sabato 3 agosto 2024

Dal deserto :“Sono Mauro Frasi, parroco e responsabile di una Casa Famiglia Caritas (In Toscana)


Sono Mauro Frasi, parroco e responsabile di una Casa Famiglia Caritas dove ospitiamo uomini e donne italiani e del resto del mondo, spesso malati e nuovi poveri con disagi multipli, nella piena gratuità. Fra loro anche persone che non avendo famiglia sono accolti per gli arresti domiciliari, questo mi dà la libertà e anche la responsabilità sofferta di scrivervi sottovoce ma con fermezza. Sono venuto io stesso insieme a un altro volontario al carcere di Pisa a prendere il signor Libero Aiutami (nome di fantasia) per portarlo in parrocchia agli arresti domiciliari. È uscito con un sacco nero, modello spazzatura, e cartella clinica perché paziente molto malato. Ho protestato, che non è degno di una persona uscire con un sacco nero dal carcere e non lo sarebbe uscire da nessun altro palazzo delle istituzioni a servizio dei cittadini”.

Don Mauro Frasi è una figura emblematica in Toscana e per il sacerdozio contemporaneo. Magari trasandato e liso nel vestire. Colletto ecclesiastico perennemente slacciato, spettinato e barba incolta raccontano di notti insonni e giornate senza sosta. Non ha tempo per aver cura di se, ma un grande cuore per gli altri, nella sua chiesa nessuno è lasciato fuori, soprattutto gli ultimi, gli invisibili. Un prete che ha dedicato la sua vita al servizio dei poveri e dei migranti, dimostrando che l’amore per il prossimo può davvero fare la differenza.

La sua vita è una corsa continua, la sua parrocchia un grande generoso campo di accoglienza. Sbrigativo nelle sue funzioni liturgiche. Quante volte durante le sue celebrazioni viene interrotto e costretto ad abbreviare da un’urgenza improvvisa. Le sue omelie sono parole sono semplici e dirette, cariche di passione e verità. Non cerca di impressionare con eloquenza, ma di toccare i cuori e di chiamare all’azione. Non si cura delle apparenze, non gli interessa il giudizio dei benpensanti, che sovente lo criticano, qualcuno si lamenta pure con il vescovo.

Don Mauro non retrocede, la sua missione è quella di vivere il Vangelo nella sua forma più pura e concreta, quella che mette al centro l’amore per il prossimo. Per lui, ogni incontro è un’opportunità per seminare speranza, ogni persona in difficoltà è un volto del suo Cristo da accogliere. Sempre pronto a rincorrere un’emergenza fosse in ospedale, per uno sfratto, a un centro di accoglienza, magari dai carabinieri a garantire per qualcuno. La sua parrocchia Il Giglio a Montevarchi sembra sempre in perenne trasloco, fuori dalla porta, nel sagrato, sotto i portici mobili, materassi, vecchie biciclette, frigoriferi. Ha creato una rete di solidarietà che coinvolge gran parte della comunità, mobilitando volontari e risorse per rispondere ai bisogni più urgenti. Molti anche i non cattolici.

La sua casa parrocchiale è spesso affollata, ma anche quando è esausto, trova sempre la forza di accogliere chi sospinge la sua porta sempre aperta. Qualcuno che ha bisogno di un tetto per la notte, un pasto caldo o solo una parola di conforto, Don Mauro c’è. Con i migranti lavora instancabilmente per trovare loro un lavoro dignitoso, una casa, collabora con associazioni, cooperative e imprese locali, cercando di abbattere i pregiudizi e costruire ponti di inclusione. 

“Non posso tacere. Vi prego di considerare che il livello della dignità umana vuole di più di un sacco nero! Anche per le vostre persone, per il vostro lavoro, sarebbe un segno di lucciola nelle serate d’estate che fa un poco di luce e non si arrende alla notte. Cancellate il rito disumano del sacco nero… e poi, per carità, la grande riforma del sistema carcerario”.

https://ristretti.org/diritti-dei-detenuti-il-prete-degli-ultimi-trattiamoli-con-dignita-anche-quando-escono

https://retidellacaritasite.wordpress.com/2020/01/10/territori-don-mauro-frasi-racconta-in-un-video-la-parrocchia-del-giglio/

giovedì 9 maggio 2024

Dietrich Bonhoeffer - Don Giuseppe Dossetti L’ immagine di Cristo in terra è l’ immagine dell’ uomo crocifisso, appeso a quella forca .







In pieno regime nazista, nel 1937, il pastore protestante Dietrich Bonhoeffer, che sarebbe morto nel 1945 nel lager di Flossenburg, scriveva: «L’ immagine di Cristo in terra è l’ immagine dell’ uomo crocifisso. L’ immagine di Dio è l’immagine di Gesù Cristo sulla croce. [...] È la nuova creazione dell’immagine di Dio per opera del Cristo crocifisso» *. Questa riflessione di- viene centrale nell’opera di molti teologi, anzi diremmo nella condizione della teologia “dopo Auschwitz”. Proprio riprendendo, rimeditando e ricapitolando la linea calda di questo pensiero teologico e spirituale, Giuseppe Dossetti ha affermato:

«L’umiliazione fino alla morte di croce risponde all’essenza di Dio nella contraddizione dell’abbandono. Affermando che Gesù crocifisso è l’immagine del Dio invisibile diciamo che questo è Dio e così Dio è. [...] Quindi si può capire in che sen- so non sia un’evasione poetica ma possa essere teologicamente vera una delle pagine più drammatiche de La notte di Wiesel. A proposito del ragazzino servitore di un Oberkapo olandese scoperto autore di un sabotaggio alla centrale elettrica del campo di Buna: l’Oberkapo fu torturato per settimane inutilmente e poi trasferito ad Auschwitz. Il ragazzino anche lui fu torturato, ma non parlò: poi fu condannato ad essere impiccato insieme a due adulti. A sera, all’ora dell’appello, tutti i prigionieri dovettero assistere all’esecuzione e sfilare guardando bene i tre impiccati. ‘Dov’è il Buon Dio? Dov’è?, domandò qualcuno dietro di me’. Mentre gli altri due erano già morti, il ragazzino aveva ancora un esile filo di vita. ‘Dietro di me udii il solito uomo domandare: Dov’è dunque Dio? E io sentivo in me una voce che gli rispondeva: Dov’è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca...» *


tratto da. Il Novecento, un secolo cristiano autore FULVIO DE GIORGI


https://oscarromero.org/wp-content/uploads/2022/01/M2002-09_5_De_Giorgi.pdf


*  D. BONHOEFFER, Sequela, tr. it. Brescia, Queriniana, 19754, p. 281.

** G. DOSSETTI, "Non restare in silenzio, mio Dio", ora in ID., La parola e il silenzio, Bolo- gna, Il Mulino, 1997, pp. 72-73



mercoledì 3 aprile 2024

Quando nel V secolo le incursioni berbere molti monaci ad abbandonare il deserto di Scete.





Andai un giorno dall’abate Poemen e gli dissi: «Sono andato ad abitare dappertutto, ma non ho trovato riposo: dove vuoi che abiti?».L’anziano gli aveva risposto  : «Non c’è più deserto, ormai. Va’ dunque in un luogo popoloso, nel mezzo della folla, restaci e conduci te stesso come un uomo che non esiste».


Sta in

Nubi e deserti dello spirito. Su alcuni caratteri topografici della Xeniteia.   autore  Federico Della Sala

https://www.academia.edu/49049501/Nubi_e_deserti_dello_spirito_Su_alcuni_caratteri_topografici_della_Xeniteia

domenica 31 marzo 2024

Dal deserto. Amma Sincletica..." r-esistenza in città"





Amma Sincletica disse: come è impossibile essere allo stesso tempo una pianta e un seme, così è per noi impossibile essere circondati dagli onori del mondo e allo stesso tempo produrre un frutto celeste.

giovedì 28 marzo 2024

Notizie dal deserto: Due monaci tentano di litigare.




C’erano due anziani che abitavano insieme e non avevano mai litigato. Uno disse all’altro: ‘Facciamo anche noi una lite come gli uomini!’ E l’altro rispondendo disse: ‘Non so come avviene una lite’.

E quello disse: ‘Ecco, io metto un mattone nel mezzo e dico che è mio; e tu dì: No, è mio!, e così si inizia’. Fecero così, e uno di loro disse: ‘Questo è mio!’ E l’altro disse: ‘No, è mio!’ Ed il primo rispose: ‘Va bene, è tuo: prendilo e va’. E si ritirarono senza aver trovato il modo di litigare tra di loro”.

giovedì 14 marzo 2024

Dal deserto: l'abate invidioso, il buon eremita e l'ottimo discepolo


Un eremita pieno di discernimento desiderava abitare alle Celle e non

trovava, nel momento, una cella. Ora, vi era in quel luogo un anziano che

aveva una cella isolata, dove abitava. Lo chiamò e gli disse: «Abita pure

qui, in questo luogo, sinché non avrai trovato una cella», poi se ne andò.

Della gente venne a visitare l'eremita come si va da uno straniero per 

trarne beneficio; egli li accoglieva. L'anziano che gli aveva dato la cella 

cominciò a ingelosirsi e a sparlare di lui: «Io», disse, «sono vissuto qui molti 

anni inuna grande ascesi, e nessuno è venuto da me. Questo vanesio è 

qui  solo da qualche giorno, e quanti vanno a lui!». Disse al suo discepolo: 

«Va' e digli: Allontanati da qui perché ho bisogno della cella». Il discepolo 

andò: «Il mio

abate ti domanda come stai». L'eremita gli rispose: «Che preghi per me,

perché ho male allo stomaco». Rientrando, il fratello disse all'anziano:

«Egli dice: Ho in vista una cella e me ne vado». Due giorni dopo, l'anziano

gli fece dire: «Se non ti allontani, vengo con un bastone e ti scaccio».

Arrivato dall'eremita, il fratello gli disse: «Il mio abate ha saputo che eri

malato. Se ne affligge molto e mi manda a prendere tue notizie». L'altro gli

disse: «Digli che sto molto meglio grazie alle sue preghiere». Andò dunque

a dire all'anziano «[Egli ha detto: ] Aspetta sino a domenica e me ne andrò

per volontà di Dio». Arrivò la domenica e l'eremita non se ne andava.

L'anziano prese un bastone e partì per scacciarlo a bastonate. Il suo

discepolo gli disse: «Parto prima di te perché temo che dei fratelli   si

trovino là e non ne siano scandalizzati». Partì dunque correndo e disse

all'eremita: «Il mio abate viene a consolarti e a portarti nella sua cella».

Sentendo la carità dell'anziano, l'eremita uscì ad incontrarlo, e, facendogli

da lontano una metanìa, gli disse: «Vengo verso la tua santità, Abba, non

affaticarti». Allora Dio, che vedeva le azioni del giovane monaco, toccò il

cuore del suo abate; il quale gettò il bastone e corse ad abbracciare

l'eremita. L'abbracciò, dunque, e lo portò nella sua cella come se non gli

avesse mai detto niente. L'anziano disse poi al suo discepolo: «Tu non gli

hai detto mai niente di ciò che ti avevo ordinato?». «No», rispose l'altro.

L'anziano ne fu felice. Comprese che ciò era dovuto alla gelosia del nemico

e lasciò in pace l'eremita. Poi cadde ai piedi del suo discepolo e gli disse: 

«Tu sei il padre mio e io il tuo discepolo, poiché le nostre due anime sono

state salvate per il tuo modo di agire».


https://www.famigliafideus.com/wp-content/uploads/2021/02/DETTI-E-FATTI-DEI-PADRI-DEL-DESERTO-Cristina-Campo.pdf