. E così, se sopporta con solerzia e coraggio ogni tentazione destata dal male, sarà giudicata degna di grandi onori, di doni spirituali e della ricchezza celeste e diverrà erede del regno dei cieli in Cristo Gesù nostro Signore, al quale è la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.

  

Da: PSEUDO-MACARIO, Spirito e fuoco. Omelie spirituali (collezione II), Magnano (VC), 1995, 149-152.














sabato 25 gennaio 2014

Meditazione del Santo Vescovo di Ippona Agostino sulla conversione di San Paolo




Saint Paul mordu par la vipère
crypte de la cathédrale de Canterbury

From a Sermon by St. Augustine the Bishop

We have this day heard read out of the Acts of the Apostles how that the Apostle Paul, from being a persecutor of the Christians, was changed into a preacher of Christ.  Christ laid low the persecutor, that he might raise him up a teacher of his Church.  He smote and healed him; he slew and made him alive again.  For the Lord Christ is that Lamb that was himself slain by the wolves, and that now turneth the wolves into lambs.  Now was fulfilled in Paul that which was clearly spoken in prophecy by the patriarch Jacob, when he blessed his children, laying his hands indeed on them which then were, but looking forward to the things which were yet for to come.  Paul beareth witness of himself that he was of the tribe of Benjamin; and when Jacob blessed his sons, and came to bless Benjamin, he said: Benjamin shall ravin as a wolf.

What then?  Is Benjamin a wolf that shall ravin for ever? God forbid.  For as saith the Scripture: In the morning he shall devour the prey, and at night he shall divide the spoil.  This is exactly what was fulfilled in the Apostle Paul.  If it please you, we will now consider how in the morning he devoured the prey, and at night divided the spoil.  Here morning and evening are put for the beginning and the end.  So we may read, In the beginning he shall devour the prey, and at the end he shall divide the spoil.  First, then, in the beginning, he devoured the prey.  So it is written that he received letters from the chief priests and went forth, that wheresoever he should find any Christians, he might bring them bound unto the priests, that they might be punished.

 He went breathing out threatenings and slaughter, yea truly, devouring the prey.  When also they stoned Stephen, the first Martyr that laid down his life for Christ's Name's sake, Saul was consenting unto his death, and, as though it contented him not to stone him, he kept the clothes of all them that did it, urging them on more than if he had joined them.  So in the morning he devoured the prey.  How in the evening did he divide the spoil?  Struck down by the voice of Christ from heaven, ravining no more, he falleth upon his face, cast down to be raised up, smitten to be healed.

http://www.mirabileydio.it/SITOULTIMO2/images/Pietro%20Paolo%202007.jpg 


http://www.atelier-st-andre.net/fr/images/oeuvres_icones/paul.jpg




venerdì 24 gennaio 2014

meditazione di Saint GREGOIRE le Théologien, évêque de Nazianze puis archevêque de Constantinople (379-381), participa au IIème Concile oecuménique (390)




meditazione di Saint GREGOIRE le Théologien, évêque de Nazianze puis archevêque de Constantinople (379-381), participa au IIème Concile oecuménique (390)


"
Non appena concepisco l'Uno, sono illuminato dallo splendore dei Tre; non appena distinguo i Tre ritorno di nuovo all'Uno. Quando penso a uno dei Tre, penso a lui come a un tutto, e i miei occhi si riempiono, e gran parte di ciò che sto pensando mi sfugge."
Virgolette chiuse.png
(da Orazione, 40, 41)



http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2007/documents/hf_ben-xvi_aud_20070822_it.html

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/5/53/Sv_Gr_Bogoslov_Simonopetra_kr18v.jpg
"Gregorio, dunque, ha sentito il bisogno di avvicinarsi a Dio per superare la stanchezza del proprio io. Ha sperimentato lo slancio dell’anima, la vivacità di uno spirito sensibile e l’instabilità della felicità effimera. Per lui, nel dramma di una vita su cui pesava la coscienza della propria debolezza e della propria miseria, l’esperienza dell’amore di Dio ha sempre avuto il sopravvento. Hai un compito, anima – dice san Gregorio anche a noi –, il compito di trovare la vera luce, di trovare la vera altezza della tua vita. E la tua vita è incontrarti con Dio, che ha sete della nostra sete."



http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2007/documents/hf_ben-xvi_aud_20070808_it.html

"È un uomo che ci fa sentire il primato di Dio, e perciò parla anche a noi, a questo nostro mondo: senza Dio l’uomo perde la sua grandezza, senza Dio non c’è vero umanesimo. Ascoltiamo perciò questa voce e cerchiamo di conoscere anche noi il volto di Dio. In una delle sue poesie aveva scritto, rivolgendosi a Dio: «Sii benigno, Tu, l’Aldilà di tutto» (Poesie [dogmatiche] 1,1,29). E nel 390 Dio accoglieva tra le sue braccia questo servo fedele, che con acuta intelligenza l’aveva difeso negli scritti, e che con tanto amore l’aveva cantato nelle sue poesie.

San Gregorio di Nazianzo
DALLE “ORAZIONI TEOLOGICHE

Presentiamo un’antologia tratta dalle “Orazioni teologiche” di San Gregorio, vescovo di Nazianzo, piccola città della Cappadocia. Nato nel 330 Gregorio studiò, come gli permisero le abbondanti ricchezze familiari, prima a Cesarea di Palestina, per perfezionarsi nell’arte oratoria. Quindi frequentò per circa tre anni ad Atene le lezioni del retore Proeresio, che era cristiano. Teologia, filosofia, retorica (cioè letteratura) sono indissolubilmente uniti nella produzione di Gregorio Nazianzeno la cui statura non è per nulla minore a quella degli altri grandi Padri della sua epoca. Morì a Costantinopoli nel 381.
La presente antologia illustra il modo d’argomentare di Gregorio su alcuni temi che hanno un particolare interesse anche per il nostro confuso tempo. 

sta on

http://tradizione.oodegr.com/tradizione_index/dogmatica/orazteolgreg.htm


Dio mendica il tuo amore

Riconosci l’origine della tua esistenza, del respiro, dell’intelligenza, della sapienza e, ciò che più conta, della conoscenza di Dio, della speranza del Regno dei cieli, dell’onore che condividi con gli angeli, della contemplazione della gloria, ora certo come in uno specchio e in maniera confusa, ma a suo tempo in modo più pieno e più puro. Riconosci, inoltre, che sei divenuto figlio di Dio, coerede di Cristo e, per usare un’immagine ardita, sei lo stesso Dio!

Donde e da chi vengono a te tante e tali prerogative? Se poi vogliamo parlare di doni più umili e comuni, chi ti permette di vedere la bellezza del cielo, il corso del sole, i cicli della luce, le miriadi di stelle e quell’armonia ed ordine che sempre s rinnovano meravigliosamente nel cosmo, rendendo festoso il creato come il suono di una cetra?

Chi ti concede la pioggia, la fertilità dei campi, il cibo, la gioia dell’arte, il luogo della tua dimora, le leggi, lo stato e, aggiungiamo, la vita di ogni giorno, l’amicizia e il piacere della tua parentela?

Come mai alcuni animali sono addomesticati e a te sottoposti, altri dati a te come cibo?

Chi ti ha posto signore e re di tutto ciò che è sulla terra?

E, per soffermarci solo sulle cose più importanti, chiedo ancora: Chi ti fece dono di quelle caratteristiche tutte tue che ti assicurano la piena sovranità su qualsiasi essere vivente? Fu Dio. Ebbene, egli in cambio di tutto ciò che cosa ti chiede? L’amore. Richiede da te continuamente innanzitutto e soprattutto l’amore a lui e al prossimo.

L’amore verso gli altri egli lo esige al pari del primo. Saremo restii a offrire a Dio questo dono dopo i numerosi benefici da lui ricevuti e quelli da lui promessi? Oseremo essere così impudenti? Egli, che è Dio e Signore, si fa chiamare nostro Padre, e noi vorremmo rinnegare i nostri fratelli?

sta in


Dio mendica il tuo amore (Gregorio Nazianzeno)


Riconosci l’origine della tua esistenza, del respiro, dell’intelligenza, della sapienza e, ciò che più conta, della conoscenza di Dio, della speranza del Regno dei cieli, dell’onore che condividi con gli angeli, della contemplazione della gloria, ora certo come in uno specchio e in maniera confusa, ma a suo tempo in modo più pieno e più puro. Riconosci, inoltre, che sei divenuto figlio di Dio, coerede di Cristo e, per usare un’immagine ardita, sei lo stesso Dio!
Donde e da chi vengono a te tante e tali prerogative? Se poi vogliamo parlare di doni più umili e comuni, chi ti permette di vedere la bellezza del cielo, il corso del sole, i cicli della luce, le miriadi di stelle e quell’armonia ed ordine che sempre s rinnovano meravigliosamente nel cosmo, rendendo festoso il creato come il suono di una cetra?
Chi ti concede la pioggia, la fertilità dei campi, il cibo, la gioia dell’arte, il luogo della tua dimora, le leggi, lo stato e, aggiungiamo, la vita di ogni giorno, l’amicizia e il piacere della tua parentela?
Come mai alcuni animali sono addomesticati e a te sottoposti, altri dati a te come cibo?
Chi ti ha posto signore e re di tutto ciò che è sulla terra?
E, per soffermarci solo sulle cose più importanti, chiedo ancora: Chi ti fece dono di quelle caratteristiche tutte tue che ti assicurano la piena sovranità su qualsiasi essere vivente? Fu Dio. Ebbene, egli in cambio di tutto ciò che cosa ti chiede? L’amore. Richiede da te continuamente innanzitutto e soprattutto l’amore a lui e al prossimo.
L’amore verso gli altri egli lo esige al pari del primo. Saremo restii a offrire a Dio questo dono dopo i numerosi benefici da lui ricevuti e quelli da lui promessi? Oseremo essere così impudenti? Egli, che è Dio e Signore, si fa chiamare nostro Padre, e noi vorremmo rinnegare i nostri fratelli?
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Riconosci l’origine della tua esistenza, del respiro, dell’intelligenza, della sapienza e, ciò che più conta, della conoscenza di Dio, della speranza del Regno dei cieli, dell’onore che condividi con gli angeli, della contemplazione della gloria, ora certo come in uno specchio e in maniera confusa, ma a suo tempo in modo più pieno e più puro. Riconosci, inoltre, che sei divenuto figlio di Dio, coerede di Cristo e, per usare un’immagine ardita, sei lo stesso Dio!
Donde e da chi vengono a te tante e tali prerogative? Se poi vogliamo parlare di doni più umili e comuni, chi ti permette di vedere la bellezza del cielo, il corso del sole, i cicli della luce, le miriadi di stelle e quell’armonia ed ordine che sempre s rinnovano meravigliosamente nel cosmo, rendendo festoso il creato come il suono di una cetra?
Chi ti concede la pioggia, la fertilità dei campi, il cibo, la gioia dell’arte, il luogo della tua dimora, le leggi, lo stato e, aggiungiamo, la vita di ogni giorno, l’amicizia e il piacere della tua parentela?
Come mai alcuni animali sono addomesticati e a te sottoposti, altri dati a te come cibo?
Chi ti ha posto signore e re di tutto ciò che è sulla terra?
E, per soffermarci solo sulle cose più importanti, chiedo ancora: Chi ti fece dono di quelle caratteristiche tutte tue che ti assicurano la piena sovranità su qualsiasi essere vivente? Fu Dio. Ebbene, egli in cambio di tutto ciò che cosa ti chiede? L’amore. Richiede da te continuamente innanzitutto e soprattutto l’amore a lui e al prossimo.
L’amore verso gli altri egli lo esige al pari del primo. Saremo restii a offrire a Dio questo dono dopo i numerosi benefici da lui ricevuti e quelli da lui promessi? Oseremo essere così impudenti? Egli, che è Dio e Signore, si fa chiamare nostro Padre, e noi vorremmo rinnegare i nostri fratelli?
Gregorio Nazianzeno
(Disc. 14 sull’amore verso i poveri, 23-2; PG 35,887-890
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giovedì 23 gennaio 2014

Dossologie al Sovrano con i Padri dopo la visita pastorale del nostro Metropolita


Dossologie al Sovrano con i Padri dopo la visita pastorale del nostro Metropolita 


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Gli apostoli predicarono il vangelo da parte del Signore Gesù Cristo che fu mandato da Dio. Cristo da Dio e gli apostoli da Cristo. Ambedue le cose ordinatamente alla volontà di Dio. Ricevuto il mandato e pieni di certezza nella risurrezione del Signore nostro Gesù Cristo e fiduciosi nella Parola di Dio con l’assicurazione dello Spirito Santo, andarono ad annunziare che il regno di Dio era per venire. Predicavano per le campagne e le città e costituivano le loro primizie, provandole nello spirito, nei vescovi e nei diaconi dei futuri fedeli”

(Clemente Romano, Lettera ai Corinti XLII, 1 – 4)

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"Gesù Cristo, nostra vita inseparabile, è il pensiero del Padre, come anche i vescovi posti sino ai confini della terra sono nel pensiero di Gesù Cristo. Conviene procedere d'accordo con la mente del vescovo, come già fate. Il vostro presbiterato ben reputato degno di Dio è molto unito al vescovo come le corde alla cetra. Per questo dalla vostra unità e dal vostro amore concorde si canti a Gesù Cristo. E ciascuno diventi un coro, affinché nell'armonia del vostro accordo prendendo nell'unità il tono di Dio, cantiate ad una sola voce per Gesù Cristo al Padre, perché vi ascolti e vi riconosca, per le buone opere, che siete le membra di Gesù Cristo. È necessario per voi trovarvi nella inseparabile unità per essere sempre partecipi di Dio. Se in poco tempo ho avuto tanta familiarità con il vostro vescovo, che non è umana, ma spirituale, di più vi stimo beati essendo uniti a lui come la Chiesa lo è a Gesù Cristo e Gesù Cristo al Padre perché tutte le cose siano concordi nell'unità."
(Ignazio d’Antiochia, Lettera agli Efesini 3- 5)

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            "In realtà ho saputo che i vostri santi presbiteri non hanno abusato della giovinezza evidente di lui (il Vescovo), ma saggi in Dio sono sottomessi a lui, non a lui, ma al Padre di Gesù Cristo che è il vescovo di tutti. Per il rispetto di chi ci ha voluto bisogna obbedire senza ipocrisia alcuna, poiché non si inganna il vescovo visibile, bensì si mentisce a quello invisibile. Non si parla della carne, ma di Dio che conosce le cose invisibili."
(Ignazio d’Antiochia, Lettera ai Magnesi, III, 1 - 2)
          
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  "Vi prego di essere solleciti a compiere ogni cosa nella concordia di Dio e dei presbiteri. Con la guida del vescovo al posto di Dio, e dei presbiteri al posto del collegio apostolico e dei diaconi a me carissimi che svolgono il servizio di Gesù Cristo che prima dei secoli era presso il Padre e alla fine si è rivelato. Tutti avendo una eguale condotta rispettatevi l’un l’altro. Nessuno guardi il prossimo secondo la carne, ma in Gesù Cristo amatevi sempre a vicenda. Nulla sia tra voi che vi possa dividere, ma unitevi al vescovo e ai capi nel segno e nella dimostrazione della incorruttibilità." Come il Signore nulla fece senza il Padre col quale è uno, né da solo né con gli apostoli, così voi nulla fate senza il vescovo e i presbiteri.

(Ignazio d’Antiochia, Lettera ai Magnesi, VI, 1 - 2)

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            "Se siete sottomessi al vescovo come a Gesù Cristo dimostrate che non vivete secondo l'uomo ma secondo Gesù Cristo, morto per noi perché credendo alla sua morte sfuggiate alla morte. È necessario, come già fate, non operare nulla senza il vescovo, ma sottomettervi anche ai presbiteri come agli apostoli di Gesù Cristo speranza nostra, e in lui vivendo ci ritroveremo"

(Ignazio d’Antiochia, Lettera ai Tralliani, III, 1 - 2)


"I credenti venuti dal decimo monte, i cui alberi facevano ombra, sono di questa specie: episcopi ed ospitali, nelle loro case accolsero sempre volentieri i servi di Dio senza ipocrisia. Gli episcopi in ogni occasione instancabilmente protessero con il loro ministero, i bisognosi, le vedove e sempre vissero santamente.(7)"
(il Pastore di Erma)
 
"E dico a tutti voi, che avete ricevuto questo sigillo, di custodire la semplicità e di non conservare il ricordo delle offese e di non ostinarvi nella vostra malizia o nella memoria dell’amarezza delle offese, di divenire uno spirito solo e di medicare o togliere queste funeste discordie, affinché il Signore delle pecore ne sia contento. E gioirà se troverà che sono tutte sane e nessuna di esse è traviata, ma se troverà che qualcuna di esse è traviata, guai ai pastori. (8)"
(il Pastore di Erma)  


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"È necessario che il pastore sia costante e semplice per rettitudine in ogni circostanza, ma anche massimamente capace di mutamento e vario, a seconda della familiarità che vuole ottenere con ciascuno, ed abbia però la capacità e l’abilità di parlare a tutti. Alcuni  Hanno bisogno di essere nutriti col latte, cioè con gli insegnamenti più semplici ed elementari …Altri hanno bisogno della saggezza di cui si parla per i perfetti e di un nutrimento  più elevato e più sostanzioso, perché le loro facoltà percettive sono state sufficientemente esercitate a distinguere il vero dal falso
"Non cerca già il proprio interesse, ma quello dei figli ch’egli ha generato in Cristo mediante il Vangelo. Questo è il fine di ogni spirituale principato: disprezzato affatto il proprio interesse, mirare al vantaggio degli altri 
(San Gregorio di Nazianzio)   

http://santiebeati.it/immagini/Original/22200/22200H.JPG

San Basilio Nella prima lettera ad Anfilochio così egli esprime il suo auguri per l’elezione del Vescovo di Iconio:

"Comportati da uomo e sii forte, cammina alla testa del popolo che l’Altissimo ha affidato alla tua destra. Governa come un saggio pilota, domina con la tua decisione ogni  tempesta scatenata dai venti dell’eresia, custodisci la tua nave dall’immersione nei flutti salati e amari della dottrina perversa, e attendi la calma che il Signore creerà, quando si sarà trovata una voce degna di risvegliarlo perché comandi al vento e al mare… non lamentarti per un incarico al di sopra delle tue forze… se è il Signore a portare il fardello con te, getta nel Signore il tuo affanno, e lui stesso agirà.






venerdì 17 gennaio 2014

Il nostro Padre tra i Santi Atanasio il Grande Patriarca di Alessandria


http://www.webalice.it/giovanni.fabriani/S_Atanasio/immagini/icona_s_Atanasio.jpg




Il nostro Padre tra i Santi Atanasio il Grande Patriarca di Alessandria
Discorso sull'incarnazione del Verbo, 8-9; PG 25, 110-111

http://www02.homepage.villanova.edu/allan.fitzgerald/quartosecolo/Atanasio_L%27interpretazione_dei_salmi.pdf


« Il Verbo di Dio, immateriale e privo di sostanza corruttibile, si stabilì tra noi, anche se prima non ne era lontano. Nessuna regione dell'universo infatti fu mai priva di lui, perché esistendo insieme col Padre suo, riempiva ogni realtà della sua presenza. Venne dunque per amore verso di noi e si mostrò a noi in modo sensibile. Preso da compassione per il genere umano e la nostra infermità e mosso dalla nostra miseria, non volle rimanessimo vittime della morte. Non volle che quanto era stato creato andasse perduto che l'opera creatrice del Padre nei confronti dell'umanità fosse vanificata. Per questo prese egli stesso un corpo, e un corpo uguale al nostro perché egli non volle semplicemente abitare un corpo o soltanto sembrare un uomo. Se infatti avesse voluto soltanto apparire uomo, avrebbe potuto scegliere un corpo migliore. Invece scelse proprio il nostro. Egli stesso si costruì nella Vergine un tempio, cioè il corpo e, abitando in esso, ne fece un elemento per potersi rendere manifesto. Prese un corpo soggetto, come quello nostro, alla caducità e, nel suo immenso amore, lo offrì al Padre accettando la morte. Così annullò la legge della morte in tutti coloro che sarebbero morti in comunione con lui. Avvenne che la morte, colpendo lui, nel suo sforzo si esaurì completamente, perdendo ogni possibilità di nuocere ad altri. Gli uomini ricaduti nella mortalità furono resi da lui immortali e ricondotti dalla morte alla vita. Infatti in virtù del corpo che aveva assunto e della risurrezione che aveva conseguito distrusse la morte come fa il fuoco con una fogliolina secca. Egli dunque prese un corpo mortale perché questo, reso partecipe del Verbo sovrano, potesse soddisfare alla morte per tutti. Il corpo assunto, perché inabitato dal Verbo, divenne immortale e mediante la risurrezione, rimedio di immortalità per noi. Offrì alla morte in sacrificio e vittima purissima il corpo che aveva preso e offrendo il suo corpo per gli altri liberò dalla morte i suoi simili. Il Verbo di Dio a tutti superiore offrì e consacrò per tutti il tempio del suo corpo e versò alla morte il prezzo che le era dovuto. In tal modo l'immortale Figlio di Dio con tutti solidale per il comune corpo di morte con la promessa della risurrezione rese immortali tutti a titolo di giustizia. La morte ormai non ha più nessuna efficacia sugli uomini per merito del Verbo, che ha posto in essi la sua dimora mediante un corpo identico al loro. »    



   


giovedì 16 gennaio 2014

Il nostro Padre tra i Santi Antonio il Grande padre dei monaci


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Un tale chiese al padre Antonio: «Che debbo fare per piacere a Dio?». E l’anziano gli rispose: «Fa’ quello che io ti comando: dovunque tu vada, abbi sempre Dio davanti agli occhi; qualunque cosa tu faccia o dica, basati sulla testimonianza delle Sante Scritture; in qualsiasi luogo abiti, non andartene presto. Osserva questi tre precetti, e sarai salvo» (PJ I, 1).


Il padre Pambone chiese al padre Antonio: «Che debbo fare?». L’anziano gli dice: «Non confidare nella tua giustizia   non darti cura di ciò che passa, e sii continente nella lingua e nel ventre».


Nel deserto c’era un tale che cacciava belve feroci; e vide il padre Antonio che scherzava con i fratelli e se ne scandalizzò. Ma l’anziano, volendo fargli capire che occorre talvolta accondiscendere ai fratelli, gli dice: «Metti una freccia nel tuo arco e tendilo». Egli lo fece. Gli dice: «Tendilo ancora», e lo fece. Gli dice un’altra volta: «Tendilo». Il cacciatore gli dice: «Se lo tendo oltre misura, l’arco si spezza». L’anziano gli dice: «Così accade anche nell’opera di Dio: se coi fratelli tendiamo l’arco oltre misura, presto si spezzano. Perciò talvolta bisogna essere accondiscendenti con i fratelli». Ciò udendo, il cacciatore fu preso da compunzione e se ne andò molto edificato. E anche i fratelli ritornarono confortati ai loro posti (77d-80a; PJ X, 2b).



Dei fratelli fecero visita al padre Antonio e gli dissero: «Dicci una parola: come possiamo salvarci?». L’anziano dice: «Avete ascoltato la Scrittura? È quel che occorre per voi». Ed essi: «Anche da te, padre, vogliamo sentire qualcosa». L’anziano dice loro: «Dice il Vangelo: Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra [1]». Gli dicono: «Ma di far questo non siamo capaci». L’anziano dice loro: «Se non sapete porgere anche l’altra, tenete almeno ferma la prima». Gli dicono: «Neppure di questo siamo capaci». E l’anziano: «Se neppure di ciò siete capaci, non contraccambiate ciò che avete ricevuto». Dicono: «Neppure questo sappiamo fare». Allora l’anziano dice al suo discepolo: «Prepara loro un brodino: sono deboli». E a loro: «Se questo non potete e quello non volete, che posso fare per voi? C’è bisogno di preghiere» (81b).



la fonte principale su sant’Antonio il grande è certamente La vita di Antonio, di sant’Atanasio di Alessandria, che conobbe il santo e fu da lui sostenuto nelle varie persecuzioni subite e nella lotta contro l’Arianesimo. L’opera redatta pochi anni dopo la morte di Antonio, venne molto presto tradotta in varie lingue, divenendo popolare tanto in Oriente quanto in Occidente e dando un contributo importante alla diffusione della vita monastica.
La memoria di sant’Antonio è celebrata dalla Chiesa Ortodossa il 17 gennaio, data in cui lo ricorda anche il Martirologio Romano, la Chiesa Copta lo festeggia il 22 del mese di Tobi (31 gennaio).

Sant’Atanasio di Alessandria
La vita di Antonio


STA IN


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Tropario Tono 4
Imitando con i tuoi costumi lo zelo di Elia, seguendo il Battista sui retti sentieri, o padre Antonio, sei divenuto colonizzatore del deserto e hai rafforzato tutta la terra con le tue preghiere: intercedi dunque preso il Cristo Dio per la salvezza delle nostre anime.
Kontakion – Tono 2
Respinti i tumulti della vita, hai trascorso la vita nell’esichia, imitando in tutto il Battista, o santissimo, con lui dunque ti veneriamo, o padre dei padri Antonio.
Ikos
Hai ubbidito alla voce di Cristo, hai seguito i suoi comandamenti, spogliandoti del patrimonio, mettendo da parte ogni preoccupazione per i tuoi beni, possedimenti e servitù; e l’affetto della sorella, o teoforo Antonio: vivendo con Dio solo nei deserti, hai ottenuto un purissimo dono di conoscenza: questa manda anche a me che a te voglio inneggiare, o padre dei padri Antonio.
Exapostilarion
Prendendo sin dalla giovinezza, o teoforo, una via nuova e non battuta dagli uomini, l’hai percorsa con ardore sino alla fine, senza volgerti indietro, ubbidendo alla legge nuova di Cristo; e sei stato la prima guida del deserto, o eccelso tra i monaci.










mercoledì 15 gennaio 2014

Prepararsi alla visita pastorale del Metropolita Gennadios-Inno di Ambrogio Vescovo inno al canto del gallo: SAEMO 22, pp.31,33,35 e commento



http://www.donbosco-torino.it/image/05/02/11-S_Ambrogio_Milano.jpg

O creatore eterno delle cose,
che regoli il giorno e la notte
e i tempi diversi avvicendi
ad alleviarci la noia,
già s'ode l'araldo del giorno,
che veglia nel profondo della notte:
è come luce a chi cammina al buio,
delle notturne vigilie è segnale.
Desta a quel canto la stella lucifera
dalla tenebra libera il cielo;
dei vagabondi la torma, a quel canto,
abbandona le strade del malfare.
Si rincuora a quel canto il navigante
poi che si placa la furia del mare;
anche colui che è Pietra della Chiesa
a quel canto deterse il suo peccato.
Alacri dunque e animosi leviamoci:
il gallo scuote chi a giacere indugia,
rimbrotta i dormiglioni
e chi si nega accusa.
Se il gallo canta, torna la speranza,
e rifluisce ai malati il vigore,
il bandito nasconde il pugnale,
negli smarriti la fede rivive.
Guarda, Gesù, chi vacilla,
emendaci col tuo sguardo.
Se tu ci guardi, le colpe dileguano
e il peccato si stempera nel pianto.
Tu, luce, ai sensi rifulgi
e dissipa il sonno dell'anima.
Te la primizia della voce canti,
prima che agli altri il labbro a te si sciolga.
(Ambrogio, Inno al canto del gallo: SAEMO 22, pp.31,33,35).

http://www.mirabileydio.it/SITOULTIMO2/images/Ambrogio%202008.jpg 


aeterne rerum conditor

aeterne rerum conditor,
noctem diemque qui regis
et temporum das tempora,
ut alleves fastidium,

praeco diei iam sonat,
noctis profundae pervigil,
nocturna lux viantibus,
a nocte noctem segregans.

hoc excitatus lucifer
solvit polum caligine,
hoc omnis erronum cohors
vias nocendi deserit.

hoc nauta vires colligit
pontique mitescunt freta,
hoc ipsa petra ecclesiae
canente culpam diluit.

surgamus ergo strenue,
gallus iacentes excitat
et somnolentos increpat,
gallus negantes arguit.

gallo canente spes redit,
aegris salus refunditur,
mucro latronis conditur,
lapsis fides revertitur.

Iesu, labentes respice
et nos videndo corrige;
si respicis, lapsi stabunt
fletuque culpa solvitur.

tu, lux, refulge sensibus
mentisque somnum discute:
te nostra vox primum sonet,
et vota solvamus tibi.

Deo patri sit gloria
eiusque soli filio
cum spiritu paraclito
et nunc et in perpetuum.

 
 
http://www.scriverelaparola.it/images/ambrogio.jpg


Il canto del gallo è gradevole nella notte: non solo gradevole ma per di più utile, perché come un buon coinquilino sveglia chi ancora sonnecchia, avvisa chi è già desto, conforta chi è in viaggio, indicando con il suo squillante segnale che la notte sta per terminare. Al suo canto il brigante abbandona l'agguato e la stella del mattino ridestandosi si leva e illumina il cielo; al suo canto il navigante ansioso depone la sua angoscia, e ogni tempestosa procella, suscitata spesso dai venti della sera, si placa; al suo canto l'animo devoto di slancio si dà alla preghiera e riprende inoltre la lettura interrotta; al suo canto infine la stessa pietra della Chiesa lava la colpa commessa con la sua negazione prima che il gallo cantasse (cfr. Mt 26,74-75). Al suo canto ritorna in tutti la speranza, si allevia la pena dell'infermo, si attenua il dolore della ferita, si mitiga l'ardore della febbre, in chi è caduto ritorna la fiducia; Gesù fissa con lo sguardo chi vacilla, richiama chi è nell'errore. Così rivolse a Pietro il suo sguardo e subito la colpa scomparve, fu cacciata la negazione, seguì la confessione del peccato (cfr. Lc 22,61,-62)... Guarda anche noi, Signore Gesù, affinché anche noi riconosciamo i nostri errori, laviamo con lacrime di pentimento la nostra colpa, meritiamo il perdono dei peccati. Di proposito abbiamo prolungato il nostro discorso, perché anche per noi cantasse il gallo e desse un aiuto alle nostre parole, affinché, se nel discorso si fosse insinuato un qualche errore, tu, o Cristo, ce ne concedessi il perdono. Concedimi, ti prego, le lacrime di Pietro; non voglio il tripudio del peccatore. Piansero gli Ebrei, e furono liberati attraverso il mare, mentre le onde si spalancavano davanti a loro... Pietro pianse il suo errore e meritò di cancellare gli errori altrui.
Ma ormai è giunto il tempo di finire, concludendo il discorso, il tempo in cui è meglio tacere o piangere, il tempo in cui si concede generosamente il perdono dei peccati. Anche per noi canti nel sacro rito questo mistico gallo, perché nelle parole ha cantato il gallo di Pietro. Pianga per noi Pietro, il quale seppe piangere a dovere per sé, e faccia rivolgere verso di noi il pio volto di Cristo. Si affretti la passione del Signore Gesù che ogni giorno condona le nostre colpe e opera in noi la grazia del perdono (Ambrogio, I sei giorni della creazione, VIII, 24, 88-90: SAEMO 1, pp.337,339,341).